Miles Davis, Ascenseur pour l'échafaud (M. Davis, Fontana Records, 1958)
colonna sonora di Ascensore per l'inferno, di Louis Malle, 1958

 

cinema


1929 - 1959
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Il ritorno di Sherlock Holmes
(The Return of Sherlock Holmes, USA, 1929)
di Basil Dean. Con Clive Brook, H. Reeves Smith, Harry T. Morey

Il primo film sonoro sul personaggio creato da Sir Arthur Conan Doyle riprende liberamente alcuni temi tratti dall'omonima raccolta di racconti. Al centro la lotta mortale fra Sherlock Holmes ed il professor Moriarty, suo irriducibile nemico, colui che regge le fila della criminalità londinese e tiene continuamente in scacco Scotland Yard. Naturalmente si risente molto, sia nella caratterizzazione dei personaggi che nello svolgimento della trama, di una cinematografia ancora agli inizi.

Ricatto
(Blackmail, UK, 1929)
di Alfred Hitchcock. Con Anny Ondra, Sara Allgod, John Longden, Charles Paton, Donald Calthorp

Una ragazza accoltella l'uomo che voleva violentarla, ma un tale la vede e comincia a ricattarla. Il fidanzato di lei, un poliziotto, scopre la verità e fa in modo di addossare l'omicidio al ricattatore, che farà una brutta fine. Come i primi film, anche questo era muto, ma Hitch ne volle una seconda versione, sonorizzata, ed è quindi il primo film sonoro del regista, che tuttavia non lo amò, sia per problemi tecnici non risolti sia perché la produzione lo obbligò a modificare il finale.

Omicidio!
(Murder!, UK, 1930)
di Alfred Hitchcock. Con Herbert Marshall, Norah Baring, Phyllis Konstam, Edward Chapman, Miles Mander

Un'attrice di teatro viene trovata accanto al cadavere di un'amica e al processo viene condannata. Ma uno dei giurati crede che sia innocente, si mette a indagare e alla fine scopre il colpevole, che viene smascherato clamorosamente. Siamo agli inizi della carriera di Hitch, ma già sono evidenti le sue grandi qualità: inquadrature asciutte, efficacissimi primi piani, situazioni dominate dalla suspense, dialoghi stringenti, e, filo rosso che lega tutti i suoi lavori, l'individuo innocente al centro del dramma. Contemporaneamente fu girata una versione in tedesco.

Piccolo Cesare
(Little Caesar, USA, 1930)
di Mervyn LeRoy. Con Edward G. Robinson, Douglas Fairbanks jr, Glenda Farrell, Sidney Blackmer

Un italo-americano dalla pistola facile alla conquista dell'America, anzi, di Chicago: proprio quella dei gangster e del proibizionismo (1919-1933). Una grande abbondanza di sparatorie e situazioni violente che oggi risultano decisamente inverosimili, ma che costituirono la base di un fortunatissimo - e non sempre di buona qualità - filone cinematografico. Dal celebre romanzo (1929) di W. R. Burnett, un film che non è solo un inizio, e che comunque mantiene una sua robustezza stilistica. Memorabile l'interpretazione di E. G. Robinson.

M - Il mostro di Düsseldorf
(M - Eine Stadt sucht einen Mörder, D, 1931)
di Fritz Lang. Con Peter Lorre, Gustaf Gründgens, Otto Wernicke, Rudolf Blummer, Ellen Widman

Per le strade di Düsseldorf si aggira un viscido e crudele maniaco che violenta e uccide bambine: la città è in preda al panico e la malavita, per liberarsi dalla fortissima pressione della polizia, decide di contribuire alla caccia all'uomo mobilitando gli accattoni che sciamano alla ricerca del mostro. Che una volta individuato verrà marchiato con la M di Mörder, assassino. Ispirato a una vicenda reale, il film è interpretato da un grandissimo Peter Lorre. Nel 1951 ci sarà un eccellente remake diretto da Joseph Losey (M).

Nemico pubblico
(The Public Enemy, USA, 1931)
di William A. Wellman. Con James Cagney, Jean Harlow, Edward Woods, Beryl Mercer, Donald Cook

Un teppistello irlandese, deciso a farsi strada nella malavita di New York negli anni ruggenti del proibizionismo: fra lotte e intrighi riuscirà ad arrivare ai vertici della società criminale, ma è una posizione sempre precaria... Uno dei grandi gangster movie, imitato all'infinito, che non si risparmia in fatto di cliché (la scontata vicenda amorosa, la violenza spietata, l'inevitabile punizione finale) ma che riesce comunque a mantenere un equilibrio tra i vari elementi. Scorsese è perentorio: "La brutalità allo stato puro. È un film che ha aperto la strada a noi tutti."

Le vie della città
(City Streets, USA, 1931)
di Rouben Mamoulian. Con Gary Cooper, Sylvia Sidney, Paul Lukas, Winne Gibson

Lei, figlia di un gangster, viene accusata di un omicidio: è innocente ma un boss vuole eliminarla perché il colpevole è uno dei suoi. Lui, innamorato di lei, cercherà in tutti i modi, e non senza rischi, di salvarla. Pur con tutte le ingenuità inevitabili in un genere ancora in formazione, il film è molto più robusto e attraente di tanti action movie inutili e senza niente. Gary Cooper, elegantissimo anche neile situazioni più movimentate, è ancora agli inizi, ma si avvia a diventare, nel decennio successivo, una delle star più sopravvalutate di Hollywood. Da Hammett.

La cagna
(La chienne, F, 1931)
di Jean Renoir. Con Michel Simon, Alexandre Rignault, Henri Guisol

Un banale impiegato, sposato a una donna insopportabile, s'invaghisce perdutamente di una prostituta, ma, dopo aver rubato per accontentare i suoi desideri, verrà umiliato anche da lei. La ucciderà, e del delitto sarà incolpato un altro. Ridottosi in miseria l'uomo si trascina verso un finale amaro ma con una sua perfida ironia. Rifatto da F. Lang (1945) in chiave assai più cupa, il film di Renoir mescola sapientemente noir e umorismo, grottesco e realismo, con una decisa vena antiborghese.

lo sono un evaso
(I Am a Fugitive from a Chain Gang, USA, 1931)
di Mervyn LeRoy. Con Paul Muni, Glenda Farrell, Preston Foster

Un reduce della prima guerra mondiale è ingiustamente condannato ai lavori forzati e viene rinchiuso in un carcere particolarmente duro: riesce a evadere, ma poi, per denunciare le atrocità del sistema penitenziario, si costituisce. Nuovamente imprigionato, subisce l'inevitabile rappresaglia, e fugge ancora. Film di grande crudezza, non avrebbe potuto essere girato solo un paio d'anni più tardi, quando entrò in vigore il cosiddetto codice Hays, un rigido sistema di censura che rimarrà in vigore fino agli anni '60.

Il mistero della camera gialla
(Le mystère de la chambre jaune, F, 1931)
di Marcel L'Herbier. Con Huguette Duflos, Roland Toutain, Edmond Van Dael

Il neonato cinema sonoro non poteva non attingere subito ai grandi della letteratura poliziesca e qui ritroviamo la vicenda di quello che Dickson Carr definì il miglior giallo mai scritto, Le mystère de la chambre jaune: Rouletabille, lo strepitoso personaggio creato da Gaston Leroux, si trova ad affrontare il più classico e difficile dei misteri, un omicidio perpetrato in una stanza chiusa ermeticamente. Portato sullo schermo già nel 1919, verrà poi ripreso più volte (1947, 1949, 2003).

Il profumo della dama in nero
(Le Parfum de la dame en noir, F, 1931)
di Marcel L'Herbier. Con Huguette Duflos, Roland Toutain, Edmond Van Dael

Larsan, l'acerrimo nemico di Rouletabille, è dunque ancora vivo? La sua vedova è perseguitata da inquietanti apparizioni del bandito (e si capisce: lei si è risposata) e l'inconfondibile profumo della dama in nero aleggia per tutta la vicenda, peraltro ambientata in un tetro castello sulla Costa Azzurra. Secondo capitolo del ciclo di Rouletabille, il giornalista - investigatore creato da Gaston Leroux, il film non sempre è fedele al libro, ma ne riprende le cupe e inquietanti atmosfere.

Una tragedia americana
(An American Tragedy, USA, 1931)
di Josef von Sternberg. Con Phillips Holmes, Sylvia Sidney, Frances Dee

Se siete astuti e ambiziosi, e avete addocchiato una bella ereditiera, evitate di mettere incinta un'operaia qualsiasi, col rischio che tutto vada in mona. E soprattutto evitate di aiutare l'ingombrante proletaria ad annegare. Intanto per ragioni morali, sì?, e poi perché magari andrete sulla sedia elettrica. Un omicidio, dunque, come clou di un drammatico sceneggiato, che però racconta altro: l'intreccio fra ingenuità e cinismo, tante forme di amore, e di solitudine, l'american way of life. Da un romanzo di T. Dreiser, poi rifatto nel 1951 e dalla RAi nel 1962.

Il fantasma di Parigi
(The Phantom of Paris, USA, 1931)
di John Stuart Robertson. Con John Gilbert, Jean Hersholt, Lewis Stone, Leila Hyams

Chèri-Bibi è un illusionista particolarmente bravo nell'escapologie, cioè nelle tecniche di "fuga". Innamorato di una ragazza, ha un rivale molto tosto, che commetterà un delitto facendo incolpare Chéri e sposando la bella. Lui viene processato e condannato a morte, ma riuscirà a fuggire, naturalmente, e attraverso molte peripezie finirà per risolvere le cose. Melodramma a tinte forti (tipico del periodo) ma intelligente e ben costruito, con un bel gioco sulle identità. Interpreti inevitabilmente sopra le righe, e Parigi fumosa e tenebrosa. Liberamente ispirato a Leroux.

Fantômas
(Id., F, 1932)
di Pàl (Paul) Fejos. Con Jean Galland, Thomy Bourdelle, Tania Fédor

La marchesa di Langrune ha invitato alcuni amici nel suo castello: fra gli ospiti ci sono lord Beltham e la principessa Danidoff, che ha con sé gioielli di valore inestimabile. Ma il misterioso Fantômas è in agguato... Indagando sull’uccisione della marchesa, il commissario Juve riesce a smascherare l’assassino, che però saprà sfuggirgli. Libero adattamento dalle opere di Allain e Souvestre a cui manca il personaggio di Fandor. Dopo i capolavori di
Feuillade, primo film sonoro.

Dottor Miracolo
(Murders in the Rue Morgue, USA, 1932)
di Robert Florey. Con Bela Lugosi, Sidney Fox, Leon Ames, Bert Roach, Betty Ross Clarke, Brandon Hurst

Quale sconvolgente mistero si nasconde dietro gli orrendi omicidi commessi nella rue Morgue? Non contenti di ciò che era alla base del bellissimo libro, gli sceneggiatori hanno voluto dare ad uno dei primi film sonori tratti da Poe un'impronta tutta horror, e così hanno inserito il solito scienziato pazzo. La trovata non arricchisce la trama, ma anzi la rende farraginosa e improbabile, ed il malvagio di turno ruba abusivamente la scena al vero protagonista della vicenda, nientemeno che il primo detective della storia, Auguste Dupin.

La notte dell'incrocio
(La Nuit du carrefour, F, 1932)
di Jean Renoir. Con Pierre Renoir, Winna Winifried, Georges Koudria, G.A. Martin, Jean Gehret

Nell'arco di poche ore vengono uccisi un commerciante di diamanti e sua moglie: vari i possibili colpevoli e Maigret faticherà non poco a individuare quello giusto. La trama molto densa non era l'ideale per una versione cinematografica. "È un film di atmosfera notturna e piovosa che rende inediti, quasi allucinanti i paesaggi dell'Ile-de-France. Pur deluso, Simenon elogiò molto il Maigret di Pierre Renoir, fratello del regista, sobrio e intenso. Parzialmente riuscito, è sopravvissuto al tempo." (Morandini, Dizionario dei film, Zanichelli, 2008)

Mata Hari
(Id., USA, 1932)
di George Fitzmaurice. Con Greta Garbo, Ramon Novarro, Lionel Barrymore, Lewis Stone

Durante la prima guerra mondiale una celebre danzatrice fa la spia per i tedeschi, ma l'amore per un ufficiale sarà la sua rovina. Molto liberamente tratto dalla vera storia di Mata Hari (ovviamente assai più complicata e contraddittoria), il film fece conoscere questa affascinante figura, tanto che il suo nome divenne sinonimo di donna-spia, ma non fu che un polpettone melodrammatico, pur con qualche scena ardita per i tempi. La voce di T. Lattanzi accentuò la sensualità, altrimenti algida, della Garbo. Buona ricostruzione in uno sceneggiato RAI (1967).

Il segno dei quattro
(The Sign of Four: Sherlock Holmes' Greatest Case, GB, 1932)
di Graham Cutts. Con Arthur Wontner, Ian Hunter, Isla Revan

Una vecchia e misteriosa vicenda che risale al ritrovamento di un tesoro da parte di un gruppo di persone, si ripercuote drammaticamente sulla vita di una ragazza, figlia di uno di questi. Quattro erano gli uomini che avevano trovato il tesoro e le oscure minacce che le vengono rivolte sono appunto siglate dal segno dei quattro. Sherlock Holmes riuscirà faticosamente a ricostruire tutti gli aspetti di questa complicata storia. Liberamente ispirato all'omonimo romanzo di Conan Doyle.

Sherlock Holmes
(Id., USA, 1932)
di William K. Howard. Con Clive Brook, Reginald Owen, Ernest Torrence

Il professor Moriarty, l'implacabile nemico di Sherlock Holmes, sfugge alla forca e riprende la propria funesta attività: fra l'altro rapisce una signora a cui il detective di Baker Street è particolarmente affezionato. Tra i due si apre dunque una nuova, mortale partita, e dopo inseguimenti, duelli, travestimenti, l'investigatore riuscirà a salvare la donna in pericolo. Dal dramma di David Gillette, uno dei grandi interpreti teatrali di Sherlock Holmes. Liberamente ispirato ai personaggi creati da Sir Arthur Conan Doyle.

Arsenio Lupin
(Arsène Lupin, USA, 1932)
di Jack Conway. Con John Barrymore, Lionel Barrymore, Karen Morley

Barrymore versus Barrymore: John interpreta il celebre ladro gentiluomo ed il fratello Lionel è il poliziotto che gli dà la caccia per tutta Parigi. Il film riprende hollywoodianamente le vicende narrate da Maurice Leblanc e punta soprattutto ad accontentare i gusti dello spettatore medio americano: trama semplice ma ricca di colpi di scena, ancorché scontati, dialoghi brillanti, personaggi disegnati in modo assolutamente convenzionale e un'ambientazione infarcita di luoghi comuni.

La maschera di Fu Manchu
(The Mask of Fu Manchu, USA, 1932)
di Charles Vidor, Charles Brabin. Con Boris Karloff, Myrna Loy, Lewis Stone, Karen Morley, Charles Starrett

Fu Manchu è il diabolico capo di una società segreta che vuole distruggere la civiltà occidentale, e qui ci va di mezzo una spedizione archeologica britannica che osa cercare la tomba di Gengis Khan. Il personaggio creato da Sax Rohmer ai primi del '900 è, insieme a Moriarty e Fantomas uno dei primi grandi criminali della letteratura, in questo caso con l'aggiunta del clichè razzista (l'orientale spietato, il pericolo giallo). Ma il film, quarto di una lunga serie, è godibile perché pieno di ritmo e di trovate non banali. Negli anni '60 altra serie con C. Lee.

Scarface - Lo sfregiato
(Scarface, The Shame of a Nation, USA, 1932)
di Howard Hawks. Con Paul Muni, Ann Dvorak, Karen Morley, Osgood Perkins, Boris Karloff

È proprio Al Capone ad ispirare il personaggio di Tony Camonte, che diventa il n. 1 della malavita di Chicago. Cosa distingue dagli altri il più celebre dei gangster movies? "Non la furia saettante del ritmo, non la ricca galleria dei personaggi, non la vigoria plastica delle immagini e nemmeno la mancanza di scorie sentimentali. La vera ragione della sua grandezza è nella sua natura di dramma che aspira a essere tragedia, nel passaggio dal “patetico” del primo al “sublime” della seconda." (Morandini)

Il testamento del dottor Mabuse
(Das Testament des Dr. Mabuse, D, 1933)
di Fritz Lang. Con Rudolf Klein-Rogge, Otto Wernicke, Theodor Loos, Oscar Beregi, Camilla Spira

Il diabolico dottor Mabuse, rinchiuso in manicomio, ipnotizza il direttore e ne fa il suo strumento per compiere vari crimini. La polizia non sa che pesci pigliare. Ultimo film di F. Lang in Germania (dove verrà proibito), è il seguito di Dr. Mabuse (1922), e ne esaspera i toni allucinati e angosciosi, con formidabili sequenze tese a evidenziare le folli ambizioni di potere (in qualche modo alludendo alla megalomania hitleriana). Nel 1960 Lang col suo ultimo film riprenderà la storia, attualizzandola con grande intelligenza.

L'uomo ombra
(The Thin Man, USA, 1934)
di W. S. Van Dyke. Con William Powell, Myrna Loy, Maureen O'Sullivan, Nat Pendleton

Nick Charles, scrittore ed ex detective privato, insieme alla moglie Nora indaga su un triplice omicidio che la polizia non riesce a risolvere. Entrambi verranno addirittura sospettati. Molto (troppo) liberamente tratto dal romanzo di Dashiell Hammett, il film, primo di una fortunata e mediocre serie, punta molto sul meccanismo tipicamente hollywoodiano della coppia glamour e brillante e rinuncia ai toni asciutti e realistici del libro, dove i protagonisti sono cinici, sregolati e trasgressivi.

L'uomo che sapeva troppo
(The Man Who Knew Too Much, GB, 1934)
di Alfred Hitchcock. Con Peter Lorre, Leslie Banks, Edna Best, Frank Vosper, Hugh Wakefield

Due coniugi inglesi, in vacanza sulla Costa Azzurra con la figlioletta, assistono casualmente a un omicidio, e i killer, per farli tacere, rapiscono la bambina e volano a Londra, dove avevano progettato di assassinare un ambasciatore durante un concerto. Solo dopo una ricerca disperata i genitori riusciranno a salvare figlia e diplomatico. Il rifacimento del 1956 è sicuramente migliore (anche perché disponeva di un budget ben diverso), ma già qui Hitch rivela tutto il proprio inimitabile talento.
Le due strade
(Manhattan Melodrama, USA, 1934)
di W. S. Van Dyke. Con Clark Gable, William Powell, Myrna Loy, Mickey Rooney

Un quartiere popolare di N. Y., l'adolescenza in comune, e poi destini opposti per due amici: uno diventa magistrato e poi sindaco, l'altro delinquente, e quando molti anni dopo si ritroveranno, ci sarà ancora amicizia, ma la giustizia sarà più forte. Davvero un melodramma, ma con una sua robustezza che ne fece un archetipo per i tanti gangster movie metropolitani. Sceneggiato da un giovanissimo Mankiewicz, il film divenne famoso anche perché John Dillinger, il nemico pubblico n. 1, fu ucciso dall'FBI subito dopo averlo visto.

Sogno di prigioniero
(Peter Ibbetson, USA, 1935)
di Henry Hathaway. Con Gary Cooper, Ann Harding, Donald Meek, Ida Lupino, Douglas Dumbrill

L'incontro è di quelli che cambiano una vita: si erano amati da adolescenti, poi le loro strade si erano separate, e quando, molto tempo dopo, si ritrovano capiscono di amarsi ancora. Ma lei è sposata, e quando il marito viene ucciso è Peter ad essere accusato: verrà condannato, ma continueranno ad amarsi, in sogno. Poteva essere un polpettone romantico, e invece è un film che sembra uscito dalle sperimentazioni surrealiste, tanto che Buñuel e Breton lo consideravano un vero e proprio capolavoro.

The Triumph of Sherlock Holmes
(GB, 1935)
di Leslie L. Hiscott. Con Arthur Wontner, Lyn Harding, Ian Fleming

Sherlock Holmes nuovamente alle prese col suo mortale nemico, il professtor Moriarty, che avvolge Londra nella sua micidiale rete di assassinii, rapimenti, estorsioni, rapine. La battaglia sarà senza esclusioni di colpi ed il feroce criminale sarà messo in condizioni di non nuocere. Almeno per il momento... Molto liberamente tratto dalle opere di Sir Arthur Conan Doyle. Wontner è uno degli SH "storici", ed è fisicamente molto affine al personaggio. L'attore Ian Fleming è solo un omonimo del creatore di James Bond.

Delitto e castigo
(Crime et châtiment, F, 1935)
di Pierre Chenal. Con Harry Baur, Pierre Blanchar, Madeleine Ozeray, Catherine Hessling

Rodion Raskolnikov, studente tormentato e ribelle, uccide con ferocia una vecchia usuraia e sua sorella. L'amore per una giovane prostituta lo spingerà a riflettere sulle proprie azioni, fino alla confessione liberatrice al giudice Porfirij Petroviç che lo sospettava. Fra le molte, e spesso mediocri, versioni ispirate al capolavoro di Dostoevskij, una delle più fedeli e, al tempo stesso, più efficaci nel rappresentare la potenza e la fragilità degli istinti violenti, il tormento del rimorso, l'itinerario di redenzione.

Il delitto del signor Lange
(Le crime de Monsieur Lange, F, 1935)
di Jean
Renoir. Con Jules Berry, Odette Florelle, René Lefèvre

Il proprietario di una casa editrice fa traffici loschi, mette incinta un'impiegata, e poi scappa lasciando sull'orlo del fallimento la ditta. Che però sopravvive in forma cooperativa e anche grazie al successo dei libri scritti da Lange, un dipendente. Il padrone ritorna e vorrebbe riprendere le redini, ma Lange lo uccide. Riuscirà ad espatriare con l'aiuto dei colleghi. Girato nel periodo che precede il Fronte Popolare, il film ha una forte impronta politica, ma senza forzature: dalla raffinatezza di Renoir un capolavoro del realismo.

La pattuglia dei senza paura
(G - Men, USA, 1935)
di William Keighley. Con James Cagney, Margaret Lindsay, Lloyd Nolan, Robert Armstrong, Ann Dvorak

La difficile emancipazione di un ragazzo dei bassifondi: da teppistello ad avvocato della mafia. Ma quando il suo migliore amico, Government Man, viene ucciso, anch'egli decide di entrare nell'FBI. Il "cattivo" Cagney viene arruolato, comportandosi egregiamente, in un film che fu girato con la supervisione del Bureau: lo scopo era palesemente propagandistico ma, a differenza di altri prodotti del genere (uno per tutti: Sono un agente FBI, 1959), il risultato è più che dignitoso.

L'uomo dai due volti
(Charlie Chan in Paris, USA, 1935)
di Lewis Seiler. Con Warner Oland, Mary Brian, Erik Rhodes, Thomas Beck

Charlie Chan è l'ispettore cinese della polizia americana creato da Earl Derr Biggers: questo singolare personaggio ebbe un enorme successo, tanto che Hollywood gli dedicò ben 47 film, non memorabili, negli anni '20 e '30. Questo è il settimo della serie interpretata dallo svedese (! ma fu il migliore) Oland, ed è ambientato a Parigi, dove il poliziotto va a indagare su una complicata truffa finanziaria, intorno alla quale, naturalmente, non mancano travestimenti, agguati e omicidi.

Il club dei trentanove
(The 39 Steps, GB, 1935)
di Alfred Hitchcock. Con Robert Donat, Madelaine Carroll

Hitchcock aveva esordito dieci anni prima con Il giardino del piacere, ma sarà con questo bellissimo film che si affermerà definitivamente: il tema, ricorrente nel regista inglese, è quello dell'uomo accusato ingiustamente. Il protagonista, ricercato dalla polizia per un omicidio che non ha commesso, si ritrova a fuggire... ammanettato a una bella ragazza: grande equilibrio fra l'angoscia della fuga e la leggerezza della situazione. Tra i propri film, uno di quelli che Hitchcock, giustamente, amava di più. Liberamente tratto da un romanzo di John Buchan. Fiacchi i remake ('59, '78).

Sabotaggio
(Sabotage, GB, 1936)
di Alfred Hitchcock. Con Oscar Homolka, Sylvia Sidney, John Loder, Desmond Tester

Nella Londra degli anni '30 un agente straniero, che ha come copertura quella di gestore di un cinema, organizza un attentato: il suo diabolico piano prevede che la bomba sarà fatta esplodere, inconsapevolmente, dal fratellino della moglie. Costei nel frattempo ha una relazione con un commerciante, che in realtà è un agente del controspionaggio. Liberamente ispirato a L'agente segreto di Conrad, il film ne rispetta l'atmosfera cupa e l'evoluzione verso un finale tragico e amaro.

L'agente segreto
(Secret Agent, GB, 1936)
di Alfred Hitchcock. Con John Gielgud, Madeleine Carroll, Peter Lorre, Robert Young, Percy Marmont

Durante la prima guerra mondiale uno scrittore inglese viene arruolato dai servizi e inviato in Svizzera per scovare e uccidere una pericolosa spia tedesca. Dopo un primo e drammatico fallimento, l'agente, aiutato dalla solita bella e innamorata fanciulla, si ostina a proseguire la missione, che verrà completata dopo non poche vicissitudini. Da Somerset Maugham, un Hitchcock diligente, ma fin troppo tradizionale: nelle trame di spionaggio il grande mago non riesce a staccarsi dal proprio conservatorismo.

Le belve della città
(Bullets or Ballots, USA, 1936)
di William Keighley. Con Edward G. Robinson, Joan Blondell, Humphrey Bogart, Frank McHugh

La lotta senza quartiere tra un temibile gangster ed un poliziotto pronto a tutto, in una città dominata dalla corruzione e dalle connivenze col malaffare. Uno dei migliori film del genere, che solo in parte ne ripercorre i luoghi comuni e spesso riesce invece a spiazzare coi suoi cruenti colpi di scena (in varia misura smorzati dalla censura). In una delle sue prime interpretazioni di rilievo il cattivissimo Bogart si scontra col duro e coraggioso Robinson. Poi Hollywood farà il suo mestiere e i ruoli si invertiranno.

L'ora del supplizio
(Love from a Stranger, GB, 1936)
di Rowland V. Lee. Con Ann Harding, Basil Rathbone

Una giovane donna sposa felicemente un affascinante gentiluomo, ma ben presto il comportamento del marito comincia ad assumere aspetti inquietanti, tanto che le si affaccia il sospetto che egli sia addirittura il maniaco che terrorizza la città coi suoi orrendi delitti. Tratto da un racconto di A. Christie, malgrado l'impianto melodrammatico il film è decisamente più moderno - nel ritmo, nell'osservazione psicologica - dei contemporanei. Rifatto, male, a Hollywood nel 1957.

Biancaneve e i sette nani
(Snow White and the Seven Dwarfs, USA, 1937)
di David Hand & Walt Disney.

Sì, non è un giallo, ma un horror... e tra i più terrificanti. Poteva essere un capolavoro assoluto se non fosse stato per l'insopportabile presenza di Biancaneve e per le "scene poetiche e sentimentali caratterizzate da un cattivo gusto pesante, misto di kitsch e cartoline di Natale" (G. Sadoul). E se non ci fossero stati un tot di tagli rispetto alla vicenda immaginata dai grandissimi Grimm Brothers. E peccato che nel 1972 abbiano ridopppiato. Primo film di Disney, fu a lungo, e giustamente, vietato ai minori in Scandinavia. Brr... Splendido e infedele remake nel 2012.

Sono innocente
(You Only Live Once, USA, 1937)
di Fritz Lang. Con Henry Fonda, Sylvia Sidney, Barton MacLane

Uscito dal carcere e deciso a cambiare vita, Eddie è ingiustamente accusato di una rapina: viene arrestato e condannato a morte. Riesce a scappare, ma durante la fuga uccide il cappellano che aveva cercato di aiutarlo; con lui c'è la giovane moglie, e non vivranno felici e contenti. L'ambientazione non è quella tipica del filone gangsteristico (la città), ma l'America rurale del New Deal. Un film che è un punto di riferimento essenziale per un tema al centro di numerosi altri lavori: l'individuo schiacciato da un sistema inesorabile.

Il bandito della Casbah
(Pépé le Moko, F, 1937)
di Julien Duvivier. Con Jean Gabin, Mireille Balin, Gabriel Gabrio, Marcel Dalio, Saturnin Fabre

Pépé le Moko, un gangster braccato dalla polizia, si nasconde nella casbah di Algeri, dove può contare su molte protezioni. Ma c'è un'insidia più pericolosa del tenace sbirro che lo cerca: un'incantevole ragazza che gli fa perdere la testa. Anche letteralmente, perché il tentativo di rifarsi una vita non potrà avere fortuna. Uno dei più celebri noir francesi, con formidabili sequenze e un asciutto equilibrio tra durezza e romanticismo. E Gabin entra nella leggenda, come Bogart.

Giovane e innocente
(Young and Innocent, GB, 1937)
di Alfred Hitchcock. Con Derrick De Marney, Nova Pilbeam, Mary Clare, Percy Marmont, Edward Rigby

Lui trova un cadavere e viene subito sospettato: gli indizi gli sono del tutto sfavorevoli, e così fugge. Lo aiuterà una ragazza, che però è figlia del capo della polizia. Le cose si complicano fino a che una particolarità fisica del vero assassino consente all'innocente di risolvere il dramma. Nel suo ultimo film inglese, con al centro il tema ricorrente della vittima perseguitata dalle circostanze, Hitchcock si congeda perfezionando la propria tecnica, e vari virtuosismi rendono godibile un film non eccezionale. Da Josephine Tey.

Strada sbarrata
(Dead End, USA, 1937)
di William Wyler. Con Humphrey Bogart, Sylvia Sidney, Joel McCrea

Un gangster ritorna nel quartiere dov'è cresciuto e molti, soprattutto i giovani, lo considerano una specie di eroe; ma il rapporto con le persone a cui era più legato si è inevitabilmente modificato: la madre lo rinnega, l'ex fidanzata è diventata una prostituta, ed il più vecchio amico lo disprezza perchè il suo esempio negativo contribuisce ad accentuare il degrado di una città malata. Il dilemma è tra recuperare gli affetti perduti e non rinunciare al successo, e l'esito non sarà consolatorio.

Secret Agent X-9
(Id., USA, 1937)
di Ford Beebe. Con Scott Kolk, Jean Rogers, Monte Blue, Harry Hunter

Un agente segreto americano (dell'FBI, la CIA era di là da venire) implacabile contro spie e gangster: in effetti si tratta quasi di una novità, perché se lo spionaggio era già stato abbondantemente sfruttato al cinema, è una delle prime volte che si punta all'identità di un singolo personaggio. In questo caso attingendo a un fumetto di enorme successo creato dal grande Alex Raymond e nelle prime storie addirittura sceneggiato da Hammett e Charteris. Film a episodi come il successivo del 1945, ed entrambi decisamente modesti e stereotipati.

Dick Tracy
(Id., USA, 1937)
di Alan James, Ray Taylor. Con Ralph Byrd, Kay Hughes, Smiley Burnette, Lee Van Atta, John Picorri

Il crimine avvolge le città e nulla pare possa contrastare l'impero del delitto retto da Spider: solo Dick Tracy può riuscirci. Il celebre fumetto creato da C. Gould diventa un serial cinematografico (gli episodi venivano proiettati per un tot di giorni, col finale aperto che induceva gli spettatori a pagare il biglietto per la puntata seguente), ma sia questa versione che le successive sono tentativi abbastanza goffi di replicare al cinema il successo delle edicole. Ben altro spessore avrà il fumettone del 1990.

La tigre verde
(Think Fast, Mr. Moto, USA, 1937)
di Norman Foster. Con Peter Lorre, Virginia Field, Thomas Beck

Secondo le già ben collaudate regole hollywoodiane, quando un filone si rivela redditizio lo si sfrutta fino all'esaurimento, e quindi, sull'onda dell'enorme successo di Charlie Chan, un altro investigatore orientale, Mr. Moto: indaga su un traffico illegale di gioielli e di armi tra San Francisco e Shanghai. Particolarmente abile nei travestimenti, Moto risolverà l'intricato caso. Peter Lorre è bravissimo e interpreterà vari altri film, a dire il vero abbastanza mediocri, basati su questo personaggio.

La signora scompare
(The Lady Vanishes, GB, 1938)
di Alfred Hitchcock. Con Margaret Lockwood, Michael Redgrave, Paul Lukas, Dame May Whitty

1938: una ragazza, durante un viaggio in treno Germania-Svizzera, fa amicizia con una signora, che all'improvviso svanisce nel nulla. La giovane vuole a tutti i costi capire cosa è accaduto, ma si scontra con gli altri passeggeri che sostengono di non aver visto nulla e l'accusano di essersi inventata tutto. Un bel giovanotto, però, l'aiuterà a venire a capo del mistero. I toni da commedia gialla (dalla trama tortuosa e improbabile) lasciano gradatamente il posto a un'atmosfera cupa, in cui si avvertono i segni dell'incombente conflitto mondiale. Modesto remake nel 1979.

Dopo Arsenio Lupin
(Arsène Lupin Returns, USA, 1938)
di George Fitzmaurice. Con Melvyn Douglas, Virginia Bruce, Warren William

Una ricca famiglia americana va in viaggio in Europa ed è vittima di un clamoroso furto. Le indagini non sembrano approdare a nulla, finché interviene il celebre ladro gentiluomo, che invece di fare il proprio mestiere investiga e risolve il caso. Malgrado questa versione buonista, il film è più fedele del precedente (1932) alle caratteristiche del personaggio creato da Maurice Leblanc e l'impianto hollywoodiano non snatura del tutto la miscela di atmosfere cupe e brillanti tipiche dei romanzi.

Il porto delle nebbie
(Le quai des brumes, F, 1938)
di Marcel Carné. Con Jean Gabin, Michel Simon, Michèle Morgan, Pierre Brasseur, Robert Le Vigan

Jean ha disertato dall'esercito coloniale francese e a Le Havre cerca di imbarcarsi clandestinamente per il Sud America. Ma s'innamora di Nelly e per difenderla commetterà un omicidio. Lieto fine rigorosamente escluso. Quasi un archetipo questo film entrato nella leggenda: le atmosfere uggiose, i dialoghi secchi, lo squallore del porto che pervade la vita di tutti, la forza virile che non può nulla contro il destino segnato, il lirismo tragico, la nebbia dell'anima e dei corpi.

L'angelo del male
(La bête humaine, F, 1938)
di Jean Renoir. Con Jean Gabin, Simone Simon, Gérard Landry, Fernand Ledoux, Jenny Hélia

Un macchinista, onesto e alcolizzato, diventa l'amante di Sévérine che fa in modo di convincerlo a uccidere il marito; ma lui cerca di resistere: l'unica strada sarà tragica. La ferrovia (memorabile la scena iniziale) come metafora della vita che ha il suo cammino già segnato, addirittura "dall'inevitabilità fisiologica del delitto e della morte" (Morandini). Del romanzo omonimo (1890) di Émile Zola, il film riprende il geniale impasto di realismo e romanticismo, con una vena resa ancora più cupa da tutti i colori del grigio. Rifatto da Lang nel 1954.

Nancy Drew... Detective
(Id., USA, 1938)
di William Clemens. Con Bonita Granville, John Litel, James Stephenson, Frankie Thomas, Frank Orth

Viene rapita un'anziana ricca signora, che ha da poco fatto una cospicua donazione ad una scuola. Un'allieva acuta e intraprendente si mette in testa di risolvere il mistero e con l'aiuto del padre e di un fedele amico arriverà alla soluzione. Primo film di una serie (inediti in Italia) che riprende un personaggio letterario famosissimo tra gli adolescenti americani, costruito sul cliché della ragazzina ribelle (ma non troppo...), intelligente, ecc.. Altri film e serie tv negli anni 2000. Di ben altro spessore l'irresistibile Flavia de Luce di Alan Bradley.

Alba tragica
(Le jour se lève, F, 1939)
di Marcel Carné. Con Jean Gabin, Arletty, Jules Berry, Bernard Blier, Jacques Baumer

François uccide un rivale in amore e non può fuggire: si barrica nella propria casa, assediato dalla polizia, e rivive il proprio tragico destino: gli oggetti quotidiani ormai sono soltanto i segni di un'esistenza fallita, schegge di un possibile destino diverso. Sceneggiato da Jacques Prévert, il film consacra Jean Gabin e, soprattutto, diventa l'icona - assieme a Il porto delle nebbie - di quel "realismo poetico" che segnerà non solo il noir, ma tutto il cinema. Da vedere avendo vicino del buon cognac.
Sherlock Holmes e il cane dei Baskerville
(The Hound of the Baskervilles, USA, 1939)
di Sidney Lanfield. Con Basil Rathbone, Nigel Bruce, Wendy Barrie

Davvero molti i film con al centro Holmes e tra i numerosi volti del celebre detective quello di Rathbone è certamente fra i più conosciuti, anche perché è comparso in ben 14 film (questo è il primo). La vicenda è nota e ruota intorno alla cupa leggenda di un cane (un grosso segugio, non un mastino) che imperversa ferocemente nei dintorni del castello di Dartmoor perseguitando la famiglia Baskerville. Nigel Bruce, peraltro assai bravo, impersona un Watson molto più goffo e ottuso di quanto lo avesse dipinto Conan Doyle.

I ruggenti anni Venti
(The Roaring Twenties, USA, 1939)
di Anatole Litvak, Raoul Walsh. Con Humphrey Bogart, James Cagney, Priscilla Lane, Jeffrey Lynn

"Fu considerato l’addio del genere poliziesco/malavitoso che sembrava aver fatto il suo tempo. Ma il film non è solo questo. È molto di più. È in qualche modo il diario della vita di un gangster tipo di quel periodo e abbraccia molti temi, dai campi di battaglia della Francia alle birrerie, ai nightclub, alle imbarcazioni che trasportavano gli alcolici all’indomani del proibizionismo. Il film affronta il momento dell’ascesa e del tramonto del gangsterismo anni '20 e tocca vette assolutamente epiche." (M. Scorsese)
Rebecca, la prima moglie
(Rebecca, USA, 1940)
di Alfred Hitchcock. Con Joan Fontaine, Laurence Olivier, Judith Anderson, George Sanders

Lei sposa un vedovo molto ricco, ma l'inizio della convivenza è turbato dal fatto che si sente continuamente messa a confronto con la prima moglie, Rebecca. La governante in questo è particolarmente perfida e abile, e la novella sposa vive in un clima di angoscia e incertezza. Tutto si fa ancora più drammatico quando emerge con forza il sospetto che Rebecca sia stata uccisa dal marito: i due coniugi riusciranno a restare uniti, anche di fronte alla tragedia incombente? Suspense continua, anche in situazioni di normalità: come solo Hitch. Da D. du Maurier.

Lo sconosciuto del terzo piano
(The Stranger on the Third Floor, USA, 1940)
di Boris Ingster. Con Peter Lorre, Elisha Cook, John McGuire

Un intraprendente giornalista indaga su un controverso caso giudiziario cercando di dimostrare l'innocenza di un uomo condannato solo in base a prove indiziarie, ma egli stesso si troverà nella stessa, drammatica, situazione. Riuscirà a cavarsela? I produttori non investirono granchè in questo film, ritenendolo troppo indigesto, e invece fu uno dei primi a lanciare il genere noir. I richiami a Fritz Lang sono più che evidenti, e la sequenza del sogno influenzerà molti altri registi.

Il prigioniero di Amsterdam
(Foreign Correspondent, USA, 1940)
di Alfred Hitchcock. Con Joel McCrea, George Sanders, Laraine Day, Albert Bassermann, Herbert Marshall

1940: un giornalista americano va in Europa per capire meglio la delicatissima situazione internazionale, dominata da venti di guerra: si troverà nel bel mezzo di un complotto ordito dai servizi segreti tedeschi che rapiscono un anziano diplomatico, depositario di oscuri segreti. A complicare tutto c'è un abile doppiogiochista. C'è anche un risvolto amoroso, che però non attenua minimamente l'atmosfera cupa e angosciosa (il film fu girato a guerra iniziata). Ombrelli, vertigini, spari e mulini a vento fanno la loro parte.

Ombre malesi
(The Letter, USA, 1940)
di William Wyler. Con Bette Davis, Herbert Marshall, James Stephenson, Frieda Inescort, Gale Sondergaard

Ricca piantagione a Singapore: lei uccide un amico di famiglia, sostenendo di essersi difesa da un tentativo di violenza. Ma qualcuno possiede una lettera che rivela un legame passionale fra i due e che quindi fa supporre un omicidio per gelosia. Ricatto e processo s'intrecciano. Da una pièce di Somerset Maugham, un noir in cui il clima tropicale riesce a diventare cupo e gelido: uno dei grandi film del genere, anche se non poco pesò la censura imposta dal famigerato codice Hays.

Sherlock Holmes
(Sherlock Holmes and the Spider Woman, USA, 1940)
di Roy William Neill. Con Basil Rathbone, Nigel Bruce, Gale Sondergaard

Una strana serie di suicidi insospettisce SH: i morti hanno tutti stipulato cospicue assicurazioni sulla vita che però vengono riscosse da qualcun altro, ma pare proprio che i suicidi siano reali. In realtà ciascuna delle vittime è stata morsa da un terribile ragno che... Dietro questo diabolico complotto c'è una sorta di Moriarty al femminile, che riuscirà addirittura a prendere prigioniero Holmes: il quale, tuttavia, riuscirà a sfuggire alla gentile signora. La trama è decisamente sopra le righe, ma ha una sua indubbia originalità.

Quarto potere
(Citizen Kane, USA, 1941)
di Orson Welles. Con O. Welles, Joseph Cotten, Everett Sloane, Paul Stewart, Alan Ladd, Agnes Moorehead

Rosebud: intorno a questa parola ruota il mistero che è il cuore di uno dei più bei film mai realizzati. Tutto è stato scritto sul gran mago Welles e allora lasciamo la parola a Borges: "un giallo metafisico che soffre di gigantismo, di pedanteria, di tedio. Non è intelligente, è geniale: nel senso più notturno e più tedesco di questa parola." Un capolavoro che "porta a compimento un'intera fase della storia del cinema." (Morandini) "Una gigantesca autobiografia americana." (Placereani)

Duello mortale
(Man Hunt, USA, 1941)
di Fritz Lang. Con Walter Pidgeon, John Carradine, George Sanders, Joan Bennett

I servizi britannici convincono un gentiluomo inglese, celebre per la sua abilità di tiratore, a farsi paracadutare in Germania: dovrà uccidere Hitler sparandogli a distanza. L'uomo viene catturato dalla Gestapo, riesce a scappare, ma i nazisti non gli danno tregua. Però ci riproverà. Film tutto giocato sulla suspense: non manca un robusto impianto d'azione, ma l'essenza sono i particolari: il mirino telescopico è un occhio freddo e al tempo stesso sconvolto dalla mostruosità che deve osservare.

Situazione pericolosa
(I Wake up Screaming o Hot Spot, USA, 1941)
di Bruce H. Humberstone. Con Victor Mature, Betty Grable, Laird Cregar, Carole Landis, Elisha Cook Jr.

Un vero pasticcio se venite accusati di omicidio e c'è un funzionario di polizia simile a Javert che vuole a tutti i costi mandarvi sulla sedia elettrica. La vittima era una giovane attrice e per fortuna sua sorella aiuta il malcapitato nelle indagini per scoprire il vero colpevole. Una trama piuttosto convenzionale che tuttavia non impedisce al film di essere un pezzo importante del noir americano: atmosfere assai poco rassicuranti, rese ancora più tese e ambigue dall'abile gioco dei chiaroscuri. Da Woolrich.

Il sospetto
(Suspicion, USA, 1941)
di Alfred Hitchcock. Con Cary Grant, Joan Fontaine, Nigel Bruce, Cedric Hardwicke

Difficile, per una ragazza bella ma timida, incontrare un tipo alla Cary Grant e non innamorarsene. Ma lei non è mica stupida e comincia a sospettare che lui non sia poi tanto per bene: infatti è uno un po' vanesio e spendaccione. Non è che per caso vuole farla fuori? A eccezione della parte iniziale e di quella finale tutto il film è condotto dal punto di vista di lei, con una di quelle geniali invenzioni di Hitch, che poi architetta altri deliziosi artifici tecnici: celebre quello del bicchiere di latte (avvelenato?). Non eccelso, comunque un film notevole.

L'ultimo dei sei
(Le dernier des six, F, 1941)
di Georges Lacombe. Con Pierre Fresnay, Suzy Delair, Michèle Alfa, André Luguet

Sei amici decidono di mettere in comune una grossa vincita al gioco: ciascuno va per la propria strada, per far fruttare il denaro, con l'accordo di ritrovarsi dopo alcuni anni per dividere. Ma uno dopo l'altro vengono assassinati: da chi? Un testardo commissario cerca di far luce. Un polar che riprende le caratteristiche del genere ma che introduce alcuni elementi insoliti, a partire dai molti interrogativi che avvolgono la vicenda e che forse richiamano un altro celebre mistero. Da un romanzo di Steeman.

Il mistero del falco
(The Maltese Falcon, USA, 1941)
di John Huston. Con Humphrey Bogart, Peter Lorre, Mary Astor, Sydney Greenstreet

Individui senza scrupoli cercano a tutti i costi di impadronirsi di una statuetta d'oro ("la materia di cui sono fatti i sogni") che raffigura un falcone e Sam Spade si ritrova al centro di questa lotta spietata. Opera prima di John Huston, il film è tratto dal romanzo di D. Hammett e ne interpreta acutamente lo spirito: suspense, ambiguità, ritmo intelligente, ironia, l'avidità come motore del mondo, con gli attori che sono pienamente all'altezza. Una leggenda del cinema, con Bogart che sarà l'archetipo del detective privato, anche se più nei panni di Marlowe.

Una pallottola per Roy
(High Sierra, USA, 1941)
di Raoul Walsh. Con Humphrey Bogart, Ida Lupino, Alan Curtis, Joan Leslie

Roy è un vecchio rapinatore di banche appena uscito di galera per amnistia: ma non ha cambiato mestiere e organizza subito un altro colpo. Con soci maldestri, però, e infatti vengono individuati e la polizia lo bracca sulle montagne della Sierra Nevada. Con lui una ragazza innamorata, e questo renderà ancora più struggente un finale epico, da western sconfinato e malinconico. Il film fu sceneggiato da J. Huston (e si vede) e consacrò definitivamente Bogart come cinico, duro, e umanissimo.

Casablanca
(Id., USA, 1942)
di Michael Curtiz. Con Humphrey Bogart, Ingrid Bergman, Claude Rains, Paul Henreid, Peter Lorre

Nel 1941 Casablanca è sotto la Francia di Vichy ed è luogo di spie, viltà e coraggio. E il cinico Rick saprà rinunciare alla donna amata. A differenza dell'insopportabile Via col Vento, questo film è giustamente diventato una leggenda, con scene tra le più celebri della storia del cinema. Melodramma costruito con intelligenza (il finale struggente viene quasi scalzato dalla sommessa ironia dei due uomini nella nebbia), dove l'equilibrio fra i generi si catalizza nei due momenti in cui la musica è protagonista: la Marseillaise e As time goes by.

Sabotatori
(Saboteur o Danger, USA, 1942)
di Alfred Hitchcock. Con Robert Cummings, Priscilla Lane, Alan Baxter, Otto Kruger

Nel clima angoscioso che precede la 2ª guerra mondiale il dipendente di una fabbrica di munizioni viene ingiustamente accusato di sabotaggio e solo con l'aiuto di una coraggiosa ragazza riuscirà a discolparsi e a far scoprire i veri responsabili del complotto nazista. Gli intenti propagandistici non intaccano la solidità di un film che riprende uno dei classici temi di Hitchcock: l'individuo solo al centro di un meccanismo che lo stritola. Celebre la tesissima sequenza della statua della libertà.

Arsenico e vecchi merletti
(Arsenic and Old Lace, USA, 1942)
di Frank Capra. Con Cary Grant, Raymond Massey, Priscilla Lane, Jack Carson, Peter Lorre

Due innocue anziane signore, molto per bene e premurose, che con garbo d'altri tempi offrono ai propri ospiti un dolce vinello di sambuco, corretto all'arsenico (prendete nota: "Per due fiaschi di vino ci vuole un cucchiaino di arsenico. Si aggiunge mezzo cucchiaino di stricnina e poi appena un pizzico di curaro."). Il loro fratellone demente provvede poi a occultare opportunamente i cadaveri. Il nipote ignaro scopre questo simpatico passatempo ed è leggermente sorpreso. Equivoci e brividi deliziosi per un piccolo capolavoro. Poi sceneggiato RAI 1955 e 1969..

Il fuorilegge
(This Gun for Hire, USA, 1942)
di Frank Tuttle. Con Alan Ladd, Veronica Lake, Robert Preston, Laird Cregar

Un killer spietato e nevrotico esegue un "incarico" per conto di un industriale (di nome Will Gates...), che si rivelerà una spia a favore dei giapponesi. Nell'intrigo si troverà coinvolta anche una bella cantante, che si presterà a indagare sul traditore. I due collaborano, un po' per necessità un po' per patriottismo, fino al drammatico finale. Da Una pistola in vendita di G. Greene, un poliziesco forse un po' troppo intricato, ma asciutto, pieno di ritmo e tensione, con un Ladd gelido e umano e Lake non poco fascinosa.

Terrore sul Mar Nero
(Journey into Fear, USA, 1942)
di Norman Foster. Con Joseph Cotten, Orson Welles, Dolores Del Rio, Ruth Warrick

A Istanbul un ingegnere americano, che in realtà è un agente segreto dell'OSS, è braccato dalle spie naziste, che cercano in tutti i modi di eliminarlo. Un alto ufficiale turco (che sembra Stalin) si muove ambiguamente e lo aiuta. Donne misteriose complicano la vicenda. Welles fu il vero deus ex machina del film, partecipando sia alla sceneggiatura (da un romanzo di Ambler) sia intervenendo in fase di realizzazione. E il suo intervento è ben evidente, anche se poi la produzione RKO, con cui era in rotta, non gli accreditò questi ruoli.

L'assassino abita al 21
(L'assassin habite au 21, F, 1942)
di Henri-Georges Clouzot. Con Pierre Fresnay, Jean Tissier, Suzy Delair

Una tipica pensioncina di Montmartre, ma c'è un problema: la polizia sospetta che vi si nasconda un assassino. Un solerte ispettore si traveste e si finge inquilino in modo da poter indagare dall'interno. E avrà qualche sorpresa. Nel suo primo film (da un libro di Steeman) Clouzot rivela e condensa tutta la sua poetica: atmosfere ben delineate, cura dei particolari, uso sapiente della suspense, pochi ammiccamenti consolatori. "C'è già tutta la crudele ambiguità dei personaggi che contraddistinguerà i suoi film. " (Morandini)

La chiave di vetro
(The Glass Key, USA, 1942)
di Stuart Heisler. Con Alan Ladd, Veronica Lake, Brian Donlevy

Un buon adattamento del romanzo di Dashiell Hammett: per vincere le elezioni un uomo politico cerca e ottiene l'appoggio di un potente gangster. Ned, il braccio destro del boss, non è favorevole, e quando il figlio del politico viene assassinato, la colpa viene fatta ricadere su di lui. Ned si trova al centro di un intrigo dominato dalle commistioni fra criminalità e politica, dove non ci sono distinzioni fra "buoni" e "cattivi", ma alla fine riuscirà a mantenere una propria dignità. Una svolta: certa politica e certa polizia smascherate.

Ossessione
(I, 1943)
di Luchino Visconti. Con Clara Calamai, Massimo Girotti, Juan De Landa, Elio Marcuzzo, Vittorio Duse

Lei è sposata infelicemente e convince il proprio giovane amante a uccidere il marito. Escluso il lieto fine. Dopo vent'anni di pellicole rassicuranti, Visconti (coadiuvato da giovani intellettuali antifascisti come Ingrao, Alicata, Moravia) irrompe violentemente nel frivolo cinema italiano, e il neorealismo sarà un fenomeno unico nella cultura mondiale. Crudezza e decadentismo si mescolano ferocemente, e l'Italia si scoprirà attraversata da pulsioni oscure e inconfessabili. Dal libro (1934) di J. M. Cain, poi rifatto da Garnett (1946) e Rafelson (1981).

L'ombra del dubbio
(Shadow of a Doubt, USA, 1943)
di Alfred Hitchcock. Con Joseph Cotten, Teresa Wright, MacDonald Carey, Henry Travers

Un bel quadretto: il bravo zio va a trovare la sorella e la sua famiglia. Ma due poliziotti lo pedinano: è sospettato dell'omicidio di alcune signore. Altrove viene scoperto il colpevole ed il caso sembra chiuso, ma non per la sorella che continua ad avere dubbi inquietanti. Così lui, che è il vero assassino, tenta ripetutamente di ucciderla, sottovalutando l'energia della donna. Film splendido e insolito, dove si mescolano continuamente quadretti idilliaci e sorda violenza, affettuosità e inganni, tranquillità e incubo. Hitchcock, insomma.

Quando il giorno verrà
(Watch on the Rhine, USA, 1943)
di Herman Shumlin. Con Paul Lukas, Bette Davis, Geraldine Fitzgerald, George Coulouris

Un ingegnere tedesco, antinazista, vive precariamente a Washington con la moglie americana. Ricattato da un losco individuo, che minaccia di denunciarlo all'ambasciata tedesca, lo uccide e poi torna in Europa per continuare la sua attività politica antifascista. Malgrado sia tratto da una pièce di L. Hellman e sia stato sceneggiato da D. Hammett, il film risente di una regia eccessivamente statica ed è sbilanciato sul piano propagandistico, dovendo fare i conti con le potenti lobby filonaziste che cercavano di sabotare lo sforzo bellico USA.

Il corvo
(Le corbeau, F, 1943)
di Henri-Georges Clouzot. Con Pierre Fresnay, Pierre Larquey, Ginette Leclerc

Et voilà la dolce, tranquilla, sordida e bigotta provincia francese: una cittadina è sconvolta dalla diffusione di lettere anonime che rivelano segreti e inganni, e che provocheranno dolore e morte. Tutti hanno paura, qualcuno non resiste, e ci vorrà la tenacia di una delle vittime di queste infamie per smascherare il "corvo". Film crudele e anticonformista, tanto più duro in quanto girato durante l'occupazione nazista, e ciò nonostante assai poco benevolo verso situazioni e caratteri tipici .

La settima vittima
(The Seventh Victim, USA, 1943)
di Mark Robson. Con Kim Hunter, Tom Conway, Jean Brooks, Isabel Jewell, Feodor Chaliapin

Una ragazza di provincia va a New York in cerca della sorella, di cui non ha più notizie: il suo appartamento è vuoto, il luogo di lavoro scomparso. Nella ricerca l'aiutano uno strano dottore e un poeta emarginato, e si scoprirà che c'è di mezzo una pericolosa setta dedita alla magia nera. La trama ripercorre strade note, ma con una raffinatezza non usuale per i mystery dell'epoca. Del resto il produttore, Val Lewton, era il padre dei migliori horror di quegli anni, tra cui il capolavoro Il bacio della pantera.

La donna del ritratto
(The Woman in the Window, USA, 1944)
di Fritz Lang. Con Edward G. Robinson, Joan Bennett, Dan Duryea

Il criminologo Richard Wanley rimane folgorato dal ritratto di una donna, che finirà poi per incontrare casualmente e che lo coinvolgerà suo malgrado nell'omicidio dell'amante: ricattato, in preda alla disperazione, l'uomo decide di uccidersi, ma... Un'altra formidabile prova di Lang, che mescola sapientemente angoscia ed ironia, verità e dubbio. Robinson è perfetto nell'impersonare l'onesto borghese di mezza età travolto dalla passione e al tempo stesso intenzionato a liberarsene.

Il prigioniero del terrore
(Ministry of Fear, USA, 1944)
di Fritz Lang. Con Ray Milland, Marjorie Reynolds, Carl Esmond, Alan Napier

Un uomo accusato di eutanasia per aver lasciato morire la moglie gravemente ammalata sconta alcuni anni in un manicomio criminale inglese. Quando esce si ritrova coinvolto in una ingarbugliata e violenta storia, che scoprirà essere uno scontro senza esclusione di colpi fra spie. Difficile riconoscere Lang in un film certamente dignitoso ma tutto basato sui colpi di scena e sull'azione, e privo dell'abituale incisività nel caratterizzare i personaggi e le atmosfere. Da Quinta colonna di Graham Greene. Nel 1966 uno scenegggiato RAI.

L'ombra del passato
(Murder, my Sweet, USA, 1944)
di Edward Dmytryk. Con Dick Powell, Otto Kruger, Anne Shirley, Mike Mazurki

Marlowe è alle prese con due vicende che finiranno per incrociarsi: la ricerca di una ladra e la protezione di un uomo ricattato, che però viene ucciso. Sviluppi complicati, violenti e amari. Powell è un Marlowe meno convincente di Bogart e Mitchum (1975), ma il film è la "quintessenza del noir, un piccolo capolavoro di cinema espressionista con una qualità visiva che influenzò molti film dell'epoca." (Morandini) Da Addio mia amata di Chandler. Dmytryk fu uno dei perseguitati dalla follia anticomunista.

Angoscia
(Gaslight, USA, 1944)
di George Cukor. Con Charles Boyer, Ingrid Bergman, Joseph Cotten, Terry Moore, Angela Lansbury

Nell'Inghilterra vittoriana un gentiluomo sposa la nipote di una celebre cantante lirica morta in circostanze misteriose e con un piano perverso (la casa si anima diabolicamente: luci strane, il gas, rumori...) cerca di farla impazzire per ereditare. Meno male che c'è il giovanotto innamorato di lei che risolve tutto. L'impianto è decisamente melodrammatico, ma in realtà tutto è giocato con grande abilità sui meccanismi psicologici e Boyer è di una perfidia davvero angosciante. Bergman giovane e succube. Due sceneggiati RAI: 1958 e 1966.

Quinto: non ammazzare
(The Suspect, USA, 1944)
di Robert Siodmak. Con Charles Laughton, Ella Raines, Henry Daniell, Dean Harens

Non potendone più di una moglie oppressiva e disgustosa, lui sceglie la soluzione più drastica: l'omicidio. Ma proprio quando sembra aver trovato la tranquillità (con la giovame amante, s'intende), ecco che un ricattaore lo prende di mira. E lui sceglie nuovamente la soluzione più drastica: l'omicidio. Un melodramma, apparentemente, ma l'umorismo nero è raffinatissimo ed i contrappunti di tensione sono altrettanto ben congegnati. Laughton bravo nella sua ambiguità e nel suo candore da rettile.

Vertigine
(Laura, USA, 1944)
di Otto Preminger. Con Dana Andrews, Gene Tierney, Clifton Webb, Vincent Price

Il tenente della Squadra Omicidi che indaga sull'assassinio di Laura Hunt, uccisa con una revolverata al viso, è ossessionato da un ritratto della vittima e non avrà pace finché non arriverà alla scoperta e all'arresto del colpevole: ciò accadrà quando verranno alla luce gelosie e tradimenti, e si chiariranno certe inquietanti somiglianze. "Eleganza, decadenza, perversione, crudeltà, umorismo e una forte vena di necrofilia" (Morandini) fanno di questo film uno dei capolavori del noir.

La follia di Barbablù
(Bluebeard, USA, 1944)
di Edgard George Ulmer. Con John Carradine, Nils Asther, Jean Park

In una Parigi ottocentesca cupa e brillante, un misterioso assassino, soprannominato Barbablù, fa strage di giovani donne e la polizia lo cerca disperatamente: inutile dire che il serial killer (ma non venivano ancora chiamati così) è un insospettabile, un amabile uomo di teatro che è a contatto quotidiano con fanciulle e che ha ottimi rapporti con la polizia. Carradine forse nella sua migliore interpretazione, inquietante, mutevole, ricca di chiaroscuri e sfumature che in parte si perderanno nei successivi film horror.

La donna fantasma
(Phantom Lady, USA, 1944)
di Robert Siodmak. Con Franchot Tone, Ella Raines, Elisha Cook, Alan Curtis

Per un uomo ingiustamente accusato di uxoricidio il fragile alibi è una misteriosa signora incontrata per caso in un bar: ritrovarla è l'unico modo per provare l'innocenza. Gran noir in cui il classico ambiente americano è distorto dalle note dell'espressionismo tedesco: celebri le frenetiche e al tempo stesso gelide sequenze di jazz, come pure lo stravagante cappellino francese dell'inizio sarà il deus ex machina della vicenda. Da un romanzo (1942) di Cornell Woolrich- William Irish.

La maschera di Dimitrios
(The Mask of Dimitrios, USA, 1944)
di Jean Negulesco. Con Peter Lorre, Sidney Greenstreet, Zachary Scott, Faye Emerson

A Istanbul uno scrittore è affascinato dall'enigmatica figura di Dimitrios, un avventuriero internazionale al centro di molti traffici e misteriosamente assassinato. Per ricostruire la vicenda lo scrittore viene a contatto con un insieme di personaggi - ufficiali turchi corrotti, trafficanti di vario genere, diplomatici, spie - che ben rappresentano il clima torbido e pericoloso dei Balcani dell'epoca. Un noir asciutto che non ricorre a luoghi comuni, piuttosto fedele al bel romanzo di Eric Ambler.

Un'ora prima dell'alba
(The Hour Before the Dawn, USA, 1944)
di Frank Tuttle. Con John Sutton, Veronica Lake, Franchot Tone

Allo scoppio della guerra tanti si arruolano, ma c'è anche chi sceglie l'obiezione di coscienza. La storia d'amore con un'affascinante donna sconvolge tutto, perché lei si rivela una spia dei tedeschi. Lui la ucciderà e poi decide di arruolarsi nella RAF. Da Somerset Maugham, il film ne riprende - non senza qualche eccesso di mélo - le atmosfere ambigue, ma, dovendo in qualche modo contribuire alla propaganda antinazista, semplifica notevolmente l'intreccio, che tuttavia resta ben impostato.

La fiamma del peccato
(Double Indemnity, USA, 1944)
di Billy Wilder. Con Fred MacMurray, Barbara Stanwyck, Edward G. Robinson, Tom Powers

Un cinico assicuratore e la moglie avida di un cliente ricco: lo scenario ideale per imbastire un omicidio e riscuotere poi la cospicua assicurazione. Ma naturalmente qualcosa va storto. Wilder sperimenta qui la tecnica dei flashback che svilupperà in Viale del Tramonto, ma non è solo questo aspetto a rendere il film uno dei grandi polizieschi: toni asciutti, bianco e nero cupo e abbagliante, personaggi forti (celebre resterà la catenella alla caviglia della dark lady). Sceneggiato da Chandler e tratto da Cain.

La casa della 92ª strada
(The House on 92nd St., USA, 1945)
di Henry Hathaway. Con William Eythe, Lloyd Nolan, Signe Hasso, Gene Lockhart

Nella fase cruciale della seconda guerra mondiale il Reich tenta in tutti i modi di recuperare il gap tecnologico con gli angloamericani e sguinzaglia le proprie spie, avendo soprattutto come obiettivo i segretissimi progetti della bomba atomica. L'FBI svolge un'intensa attività di controspionaggio ed evita la catastrofe. Anche qui l'intento propagandistico è evidente, accentuato dalla tecnica quasi documentaristica, ma Hathaway mescola sapientemente realismo e spettacolarità e ne fa un film avvincente.

Un angelo è caduto
(Fallen Angel, USA, 1945)
di Otto Preminger. Con Dana Andrews, Alice Faye, John Carradine, Linda Darnell, Charles Bickford

Eric, un "colletto bianco" rimasto disoccupato arriva in una cittadina della California e si mette in società con un falso chiaroveggente; riesce a sposare un'ereditiera ma prosegue la relazione con una bella cameriera. Quando questa viene uccisa Eric scappa, ma poi ci ripensa: riuscirà a far arrestare il vero colpevole? Preminger governa una sceneggiatura decisamente aggrovigliata con un ritmo eccellente, dialoghi tesi, atmosfere ciniche e struggenti, recitazione da manuale.

Nelle tenebre della metropoli
(Hangover Square, USA, 1945)
di John Brahm. Con Laird Cregar, George Sanders, Linda Darnell, Alan Napier

Nella Londra del primo Novecento un musicista è preda di un fortissimo disturbo psichico: ogni volta che sente suoni dissonanti è preso da una furia incontrollata. Uno psicologo di Scotland Yard sospetta di lui ma ciò non evita che la violenza omicida si scateni ripetutamente, anche nei confronti delle donne amate. Il drammatico finale non poteva che avvenire in un teatro. Robusto melodramma che attinge a piene mani agli stereotipi ma che tuttavia è ben gestito, nell'ambiente più che nei personaggi.

Io ti salverò
(Spellbound, USA, 1945)
di Alfred Hitchcock. Con Ingrid Bergman, Gregory Peck, Rhonda Fleming, Leo G. Carroll

Il gioco di specchi è davvero azzardato, ma condotto con maestria. In una clinica psichiatrica arriva il nuovo direttore, che però è un impostore: viene quindi sospettato di aver ucciso il vero medico e solo l'amore e la competenza di una collega riusciranno a salvarlo. Celebre l'episodio del sogno: gli "effetti speciali" fecero scalpore, ed erano basati nientemeno che su disegni di Salvador Dalì; ma gran parte della sequenza fu tagliata: per i produttori era troppo complessa e angosciosa. Bergman colta e affettuosa. Il solito, grande Hitchcock.

Missione di morte
(Cornered, USA, 1945)
di Edward Dmytryk. Con Dick Powell, Walter Slezak, Jack Larue, Micheline Cheirel

Un pilota canadese di stanza in Francia s'innamora di una ragazza che fa parte del Maquis, ma viene catturato e internato in un campo di prigionia. Alla fine della guerra viene a sapere che la fidanzata è stata uccisa dai nazisti dopo esser stata denunciata da un funzionario di Vichy, e quindi inizia una caccia spietata, lungo la Rat Line, al collaborazionista. Film teso e ritmato che rende con grande efficacia le ambiguità e le tremende ferite legate alla guerra, all'onestà, all'amore.

Femmina folle
(Leave Her to Heaven, USA, 1945)
di John M. Stahl. Con Gene Tierney, Cornel Wilde, Jeanne Crain, Vincent Price

Una coppia felice ma lei, all'apparenza cara e dolce, è follemente gelosa, al punto di commettere vari omicidi (compresi un aborto su se stessa e la soppressione di un ragazzo handicappato), per paura che il marito abbia altri affetti. Arriverà al punto di progettare il proprio suicidio facendolo sembrare un delitto commesso dalla rivale. Difficile trovare un noir più melodrammatico, che ricorre sfrenatamente a tutti i possibili trucchi ma che a suo modo affronta con un certo coraggio temi all'epoca delicatissimi.

Gilda
(Id., USA, 1945)
di Charles Vidor. Con Rita Hayworth, Glenn Ford, George MacReady, Joseph Calleia, Steven Geray

Esotico ritrovarsi a Buenos Aires a fare il braccio destro del proprietario di un casinò: ma se lui ha sposato la tua donna la faccenda si complica. Tanto più che il locale notturno è in realtà la copertura di un'attività piuttosto losca. Un triangolo pericoloso che si dipana con disinvoltura d'altri tempi, ma non senza eccessi, fra noir e melodramma, con Rita Hayworth entrata sinuosamente e senza rivali nella leggenda: Put the Blame on Mame e Amado mio difficilmente sono accettabili da qualcun'altra. E G. Ford sorride, cinico e sornione.

Il romanzo di Mildred
(Mildred Pierce, USA, 1945)
di Michael
Curtiz. Con Joan Crawford, Ann Blyht, Zachary Scott, Jack Carson, Eve Arden

Storia complicatissima di Mildred, le sue figlie, i suoi mariti: quando il secondo di questi viene ucciso si ripercorre la vita della donna: miserie, tradimenti, ambizioni, pulsioni inconfessabili, cadute e resurrezione, fino alla tragedia finale. Da un asciutto e cupo libro di Cain, Curtiz, diventato celebre con Casablanca, dirige un ambizioso ma ridondante mix di melodramma e noir, con Crawford dominatrice assoluta della scena: pare quasi che voglia l'Oscar a tutti i costi (e ci riesce).

La scala a chiocciola
(The Spiral Staircase, USA, 1945)
di Robert Siodmak. Con George Brent, Kent Smith, Dorothy McGuire

Fu solo nei primi anni '70 che venne coniata l'espressione serial killer, ma di questo si tratta: uno psicopatico uccide donne che hanno un handicap fisico e la sua prossima vittima designata è una ragazza muta che lavora nella stessa villa in cui abita l'assassino. Un capolavoro di suspense, perché l'identità del colpevole è nota fin da subito allo spettatore, che addirittura è "costretto" a vedere con gli occhi dell'omicida: celebri queste inquietanti sequenze girate in soggettiva.

Dieci piccoli indiani
(And Then There Were None, USA, 1945)
di René Clair. Con Walter Huston, Barry Fitzgerald, Louis Hayward, June Duprez

Una delle trame più avvincenti di Dame Agatha, più volte portata sullo schermo, e in questo caso dal grande René Clair (e infatti è in assoluto il più bello). Dieci persone sono invitate a trascorrere alcuni giorni in una villa su un'isola altrimenti disabitata: il padrone di casa non si fa vedere e comunica in modo misterioso. Quando, uno dopo l'altro, gli ospiti cominciano a venir uccisi, i sopravvissuti si sospettano reciprocamente e cercano di scoprire il mistero, sperando di scamparla, non riuscendoci: e muoiono tutti. Ma... Il finale è sconvolgente.

Detour - Deviazione per l'inferno
(Detour, USA, 1945)
di Edgard George Ulmer. Con Tom Neal, Ann Savage, Claudia Drake

Al è un pianista di serie B che va in autostop da New York alla California: un tale che gli dà un passaggio muore d'infarto e lui s'impossessa di auto e soldi. Ma si farà prendere al laccio da una femme fatale davvero perfida. Se la produzione avesse avuto un po' più di denaro poteva venirne fuori un on the road da antologia, ma pur con la sua fragilità tecnica (monologo e flashback funzionano fino a un certo punto) il film resta uno dei noir più cupi e disperati. Savage non divenne una delle grandi dive, ma a modo suo resta un simbolo: se la conosci non la eviti.

Il testimone
(I, 1946)
di Pietro Germi. Con Roldano Lupi, Ernesto Almirante, Marina Berti, Sandro Ruffini, Cesare Fantoni

L'imputato di un omicidio sta per essere condannato in base a quanto dichiarato da un testimone. Costui, però, si ricrede e il processo si chiude con un'assoluzione. I successivi contatti fra i due portano il testimone a convincersi che l'accusato era veramente colpevole e quindi l'assassino è alle strette: ucciderà chi lo può rovinare? Il primo film di Germi naturalmente risente del fatto di essere un'opera di esordio, ma già rivela il talento del regista ed è uno dei primi tentativi organici di giallo italiano.

Notorius - L'amante perduta
(Notorious, USA, 1946)
di Alfred Hitchcock. Con Cary Grant, Ingrid Bergman, Claude Rains, Leopoldine Konstantin, Louis Calhern

Lei non ha un passato irreprensibile e lo spionaggio americano la costringe a sposare, per spiarlo, un uomo d'affari a capo di un'organizzazione nazista a Rio. Lui sospetta ma un vecchio amante aiuterà la donna ad uscire dalla pericolosa situazione. Una spy story in cui però è la suspense a dominare, con momenti che rimangono tra i più tesi della storia del cinema e sequenze memorabili (a partire da quella dello scambio della chiave durante il party). Bergman alcolica e drammatica. "La quintessenza di Hitchcock" (Truffaut).

Il grande sonno
(The Big Sleep, USA, 1946)
di Howard Hawks. Con Humphrey Bogart, Lauren Bacall, Dorothy Malone, John Ridgely

Le figlie di un anziano milionario si cacciano in tutta una serie di guai, ed il padre assume un avventuriero per risolvere le cose: inutilmente, e così ingaggia Marlowe, investigatore privato, che si troverà in mezzo a faccende ben più serie. Un paio di omicidi, una libreria che in realtà è il paravento di losche attività, gangster, gioco d'azzardo e delitti. Dal romanzo più bello di Chandler un film che ha fatto epoca, una coppia perfetta, e Sam Spade - Bogart che purtroppo lascia il posto a Marlowe.

Una donna nel lago
(Lady in the Lake, USA, 1946)
di Robert Montgomery. Con Robert Montgomery, Lloyd Nolan, Audrey Totter, Tom Tully

Un riccone incarica Marlowe di trovare la moglie, non irreprensibile, scomparsa dalla loro villa in Messico. Lì le cose si complicano perché viene trovata morta un'altra donna, moglie del custode della villa. La polizia locale chiude il caso ma il detective non ha terminato il proprio incarico e svelerà un brutale complotto. La trama, già complicata nel libro, qui è appesantita da un artificio tecnico geniale ma tosto: tranne inizio e fine, tutto è filmato in soggettiva, dal punto di vista di Marlowe (e dello spettatore).

Fantômas
(Id., F, 1946)

di Jean Sacha. Con Marcel Herrand, Simone Signoret, Alexandre Rignault, André Le Gall

Fandor vuole sposare Hélène, figlia di Fantômas, ovviamente contro il volere del padre di lei, e il commissario Juve intende sfruttare l’occasione per catturare l’imprendibile criminale; ma tra colpi di scena, inseguimenti e fughe tutto si risolve con il finale "aperto" tipico di tutta la saga di Fantômas. Più ritmo che suspense per questo film, liberamente ispirato alle gesta del personaggio inventato da Allain e Souvestre. Herrand, comunque, riesce a conferire toni decisamente inquietanti al suo Fantômas.

Lo specchio scuro
(The Dark Mirror, USA, 1946)
di Robert Siodmak. Con Olivia De Havilland, Thomas Mitchell, Lew Ayers

Al centro di un oscuro delitto vi sono due sorelle gemelle: una è la feroce assassina, ma quale? La polizia indaga, ma decisivo sarà l'intervento di un medico, che farà luce sulla terribile vicenda. Il film, fortemente debitore all'espressionismo tedesco, è uno dei più preziosi gioielli noir, con un formidabile uso del colore (seppur in bianco e nero): e queste sfumature raffinate si riverberano continuamente sui personaggi. O. de Havilland interpreta le gemelle con maestria.

I gangsters
(The Killers, USA, 1946)
di Robert Siodmak. Con Burt Lancaster, Ava Gardner, Edmond O'Brien, William Conrad

Un ex pugile con trascorsi nella malavita sa che due killer lo cercano e attende passivamente la morte. Perché non reagisce, non scappa? Con un sapiente gioco di flash back la complicata vicenda viene ricostruita con un ritmo lento e teso al tempo stesso. Fotografia tutta giocata sui contrasti violenti del bianco e nero, ambientazione praticamente tutta in interni, dialoghi asciutti: ancora una volta l'espressionismo tedesco lascia il segno. Tratto da un racconto di Hemingway, avrà un ottimo remake (Don Siegel, 1964).

L'angelo nero
(The Black Angel, USA, 1946)
di Roy William Neill. Con Dan Duryea, Peter Lorre, June Vincent, Wallace Ford

Un'attrice di varietà viene assassinata ed il colpevole viene subito individuato. Ma sua moglie non ci crede e, assieme al marito della vittima, si mette a indagare. Ci saranno naturalmente misteri e colpi di scena, ma alla fine la verità salterà fuori. Un poliziesco abbastanza ordinario (che infatti venne considerato troppo poco crudo da Woolrich, da un cui libro è tratto è il film), alleggerito dei particolari più sordidi, ma che tuttavia ha alcuni spunti di originalità (ambientazione, musiche).

Lo strano amore di Marta Ivers
(The Strange Love of Martha Ivers, USA, 1946)
di Lewis Milestone. Con Barbara Stanwyck, Van Heflin, Kirk Douglas, Lizabeth Scott

Una dark lady molto dark fa fuori la zia straricca per ereditare e compra il silenzio dell'unico testimone sposandolo. Ma quando lei incontra un vecchio amore la situazione inevitabilmente si complica e non potrà che risolversi nella violenza e nel dramma. Il film, il primo di K. Douglas, è particolarmente cupo, tant'è che, contrariamente alle abitudini dell'epoca, avrà un finale altrettanto cupo. "Tipico esempio di misoginia che caratterizzò molti film americani del dopoguerra." (Morandini)

Il segreto del medaglione
(The Locket, USA, 1946)
di John Brahm. Con Laraine Day, Robert Mitchum, Gene Raymond, Brian Aherne

Crisi di panico, amnesie, cleptomania, segnano pesantemente la vita di una giovane donna, tanto che i suoi legami con gli uomini si risolvono regolarmente in un disastro. All'origine di tutto un trauma infantile, legato alla madre e alla perdita di un medaglione. Riuscirà il matrimonio ad aggiustare le cose? Puro mélo, certo, ma il mistero avvolge tutto il film, e ogni cosa (o quasi) si rivela attraverso un raffinato meccanismo di scatole cinesi che si sviluppa con efficacissimi flashback.

Lo straniero
(The Stranger, USA, 1946)
di Orson Welles. Con Edward G. Robinson, Orson Welles, Loretta Young

Nell'immediato dopoguerra un criminale nazista scappato dall'Europa cerca di sfuggire alla giustizia e s'inserisce abilmente in una cittadina della provincia americana, addirittura sposando la figlia di un giudice. Ma un tenace detective governativo è sulle sue tracce. Forse non è tra i capolavori assoluti di Welles, ma tutta la vicenda è condotta con la solita maestria: sospetti, ambiguità, doppiezza. Memorabili la sequenza dell'assassinio nel bosco e quella finale sul campanile.

Il grattacielo tragico
(The Dark Corner, USA, 1946)
di Henry Hathaway. Con Clifton Webb, Mark Stevens, Lucille Ball, William Bendix

Un investigatore privato finisce in prigione per una colpa che non ha commesso e quando esce si ritrova in guai ancora peggiori: il suo ex socio viene ucciso ed egli viene nuovamente accusato ingiustamente. Solo dopo molte peripezie, e grazie all'aiuto dell'unica persona rimastagli vicina, la sua fedele e innamorata segretaria, riuscirà a rimettere le cose a posto. Ritmo frenetico esaltato da momenti al rallentatore, sfumature romantiche raggelate da un realismo crudo, incastri angosciosi.

Il postino suona sempre due volte
(The Postman Always Rings Twice, USA, 1946)
di Tay Garnett. Con Lana Turner, John Garfield, Cecil Kellaway, Christopher Lloyd, Hume Cronyn

Niente di strano che una moglie insoddisfatta si trovi un giovane amante, un po' di cattivo gusto che poi lo convinca a risolvere il triangolo nel modo più drastico, ma l'omicidio non garantirà il lieto fine. Se Visconti (Ossessione, 1943) aveva preso il torrido libro di J. M. Cain e l'aveva genialmente adattato alla provincia italiana, qui restiamo nelle atmosfere originali, ammorbidite per ragioni di censura ma comunque ambigue e soffocanti. Un altro adattamento, assai più spregiudicato, sarà girato nel 1981 da Rafelson.

La dalia azzurra
(The Blue Dahlia, USA, 1946)
di George Marshall. Con Alan Ladd, William Bendix, Veronica Lake, Howard da Silva

Un reduce di guerra tornato a casa scopre che la moglie l'ha tradito e la lascia. Quando lei viene assassinata, i sospetti cadono subito sul marito, che ovviamente cercherà disperatamente il vero colpevole: e incontrerà una misteriosa donna che forse l'aiuta e forse no. Seppur scritto da R. Chandler (l'unico suo lavoro esclusivamente realizzato per lo schermo) il film non ha grandi tratti di originalità, ma è comunque "un'opera rappresentativa della sensibilità del dopoguerra, dei traumi psicologici e delle disillusioni dei reduci." (Morandini)

Maschere e pugnali
(Cloak and Dagger, USA, 1946)
di Fritz Lang. Con Gary Cooper, Lilli Palmer, Robert Alda

Durante la guerra un mite scienziato viene arruolato dai servizi segreti alleati per essere paracadutato in Germania e strappare ai nazisti un importante fisico che lavora alla bomba atomica. La missione fallisce ma prosegue in Italia con un obiettivo analogo. Il film non è tra i migliori di Lang, anche perché appesantito da un'improbabile vicenda sentimentale, però mantiene una dignitosa cifra stilistica: in realtà la produzione intervenne per moderare i toni pacifisti e polemici rispetto all'arma nucleare.

Panico
(Panique, F, 1946)
di Julien Duvivier. Con Michel Simon, Viviane Romance, Paul Bernard, Max Dalban

Una signora non irreprensibile viene assassinata nel proprio appartamento e i sospetti della polizia si puntano sul vicino, un tipo strano che fra l'altro aveva l'abitudine di spiare la donna. L'amante di lei contribuisce a rendere credibile la pista, e al presunto colpevole non resta che una fuga disperata. Un noir fra i più solidi "con aguzze notazioni di misantropia nella descrizione della folla, delle sue bassezze e delle sue vigliaccherie." (Morandini) Da un romanzo di Georges Simenon. Rifatto nel 1989.

Il bandito
(I, 1946)
di Alberto Lattuada. Con Amedeo Nazzari, Anna Magnani, Carlo Campanini, Carla Del Poggio, Folco Lulli

Un reduce torna in patria e trova tutto il suo mondo distrutto: casa, famiglia, lavoro. Gli resta una sorella, che per sopravvivere si è data alla prostituzione: egli tenterà di liberarla, ma si scontra violentemente col padrone del bordello: questi e la donna rimarranno uccisi e inizia una fuga angosciosa, con la polizia che lo bracca. Un gesto generoso lo salverà? Il serio tentativo di creare un equilibrio fra mélo e neorealismo spesso fa prevalere il primo, anche se Lattuada si guarda bene dall'edulcorare situzioni e personaggi.

Uno scandalo a Parigi
(Scandal in Paris, USA, 1946)
di Douglas Sirk. Con George Sanders, Akim Tamiroff, Signe Hasso, Carole Landis

Evaso dal carcere, Vidocq riprende vorticosamente la sua attività di ladro e truffatore nella Parigi di primo '800. Innamorarsi della figlia del Ministro degli Interni non è dunque l'idea migliore, ma l'austero babbo intuisce il grande talento del giovane e addirittura lo mette a capo di una nuova forza di polizia. Molto liberamente ispirato alla storia del leggendario personaggio, il film è una gradevole commedia, gestita con garbo e ironia, e senza preoccupazioni di approfondire ambienti e psicologia.

La morte viene da Scotland Yard
(The Verdict, USA, 1946)
di Don Siegel. Con Sydney Greenstreet, Peter Lorre, Joan Lorring, George Coulouris, Holmes Herbert

Un sovrintendente di Scotland Yard arresta un assassino, che viene processato e giustiziato. Ma nuove prove dimostrano che si è trattato di un errore giudiziario, e il funzionario viene sostituito da un mediocre collega, che infatti non riesce a venire a capo di un altro omicidio. Liberamente tratto da Il grande mistero di Bow, di Israel Zangwill, il film non si discosta dai meccanismi del poliziesco tradizionale e non fu accolto positivamente dalla critica malgrado il notevole colpo di scena finale.

Il 13 non risponde
(13 rue Madeleine, USA, 1946)
di Henry Hathaway. Con James Cagney, Frank Latimore, Annabella, Richard Conte

Durante la 2a guerra mondiale un nucleo dei servizi d'intelligence statunitense operante in Francia collabora con il maquis, ma un ufficiale dell'Abwehr (lo spionaggio militare tedesco) s'infiltra nel gruppo. Tutto si svolge come una partita a scacchi: mosse e contromosse per ingannare il nemico. Dalle praterie del West alla claustrofobia della clandestinità, Hathaway cambia pelle ma non perde la propria capacità di raccontare una storia avvincente, addirittura permettendosi il lusso di sperimentare una tecnica di taglio semidocumentaristico.

La strada scarlatta
(Scarlet Street, USA, 1946)
di Fritz Lang. Con Edward G. Robinson, Joan Bennett, Margaret Lindsay, Dan Duryea

Uscire da un matrimonio fallimentare incontrando una bellissima ragazza: la grande occasione di un uomo qualunque con la passione per la pittura, che però si fa raggirare dall'equivoca fanciulla, che vuole solo spremerlo vendendo i suoi quadri. Lui la scoprirà col suo vero uomo e la ucciderà: resterà impunito ma solo e disperato. Lang riprende alcuni temi (e attori) del suo La donna del ritratto in un un noir in cui tutti sono colpevoli e che non lascia spazio ad alcuna possibilità di redenzione. Cupo rifacimento de La cagna (J. Renoir, 1931).

Sherlock Holmes terrore di notte
(Terror by Night, USA, 1946)
di Roy W. Neill. Con Basil Rathbone, Nigel Bruce, Alan Mowbray, Dennis Hoey, Mary Forbes

Un abilissimo ma incauto ladro ha la pessima idea di rubare un favoloso diamante proprio sul treno su cui viaggia anche SH. L'indagine sarà complicata, ma nessun dubbio su come andrà a finire. Quattordicesimo, e modesto, film della saga Rathbone - Holmes segna la fine di questa coppia che, come poche sullo schermo, ha saputo creare, con continuità ed a un buon livello, un'identificazione intensa e credibile fra personaggio e attore. Poi verranno interpreti anche più bravi, ma per generazioni il volto di SH è stato quello acuto e dolente di Rathbone.

Monsieur Verdoux
(Id., USA, 1947)
di Charles
Chaplin. Con Charles Chaplin, Isobel Elsom, Martha Raye, Mady Correll, Allison Roddan

Come davvero faceva Landru, anche questo simpatico Monsieur seduce signore benestanti, si fa nominare erede e infine ne agevola la dipartita. Qui non ci sono le gelide atmosfere che creerà Chabrol, perché la grottesca vicenda mantiene una sua lievità, con momenti di comicità assolutamente irresistibile. E quando, al processo, Monsieur Verdoux spiega le ragioni del suo agire, non si tratterà di un pistolotto strappalacrime e retorico (Il grande dittatore) ma di una calma e lucida sentenza di morte dell'ipocrisia borghese.

Prigioniero della paura
(The October Man, GB, 1947)
di Roy Ward Baker. Con John Mills, Kay Walsh, Joan Greenwood, John Boxer, Edward Chapman

Dopo essere miracolosamente scampato ad un terribile incidente d'auto, un uomo è alle prese con le pesanti conseguenze psicologiche dell'accaduto. Quando viene sospettato dell'omicidio di un'indossatrice, egli stesso non sa cosa sia successo e addirittura teme di essere colpevole. Solo l'aiuto della fidanzata riuscirà a salvarlo. Un equilibrio quasi hitchcockiano tra l'insidia psichica e la suspense, con un John Mills già piuttosto noto ma che con questo ruolo si avvia a diventare uno dei più bravi attori inglesi (v. il bellissimo Whisky e gloria, 1960).

Legittima difesa
(Quai des Orfèvres, F, 1947)
di Henri-Georges Clouzot. Con Louis Jouvet, Bernard Blier, Suzy Delair

Una cantante di cabaret, sposata a un pianista, per fare carriera si concede a un produttore senza scrupoli. Il marito scopre la tresca e decide di ammazzarlo, ma quando arriva a casa sua lo trova morto: le indagini puntano immediatamente sul musicista, che sarà salvato proprio dall'ostinazione del commissario. Un grande film: la verità è ambigua, inafferrabile. Un noir (da Steeman) come se ne fanno pochi (ma avrà un ottimo remake nel 2005) e il Quai des Orfèvres (che non è più al 36...) è raccontato magistralmente.

Il caso Paradine
(The Paradine Case, USA, 1947)
di Alfred Hitchcock. Con Gregory Peck, Charles Laughton, Alida Valli, Ann Todd, Ethel Barrymore

Regola n. 1 per un avvocato: mai innamorarsi della propria cliente. Ma... Imputata di uxoricidio, la bellissima signora Paradine si destreggia abilmente e con algida ambiguità, coinvolgendo senza scrupoli il legale, che alla fine ammetterà pubblicamente le proprie debolezze. Travagliato da gravi problemi produttivi, il film fu, giustamente, poco amato da Hitch, che arrivò a dichiarare: «Quando si è disattenti e non si padroneggia la materia di una storia è inevitabile che il risultato sia confuso

T - Men contro i fuorilegge
(T - Men, USA, 1947)
di Anthony Mann. Con Dennis O'Keefe, Mary Meade

Se i G-Men sono gli uomini (agenti FBI) del Governo USA, chi mai saranno i T-Men? Quelli del Dipartimento del Tesoro (v. The Untouchables, 1987), che qui vengono rappresentati come senza macchia e senza paura nella loro lotta contro i falsari. Uno dei tanti film che - più o meno sponsorizzati dalle agenzie governative - raccontano quanto siano bravi e puri gli uomini che difendono law and order. Ma A. Mann non è un servo sciocco e confeziona un prodotto più che dignitoso.

Le catene della colpa
(Out of the Past, USA, 1947)
di Jacques Tourneur. Con Robert Mitchum, Jane Greer, Kirk Douglas, Rhonda Fleming

Jeff in passato faceva il detective: un tipo losco, Nick, lo aveva incaricato di ritrovare l'affascinante Kitty, ma Jeff se n'era innamorato ed era fuggito con lei. Conclusasi drammaticamente la relazione, Jeff cambia vita e nome, ma anni dopo Nick e Kitty, più pericolosa che mai, si rifanno vivi, incastrandolo in un brutto affare. Un noir davvero noir, incardinato all'idea che al passato non si può sfuggire e che il peso delle colpe di un tempo non lascia scampo: non vi è alcuna possibilità di redenzione.

Anima e corpo
(Body and Soul, USA, 1947)
di Robert Rossen. Con John Garfield, Lilli Palmer, Hazel Brooks, Anne Revere, William Conrad

Vincere un titolo mondiale di boxe non è cosa che riguarda solo la professionalità sportiva, dato che intorno a quel mondo ruotano enormi interessi legati alle scommesse: e così un bravo pugile è costretto a piegarsi alle esigenze del racket. Ma... Uno dei più bei film sul pugilato, senza sconti verso la corruzione che spesso lo condiziona, da parte di un regista che non solo fu pesantemente criticato per l'asprezza della sua vena critica ma venne anche perseguitato durante la caccia alle streghe.

La fuga
(Dark Passage, USA, 1947)
di Delmer Daves. Con Humphrey Bogart, Lauren Bacall, Agnes Moorehead, Bruce Bennett

Condannato ingiustamente per omicidio un uomo fugge, anche grazie all'aiuto di una giovane e ricca signora che si è innamorata di lui; addirittura lui arriverà al punto di farsi operare per cambiare volto (e nel film si vedrà solo il nuovo viso) e poter quindi cercare con maggior sicurezza il vero colpevole. Sarà inutile, perchè questi morirà e la polizia non rinuncerà alla caccia. Di nuovo, un'unica soluzione: la fuga. Noir memorabile, con la presenza forte ma non divistica di una delle più celebri coppie dello schermo. Da una pièce di D. Goodis.

Odio implacabile
(Crossfire, USA, 1947)
di Edward Dmytryk. Con Robert Mitchum, Robert Ryan, Robert Young, Gloria Graham

Alla fine della seconda guerra mondiale alcuni reduci si ritrovano per una bevuta, e uno di loro, per odio antisemita, uccide un ebreo. Viene accusato un innocente, ma alla fine il movente razzista smaschererà il vero colpevole. Il delitto è il pretesto per un film di denuncia civile. Dmytryk (ma poi si pentì) fu uno dei "Dieci di Hollywood", i primi fra i tanti perseguitati nell'industria cinematografica dalla caccia alle streghe scatenata dai nuclei più anticomunisti del Congresso USA e che ebbe nel sen. McCarthy il suo più feroce sostenitore.

Perfido inganno
(Born to Kill, USA, 1947)
di Robert Wise. Con Lawrence Tierney, Claire Trevor, Walter Slezak

Lei, ereditiera, è fidanzata con un giovane ricco e perbene, ma è morbosamente attratta da un individuo rude e violento, che ha già ucciso e che ucciderà ancora. Lui vorrebbe cogliere l'occasione ma alla fine la ragazza sceglierà il promesso sposo. Intrighi, gelosie, un omicidio. Solitamente i titoli italiani dei film stranieri sono piuttosto idioti, ma in queso caso no: il film è infatti un melodramma confuso e improbabile, che si salva (parzialmente) solo perchè Wise, qui alle prime armi, si rivela già un regista di razza.

Fiesta e sangue
(Ride the Pink Horse, USA, 1947)
di Robert Montgomery. Con Robert Montgomery, Thomas Gomez, Wanda Hendrix, Fred Clark

Jack vuole una resa dei conti con Frank, un losco individuo colpevole anche di omicidio: lo ricatta ma il suo piano è disturbato dall'intervento dell'FBI, che lo vorrebbe come testimone contro il criminale. Jack però si defila e prosegue nel suo intento, naturalmente aiutato da una bella ragazza. Storia un po' troppo ambiziosa e aggrovigliata e non senza luoghi comuni folklorisitici, che tuttavia si salva per l'ottima recitazione e per alcune interessanti scelte stilistiche: uso asciutto del bianco e nero, dialoghi secchi.

Boomerang - L'arma che uccide
(Boomerang, USA, 1947)
di Elia Kazan. Con Dana Andrews, Lee J. Cobb, Jane Wyatt, Karl Malden, Arthur Kennedy

In una cittadina della provincia americana viene ucciso un anziano sacerdote e il delitto scuote profondamente l'opinione pubblica: la polizia è sotto pressione e, non riuscendo a scoprire il vero colpevole, se ne inventa uno: un giovane disoccupato. Ma il magistrato inquirente non crede a questa versione e farà di tutto per scoprire la verità. Basato su un fatto realmente accaduto, il film tratta la vicenda con uno stile asciutto e realistico, come fosse un documentario. Uno dei migliori lavori di Kazan.

Forza bruta
(Brute Force, USA, 1947)
di Jules Dassin. Con Burt Lancaster, Hume Cronyn, Yvonne De Carlo, Charles Bickford, Ella Raines

Un penitenziario è gestito con pugno di ferro ed il capo delle guardie esercita con freddo sadismo il proprio potere assoluto sui carcerati, che si ribelleranno. Uno dei film più noti fra i tanti del filone carcerario, e certamente uno dei più duri, e dei più belli. Forse c'è un eccesso di riguardo verso i detenuti, che saranno pur tali per qualche motivo, ma la brutalità senza speranza di quell'istituzione totale che è la prigione è rappresentata con grande acutezza e pietà umana.

Persecuzione
(The Upturned Glass, GB, 1947)
di Lawrence Huntington. Con James Mason, Pamela Kellino, Rosamund John

Uno stimato professore universitario, neurochirurgo, dedica una lezione a temi etici, raccontando di un uomo che ha perso la sorella, suicidatasi per colpa di una persona che, per questo, sarà uccisa. Quell'uomo è lui stesso, che infatti ammazzerà la "colpevole". Un Mason impeccabile offre un eccellente ritratto del criminale che diventa tale non per le "solite" ragioni (denaro, sesso, follia) ma in base alla presunzione di essere intellettualmente, e quindi moralmente, superiore agli altri, avendo dunque il diritto di dare sia la vita che la morte.

La moneta insanguinata
(The Brasher Doubloon o The High Window, USA, 1947)
di John Brahm. Con George Montgomery, Nancy Guild, Conrad Janis, Roy Roberts

Una bella e ricca vedova assume Philip Marlowe affinché ritrovi un gioiello di famiglia, un prezioso medaglione. Il caso pare di routine e invece s'ingarbuglia non poco: morti ammazzati, oscuri intrighi familiari e liaisons dangereuses non facilitano le cose. Un Marlowe un po' troppo azzimato ma non lontanissimo dalla creatura di Chandler. Una sceneggiatura attenta, anche se non brillante, e la mano ferma di un esperto artigiano rendono il film (poco noto) più che dignitoso.

Fuggiasco
(Odd Man out, GB, 1947)
di Carol Reed. Con James Mason, Fay Compton, Kathleen Ryan

In una livida Belfast invernale il capo di un nucleo armato clandestino (evidentemente dell'IRA, che però non viene mai nominata esplicitamente), dopo un'azione tenta di sfuggire alla spietata caccia della polizia. La fuga lo porterà nei vicoli bui e insidiosi di una città ferita, oltraggiata, indifferente, fra persone le più diverse: ambigue, eroiche, avide, ostili, solidali. Fino a un porto delle nebbie che sarà la drammatica metafora di un'esistenza dura e in cui il tradimento morale non lascia vie d'uscita. Un Reed eccellente per un noir umano, affascinante, crudele.

A sangue freddo
(Johnny O'Clock, USA, 1947)
di Robert Rossen. Con Dick Powell, Evelyn Keyes, Lee J. Cobb

Due gangster in società fra loro, e in mezzo un triangolo: perché la moglie dell'uno s'innamora dell'altro. Si capisce fin da subito che le cose si metteranno davvero male, e infatti la vicenda si complica drammaticamente, non risolvendosi nemmeno quando i due si affrontano con le armi: uno muore ma il secondo, Johnny, sarà braccato dalla polizia e, malgrado sia violento e privo di scrupoli, lo spettatore si ritroverà inevitabilmente a parteggiare per lui. Ambiguità e cinismo.

Il bacio della morte
(Kiss of Death, USA, 1947)
di Henry Hathaway. Con Victor Mature, Brian Donlevy, Richard Widmark, Karl Malden, Coleen Gray

Dopo la morte della moglie un rapinatore s'interroga sulla propria esistenza e decide di abbandonare il mondo della malavita, ma i vecchi compari non gliela perdonano e fanno di tutto per eliminarlo prima che si arrivi al processo, dove sicuramente li denuncerà. Uno di essi (l'esordiente Richard Widmark, straordinario nella sua maschera sadica) si accanirà con particolare ferocia. Sicuramente uno dei migliori film sul gangsterismo, che coniuga l'azione serrata con un'ambientazione realistica e avara di luoghi comuni. Remake nel 1995.

Il fiacre n. 13
(I - F, 1947)
di Mario Mattoli. Con Vera Carmi, Ginette Leclerc, Sandro Ruffini, Marcel Herrand, Galeazzo Benti, Roldano Lupi

Alla morte di una ricca nobildonna il secondogenito uccide il fratello, erede, ed il suo medico, facendo incolpare il figlio del dottore. Anni dopo viene riaperto il processo ed il giovane funzionario di polizia che riprende in mano le indagini fa una clamorosa scoperta, che porterà alla cattura del vero colpevole. Un drammone sentimentale a tinte forti che riprende la classica formula del feuilleton, in cui s'intrecciano amori illeciti, tradimenti, cupidigia, altruismo, rivelazioni sconvolgenti. Ma al prolifico regista dobbiamo alcuni splendidi film di Totò.

Fantomas contro Fantomas
(Fantômas contre Fantômas, F, 1948)
di Robert Vernay. Con Maurice Teynac, Marcelle Chantal, Yves Furet, Aimé Clariond, Alexandre Rignault

Parigi è nuovamente in preda al terrore e tutto fa pensare al ritorno di Fantômas. Sulle sue tracce Fandor e Juve smascherano un diabolico chirurgo che sembra capace di trasformare i suoi pazienti in assassini: è lui Fantômas? Liberamente ispirato al personaggio inventato da Allain (che firma il soggetto) e Souvestre, il film punta tutto su una serie di colpi di scena oggi decisamente prevedibili, ma che a suo tempo suscitarono scalpore. Anche qui niente a che vedere con le porcherie interpretate (anni '60) dal pur bravissimo de Funés.

Nodo alla gola (o Cocktail per un cadavere)
(Rope, USA, 1948)
di Alfred Hitchcock. Con James Stewart, Farley Granger, John Dall, Cedric Hardwicke

Due rampolli dell'alta borghesia sperimentano il brivido estremo: uccidono un amico, nascondono il cadavere in soggiorno e organizzano un party con parenti e amici del morto. Ma hanno la pessima idea d'invitare anche un loro acuto ex professore. Film atipico non solo per i contenuti (demolizione - banale - dello spirito di superiorità, spazio limitato, suspense del tutto insolita) ma anche per la genialità tecnica di Hitch: piani sequenza di 10 minuti ciascuno che, montati, fanno sembrare il film un'unica inquadratura. Ma per mezz'ora noia borghese.

Le forze del male
(Force of Evil, USA, 1948)
di Abraham Polonsky. Con John Garfield, Marie Windsor, Beatrice Pearson

Un giovane avvocato cerca di aiutare il fratello maggiore, rimasto intrappolato nel giro delle scommesse clandestine, ma resterà anch'egli coinvolto, fino al punto di buttare a mare i propri ideali e di mettersi al servizio del racket. Uno dei film americani più politici, e infatti durante il maccartismo il regista fu uno dei tanti a finire sulle “liste nere” per essersi rifiutato di collaborare con l'HUAC, il comitato per le attività antiamericane: Polonsky fu costretto a lasciare il lavoro e solo nel 1969 potè tornare alla regia con il bel Ucciderò Willie Kid.

Il terrore corre sul filo
(Sorry, Wrong Number, USA, 1948)
di Anatole Litvak. Con Barbara Stanwyck, Burt Lancaster, Tina De Mola, Ed Begley

Lei sta telefonando e, a causa di un'interferenza, si trova ad ascoltare la conversazione di due che stanno mettendo a punto un omicidio, per quella sera, di lì a poco. La donna chiama la polizia, che non le dà retta, e poi fa una serie di telefonate (è immobilizzata a letto) per venire a capo della cosa: mettendo insieme vari elementi, scoprirà che la vittima designata è lei stessa, ad opera del marito. Film e vicenda si svolgono in tempo reale. Suspense e angoscia. Uno di quei capolavori che hanno fatto la storia del cinema.

Tragedia a Santa Monica
(The Pitfall, USA, 1948)
di André De Toth. Con Dick Powell, Raymond Burr, Lizabeth Scott, Jane Wyatt

Un agente assicurativo, sposato, ha un'avventura clandestina, ma la signora non solo è l'amante di un delinquente ma è pure corteggiata da un investigatore privato. Inevitabile che s'inneschi un meccanismo micidiale, con morti e feriti. Un po' ipocritamente il marito fedifrago se la cava. Il tutto è un po' troppo aggrovigliato, ma la sceneggiatura è impostata egregiamente e i vari colpi di scena sono gestiti con attenzione. E poi ci sono tocchi raffinati di umorismo nero, con battute fulminanti.

Schiavo della furia
(Raw Deal, USA, 1948)
di Anthony Mann. Con Dennis O'Keefe, Claire Trevor, Marsha A. Hunt, Raymond Burr, John Ireland

Joe evade dal carcere con l'aiuto della sua ragazza ma il piano è stato agevolato da un suo ex socio, un gangster che vuole farlo eliminare: il sicario incaricato, però, viene ucciso da un'altra donna innamorata di Joe e il destino dei tre resterà profondamente intrecciato. Un triangolo pericoloso che non porterà fortuna a Joe, il quale salverà le dame in pericolo ma a caro prezzo. Inevitabili cadute nel mélo di un film che tuttavia mantiene ben delineato l'impianto noir esente da lieto fine.

Atto di violenza
(Act of Violence, USA, 1948)
di Fred Zinnemann. Con Robert Ryan, Van Heflin, Janet Leigh, Mary Astor

Durante la guerra un gruppo di prigionieri americani organizza una fuga da un lager ma uno di loro fa la spia. L'unico sopravvissuto, tornato in patria, vuole vendicarsi del traditore, che nel frattempo è felicemente tornato dalla famiglia. Il dramma si avvita su se stesso e poi precipita verso un esito inevitabilmente cupo. Naturalmente il cuore del film non è tanto la caccia all'uomo quanto il complesso rapporto fra carnefice e vittima, e, nella sua evoluzione, il cammino di espiazione.

L'isola di corallo
(Key Largo, USA, 1948)
di John Huston. Con Humphrey Bogart, Lauren Bacall, Edward G. Robinson, Lionel Barrymore

Un ex ufficiale, reduce della seconda guerra mondiale, va a Key Largo, isola della Florida, per fare visita ai parenti di un commilitone caduto a Cassino e si ritrova nel bel mezzo di un dramma: tutta la famiglia è tenuta in ostaggio da una banda di gangster. Criticato per l'eccessivo manicheismo, il film è imperniato sulle tensioni insopportabili di questa situazione claustrofobica. La coppia Bogart - Bacall è straordinaria e Robinson può fare sfoggio di tutta la sua esagerata cattiveria.

Chiamate Nord 777
(Call Northside 777, USA, 1948)
di Henry Hathaway. Con James Stewart, Lee J. Cobb, Richard Conte, Helen Walker

Una madre disperata si rivolge ad un giornale per tentare di scagionare il figlio accusato di omicidio: innocente o colpevole? Il solito coraggioso reporter, appoggiato dal solito coraggioso direttore, indaga tenacemente per trovare la verità e alla fine onestà trionfa. Hathaway gestisce con grande mestiere una vicenda apparentemente scontata e Stewart è perfetto nel ruolo. Uno dei film che hanno fatto la storia del filone giornalistico e di denuncia tipico del cinema nordamericano.

Il tempo si è fermato
(The Big Clock, USA, 1948)
di John Farrow. Con Charles Laughton, Ray Milland, Maureen O'Sullivan, Rita Johnson

Da un libro di Fearing che è una sorta di leggenda, per il suo diabolico meccanismo: un giornalista rischia ingiustamente di essere accusato di omicidio e cerca disperatamente di indirizzare le indagini verso il vero colpevole; ma ecco il gioco di specchi: lui ha visto, è il testimone mancante, in grado di scagionare se stesso e di inchiodare l’assassino, ma è proprio lui ad essere incaricato dal vero colpevole, il datore di lavoro, di trovare il testimone (ovvero se stesso). "Uno dei thriller più vicini alla perfezione che io conosca” (Joe Dante).

La signora di Shangai
(The Lady from Shanghai, USA, 1948)
di Orson Welles. Con Everett Sloane, Rita Hayworth, Orson Welles, Glenn Anders, Ted De Corsia

Un marinaio salva una bella signora da un'aggressione in Central Park e viene ingaggiato da suo marito, ricco avvocato, perché li porti su uno yacht ad Acapulco e a San Francisco. Sarà una piacevole crociera: inganni e delitti. Un mix di avventura, noir e storia d'amore in cui Welles concede la scena al bravissimo Sloane e alla biondissima Hayworth, trasformata - con gran scandalo fra i suoi fans - in femme fatale dal cuore nerissimo. Al solito il grande regista ci offre sequenze memorabili: l'acquario, lo scivolo, gli specchi...

L'urlo della città
(Cry of the City, USA, 1948)
di Robert Siodmak. Con Victor Mature, Richard Conte, Shelley Winters, Debra Paget

Due amici d'infanzia e due destini opposti: gangster e poliziotto. Quando il primo evade dal carcere l'altro gli darà la caccia, fino allo scontro finale. Un tema classico che però trova elementi non banali nel carattere dei personaggi: il cattivo è tutto sommato un brav uomo, mentre il buono è cinico e senza scrupoli. E le donne non sono solo di contorno. Buon tentativo di Siodmak di "conciliare il noir di taglio espressionista che gli era abituale e la tendenza allo stile semidocumentario in voga nel dopoguerra a Hollywood." (Morandini)

Il mistero degli specchi
(Corridor of Mirrors, GB, 1948)
di Terence Young. Con Eric Portman, Edana Rommey, Barbara Mullen, Christopher Lee, Lois Maxwell

Un ricco gentiluomo inglese a Venezia rimane affascinato da un quadro rinascimentale e lo compra. Conosce una donna che lui ritiene essere la reincarnazione di quella del dipinto e se ne innamora, ma, accusato di un omicidio, non potrà sposarla. Sarà lei, anni dopo, a scoprire il mistero di tutta la vicenda. Una trama un po' tortuosa per un film che invece è attento alle atmosfere e alle sfumature, tecnicamente molto ben gestito da un regista allora esordiente e che sa imprimere alla storia un "morboso decadentismo onirico". (Morandini)

Dietro la porta chiusa
(Secret Beyond the Door, USA, 1948)
di Fritz Lang. Con Michael Redgrave, Joan Bennett, Anne Revere

Lei sposa un uomo ricco e affascinante, che però nella vita quotidiana si rivela cupo e pieno di manie: ad esempio nella propria casa ha riprodotto alcune stanze in cui sono avvenuti famosi delitti. E poi c'è una camera rigorosamente chiusa: cosa si nasconde dietro questo ulteriore mistero? Sottovalutato film di Lang, forse perché basato sulla suspense più che su un angosciante quadro sociale. Ma, appunto, la suspense è di grande effetto e ricorda Gaslight di Hitchcock (con una cornice psicanalitica molto più convincente).

La notte ha mille occhi
(Night has a Thousand Eyes, USA, 1948)
di John Farrow. Con Edward G. Robinson, Gail Russell, John Lund, William Demarest, Virginia Bruce

Riuscire a prevedere il futuro potrebbe sembrare un (irreale) dono fantastico, ma il protagonista di questa cupa storia ne è angosciato fino allo stremo. E il fatto che egli fosse un "mago", cioè un illusionista, non fa che tingere il dramma di un colore grottesco, tremendamente ironico. Da un allegrissimo libro di Woolrich, un noir avvolto nel mistero e nell'occulto: se il destino esiste, è ineluttabile? Ed è preferibile ignorarlo od esserne consapevoli? Robinson in uno dei suoi ruoli più tormentati, e riusciti.

L'artiglio nero
(Le mystère de la chambre jaune, F, 1949)
di Henri Aisner. Con Serge Reggiani, Pierre Renoir, Hélène Pedrière

"Il miglior racconto poliziesco che sia mai stato scritto": così John Dickson Carr definì il lavoro di Gaston Leroux da cui è tratto il film, una delle prime storie ad essere centrata su quello che diverrà un caposaldo del genere: il mistero della camera chiusa, locked room mystery, ovvero come uccidere qualcuno in una stanza perfettamente chiusa dall'interno. Qui la vicenda originaria è parecchio rimaneggiata, ma un giovane Reggiani interpreta brillantemente il giornalista Rouletabille, investigatore acuto e spregiudicato. Film anche nel 1932, 1946, 2003.

L'uomo della torre Eiffel
(The Man on the Eiffel Tower, USA, 1949)
di Burgess Meredith. Con Charles Laughton, Franchot Tone, Burgess Meredith, Jean Wallace

La vecchia zia non si decide a morire e quindi l'unico modo per ereditare è agevolare la di lei dipartita: per mezzo di un sicario, che però troverà una sorpresa a casa della signora. Così la vicenda s'ingarbuglia ed il commissario Maigret faticherà non poco a sbrogliare la matassa. Laughton è un notevole Maigret, a cui però aggiunge una serie di caratteristiche non propriamente tipiche del personaggio di Simenon. La Tour Eiffel recita sobriamente. Dal romanzo Guerra di nervi.

I bassifondi di San Francisco
(Knock on Any Door, USA, 1949)
di Nicholas Ray. Con Humphrey Bogart, John Derek, George Macready

Nick Romano è il figlio di un commerciante siciliano immigrato in America morto di crepacuore per essere stato accusato ingiustamente di un reato: entra nel giro della malavita ma un avvocato tenta di redimerlo. Inutilmente, perché Nick si ritroverà coinvolto anche lui nel meccanismo spietato di una società basata sull'avidità e l'ingiustizia: e la sua ribellione non potrà che concludersi tragicamente. Film molto "politico", duramente attaccato per il suo spirito di denuncia.

Stasera ho vinto anch'io
(The Set-Up, USA, 1949)
di Robert Wise. Con Robert Ryan, Audrey Totter, George Tobias, Wallace Ford

Un manager della boxe organizza un incontro truccato ai danni di un anziano pugile, che però non ci sta e non vuole perdere: dopo, per fargliela pagare, il racket lo fa massacrare di botte. "Un gioiello del cinema americano a basso costo in cui il tempo narrativo coincide con quello reale. Realizzare The Set-Up (trucco, imbroglio) "fu per tutti un atto d'amore" (R. Wise). Un raro equilibrio di tensione, autenticità, atmosfera, credibilità, verità psicologica. Splendido bianconero." (Morandini)

II terzo uomo
(The Third Man, GB - USA, 1949)
di Carol Reed. Con Orson Welles, Joseph Cotten, Alida Valli, Trevor Howard

Nella Vienna dell'immediato dopoguerra Holly è in cerca dell'amico Harry (di cui si parla continuamente ma che non si vede quasi mai), però scoprirà che egli è coinvolto in loschi traffici. Nulla è come sembra e quella città maestosa e decadente nasconde una realtà torbida, nelle sue ombre e nei suoi sotterranei. La vicenda si complica e assume via via un ritmo sempre più allucinato, fino all'epilogo, da antologia, nelle fogne della città. Scritto da Graham Greene e interpretato da un Orson Welles assolutamente straordinario.

Sgomento
(The Reckless Moment, USA, 1949)
di Max Ophüls. Con James Mason, Joan Bennett, Geraldine Brooks, Shepperd Strudwick

Una ricca signora americana è convinta che lo spasimante della figlia miri solo al denaro: si scontra violentemente con lui e per sbaglio lo uccide. Un amico della vittima viene a conoscenza del fatto e ricatta la donna, ma poi s'innamora di lei e sarà pronto anche a morire. Il plot poliziesco è sicuramente debole, la suspense praticamente non esiste, ma Ophüls usa il giallo solo come pretesto: a lui interessa scavare nelle anime, rivelarne le sfumature, ironizzare cinicamente sull'esistenza.

Alto tradimento
(Conspirator, GB, 1949)
di Victor Saville. Con Elizabeth Taylor, Robert Taylor, Robert Flemyng

Fanciulla di buona famiglia non resiste al fascino della divisa, oltre a tutto di Sua Maestà Britannica. Nozze felici, ma il bel marito nasconde qualcosa e lei scoprirà la terribile verità: lui è segretamente comunista e fa la spia per l'Unione Sovietica. Lui scopre che lei ha scoperto tutto: vincerà l'amore o l'amor di patria (naturale o adottiva)? Una trama che vorrebbe essere hitchcockiana e invece riprende tutti i luoghi comuni del mélo e dei film da guerra fredda, con l'aggravante che la bellezza dei protagonisti rende ancora più improbabile il tutto.

I corsari della strada
(Thieves' Highway, USA, 1949)
di Jules Dassin. Con Richard Conte, Lee J. Cobb, Valentina Cortese, Barbara Lawrence, Millard Mitchell

Un reduce di guerra subentra al padre nella piccola ditta di autotrasporti e anche lui dovrà fare i conti col racket che controlla il mercato della frutta di San Francisco. Rivalità e complicazioni sentimentali non faciliteranno le cose. La strada, i camion, hanno sempre affascinato il cinema americano, e qui un francese inserisce in questo ricco filone la lezione del realismo europeo, e l'on the road si combina egregiamente con l'acuta descrizione degli ambienti e dei personaggi.

Egli camminava nella notte
(He Walked by Night, USA, 1949)
di Alfred L. Werker. Con Richard Basehart, Scott Brady, Roy Roberts

Un déraciné urbano, senza amici, senza affetti, decide di dedicarsi al furto utilizzando le proprie notevoli conoscenze di tecnico elettronico. Ma quando nel corso di un colpo un poliziotto resta ucciso, il suo destino è segnato: avrà addosso tutta la polizia di Los Angeles. Erano gli anni in cui Hollywood amava i film con taglio semidocumentaristico e questo rientra assai dignitosamente nel genere, con una suspense continua. Le riprese notturne e in genere gli esterni sono eccellenti.

Il romanzo di Thelma Jordon
(The File on Thelma Jordon, USA, 1949)
di Robert Siodmak. Con Barbara Stanwyck, Wendell Corey, Paul Kelly, Dot Farley

Per una donna che vive di truffe scoprire di avere una zietta piena di denaro è come vincere alla lotteria: così Thelma entra nelle grazie della riccastra e organizza una finta rapina ai suoi gioelli; però le cose non vanno come previsto e la zia resta uccisa. Al processo Thelma viene assolta perché il procuratore si è invaghito di lei. I due vivranno poi felici e contenti? Un mélo asciutto nonostante le non poche lacrime, e poco convenzionale malgrado il ruolo centrale della femme fatale.

Sangue blu
(Kind Hearts and Coronets, GB, 1949)
di Robert Hamer. Con Alec Guinness, Dennis Price, Valerie Hobson, Joan Greenwood

Un giovane aristocratico, spiantato e ambizioso, per acquisire il titolo di lord progetta di uccidere tutti i parenti che si frappongono al prestigioso obiettivo. Mette in atto il piano con la complicità di una bella donna, che lo salverà quando viene arrestato, ma non mancherà il colpo di scena finale. Capolavoro di umorismo nero, vede un giovane Guinness ricoprire ben otto ruoli, con l'arguzia e la scioltezza che lo renderanno celebre, e con una capacità trasformistica impressionante.

La donna del bandito
(They Live by Night, USA, 1949)
di Nicholas Ray. Con Farley Granger, Howard Da Silva, Cathy O'Donnell, Jay C. Flippen

Un giovane evade dal carcere con due criminali che lo costringono a lavorare con loro; poi s'innamora della nipote di uno dei due, la sposa e fuggono insieme, ma la polizia incombe. Finale struggente. Primo film del grande Ray, "un noir di acceso romanticismo e di lirica tenerezza sullo sfondo di un mondo notturno, violento e ostile. Il regista trascura le scene d'azione per concentrarsi sulle figure dei due giovani “innocenti” e sulla loro estraneità all'ambiente." (Morandini) Rifatto da Altman con Gang (1974).

Doppio gioco
(Criss Cross, USA, 1949)
di Robert Siodmak. Con Burt Lancaster, Yvonne De Carlo, Dan Duryea

Un camionista viene abbandonato dalla moglie, che vuole una vita più ricca di soddisfazioni (e soprattutto più ricca tout court) e diventa l'amante di un gangster. Il marito, per tentare di riconquistarla, decide quindi di tentare anch'egli la fortuna nel mondo del crimine, ma non è tagliato per quel tipo di vita. Una California amara e insolita per un noir duro e di grande suspense che riesce efficacemente ad andare al di là di molti stereotipi sulla malavita. Una cupa lezione di cinema.

In nome della Legge
(I, 1949)
di Pietro Germi. Con Massimo Girotti, Jone Solinas, Camillo Mastrocinque, Charles Vanel

Un magistrato settentrionale, trasferito in Sicilia, si trova a dover fare i conti con una realtà complessa e sfuggente, e l'azione di contrasto alla mafia è particolarmente difficile. Malgrado la collaborazione di alcuni abitanti, fra cui un ragazzino, il magistrato è impotente e pensa di dare le dimissioni: sarà l'uccisione del ragazzo a fargli cambiare idea. Tra neorealismo, avventura e cinema civile, un "vigoroso, qua e là affascinante film d'azione anche se poco attendibile sociologicamente... Il primo western del cinema italiano postbellico." (Morandini)

La sconfitta di Satana
(Alias Nick Beal, USA, 1949)
di John Farrow. Con Ray Milland, Thomas Mitchell, Audrey Totter

La lotta contro il crimine organizzato è durissima e così un procuratore stringe una strana alleanza con un misterioso personaggio, a metà fra il boss ed il benefattore, che lo aiuta anche per mezzo di un'affascinante signora. La carriera del magistrato decolla e si avvia verso decisivi traguardi politici: continuerà su questa strada o saprà liberarsi dal fascino perverso della corruzione? Un'insolita e attraente variante "mefistofelica" del filone giudiziario - gangsteristico. Sceneggiatura di J. Latimer.

L'amore segreto di Madeleine
(Madeleine, GB, 1949)
di David Lean. Con Ann Todd, Ivan Desny, Norman Wooland, Leslie Banks

Uno dei più clamorosi casi giudiziari dell'epoca vittoriana: una giovane e inquieta aristocratica rifiuta il matrimonio voluto dal padre e conduce una relazione clandestina: quando l'amante muore avvelenato lei viene arrestata e processata: colpevole o innocente? Il grande Lean considerò questo film come il suo peggior lavoro, e non aveva torto: sembra infatti che la pruderie dell'epoca abbia appannato l'acutezza di Lean, e il risultato è un mélo confezionato con mestiere ma senza un briciolo di suspense e originalità.

La sanguinaria
(Gun Crazy, USA, 1949)
di Joseph H. Lewis. Con Peggy Cummings, John Dall, Berry Kroeger

Lui e lei sono entrambi appassionati di armi da fuoco e dunque come fa a non scoccare la scintilla? Ma lei non è solo un'ottima tiratrice: spara anche per uccidere, e coinvolge l'uomo in una serie di rapine. Inevitabile il finale tragico, "uno dei più romantici e disperati della storia del cinema." (Morandini). Una trama non originalissima, ma svolta con notevole abilità, con il mescolarsi di sesso e violenza rappresentato in una chiave assai spregiudicata per l'epoca. Sceneggiatura di D. Trumbo, che non compare col proprio nome perché perseguitato da McCarthy.

La via della morte
(Side Street, USA, 1949)
di Anthony Mann. Con Farley Granger, James Craig, Cathy O'Donnell, Paul Kelly

Una vecchia storia: uno va in guerra e quando torna a casa niente lavoro, niente amicizie, niente. Così un reduce si ritrova a fare il postino, a New York, e si lascerà andare a un piccolo furto: che tuttavia innescherà una perversa spirale di violenza. Anche il tema dell'uomo solo contro tutti non è nuovo, ma questo robusto poliziesco porta con sè "tutto il romanticismo realista del cinema americano del dopoguerra rappresentato da personaggi sbandati, infelici, sfortunati, ma in fondo brave persone." (Morandini)

Vendico il tuo peccato
(Obsession o The Hidden Room, GB, 1949)
di Edward Dmytryk. Con Robert Newton, Sally Gray, Phil Brown, Newton Wane

Un affermato psicanalista londinese è stufo dei continui tradimenti della moglie e invece di uccidere come si deve il rivale, lo sequestra: l'idea è la vendetta suprema, cioè sottoporre il malcapitato a una lunga prigionia, fatta di umiliazioni e torture, e resa ancora più infernale dalla promessa di una morte altrettanto orribile. Ma... Un azzardo tentare una trama così inquietante e morbosa, ma l'esito è sorprendente, e l'angoscia domina tutto, malgrado una eccessiva moderazione nel raccontare la violenza.

I giovani uccidono
(The Blue Lamp, GB, 1949)
di Basil Dearden. Con Dirk Bogarde, Jack Warner, Jimmy Hanley

Una recluta della polizia metropolitana di Londra impara il mestiere da un collega anziano, che però rimane ucciso in uno scontro a fuoco con dei rapinatori. Il giovane reagisce con determinazione e coraggio, dimostrando di che stoffa sono fatti gli sbirri di Sua Maestà, a confronto con certa gioventà bruciata. Travolti e infastiditi dai polizieschi made in USA, gli inglesi rimasero affascinati da questo film asciutto e solido, che senza troppa retorica divenne un forte punto di riferimento per i polizieschi british.

La furia umana
(White Heat, USA, 1949)
di Raoul Walsh. Con James Cagney, Virginia Mayo, Edmond O'Brien, Steve Cochran, Margaret Wycherly

Escalation di un ragazzo cresciuto in ambiente malavitoso: da teppistello di quartiere che vuole emulare il padre ed il fratello entrambi gangster a vero duro del crimine: fino a che il colpo della vita sfocia inevitabilmente in tragedia. Cagney rispetta dignitosamente il cliché hollywoodiano anche se offre risvolti psicologici inediti rispetto agli stereotipi del filone: qui, infatti, è palesemente disturbato da pulsioni edipiche e nevrosi, anche se nel finale saprà addirittura congedarsi in modo beffardo. "Il livello di ferocia e di energia è tale da togliere il fiato." (Scorsese)

Il segreto di una donna
(Whirlpool, USA, 1949)
di Otto Preminger. Con José Ferrer, Gene Tierney, Richard Conte, José Ferrer

La moglie di uno psicanalista è cleptomane e per guarire non ricorre al marito ma ad un ipnotizzatore, che però è un farabutto: commette un delitto e fa in modo che sia la donna ad essere sospettata. Lei stessa, che ha dei vuoti di memoria, non sa come sono andate le cose, e la ricerca della verità sarà complessa e dolorosa. Un po' ambizioso il proposito di indagare sui meccanismi profondi della mente, ma Preminger sa trattare con abilità la materia e dirige da par suo i bravi attori.

Il vendicatore folle
(Le parfum de la dame en noir, F, 1949)
di Louis Daquin. Con Serge Reggiani, Hélène Perdrière, Marcel Harrand

Larsan, l'acerrimo nemico di Rouletabille, è dunque ancora vivo? La sua vedova è perseguitata da inquietanti apparizioni del bandito (e si capisce: lei si è risposata) ed il profumo della dama in nero aleggia per tutta la vicenda, peraltro ambientata in un tetro castello sulla Costa Azzurra. Secondo capitolo del ciclo di Rouletabille, il giornalista - investigatore creato da Gaston Leroux, il film non sempre è fedele al libro, ma si fa apprezzare per il riuscito tentativo di abbinare noir e feuilleton.

Stanotte sorgerà il sole
(We Were Strangers, USA, 1949)
di John Huston. Con John Garfield, Jennifer Jones, Pedro Armendariz, Gilbert Roland, Ramòn Novarro

Cuba, 1933: un nucleo di rivoluzionari in azione contro la dittatura di Gerardo Machado progetta di uccidere un alto funzionario e poi di far esplodere un ordigno durante i funerali a cui parteciperanno i più importanti esponenti del regime. Le cose prendono una piega imprevista, ma la lotta continuerà. Un film politico (che ovviamente negli USA ebbe poca fortuna) che tuttavia si svolge come un thriller, quasi che si trattasse della preparazione di una rapina. Gli aspetti spettacolari sono un po' ridondanti e i personaggi statunitensi abbastanza incongrui.

Viale del tramonto
(Sunset Boulevard, USA, 1950)
di Billy Wilder. Con Gloria Swanson, William Holden, Erich von Stroheim, Nancy Olson, Buster Keaton

Del poliziesco c'è poco, ma s'inizia con un cadavere, quindi... Un giovane sceneggiatore, non trovando lavoro, si fa mantenere da un'anziana attrice: situazione scabrosa che il cinico giovanotto gestisce con abilità, finchè non ne può più del delirio della donna, completamente prigioniera del suo passato di star del cinema muto. Tecnica sublime (la sequenza iniziale e quella finale passate alla storia, la voce narrante, i giochi temporali), intelligenza unica nel dipingere l'assurdità di Hollywood, attori magnifici, cinema nel cinema. Cinema.

Rashômon
(Id., J, 1950)
di Akira
Kurosawa. Con Toshirô Mifune, Machiko Kyô, Masayuki Mori, Takashi Shimura, Minoru Chiaki

Un boscaiolo, un monaco e un vagabondo hanno assistito all'uccisione di un samurai e allo stupro di sua moglie. Ma le loro testimonianze non coincidono e la verità sembra allontanarsi inesorabilmente. Uno dei massimi capolavori del cinema, e forse quello che meglio s'interroga su una fondamentale attitudine dell'uomo: la menzogna. Che è al tempo stesso un fatto mentale (in ciascuno la memoria è diversa) e un fatto fisico, legato al proprio tornaconto, cioè all'istinto di sopravvivenza. La verità, dunque, è illusione?

Il diritto di uccidere
(In a Lonely Place, USA, 1950)
di Nicholas Ray. Con Humphrey Bogart, Gloria Grahame, Frank Lovejoy

Uno sceneggiatore cinematografico, geniale e nevrotico, viene ingiustamente accusato di omicidio: lo aiuta una bella vicina di casa, con cui nasce una storia d'amore. Ma lei, turbata dal comportamento duro e irascibile dell'uomo, sospetta di lui. Il vero colpevole verrà trovato ma fra i due... La storia poco convenzionale non fu amata dal pubblico americano e il film scomparve, salvo venir riscoperto negli anni '70, quando finalmente venne dato il giusto peso al grande Ray.

L'ultima preda
(Union Station, USA, 1950)
di Rudolph Maté. Con William Holden, Barry Fitzgerald, Nancy Olson

Un tenente di polizia in servizio alla Union Station di Chicago riceve la denuncia del rapimento della figlia di un uomo d'affari e continuerà ad occuparsi del caso proprio perché la stazione è il luogo, deciso dai sequestratori, in cui dev'essere consegnato il riscatto. Un poliziesco piuttosto tradizionale sia nella trama che nello svolgimento dell'azione, ma che viene abilmente irrobustito da vari particolari che rendono tutto più sapido: la rapita è cieca, certi comportamenti sono decisamente ambigui, la stazione rivela cupi anfratti. Holden ormai bravissimo.

I trafficanti della notte
(The Night and the City, GB, 1950)
di Jules Dassin. Con Richard Widmark, Gene Tieney, Herbert Lom

In una Londra che più cupa e nebbiosa non si può, un mezzo gangster organizza in un locale scommesse legate a incontri clandestini di lotta e così entra in conflitto con un boss della malavita che vuole avere il monopolio di questo giro. Film noir tra i più duri, in cui il regista irretisce lo spettatore e lo porta a identificarsi con un eroe negativo ma coraggioso, deciso a battersi fino in fondo contro altri ben più spietati di lui. "Disperazione senza fine." (Scorsese) Rifatto, male, nel 1992: La notte e la città con R. De Niro.

Strada maestra
(They Drive by Night, USA, 1950)
di Raoul Walsh. Con Humphrey Bogart, George Raft, Ann Sheridan, Ida Lupino, Gale Page

Due fratelli, entrambi camionisti, hanno la vita dura: il padrone li sfrutta, uno dei due ha un gravissimo incidente e l'altro è addirittura accusato di omicidio: il pessimo datore di lavoro viene assassinato e inevitabilmente i sospetti cadono su chi aveva particolare ostilità nei suoi confronti. Atipico questo noir in cui gli elementi di critica sociale sembrano prevalere su quelli dell'azione o della suspense. Ma fu solo una breve stagione hollywoodiana: poi arrivò la caccia alle streghe e (quasi) tutti si adeguarono.

Due ore ancora
(D.O.A. Dead on Arrival, USA, 1950)
di Rudolph Maté. Con Edmond O'Brien, Pamela Britton, Luther Adler

Lui è un uomo tranquillo e non è proprio felice quando, in vacanza nella splendida San Francisco, scopre che qualcuno lo ha avvelenato e che ha solo pochissimo tempo per scoprire come stanno le cose e cercare di salvare la pelle. La formidabile musica di Dimitri Tiomkin accompagna un noir teso e avvincente, mantenendo viva la suspense per tutto il film e mescolandola con grande abilità all'azione che si dipana freneticamente ma anche con pause di grande effetto. Avrà due remake, scadente nel 1969 e ben congegnato nel 1988.

Golfo del Messico
(The Breaking Point, USA, 1950)
di Michael Curtiz. Con John Garfield, Patricia Neal, Phyllis Thaxter

Harry Morgan, proprietario di un battello da pesca nel Golfo del Messico, si fa coinvolgere nel traffico di clandestini verso le coste USA: un lavoro che a Harry non piace proprio, perché, pur essendo in gravi difficoltà finanziarie, è in fondo una persona onesta. Quando il suo socio viene ucciso cerca di togliersi da quella brutta situazione, anche con l'aiuto della donna di cui si è innamorato, ma non avrà fortuna. Buona e fedele trasposizione di Avere e non avere, di Hemingway.

Donna nel fango
(The Woman in Question, GB, 1950)
di Anthony Asquith. Con Jean Kent, Dirk Bogarde, Susan Shaw, John McCallum

Il detective di Scotland Yard che indaga sull'assassinio di una chiromante interroga con cura chi conosceva la vittima, ma ciascuno dei testimoni ne fornisce un ritratto completamente diverso: donna romantica, viziosa predatrice, alcolizzata, timida. Solo con acutezza e pazienza il poliziotto riuscirà a svelare il mistero. Lo svolgimento dell'indagine si regge tutto su questo espediente pirandelliano e per un giallo non è molto, anche se nel complesso il film è diretto e interpretato più che dignitosamente.

Bassa marea
(House by the River, USA, 1950)
di Fritz Lang. Con Louis Hayward, Lee Bowman, Jane Wyatt, Dorothy Patrick

Uno scrittore in piena crisi creativa non resiste al fascino della cameriera e cerca di violentarla: lei resiste e lui la uccide. Per nascondere il delitto si fa aiutare dal fratello, raccontandogli delle menzogne. Il corpo verrà avvolto in un sacco e gettato nel fiume che scorre lì vicino. Ma l'acqua restituirà il cadavere... Lang come sempre è geniale, ad esempio giocando freddamente sul contrasto tra la rispettabilità (?) della casa vittoriana, cioè della società borghese, e l'aspetto lurido e minaccioso del fiume.

Giungla d'asfalto
(The Asphalt Jungle, USA, 1950)
di John Huston. Con Sterling Hayden, Marilyn Monroe, Louis Calhern, Sam Jaffe, Jean Hagen

Un rispettabile avvocato è in difficoltà finanziarie e per risolverle commissiona una rapina, ma non tutto va come previsto: prima uno scontro a fuoco, poi una confessione, un suicidio, la polizia. Il capolavoro del cinema gangster: personaggi dipinti a mano, dialoghi calibrati al secondo, ambientazione accuratissima, suspense gestita a meraviglia. E Huston si rivela come uno dei più grandi in assoluto, in grado di sfuggire ad ogni luogo comune nell'abbinare maestria tecnica, capacità d'intrattenimento e profondità analitica. Attori perfetti.

Sterminate la gang!
(Armored Car Robbery, USA, 1950)
di Richard O. Flaischer. Con Adele Jergens, Charles McGraw, William Talman, Robert Sterling

Il bottino è particolarmente ricco: l'incasso dello stadio di Los Angeles ammonta a mezzo milione di dollari e bloccare il furgone blindato non è un problema. Ma un poliziotto rimane ucciso e la caccia ai banditi sarà senza tregua. Una produzione RKO a basso costo che "ha 3 doti che la distaccano dalla media del genere poliziesco: asciutto stile documentaristico; intelligente uso dei paesaggi urbani di L.A. e dintorni; disegno a punta secca dei personaggi." (Morandini )

Kim
(Id., USA, 1950)
di Victor Saville. Con Dean Stockwell, Errol Flynn, Paul Lukas, Robert Douglas

India britannica, metà '800: un ragazzino bianco, orfano, vive come un indigeno e campa di espedienti; quando deruba un gentiluomo, che in realtà è un agente segreto di Sua Maestà, costui, colpito dalla vivace intelligenza di Kim lo "arruola" per fargli compiere missioni in cui un ragazzo, appunto, passa inosservato. Kim vivrà anche un viaggio di iniziazione. Dignitoso film per ragazzi, che solo in minima parte riprende il capolavoro di Kipling, in cui viene usata l'espressione "grande gioco" per definire lo spionaggio. E non a caso Kim Philby...

Bandiera gialla
(Panic in the Streets, USA, 1950)
di Elia Kazan. Con Richard Widmark, Jack Palance, Paul Douglas, Barbara Bel Geddes, Zero Mostel

Un omicidio a New Orleans non è certo un fatto strano, se non fosse che il morto, proveniente dal Caucaso, era ammalato di peste. Trovare gli assassini è quindi essenziale per evitare il dilagare della malattia. Un tenente medico e un poliziotto organizzano una frenetica caccia ai colpevoli, che naturalmente cercano di fuggire. Anticipando temi che saranno assai frequentati da cinema e letteratura, il film si snoda angosciosamente, con una suspense calibrata con perfida abilità.

Sui marciapiedi
(Where the Sidewalk Ends, USA, 1950)
di Otto Preminger. Con Dana Andrews, Gene Tierney, Gary Merrill

Lui è un poliziotto dai metodi decisamente sbrigativi e quando nel corso di un arresto il malvivente ci lascia la pelle lui non si fa troppi scrupoli: butta il cadavere in un fiume, tanto... Ma una serie di circostanze portano alla scoperta del delitto e all'incriminazione di un innocente. Preminger usa la macchina da presa a volte come una lente d'ingrandimento e a volte come uno zoom, ma sempre con la capacità di costruire un equilibrio non facile fra azione e intelligenza. Andrews proprio cattivo, Tierney proprio bella.

La città si difende
(I, 1951)
di Pietro Germi. Con Gina Lollobrigida, Renato Baldini, Amedeo Trilli, Emma Baron, Paul Müller, Tamara Lees

Un ex calciatore zoppo, un pittore fallito, un disoccupato e un ragazzo di borgata: quattro sbandati che si ritrovano uniti nella speranza di uscire dalla disperazione. Una rapina può essere la soluzione. Dopo il colpo si separano per meglio eludere le ricerche della polizia, ciascuno con una propria via di fuga, ma non c'è spazio per il lieto fine. Una storia di malavita, cruda e amara, senza nessuna concessione ai meccanismi hollywoodiani: il neorealismo come unica cornice possibile.

M
(Id., USA, 1951)
di Joseph Losey. Con Howard Da Silva, David Wayne, Luther Adler

Per le strade di Los Angeles si aggira un maniaco che circuisce bambini per poi ucciderli: la città è in preda al panico e la malavita, per liberarsi dalla fortissima pressione della polizia, decide di contribuire alla caccia all'uomo mobilitando gli accattoni, che sciamano alla ricerca del mostro, "un assassino di bambini per evitare loro il mondo e la conoscenza, per salvarli dal futuro.” (Goffredo Fofi) Eccellente remake, ambientato non più in Germania ma negli Stati Uniti, del celebre capolavoro di Lang (1931).

Il cerchio di fuoco
(Appointment with Danger, USA, 1951)
di Lewis
Allen. Con Alan Ladd, Phyllis Calvert, Jan Sterling, Paul Stewart

Durante una clamorosa rapina postale ci scappa il morto e le indagini si rivelano subito assai difficili: l'U.S. Mail indaga e un agente è costretto a infiltrarsi nella malavita e deve anche salvare una suora, unica e preziosa testimone. Stucchevole la trovata di inserire una reverenda madre, ma in qualche modo funziona e spariglia la consueta tipologia dei personaggi di un noir. Nell'insieme un film non banale, dignitoso, anche se il sopravvalutato Ladd resta sempre uguale a se stesso.

Tensione
(Tension, USA, 1951)
di John Berry. Con Richard Basehart, Audrey Totter, Cyd Charisse, Barry Sulliva, William Conrad

Un tenente della Omicidi racconta (flashback) di un'indagine particolarmente difficile, sull'omicidio di un odioso commerciante: tutto fa pensare che l'assassino sia un farmacista la cui moglie lo aveva tradito con la futura vittima. In realtà il sospettato aveva davvero congegnato un astuto piano per eliminare il rivale, ma poi, innamoratosi di un'altra, aveva desistito. Ma, appunto... Trama complicata e mélo, ma in qualche modo il meccanismo funziona e il film ha tratti di interessante originalità.

Sciacalli nell'ombra
(The Prowler, GB, 1951)
di Joseph Losey. Con Van Heflin, Evelyn Keyes, John Maxwell

Un poliziotto non proprio irreprensibile s'invaghisce di una donna sposata e, non contento di esserne l'amante, elimina il marito. Poi i due si sposano e iniziano una nuova vita in un altro stato, ma c'è un imprevisto: lei è incinta e ciò potrebbe far nascere molti sospetti. Sviluppi inevitabilmente drammatici. Film asciutto, senza sbavature melodrammatiche, ma anzi con elementi di erotismo insoliti per l'epoca. Sceneggiatura discontinua, anche se di un grande scrittore, quel Donald Trumbo perseguitato dal maccartismo.

L'altro uomo - o Delitto per delitto
(Strangers on a Train, USA, 1951)
di Alfred Hitchcock. Con Farley Granger, Robert Walker, Ruth Roman, Laura Elliott

Mentre viaggia in treno, Bruno si sente fare questa proposta da uno sconosciuto: io ammazzo tua moglie che non vuole concederti il divorzio e tu in cambio fai fuori mio padre: nessuno potrebbe sospettare, dato che non ci sarebbe alcun legame tra vittima e assassino. Bruno non prende la cosa sul serio, ma l'altro comincia a perseguitarlo per convincerlo. Da un'idea un po' bizzarra di Patricia Highsmith un film memorabile, Hitchcock puro: angoscia, suspense, personaggi sconcertanti, fino alla celebre sequenza finale della giostra.

La città è salva
(The Enforcer, USA, 1951)
di Bretaigne Windust. Con Humphrey Bogart, Everett Sloane, Zero Mostel

Murder Inc.: secondo voi di cosa si occuperà una congrega con un nome simile? Un procuratore indaga, ma la testimone principale viene uccisa. Un'altra donna sa molte cose e potrebbe deporre, ma occorrerà proteggerla a tutti i costi da chi ha fatto dell'omicidio su commissione una vera e propria azienda... Malgrado i personaggi siano delineati abbastanza sommariamente, tutto il film si basa sull'equilibrio fra l'azione, il ritmo serrato, e la cura perfetta delle sfumature.

La campana del convento
(Thunder on the Hill, USA, 1951)
di Douglas Sirk. Con Claudette Colbert, Ann Blyth, Robert Douglas, Anne Crawford

Una giovane donna, accusata di aver ucciso il fratello, viene ricoverata in un tetro convento del Norfolk, dov'è assistita da una monaca particolarmente acuta, che si convince della sua innocenza e s'impegna tenacemente per scoprire il vero colpevole. Tratto da una pièce teatrale, il film ne riprende inevitabilmente la struttura chiusa, ma senza cadere nel manierismo claustrofobico e riuscendo a creare suspense, e addirittura angoscia, giocando con asciutta raffinatezza coi particolari, ambientali e caratteriali.

L'incredibile avventura di Mr. Holland
(The Lavender Hill Mob, GB, 1951)
di Charles Crichton. Con Alec Guinness, Stanley Holloway, Sid James, Alfie Bass

Un anonimo impiegato di banca, che per anni ha diligentemente lavorato, sta per essere declassato: dato che il suo incarico è di sovrintendere il settimanale via vai di lingotti d'oro, decide di vendicarsi dei suoi ingrati datori di lavoro e di fare il colpo. Mette in piedi un'improbabile banda, ruba l'oro e lo fonde trasformandolo in modellini di Tour Eiffel. Vengono scoperti, inseguiti (sequenze memorabili), chi fugge in Sud America e chi no. Un Guinness impareggiabile per un delizioso pastiche, tra i migliori esempi di commedia poliziesca.

La casa del corvo
(Man with a Cloak, USA, 1951)
di Fletcher Markle. Con Joseph Cotten, Barbara Stanwyck, Leslie Caron, Louis Calhern

New York, metà '800: una ragazza emigrata dalla Francia si trova al centro di un sordido intrigo: la governante e qualcun altro puntano alla ricca eredità che la giovane ha ricevuto da un vecchio zio, ex ufficiale di Napoleone. Un misterioso e affascinante straniero aiuterà la fanciulla. Modesto ma dignitoso film tratto da The Gentleman from Paris di John Dickson Carr, che in qualche maniera resta fedele all'abitudine dello scrittore di mescolare abilmente razionalità e occulto.

Pietà per i giusti
(Detective Story, USA, 1951)
di William Wyler. Con Kirk Douglas, Eleanor Parker, Lee Grant

Un ufficiale della polizia di New York indaga ossessivamente su un medico: la ragione sta nel fatto che la moglie del detective aveva abortito proprio con l'aiuto di quel dottore ed il marito non glielo aveva mai perdonato. Il contrasto fra doveri professionali e personali pulsioni è la base di un ambizioso tentativo di coniugare le atmosfere squallide dell'inchiesta poliziesca con l'indagine psicologica. Kirk Douglas (nome d'arte di Issur Danielovitch Demsky, figlio di immigrati ebrei bielorussi) conferma la propria vocazione per ruoli duri e drammatici.

L'asso nella manica
(Ace in the Hole, USA, 1951)
di Billy Wilder. Con Kirk Douglas, Jan Sterling, Richard Benedict, Robert Arthur, Porter Hall, Frank Cady

È la storia di un omicidio: più o meno desiderato, ma certo provocato da un giornalista che, a caccia dello scoop, rallenta volutamente i soccorsi a un minatore rimasto intrappolato, per gestire in diretta la tragedia. La moglie dell'uomo lo aiuta cinicamente. Uno dei più bei film del grande Wilder, che smonta senza pudori i malvagi meccanismi dell'informazione capitalistica: una sorta di anticipazione noir di Prima pagina, un capolavoro di lucidità drammaturgica. Forse la migliore interpretazione di K. Douglas.

L'urlo della folla
(The Sound of Fury o Try And Get Me, USA, 1951)
di Cyril Endfield. Con Frank Lovejoy, Lloyd Bridges, Richard Carlson, Kathleen Ryan

L'ossessione di uscire dalla precarietà economica spinge un operaio ai margini della legalità, fino a portarlo a veri e propri crimini: la spirale diventerà inarrestabile, e un suo amico lo convincerà a partecipare a un rapimento. La vicenda (ispirata a un fatto vero) si concluderà tragicamente: un brutale linciaggio. Argomento ancora scottante negli USA degli anni '50 e il film, rinunciando a qualsiasi espediente retorico, si focalizza sui meccanismi imprevedibili e fuori controllo che generano la violenza, individuale e collettiva.

Un posto al sole
(A Place in the Sun, USA, 1951)
di George Stevens. Con Montgomery Clift, Shelley Winters, Elizabeth Taylor, Raymond Burr, Keefe Brasselle

Se siete astuti e ambiziosi, e avete addocchiato una bella ereditiera, evitate di mettere incinta un'operaia qualsiasi, col rischio che tutto vada in mona. E soprattutto evitate di aiutare l'ingombrante proletaria ad annegare. Intanto per ragioni morali, sì?, e poi perché magari andrete sulla sedia elettrica. Un omicidio, dunque, come clou di un film (già fatto nel 1931, e di un drammatico sceneggiato RAI del 1962) che però racconta altro: l'intreccio fra ingenuità e cinismo, tante forme di amore, e di solitudine, l'american way of life.

Neve rossa
(On Dangerous Ground, USA, 1951)
di Nicholas Ray. Con Robert Ryan, Ida Lupino, Ward Bond

Un poliziotto di New York per punizione viene inviato in un paesino di montagna a indagare sull'omicidio di una ragazza. E s'innamora di una dolcissima donna cieca, che però è la sorella dell'assassino, uno squilibrato. Film accuratamente costruito sui contrasti (su tutti: città sporca-neve candida) per riassumere uno dei temi più cari a Ray: non la lotta tra bene e male, ma, assai più laicamente, il conflitto tra ciò che di positivo c'è in ogni persona e la violenza inevitabilmente nascosta all'interno di ciascuno.

Un uomo perduto
(Der Verlorene, D, 1951)
di Peter
Lorre. Con Peter Lorre, Karl John, Renate Mannhardt, Helmut Rudolph, Lotte Rauch

Nel 1943 il dottor Rothe, sconvolto dalla rivelazione (falsa) che la sua fidanzata era una spia al servizio degli inglesi, l'aveva uccisa, ma subito dopo la guerra, in un campo profughi, ritrova il nazista che lo aveva ingannato, spingendolo al delitto. Tutta la sua vita, già compromessa, viene annientata, e uccidere ancora sarà inevitabile. Unica regia del grande attore ungherese, questo capolavoro espressionista ebbe poco successo, forse perché troppo cupo, o eccessivamente lucido rispetto alla vera natura del nazismo.

La gang
(The Racket, USA, 1951)
di John Cromwell. Con Robert Mitchum, Robert Ryan, Lizabeth Scott, Wlliam Talman, Ray Collins

La lotta implacabile di un capitano di polizia contro una potente organizzazione criminale ed uno dei suoi killer più spietati, si scontra con protezioni e connivenze, ma alla fine, malgrado molti ostacoli da parte dei suoi stessi superiori, il poliziotto otterrà qualche risultato. Coraggioso film che va ben oltre il duello fra buoni e cattivi, e che, anzi, vuole proprio smontare certo facile manicheismo, svelando corruzione e contiguità tra crimine e politica. La stagione, prima del maccartismo, in cui Hollywood aveva ancora un po' di schiena dritta.

Il suo tipo di donna
(His Kind of Woman, USA, 1951)
di John Farrow. Con Robert Mitchum, Vincent Price, Jane Russell, Raymond Burr, Marjorie Reynolds

Uno sfortunato giocatore d'azzardo viene assoldato da un gangster rifugiatosi in Messico: si reca lì con la propria donna, senza sapere che il boss progetta di eliminarlo e prendere la sua identità in modo da poter rientrare negli Stati Uniti. L'imprevisto intervento di un vecchio attore risolverà la situazione. Una qualche ironia e l'uso magistrale di luci e ambientazione ne fanno un noir classico, seppure non al livello dei grandi film dell'epoca. Mitchum un po' a disagio in un ruolo che dovrebbe essere maggiormente ambiguo.

Casco d'oro
(Casque d'or, F, 1952)
di Jacques Becker. Con Simone Signoret, Serge Reggiani, Jean-Claude Dauphin, Gaston Modot

Parigi, fine '800, storia d'amore e di coltello nel giro della mala: la bellissima Marie, da tutti conosciuta come Casco d'oro, è contesa da vari uomini: quello di cui lei è innamorata ucciderà un rivale e lei, straziata, lo vedrà salire sulla ghigliottina. L'impianto mélo è in realtà dominato da un realismo magistrale, reso ancor più efficace da una sobria ma intensa raffinatezza. S. Signoret è l'anima di uno dei più bei film francesi, che pare riunire in sè realismo, noir, profumo di Nouvelle Vague.

L'ultima minaccia
(Deadline U.S.A., USA, 1952)
di Richard Brooks. Con Humphrey Bogart, Ethel Barrymore, Kim Hunter

Un quotidiano newyorkese conduce una coraggiosa campagna contro una potente organizzazione criminale, e quando l'editore muore, il direttore si oppone alla vendita della testata, che porterebbe alla fine dell'inchiesta: e malgrado le fortissime pressioni la verità trionferà. Passata alla storia la battuta conclusiva di Bogart: "Questa è la stampa, bellezza. E non ci puoi fare niente!" Un classico del cinema americano sulla libertà d'informazione, ispirato alla chiusura del New York World dopo la morte di Joseph Pulitzer.

Il quarto uomo
(Kansas City Confidential, USA, 1952)
di Phil Karlson. Con John Payne, Coleen Gray, Preston Foster, Lee Van Cleef

Un poliziotto in pensione progetta accuratamente una rapina e, mantenendo l'anonimato, assolda tre scagnozzi. Dopo il colpo la polizia indaga su un uomo che in realtà non c'entra niente e che per salvarsi è costretto a cercare i veri colpevoli: li troverà e faticosamente, non senza l'aiuto della solita bella ragazza, riuscirà a incastrarli. Su un tema tradizionale una serie di trovate ingegnose nella sceneggiatura e nelle riprese rendono il film decisamente al di sopra della media del filone noir.

Mia cugina Rachele
(My Cousin Rachel, USA, 1952)
di Henry Koster. Con Olivia De Havilland, Richard Burton, John Sutton, Audrey Dalton

Il giovane Philip, orfano, viene cresciuto dal cugino Ambrose. Costui va a Firenze, dove conosce la cugina Rachele, dall'oscuro passato: se ne innamora e si sposano. Quando Philip, ormai adulto, va a trovarli, scopre che Ambrose è morto, e c'è il dubbio che sia stato ucciso dalla moglie. Anche Philip s'innamora di Rachele, che resta comunque una figura misteriosa. Melodramma che segue abbastanza fedelmente il libro di Du Maurier, riproponendo, senza scioglierlo, l'enigma: Rachele è un angelo o un demonio? Remake nel 2017.

Una donna ha ucciso
(I, 1952)
di Vittorio Cottafavi. Con Lianella Carrel, Frank Latimore, Lidia Cirillo, Umberto Spadaro

Napoli, immediato dopoguerra: un ufficiale alleato ha una relazione con una giovane donna, ma se per lei è il grande amore, per lui è una semplice avventura. Quando questa triste realtà s'imporrà senza equivoci, lei, disperata, lo uccide. Puro mélo, si direbbe, ma Cottafavi inserisce sapientemente forti elementi di realismo e la vicenda (ripresa da un clamoroso fatto di cronaca) ha risvolti particolarmente scabrosi per l'epoca, tanto che il film fu osteggiato dalla Chiesa e non conquistò il pubblico.

Operazione Cicero
(5 Fingers, USA, 1952)
di Joseph L. Mankiewicz. Con James Mason, Danielle Darrieux, Walter Hampden, Michael Rennie

Un cameriere albanese si trova a lavorare nell'ambasciata britannica ad Ankara durante la 2a guerra mondiale e approfittando della poca considerazione che hanno di lui inizia a fotografare documenti top secret, vendendoli allo spionaggio tedesco. La storia, complicata da un altro doppio gioco e da una beffa, è vera (nome in codice della spia: Cicero) ed il film, pur romanzando, è molto attento a non cadere nel fumetto, grazie anche ad attori misurati, a partire dal bravissimo J. Mason. Sulla vicenda uno sceneggiato RAI nel 1979.

Ritorna il terzo uomo
(Trent's Last Case, GB, 1952)
di Herbert Wilcox. Con Michael Wilding, Orson Welles, Margaret Lockwood, John McCallum

Un banchiere assillato dagli affari e ossessionato dalla gelosia escogita un diabolico piano per punire la moglie infedele ed il suo presunto amante: si suiciderà, ma predisponendo le cose in modo tale che la morte sembri un omicidio ed il colpevole sia individuato nel rivale. Solo qualche guizzo interessante in un film decisamente ordinario, malgrado la presenza di Welles. Solita furbata italiota: il titolo richiama palesemente il capolavoro di Reed, ma non c'entra proprio nulla.

Esca per uomini
(Man Bait, GB, 1952)
di Terence Fisher. Con Diana Dors, George Breat, Marguerite Chapman, Raymond Huntley

Un tranquillo libraio londinese, con moglie paralitica e commessa che lo ama in segreto, si lascia sedurre da una procace impiegata, che poi, con un complice, lo ricatta. Quando la bellona viene assassinata è ovvio chi sarà il primo sospettato. Come (quasi) sempre succede, dopo non poche vicissitudini il vero colpevole verrà smascherato. Da una noiosa pièce teatrale di James Hadley Chase un film che ne riprende i vizi di prevedibilità e le virtù di non inverosomiglianza.

Seduzione mortale
(Angel Face, USA, 1952)
di Otto Preminger. Con Jean Simmons, Robert Mitchum, Mona Freeman, Herbert Marshall

Una ricca e affascinante ereditiera seduce un infermiere e lo coinvolge nell'assassinio del padre e della matrigna. Sospettati e rinviati a giudizio verranno assolti grazie ad un abile avvocato, ma... Un noir dal meccanismo perfetto: la sensualità irresistibile, poi la lucidità del piano omicida, gli inganni, il gioco processuale, e infine l'inevitabile autodistruzione. La tecnica di Preminger salva la trama da un possibile naufragio mélo e risolve tutto con gelida maestria.

Le jene di Chicago
(The Narrow Margin, USA, 1952)
di Richard Fleischer. Con Marie Windsor, Charles McGraw, Jacqueline White

La vedova di un gangster dev'essere trasferita per testimoniare a un importante processo e c'è chi vorrerbbe eliminarla: dei due poliziotti che la scortano uno viene ucciso e l'altro faticherà non poco a portarla in salvo. Tutto si svolge su un treno e la classica situazione claustrofobica si arricchisce di varie trovate trasformistiche. Il ritmo ferroviario scandisce tutto il film, che procede spedito e sicuro, senza che gli ingegnosi colpi di scena turbino questo viaggio teso e scattante. Remake nel 1990.

Nessuno mi salverà
(The Sniper, USA, 1952)
di Edward Dmytryk. Con Adolphe Menjou, Arthur Franz, Marie Windsor

A San Francisco un giovane sale sui tetti e con un fucile di precisione comincia a sparare: ucciderà quattro donne. Ma lui sa di essere malato e così cerca in vario modo di lasciare indizi, per essere catturato. Girato da Dmytryk dopo l'esilio inglese (era stato una delle vittime della caccia alle streghe), il film fu uno dei primi sui serial killer ed ebbe l'ardire di presentare questa figura più come una vittima che come un criminale da abbattere. Film teso, di grande intensità drammatica, senza furberie.

So che mi ucciderai
(Sudden Fear, USA, 1952)
di David Miller. Con Joan Crawford, Gloria Grahame, Jack Palance, Bruce Bennett, Mike Connors

Un triangolo davvero pericoloso: una commediografa sposa un bel tenebroso, attore, ma poi scopre che lui, insieme all'amante, progetta di ucciderla per ereditare. Lo schema, piuttosto tradizionale, viene però sconvolto dalla potenziale vittima, che reagisce elaborando un micidiale contrattacco. Non sarà un capolavoro, ma i tre bravi protagonisti conducono la danse macabre con perizia e intensità, e le musiche e la scenografia completano un quadro che mescola mélo ed espressionismo.

Siamo tutti assassini
(Nous sommes tous des assassins, F, 1952)
di André Cayatte. Con Marcel Mouloudji, Claude Laydu, Amedeo Nazzari, Raymond Pellegrin

Braccio della morte, in Francia (la ghigliottina fu abolita nel 1981) e un detenuto in attesa dell'esecuzione: un giovane intossicato dalla durezza della guerra di liberazione. La sua vicenda s'intreccia con quella di altri condannati: un medico uxoricida, un maniaco, un giovane travolto da eventi familiari, un povero folle. Intorno alla loro sorte si dipana un film triste e angoscioso, il cui registro claustrofobico è proiettato violentemente all'esterno: è civile, umana, una società che uccide gli assassini?

La spia
(The Thief, USA, 1952)
di Russell Rouse. Con Ray Milland, Rita Gam, Martin Gabel, Harry Bronson

Uno scienziato americano si lascia irretire da agenti segreti di una potenza straniera e consegna loro documenti top secret. Il rimorso per aver tradito la patria lo tormenta. "È un film sonoro, ma senza una parola di dialogo. Sul piano formale è tutt'altro che disprezzabile e riesce a raggiungere una innegabile tensione drammatica in più di una sequenza. R. Milland è bravissimo nella sua interpretazione di nevrotico. Ha i limiti di ogni narrazione imperniata su una scommessa stilistica. " (Morandini) (grazie a Giovanni Tavoschi per la segnalazione)

Furore sulla città
(The Turning Point, USA, 1952)
di William Dieterle. Con William Holden, Edmond O'Brien, Tom Tully, Alexis Smith, Ed Begley

Il governo statunitense istituisce una speciale Commissione d'inchiesta sulla criminalità e in una città un magistrato dirige le indagini. Che però coinvolgono anche suo padre, un poliziotto corrotto, che poi si pente e colalbora con un giornalista investigativo. La reazione della malavita sarà spietata. Dignitoso prodotto del cospicuo filone giudiziario americano, che ripropone la figura dell'integerrimo paladino della giustizia alle prese con i torbidi legami tra potere politico e crimine organizzato.

Il grande caldo
(The Big Heat, USA, 1953)
di Fritz Lang. Con Glenn Ford, Gloria Grahame, Lee Marvin, Alexander Scourby, Jocelyn Brando

Un funzionario di polizia si suicida (?), ma il caso viene archiviato troppo in fretta: un collega si mette a indagare, malgrado i superiori gli "consiglino" di lasciar perdere. Naturalmente l'indagine va avanti, tra mille ostacoli, anche quando il poliziotto è vittima di un attentato, in cui peraltro sua moglie viene uccisa. Lang si conferma un maestro: l'espressionismo versus la società americana violenta e corrotta, il cinema come possibile arte di resistere all'alienazione.

La belva dell'autostrada
(The Hitch-Hiker, USA, 1953)
di Ida Lupino. Con Edmond O'Brien, Frank Lovejoy, William Tallman

Due amici partono per andare a pesca e hanno la pessima idea di dare un passaggio ad un autostoppista. Costui si rivela essere un criminale psicopatico e li costringe a portarlo fino alla frontiera col Messico. I due capiscono di essere destinati a una brutta fine e cercano in vario modo di salvare la pelle. Il tema verrà ripreso più volte e anche per questo il film può apparire datato, ma, appunto, si tratta della prima volta (almeno ci pare) che viene trattato: con mano sicura dalla brava Lupino, una delle prime donne filmakers ad imporsi in un mondo maschile.

La morsa si chiude
(Loophole, USA, 1953)
di Harold Schuster. Con Barry Sullivan, Dorothy Malone, Charles McGraw

Una strana rapina in banca e un sospetto: uno dei cassieri era la talpa. Un investigatore delle assicurazioni indaga tenacemente, deciso a incastrare l'impiegato; che però è innocente e cerca disperatamente di dimostrarlo. Ovviamente non mancano pericolosi equivoci e colpi di scena in questo dignitoso thriller, tradizionale nell'assunto centrale (l'uomo accusato ingiustamente, solo contro tutti), ma gestito con grande abilità e che, rimandando a Hitchcock, punta molto sull'angoscia, e sull'imprevedibilità del destino.

La mano dello straniero
(I, 1953)
di Mario Soldati. Con Alida Valli, Richard O'Sullivan, Trevor Howard, Arnoldo Foà, Richard Basehart, Eduardo Ciannelli

Un bambino inglese va a Venezia per incontrare suo padre, un ufficiale di stanza in Italia, ma all'appuntamento non trova nessuno e così si rivolge alla polizia, che però in un primo momento non prende la cosa sul serio. Lo aiutano, invece, un'impiegata d'albergo e un ex marinaio, e la ricerca porterà alla luce una vicenda spionistica. Da un soggetto di Graham Greene (The Stranger's Hand), Soldati si misura col giallo, fino ad allora dominato dalle produzioni straniere, e americane in particolare. Tentativo solo parzialmente riuscito.

Mano pericolosa
(Pickup on South Street, USA, 1953)
di Samuel Fuller. Con Richard Widmark, Thelma Ritter, Jean Peters

Candy è la segretaria di un avvocato e ignora che egli sia una spia al servizio dei russi: si ritroverà a trasportare, inconsapevolmente, un microfilm contenente importanti informazioni sulle armi atomiche, e questo la metterà in guai molto seri. Ma per fortuna... Una trama non particolarmente originale, che però Fuller governa con mano ferma, facendo assumere alla vicenda un ritmo sempre più serrato: una suspense inevitabilmente condita di dosi massicce di anticomunismo, ma siamo nel pieno della Guerra fredda. Widmark sempre più duro.

La marea della morte
(Jeopardy, USA, 1953)
di John Sturges. Con Barbara Stanwyck, Harry Sullivan, Ralph Mecker

Una bella famigliola in vacanza al mare, ma il papà resta intrappolato su un pontile e quando arriverà la marea... La moglie va in cerca di soccorso ed è fortunata: incontra un pericoloso evaso che la prende in ostaggio. Per uscire da questa pessima situazione lei cerca di sedurlo, mentre intanto la marea sale. Astuzie, inganni, violenza, preparano un finale drammatico. Il mestiere del grande Sturges tiene in piedi una sceneggiatura piuttosto debole, e quindi la suspense non manca, pur essendo scontato il lieto fine.

Traversata pericolosa
(Dangerous Crossing, USA, 1953)
di Joseph M. Newman. Con Jeanne Crain, Carl Betz, Michael Rennie, Casey Adams

Un'incantevole luna di miele su una nave da crociera si trasforma in un incubo: la bella e ricca sposina si perde il marito, lo cerca disperatamente ma senza esito. Sarà il medico di bordo ad aiutarla, però la scoperta della verità non sarà certo gradevole. Da Cabin B-13 di John Dickson Carr, un poliziesco che alterna stranamente momenti di reale angoscia (il transatlantico è al tempo stesso enorme e claustrofobico) a situazioni abusate e prevedibili. Il risultato è appena sufficiente.

Vite vendute
(Le salaire de la peur, F, 1953)
di Henri-Georges Clouzot. Con Yves Montand, Charles Vanel, Peter Van Eyck, Folco Lulli, Vera Clouzot

America centrale: un incendio sta devastando un enorme pozzo petrolifero e farlo saltare è l'unico modo per spegnere le fiamme: quattro che non hanno nulla da perdere accettano di trasportare l'esplosivo, con due camion, su una strada lunga e pericolosa. Un'avventura, dunque, ma è la suspense a dominare tutto il film, ancor prima che inizi il viaggio infernale, dando una precarietà mortale a esistenze disperate e a un mondo assurdo. Un capolavoro di angoscia e coraggio.

Gardenia blu
(The Blue Gardenia, USA, 1953)
di Fritz Lang. Con Anne Baxter, Raymond Burr, Richard Conte, Ann Sother, Nat King Cole

Mai bere troppo al primo appuntamento: puoi ritrovarti a casa di lui, che ti mette le mani addosso. Nora si difende, ma è ubriaca e perde i sensi; quando si sveglia l'uomo è morto, e quando racconterà tutto alla polizia non le credono e l'arrestano. Ma un giornalista, innamorato della ragazza, è convinto della sua innocenza e indaga tenacemente. Forse il film meno bello di Lang, che però, anche dirigendo distrattamente una trama piuttosto banale, non può fare a meno di lasciare il proprio segno inconfondibile.

Accadde a Berlino
(The Man Between, GB, 1953)
di Carol Reed. Con James Mason, Claire Bloom, Hildegard Knef, Geoffrey Toone, Ernst Schroeder

Subito dopo la guerra Berlino è una città disperata, a pezzi, divisa fra est e ovest. Un ex ufficiale nazista, più o meno collegato coi servizi sovietici, decide di riscattarsi e aiuta una giovane donna a sfuggire alle grinfie dei cattivi. Reed non dimentica le cupe atmosfere de Il terzo uomo, ma si guarda bene dal farne una ripetizione: qui la situazione è assai meno rarefatta, e anzi forse la storia è un po' troppo densa di intrighi, sparatorie e misteri, pur svolgendosi con fluidità e tensione.

Stalag 17 - L'inferno dei vivi
(Stalag 17, USA, 1953)
di Billy Wilder. Con William Holden, Robert Strauss, Don Taylor, Otto Preminger, Sig Ruman

In un campo di concentramento tra i prigionieri alleati si è infiltrato un agente nazista, allo scopo di sventare eventuali tentativi di fuga: i detenuti lo sanno e cercano di scoprire chi sia. Sarà proprio colui che viene accusato ingiustamente a risolvere la cosa. L'ambientazione bellica consente a Wilder di impostare una suspense del tutto originale, claustrofobica e angosciosa, e a giocare con maestria sul contrasto fra la rudezza della situazione e le sfumature che porteranno al drammatico epilogo.

Rififi
(Du Rififi chez les hommes, F, 1954)
di Jules Dassin. Con Jean Servais, Robert Manuel, Carl Möhner, Claude Sylvain

Rififi: uno dei più sensazionali colpi del secolo (una ricca gioielleria svaligiata con la tecnica del buco) e una delle più violente bagarres che abbiano sconvolto la malavita parigina, perché due bande rivali si contendono il favoloso bottino. Qui tutta la mala diventa personaggio. Pochi noir hanno dato un'immagine così brutale e disperatamente viva dello squallido sottobosco umano di una grande città, con i suoi ladri, scassinatori, spacciatori, prostitute, macrò, informatori. Dal romanzo di Auguste Le Breton.

Grisbì
(Touchez pas au grisbi, F - I, 1954)
di Jacques Becker. Con Jean Gabin, Jeanne Moreau, Lino Ventura, René Dary, Dora Doll, Vittorio Sanipoli

Max Le Menteur è un gangster ormai anziano, e col vecchio amico e compare Riton decide di organizzare un grande colpo per chiudere in bellezza. Ma qualcuno fa la spia e Riton viene rapito da una banda rivale che vuole il grisbi, il bottino. Max riesce a sventare il piano dei rapitori, ma l'idea di una vecchiaia tranquilla resta un sogno impossibile. Da un romanzo di Albert Simonin, il noir per eccellenza, dove la durezza dell'azione si accompagna a personaggi complessi e credibili. E una grande elegia sull'amicizia.

La grande razzia
(Razzia sur la Chnouf, F, 1954)
di Henri Decoin. Con Jean Gabin, Lino Ventura, Magali Noël, Marcel Dalio, Albert Rémy

A Parigi il traffico di droga è aumentato vertiginosamente e un ispettore della Narcotici s'infiltra nell'organizzazione criminale: e ogni errore si paga a caro prezzo in una città dove la poesia notturna è spazzata via dal cinismo più brutale e dove i personaggi stravaganti si mescolano a vite disperate. Da un romanzo di Auguste Le Breton, il film esce sull'onda del clamoroso successo di Riffi, ma è tutt'altro che un'imitazione: uno dei migliori polar dell'epoca e Gabin - Ventura non si risparmiano.

Senza scampo
(Rogue Cop, USA, 1954)
di Roy Rowland. Con George Raft, Robert Taylor, Janet Leigh, Steve Forrest, Anne Francis

Due fratelli, entrambi poliziotti, ma assai diversi, infatti uno è irreprensibile e l'altro corrotto. Tutto cambia quando il primo viene eliminato dai gangster che controllano il racket: pentimento e redenzione del fratello cattivo. Robusto melodramma che, quasi involontariamente, svela i lati oscuri delle forze dell'ordine (e non erano certo tempi favorevoli per la critica all'ordine americano), a volte con una certa ingenuità ma anche con guizzi di lucida ironia. I protagonisti sono un po' troppo belli e doppiati stucchevolmente.

La bestia umana
(Human Desire, USA, 1954)
di Fritz Lang. Con Gloria Grahame, Glenn Ford, Broderick Crawford, Edgar Buchanan, Lee Marvin

Un impiegato delle ferrovie viene licenziato e per farsi riassumere convince la moglie ad essere "gentile" con un suo superiore; ma poi, folle di gelosia, ammazza l'uomo. Un ferroviere, testimone del delitto, s'invaghisce della donna, che cerca di indurlo a uccidere il marito. Le cose si complicano e il finale sarà drammatico. Tratto da Zola, e già girato da Renoir nel 1938, il film non è stato del tutto "americanizzato" come volevano i produttori (pochi risvolti sociali), e anzi accentua il gelo con cui sono dipinti i personaggi.

Ti ho visto uccidere
(Witness to Murder, USA, 1954)
di Roy Rowland. Con Barbara Stanwyck, George Sanders, Gary Merrill

Dalla propria finestra una giovane donna vede, nel palazzo di fronte, un omicidio. Telefona alla polizia che va nella casa e non trova traccia di alcunchè. La testimone insiste e, ritenuta pazza, viene rinchiusa in manicomio. Ma un poliziotto le crede e alla fine riuscirà a incastrare lo scaltro assassino. Front window gestito con buon mestiere malgrado varie incongruenze e uno sviluppo non particolarmente originale. Sanders è un magnifico viscido e Stanwick troppo melodrammatica.

La finestra sul cortile
(Rear Window, USA, 1954)
di Alfred Hitchcock. Con James Stewart, Grace Kelly, Raymond Burr, Wendell Corey, Thelma Ritter

Un fotoreporter immobilizzato da una frattura al femore passa ore a spiare col binocolo ciò che accade nelle case dei dirimpettai: si convince che uno di essi abbia ucciso la moglie e coinvolge la fidanzata nella sua indagine. Da un racconto di Woolrich, passa alla storia questo "film dell'indiscrezione, dell'intimità violata e sorpresa nel suo carattere più ignobile, della felicità impossibile, della biancheria sporca che si lava in cortile, della solitudine morale: una straordinaria sinfonia della vita quotidiana e dei sogni distrutti” (F. Truffaut). Insipido remake 1998.

Il delitto perfetto
(Dial M for Murder, USA, 1954)
di Alfred Hitchcock. Con Ray Milland, Grace Kelly, John Williams, Anthony Dawson, Robert Cummings

Un matrimonio si trascina con cortese monotonia, finché lui decide di liberarsi di lei (che ha un amante) e assolda un sicario: il piano è perfetto, ma qualcosa va storto ed è il killer a lasciarci le penne. La donna viene accusata di omicidio e non riesce a dimostrare la legittima difesa, anche perchè il marito trama con estremo sangue freddo. Ma un sagace ispettore di Scotland Yard sospetta, e prepara un'astuta trappola: una chiave è la chiave di tutto. Milland, Dawson e Williams (la sua espressione compiaciuta, alla fine...) sono superlativi. Brutto remake 1998.

Fronte del porto
(On the Waterfront, USA, 1954)
di Elia Kazan. Con Marlon Brando, Rod Steiger, Lee J. Cobb, Karl Malden, Eva Marie Saint

Budd è un ex pugile che lavora come scaricatore di porto ed è fratello di un boss che controlla in chiave gangsteristica il sindacato dei portuali: dopo un lungo travaglio Budd decide di testimoniare sui crimini del fratello. Brando memorabile in un film di grande impatto, che tuttavia nasconde una porcheria: Kazan, durante la caccia alle streghe si piegò ignobilmente alle richieste dei maccartisti e per tale ragione fu disprezzato dalla sinistra: con questo (bel) film cercò di vendicarsi dei comunisti con la spregevole equazione sindacato = mafia.

L'amante sconosciuta
(Black Widow, USA, 1954)
di Nunnally Johnson. Con George Raft, Ginger Rogers, Van Heflin, Gene Tierney

Quando la moglie è in vacanza possono accadere molte cose: ad esempio che il marito ospiti una bella signora. Dato che lui è un produttore e lei una scrittrice ci sarebbe il suo bel motivo professionale, ma la donna viene uccisa e lui è naturalmente il primo sospettato. L'indagine si svolge (troppo) lentamente e più sul filo dell'analisi psicologica che quello della detection. Tratto dal romanzo di Patrick Quentin, che era molto più bello, il film cerca faticosamente uno spessore intellettuale che si rivela piuttosto precario.

I diabolici
(Les diaboliques, F, 1954)
di Henri-Georges Clouzot. Con Simone Signoret, Paul Meurisse, Vera Clouzot, Charles Vanel, Michel Serrault

Moglie e amante di un direttore di collegio non ne possono più di lui e si mettono d'accordo per ucciderlo: lo affogano nella vasca da bagno, ma il cadavere scompare... I colpi di scena si susseguono, in una suspense raffinata e angosciosa. Lo spettatore non può fare a meno di stare dalla parte delle due diaboliche signore e si lascia sedurre dal gioco perfido del regista (che però imbroglia). Tratto dal romanzo di Boileau e Narcejac, avrà un remake nel 1996 con un'altra coppia infernale: Isabelle Adjani e Sharon Stone.

Uno strano detective, padre Brown
(Father Brown, GB, 1954)
di Robert Hamer. Con Alec Guinness, Peter Finch, Joan Greenwood, Cecil Parker

Un prete cattolico a Londra... e che per di più non può fare a meno di fare anche l'investigatore: padre Brown se la deve vedere con Flambeau, un famigerato ladro internazionale, francese oltre a tutto, che si è permesso di rubare un prezioso crocifisso. Alec Guinness è come al solito straordinario ed i suoi duetti con Peter Finch rendono ancora più divertente questo delizioso film che va oltre il tipico umorismo british e a tratti diventa quasi surreale. Dal personaggio creato da G. K. Chesterton.

Criminale di turno
(Pushover, USA, 1954)
di Richard
Quine. Con Fred MacMurray, Kim Novak, Philip Carey

Un triangolo molto pericoloso: lui, abile gangster, lei, irresistibile, e l'altro: il poliziotto che cerca d'incastrare il fuorilegge e che invece s'innamora perdutamente della donna. Al punto che manda al diavolo il proprio dovere e fugge con lei (e col bottino della rapina compiuta dal rivale). Difficile che alla fine tutti vivano felici e contenti, ma Quine conserva il proprio stile leggero e riesce a imbastire un noir fra i meno angosciosi, pur senza stravolgere il genere. Un quasi esordio per Novak.

Uomini ombra
(I, 1954)
di Francesco De Robertis. Con Paolo Stoppa, Mara Lane, Giorgio Albertazzi, Corrado Annicelli

Seconda guerra mondiale: la forza armata italiana più efficiente e pericolosa è la Marina e gli inglesi cercano in tutti i modi di venire a conoscenza dei piani di battaglia. Il controspionaggio navale non si fa ingannare, ritorce sul nemico una trappola e smantella la rete di spie. Film modesto, ma con una sua dignità: in ogni caso è uno dei pochi prodotti della cinematografia italiana che ha osato misurarsi con un genere appannaggio degli americani senza ricorrere al fumetto o alla parodia, anche perché il regista era un ex ufficiale di marina.

Il selvaggio
(The Wild One, USA, 1954)
di László Benedek. Con Marlon Brando, Mary Murphy, Lee Marvin, Robert Keith, Jay C. Flippen

Una banda di motociclisti imperversa nella provincia americana, prima disturbando una gara poi piazzandosi prepotentemente in una cittadina. All'arrivo di una banda rivale scoppia l'inferno e ci sarà un morto. Finale amaro. Uno dei film più "scandalosi", che all'epoca suscitò infinite polemiche e che divenne un'icona di quella che sarà definita "gioventù bruciata", e per intere generazioni di bikers. Con la sua splendida Triumph Brando si avvia lungo la strada della leggenda.

Prima del diluvio
(Avant le déluge, F, 1954)
di André Cayatte. Con Bernard Blier, Isa Miranda, Marina Vlady, Jacques Castelot

Un gruppo di giovani, amici molto affiatati, teme che la guerra di Corea possa trasformarsi in un conflitto mondiale e sogna di lasciare l'Europa e di trasferirsi in qualche luogo lontano. Non avendo il denaro sufficiente organizzano un furto, ma le cose vanno male e ci scappa il morto. Cayatte fu violentemente attaccato dalla destra francese, secondo cui veniva data una visione distorta della gioventù: la critica difese il film, ma differenziando il giudizio: atto di coraggio o rappresentazione meccanica.

La città spenta
(Crime Wave, USA, 1954)
di André De Toth. Con Sterling Hayden, Phyllis Kirk, Ted De Corsia, Gene Nelson

Un criminale che ha cambiato vita si ritrova nuovamente nei guai: un suo ex compare, ricercato e ferito a morte si rifugia da lui, che poi viene incriminato e costretto a collaborare per far arrestare il resto della banda. Fra l'incudine e il martello. Hayden è splendido nell'interpretare un noir che è davvero noir, anche perchè la vicenda si svolge quasi sempre di notte e l'atmosfera è decisamente angosciante. "Canto del cigno del film noir di cui furono riprese numerose idee da Melville." (B. Tavernier)

Gangsters in agguato
(Suddenly, USA, 1954)
di Lewis Allen. Con Frank Sinatra, Sterling Hayden, James Gleason, Nancy Gates

Suddenly è una delle tante tranquille cittadine del Midwest, ma il suo nome vuol dire anche "improvvisamente". E improvvisamente il centro del mondo si sposta lì, nella casa di una tipica famiglia americana. Perchè è il posto ideale da cui sparare al Presidente che passerà dalla città e ci si piazza un trio di attentatori, che per giunta sequestrano pure lo sceriffo, passato in visita. Suspense piuttosto insolita e gestita con mestiere, anche se la conclusione è decisamente prevedibile.

Giorno maledetto
(Bad Day at Black Rock, USA, 1955)
di John Sturges. Con Spencer Tracy, Robert Ryan, Walter Brennan, Ernest Borgnine, Lee Marvin, Anne Francis

Un uomo anziano, con un braccio anchilosato, arriva in un paesino sperduto, e non si sa perché: quando ciò lentamente diventa chiaro, la diffidenza con cui viene accolto lo straniero diventa ostilità, in particolare da parte di chi ha molto da perdere. Il grande Sturges combina egregiamente l'atmosfera western (il deserto, l'uomo solo contro tanti, ecc., e inizio e fine rimandano ai capolavori del genere) con la suspense, accuratamente distribuita, e la tensione, sottile e intensa, domina tutta la storia.

Estasi di un delitto
(Ensayo de un crimen, MEX, 1955)
di Luis Buñuel. Con Ernesto Alonso, Rita Macedo, Miroslava Stern

La governante del rampollo di una ricca famiglia messicana racconta al bambino che il suo carillon ha poteri magici, e il piccolo ci crede, visto che si augura la morte della donna e quella muore. Da grande continuerà a crederci, e vi saranno altre morti in qualche modo legate al carillon. Il protagonista è lacerato dai sensi di colpa e dai perduranti istinti omicidi. L'amore lo salverà? “Capolavoro dell'humor nero e del surrealismo” (G. Sadoul). “Allegoria trasparente dell'impotenza sessuale” (A. Moravia).

Rapporto confidenziale
(Confidential Report o Mr. Arkadin, USA, 1955)
di Orson Welles. Con Orson Welles, Michael Redgrave, Robert Arden, Paola Mori, Misha Auer

Un avventuriero cerca di sedurre la figlia del ricchissimo Arkadin, per scoprirne i segreti e ricattarlo. Arkadin capisce tutto e ordisce un complicato intrigo: afferma di non ricordare nulla della sua giovinezza e incarica il giovanotto di indagare. Impropriamente paragonato a Citizen Kane, il film ne riprende comunque alcuni temi: il potere, l'ambiguità, l'amore distruttivo, l'inganno, i segreti, raccontati in una scorribanda di generi (dal poliziesco al mélo). Welles non amò questo film minato dai problemi produttivi e finanziari. Ma il libro è dello stesso Welles.

L'imputato deve morire
(Trial, USA, 1955)
di Mark
Robson. Con Glenn Ford, John Hodiak, Arthur Kennedy, Dorothy McGuire, Katy Jurado

Un giovane messicano è accusato di omicidio ed il suo avvocato cerca ovviamente in tutti i modi di salvarlo. Però c'è qualcuno che nell'ombra manovra perché l'imputato venga condannato. Apparentemente un tradizionale giallo processuale, che tuttavia forse per la prima volta affronta temi sconosciuti al pubblico non americano: la scelta dei giurati e i costi enormi della macchina giudiziaria. Uno sguardo interessante, se non fosse che la sceneggiature risente pesantemente dell'anticomunismo imperante all'epoca.

La Signora Omicidi
(The Ladykillers, GB, 1955)
di Alexander MacKendrick. Con Alec Guinness, Herbert Lom, Peter Sellers, Katie Johnson

Cosa c'è di più normale e rassicurante di una modesta pensione londinese, soprattutto se gestita da una innocua vecchia signora? Va bene, l'ospite è invero stravagante, e anche i suoi amici sono un po' bizzarri, ma siamo in Inghilterra, dopo tutto. La combriccola è in realtà una banda che progetta una rapina, e quando vengono scoperti dalla padrona di casa decidono di sopprimerla. Deliziosa commedia british, un'antologia dell'humor nero che non a caso avrà un originale remake ad opera degli ottimi fratelli Coen (2004).

Alfred Hitchcock presenta...
(Alfred Hitchcock Presents, USA, TV 1955 - 1962; 1985 - 1989)

Dopo l'infernale musichetta (adattamento di un serissimo brano sinfonico: Marcia funebre di una marionetta, di C. Gounod) eccolo lì, ogni volta con una trovata diversa e con quel "Buonasera" che gli italiani conoscono con la voce pastosa e solenne di Carlo Romano (era anche lo strepitoso doppiatore di Jerry Lewis!). Proprio per il raffinato mescolarsi di suspense, sorpresa ed ironia, la serie ebbe un effetto dirompente sul sonnolento pubblico americano (che poi ebbe uno scossone ancora più violento con The Twilight Zone - Ai confini della realtà), e ottenne un successo che i produttori non si aspettavano. Le apparizioni di Hitch ancora meglio dei bei telefilm.

La casa di bambù
(House of Bamboo, USA, 1955)
di Samuel Fuller. Con Robert Ryan, Shirley Yamaguchi, Robert Stack, Sessue Hayakawa

La Yakuza, la mafia nipponica, spietata e strutturata militarmente, è una novità per gli USA, che, in accordo con la polizia di Tokyo, cercano d'infiltrare un proprio agente: un compito pericolosissimo, e tutta la vicenda si svolge ad alta tensione. A partire dall'inizio, col contrasto fra le azioni violente e l'immobilità del paesaggio dominato dal Fujiyama. Fuller è fra i primi occidentali a rappresentare l'Asia evitando il folklore, dandone anzi un ritratto concreto, ambiguo, irrisolto.

La congiura degli innocenti
(The Trouble With Harry, USA, 1955)
di Alfred Hitchcock. Con Shirley MacLaine, Mildred Natwick, John Forsythe, Edmund Gwenn

Un bambino scopre in un bosco il cadavere di un uomo che per svariati motivi sarà sotterrato e dissotterrato un'infinità di volte da varie persone che un tot di coda di paglia ce l'hanno. Hitch si diverte due volte (e ci fa divertire infinitamente), perchè il delitto non è che..., e comunque tutto si svolge in una commedia degli equivoci, con personaggi arruffati e surreali. Tra questi una ragazzetta scatenata, straordinaria, che farà tutta la strada che si merita. humor nero, certo, ma soprattutto cinema.

Caccia al ladro
(To Catch a Thief, USA, 1955)
di Alfred Hitchcock. Con Cary Grant, Grace Kelly, John Williams, Charles Vanel, Brigitte Auber

John Robie, detto il Gatto, è un famoso ladro di gioielli che si è messo in pensione e vive tranquillamente, e con agio, sulla Costa Azzurra. E proprio lì avvengono vari furti clamorosi, eseguiti con la tecnica tipica del Gatto: che dovrà dunque darsi da fare per discolparsi e catturare l'impostore. Privo di qualsiasi interrogativo esistenziale e anche dei celebri virtuosismi tecnici, il film non è certo uno dei capolavori di Hitchcock, ma risulta comunque gradevolissimo, come la frivola perfezione di certi vini francesi.

Il seme della violenza
(Blackboard Jungle, USA, 1955)
di Richard Brooks. Con Glenn Ford, Anne Francis, Sidney Poitier

Un reduce viene assunto come insegnante in una scuola professionale di un quartiere periferico di New York e si trova di fronte a ragazzi disadattati di varie etnie (neri, irlandesi, italiani, ebrei, portoricani): solo un lavoro paziente e coraggioso gli permetterà di farsi accettare da loro. Film moralmente encomiabile, ma fino a un certo punto: è ingannevole perchè non bastano certo le buone intenzioni per modificare la realtà. Da un romanzo di Evan Hunter. Per la prima volta in una colonna sonora viene utilizzata la musica rock.

L'altalena di velluto rosso
(The Girl in the Red Velvet Swing, USA, 1955)
di Richard Fleischer. Con Ray Milland, Farley Granger, Joan Collins, Luther Adler, Glenda Farrell

New York, inizio '900: un giovane milionario uccide un celebre architetto perché avrebbe rovinato sua moglie. Grazie alla deposizione di lei e ad un abile avvocato sarà assolto per infermità mentale. Esce dal manicomio criminale poco tempo dopo e ottiene il divorzio. "È un dramma giudiziario in cui, più che i personaggi e i loro rapporti, contano l'elegante e puntigliosa ricostruzione d'epoca, l'uso del colore, la coesione narrativa, la lucida analisi della puritana, ipocrita, corrotta borghesia dell'epoca. Film audace per il 1955." (Morandini)

Ore disperate
(The Desperate Hours, USA, 1955)
di William Wyler. Con Fredric March, Humphrey Bogart, Gig Young, Mary Murphy

Una tipica famiglia americana, solida e tranquilla, una sorta di paradigma dell'ordine borghese: che viene sconvolto brutalmente quando nella casa irrompono tre banditi evasi dal carcere. Tutto il film è giocato sulla contrapposizione (imperniata sui grandi March e Bogart) tra i due mondi, inconciliabili, anche vi sono alcuni attimi di possibile contatto. La scelta claustrofobica crea una suspense del tutto insolita, anche se non manca un eccesso di psicologismo, con addirittura qualche caduta caricaturale. Modesto remake (1990) di Cimino.

Colonnello March
(Colonel March of Scotland Yard, GB, TV 1955)
di Bernard Knowles. Con Boris Karloff, Ewan Roberts, Eric Pohlmann

Il colonnello March dirige una particolare sezione di Scotland Yard che si occupa di casi "straordinari", in cui cioè il mistero pare non avere cause materiali ed essere invece frutto di eventi sovrannaturali. Poi, invece, tutto si riconduce a fatti spiegabili secondo la logica, cioè in base alla tipica formula di J. D. Carr, il creatore del personaggio, che si divertiva a confondere il lettore con fantasmi e magie, salvo alla fine fornire una chiave interpretativa rigorosamente razionale. Karloff perfettamente in parte. Serieche riprende un film del 1952.

Arsenico e vecchi merletti
(I, TV 1955)
di Silverio
Blasi. Con Paolo Carlini, Laura Carli, Lina Paoli, Fulvia Mammi, Diego Michelotti

Due innocue anziane signore, molto per bene e premurose, che con garbo d'altri tempi offrono ai propri ospiti un dolce vinello di sambuco, corretto all'arsenico (prendete nota: "Per due fiaschi di vino ci vuole un cucchiaino di arsenico. Si aggiunge mezzo cucchiaino di stricnina e poi appena un pizzico di curaro."). Il loro fratellone demente provvede poi a occultare opportunamente i cadaveri. Il nipote ignaro scopre questo simpatico passatempo ed è leggermente sorpreso. Equivoci e brividi deliziosi per un piccolo capolavoro, già ottimo film di Capra nel 1942.

Dieci poveri negretti
(I, TV 1955)
di Anton Giulio
Majano. Con Paolo Carlini, Nino Pavese, Aldo Silvani, Augusto Mastrantoni

Dieci persone in un luogo isolato e una per una vengono uccise dal misterioso padrone di casa. Ed è il terrore. Perchè? Uno dei primi gialli portati in tv è tratto da uno dei più celebri romanzi di Agatha Christie, che avrà numerose trasposizioni cinematografiche. Siamo proprio agli inizi e l'adattamento televisivo è condizionato da una scenografia allestita al risparmio e da una lentezza che vorrebbe replicare il clima di attesa del libro ma che si risolve in un ritmo soporifero. Gli attori, seppur bravi, sono inchiodati allo stile teatrale.

Il bacio dell'assassino
(Killer's Kiss, USA, 1955)
di Stanley Kubrick. Con Frank Silvera, Jamie Smith, Irene Kane, Jerry Jarret, Mike Dana

Una ragazza che lavora in un night è insidiata dal proprietario del locale: in suo aiuto interviene un pugile fallito, che però viene incastrato e accusato di un omicidio commesso dal cattivo. Il quale poi rapisce la giovane, testimone del delitto. Una trama piuttosto banale per un Kubrick ancora venticinquenne (è il suo secondo film) ma già talentuoso: non un capolavoro, appunto, ma comunque un noir più che dignitoso in cui prendono forma le qualità e gli intenti sperimentali di uno dei più grandi registi del '900.

The Fast and the Furious
(Id., USA, 1955)
di John Ireland. Con John Ireland, Dorothy Malone, Bruce Carlisle

Giudicato colpevole di omicidio e rinchiuso in carcere, John, che è innocente, evade; s'impdronisce di una potente automobile ma è costretto a portare con sè la proprietaria. Inizia una lunga e movimentata fuga on the road per sfuggire alla polizia e cercare di raggiungere il Messico. Trama non originalissima, e che pure ispirerà altri film (non la deplorevole serie adrenalinica dal 2001), e robusta, dietro cui s'intravede il gran mestiere di R. Corman, qui sceneggiatore. Dignitosa regia di un attore che sarà uno dei cattivi storici di Hollywood.

La morte corre sul fiume
(The Night of the Hunter, USA, 1955)
di Charles Laughton. Con Robert Mitchum, Shelley Winters, Lillian Gish

Un condannato a morte confida a un altro detenuto di aver affidato ai figli il bottino di una rapina, ma gli dice solo, biblicamente, "E un bambino li condurrà." Appena libero costui, pastore evangelico?, trova la vedova, la sposa, e cerca d'ingraziarsi i piccoli; lei scopre tutto, viene uccisa, e i bambini scappano. Inizia la caccia. "Grande fiaba orrorifica, più per atmosfera che per scene violente, resa convincente da una regia secca e originale. Harry come orco, Rachel come fata e i due fratelli come Hansel e Gretel." (Morandini)

Un bacio e una pistola
(Kiss Me Deadly, USA, 1955)
di Robert Aldrich. Con Ralph Meeker, Paul Stewart, Cloris Leachman, Albert Dekker, Juano Hernandez

Mike Hammer, un investigatore privato senza molti scrupoli, aiuta una ragazza in difficoltà, che poi verrà seviziata da un gruppo di delinquenti. Hammer li cercherà per fargliela pagare e si ritroverà in un grosso pasticcio. Del personaggio creato dal celebre e pessimo Spillane, Aldrich mantiene la durezza e il cinismo, ma senza quei connotati di sessimo e brutalità che ne fanno un Marlowe rozzo e fascista. E il film fu uno di quelli che influenzò fortemente tutto il noir, a partire da quello francese.

La polizia bussa alla porta
(The Big Combo, USA, 1955)
di Joseph H. Lewis. Con Brian Donlevy, Richard Conte, Cornel Wilde, Jean Wallace

Il duro scontro fra un potente gangster ed il solito tenace poliziotto assume quasi il carattere di un duello d'altri tempi, perché di mezzo ci sono le rispettive donne. Ed entrambi i contendenti (soprattutto il cattivo, si capisce) non risparmiano la violenza, che a tratti diventa ossessiva e incontenibile: all'epoca fu giudicata assolutamente esagerata e vi furono problemi di censura. Un noir davvero molto noir, in cui "Lewis sottolinea sapientemente i conflitti sessuali che dilaniano i personaggi." (Morandini) Tarantino lo citerà più volte.

La città del vizio
(The Phenix City Story, USA, 1955)
di Phil Karlson. Con Richard Kiley, John Larch, Edward Andrews, John McIntire

Negli anni '50 la città di Phenix, Alabama, divenne una sorte di roccaforte del crimine: tutto, dai negozi all'edilizia alle elezioni era controllato dalla malavita, e ci volle addirittura l'intervento della Guardia nazionale per ripristinare un minimo di legalità. Da questa storia vera "un film assolutamente scevro di sentimentalismi che racconta una vicenda di corruzione, intimidazione, razzismo e agghiacciante brutalità." (Scorsese) Di impianto quasi documentaristico, il film fu realizzato con riprese on location in soli dieci giorni.

Tempo di furore
(Pete Kelly's Blues, USA, 1955)
di Jack Webb. Con Jack Webb, Janet Leigh, Edmond O'Brien, Peggy Lee

Durante il proibizionismo Pete Kelly e la sua jazz band non riescono a lavorare perché continuamente taglieggiati dal racket che arriva addirittura ad uccidere un orchestrale. Praticamente due film in uno (ma integrati perfettamente): una pregevole ricostruzione degli anni '20, coi locali strapieni di alcool illegale, gangster senza fronzoli, corruzione. E poi il jazz, che ruba la scena alle pallottole (tranne quelle, tante e precise, delle sequenze finali) e che poche volte è stato "raccontato" così bene al cinema.

Rapina a mano armata
(The Killing, USA, 1956)
di Stanley Kubrick. Con Sterling Hayden, Coleen Gray, Jay C. Flippen, Vince Edwards

Uscito di galera, Johnny progetta una rapina da due milioni di dollari: un colpo difficilissimo, preparato con meticolosità scientifica. Il bottino colossale scatena l'avidità dei suoi complici, e la resa dei conti sarà micidiale: una vera e propria strage, da cui però Johnny esce indenne, preparandosi a scappare. Ma il caso, che già aveva minato il piano perfetto, all'ultimo momento entrerà a gamba tesa, e a Johnny non resta che un'attesa rassegnata. Hayden bravissimo e Kubrick che entra nella leggenda.

L'alibi era perfetto
(Beyond a Reasonable Doubt, USA, 1956)
di Fritz Lang. Con Dana Andrews, Joan Fontaine, Barbara Nichols, Sidney Blackmer

Un editore ha un'idea geniale per rafforzare la propria campagna contro la pena di morte: convince il genero a confessare un omicidio e farsi processare: all'ultimo momento verrà svelata la verità, dimostrando quanto grande sia il margine di errore. Ma c'è un micidiale imprevisto. Al solito Lang usa da maestro la materia poliziesca per indagare sul rapporto fra anima e realtà, fra individuo e meccanismi sociali. La verità come idea sfuggente e ambigua, la cui solidità etica è sempre condizionata dal potere o dal caso. Inutile remake nel 2009.

L'uomo che non è mai esistito
(The Man Who Never Was, USA, 1956)
di Ronald Neame. Con Clifton Webb, Gloria Grahame, Robert Flemyng, Josephine Griffin

Geniale trovata dei servizi segreti britannici: nel 1943 fanno in modo che i tedeschi recuperino il cadavere di un ufficiale alleato con addosso i piani (falsi) dello sbarco in Sicilia. L'operazione di disinformatja è molto complessa, ma riesce egregiamente. Ispirato ad un fatto vero, il film, nonostante qualche divagazione, si regge su un ottimo equilibrio tra verosimiglianza ed efficacia spettacolare, suspense e realismo, cinismo e humor, patriottismo e distacco documentaristico. Discreto remake nel 2022.

L'alibi sotto la neve
(Nightfall, USA, 1956)
di Jacques Tourneur. Con Aldo Ray, Anne Bancroft, Brian Keith, Rudy Bond

Una coppia di amici durante una battuta di caccia s'imbatte in due rapinatori in fuga, i quali, per non avere testimoni, sparano per uccidere. Uno sopravvive e scopre dove i criminali hanno nascosto il bottino: se ne impadronisce, ma i due se ne accorgono e lo inseguono. Tutto si complica perché è suo il fucile con cui è stato ucciso l'amico e anche la polizia lo bracca. Da un libro di D. Goodis, un buon giallo diretto da quel Tourneur già regista dello splendido Il bacio della pantera (1942).

I perversi
(Footsteps in the Fog, USA, 1956)
di Arthur Lubin. Con Stewart Granger, Jean Simmons, Belinda Lee

Un gentiluomo vittoriano come si deve: uccide la moglie ricca, ma la cameriera sa tutto e lo ricatta; quindi lui ne fa la sua agiata amante, avendo però come scopo quello di eliminarla e sposare un'altra ereditiera. Naturalmente tutto va storto (addirittura c'è uno sbaglio di vittima) e forse è vero che il delitto non paga. Melodramma robusto e un po' tortuoso non appiattito sulla coppia di divi: l'esordiente Belinda Lee, infatti, insinua una nota perversa, appunto, che in Italia portò al ridicolo divieto ai minori di 16 anni.

Veneri rosse
(Slightly Scarlet, USA, 1956)
di Allan Dawn. Con John Payne, Arlene Dahl, Rhonda Fleming, Ted de Corsia

In una città dominata dal malaffare la corsa alla carica di sindaco è inquinata dai rapporti tra politica e criminalità. Due sorelle, assai diverse fra loro, si trovano al centro di questi intrighi, ed i burrascosi rapporti con un poliziotto ed un boss avranno drammatici sviluppi. Da James Cain, una trama in cui le due donne non sono semplici comparse ma protagoniste di una vicenda torbida e intricata, e le loro forti e sensuali personalità avranno un ruolo determinante. Il rovente mélo s'intreccia abilmente con la tradizionale struttura del gangster movie.

L'uomo che sapeva troppo
(The Man Who Knew Too Much, USA, 1956)
di Alfred Hitchcock. Con James Stewart, Doris Day, Bernard Miles, Daniel Gélin

Due coniugi inglesi, in vacanza in Marocco con la figlioletta, assistono casualmente a un omicidio, e i killer, per farli tacere, rapiscono la bambina e volano a Londra, dove avevano progettato di assassinare un ambasciatore durante un concerto. Solo dopo una ricerca disperata i genitori riusciranno a salvare figlia e diplomatico, in una sequenza finale dominata dalla musica, dell'orchestra e di Que sera, sera. Remake di un film girato dallo stesso Hitchcock nel '34 e migliore dell'originale.

Il ladro
(The Wrong Man, USA, 1956)
di Alfred Hitchcock. Con Henry Fonda, Anthony Quayle, Vera Miles, Harold J. Stone

Un musicista viene arrestato con l'accusa di rapina a mano armata. Tutte le prove sono contro di lui ma il il vero colpevole è un altro: un sosia. Il tema classico del'individuo innocente perseguitato, qui è reso più complesso dal meccanismo che sta alla base del film: un sosia è una trovata banale, ma con Hitchcock assume il peso di una riflessione sull'inconscio, sulla paura del doppio (la moglie del protagonista impazzisce), sull'estrema difficoltà di trovare la propria identità.

23 passi dal delitto
(23 Paces to Baker Street, USA, 1956)
di Henry Hathaway. Con Van Johnson, Vera Miles, Cecil Parker, Patricia Laffan, Maurice Denham

Uno scrittore americano, dopo essere rimasto cieco, si rifugia a Londra; in un pub ascolta per caso la conversazione di una coppia che progetta il rapimento di una ragazza, ma quando si rivolge alla polizia non viene creduto. Allora, concentrandosi sul ricordo, di voci e odori, comincia a indagare per conto proprio, non senza correre gravi rischi. Un'idea insolita svolta con buona suspense, ironicamente vivacizzata dal contrasto-armonia fra lo sguardo vuoto del protagonista e l'atmosfera cupa e nebbiosa di una Londra non amichevole. Da P. MacDonald.

L'alibi dell'ultima ora
(Time Without Pity, USA, 1956)
di Joseph Losey. Con Michael Redgrave, Ann Todd, Peter Cushing, Alec McCowen, Joan Plowright

Un giovane viene (ingiustamente) condannato a morte per omicidio e il padre, che lo aveva abbandonato, è roso dal senso di colpa e cerca in tutti i modi di scagionarlo. È una terribile lotta contro il tempo, perché l'esecuzione è imminente, e l'alcolismo non aiuta l'uomo, che riuscirà nell'intento con un drammatico stratagemma. Tra i primi lavori di Losey, il film è scandito dall'angoscia del tempo, dalla "normalità" della pena di morte, dai meccanismi sociali senza pietà.

Quando la città dorme
(While the City Sleeps, USA, 1956)
di Fritz Lang. Con Dana Andrews, Ida Lupino, George Sanders, Thomas Mitchell

Alla morte del proprietario di un grande giornale, occorre ristrutturare l'azienda e l'erede risolve la questione così: verrà nominato direttore il giornalista che saprà risolvere il caso criminale che attanaglia il paese, quello di un maniaco che strangola donne. Uno dei migliori prodotti del tradizionale filone giornalistico del cinema americano, con un Lang che non concede nulla al buonismo hollywoodiano e affonda senza pietà il bisturi su luoghi comuni e false speranze, unendo con maestria suspense e ricostruzione d'ambiente.

Terrore sulla città
(I, 1956)
di Anton Giulio Majano. Con Andrea Checchi, Frank Latimore, Maria Fiore, Ivo Garrani, Ubaldo Lay, Paolo Panelli

Durante una rapina uno dei malviventi viene morso da un cane affetto da una terrbile forma di peste: la notizia si diffonderà suscitando il panico per la possibile epidemia. La polizia cerca freneticamente di catturare il bandito. Un generoso ma modesto tentativo di fare un film "all'americana" (con evidenti richiami, fra gli altri, a Bandiera gialla e a Rapina a mano armata), con bravi interpreti che tuttavia cadono a volte in momenti di umorismo involontario. Ma l'atmosfera di angoscia diffusa è resa piuttosto bene. Sceneggiatura di E. D'Errico.

L'uomo dall'impermeabile
(L'homme à l'imperméable, F, 1956)
di Julien Duvivier. Con Fernandel, Bernard Blier, Jean Rigaux, Pierre Spiers

Un brav'uomo, suonatore di clarinetto, è sottoposto a mille angherie dalla moglie arpia, così una notte si ribella e cerca di darsi alla pazza gioia, naturalmente ficcandosi in enormi pasticci, segnati da una sequela impressionante di morti ammazzati. Il film è tratto da J. H. Chase, però gli è allegramente infedele: niente atmosfere cupe e destini disperati, ma una commedia nera che non brilla di originalità eppure riesce ad essere piacevole. Fernandel insolito per gli italiani, abituati più che altro a vederlo nei panni, nella tonaca, di Don Camillo.

Giovani senza domani
(A Kiss Before Dying, USA, 1956)
di Gerd Oswald. Con Robert Wagner, Jeffrey Hunter, Joanne Woodward, George MacReady

Un giovanotto cinico e ambizioso si fidanza con la figlia di un milionario, ma quando lei resta incinta (col rischio che le nozze vadano a monte), la "suicida". Comunque non demorde e un anno dopo ne sposa la gemella, che però vuol vedere chiaro sulla morte della sorella e indaga, cominciando a sospettare del maritino. Interessanti, oltre al plot poliziesco, gli squarci sulla società americana degli anni '50. Dal bel romanzo di Ira Levin.
Nel 1991 un remake non indispensabile.

Delitto sulla costa Azzurra
(Retour de manivelle, F, 1957)
di Denys de la Patellière. Con Daniel Gélin, Michèle Morgan, Peter Van Eyck

Un giovane salva la vita ad un ricco signore, il quale, per gratitudine, gli offre un lavoro. Quando poi l'imprenditore si suicida, il giovane si fa convincere dalla bella vedova ad inscenare un omicidio, in modo da poter incassare il denaro dell'assicurazione. Naturalmente la polizia indaga, e per cercare di farla franca i due si invischiano sempre più in una situazione assai pericolosa. Da J. H. Chase, un noir incerto sulle atmosfere ma piuttosto solido nonostante la recitazione decisamente sopra le righe.

Le avventure di Arsenio Lupin
(Les aventures d'Arsène Lupin, F, 1957)
di Jacques
Becker. Con Robert Lamoureux, Sandra Milo, Liselotte Pulver

Sembra che Lupin, sempre in virtù della sua ineguagliabile abilità nei travestimenti, voglia farsi beffe dell'intera Europa: dal prefetto di Parigi alle varie aristocrazie, fino al Kaiser Guglielmo II. Denaro e gioielli inestimabili sono al centro delle audaci imprese. A differenza delle pur gradevoli serie tv degli anni '70 e '80, qui il personaggio è decisamente più fedele all'originale: meno frivolo e, anzi, con risvolti cupi che saranno accentuati nel film del 1959, e che invece si perderanno in quello, pessimo, del 2004.

La febbre del possesso
(Une manche et la belle, F, 1957)
di Henri Verneuil. Con Henri Vidal, Mylène Demongeot, Isa Miranda

Ambizioso e senza scrupoli, un giovane impiegato sposa una ricca signora, ma quando una bella ragazza gli fa girare la testa egli progetta di uccidere la moglie e di godersi ricchezza e gioventù. Le cose si complicano ed il piano si rivelerà intriso di insidie e doppi giochi. Un classico noir francese ma ad opera del più "americano" dei registi d'oltralpe, che riprende a piene mani le atmosfere cupe e senza speranza del libro di J. H. Chase, addirittura rincarando la dose dal punto di vista melodrammatico.

La strada della rapina
(Plunder Road, USA, 1957)
di Hubert Cornfield. Con Gene Raymond, Wayne Morris, Jeanne Cooper

Un colpo progettato perfettamente: tre milioni di dollari in lingotti d'oro, un treno non inespugnabile, rapina lampo, e poi via in tre direzioni diverse, su irreprensibili camion. Ma il destino ci si mette d'impegno e... Il regista sicuramente si è divertito un mondo a preparare trappole e imprevisti, ma senza effettacci e clamori (tranne l'inizio fulminante), bensì scandendo con gelido ritmo una suspense continua e angosciosa. Un bell'esempio di noir artigianale gestito come una grande produzione.

I vampiri del sesso
(Des femmes disparaissent, F, 1957)
di Edouard Molinaro. Con Robert Hossein, Magali Noël, Estella Blain, Philippe Clay

Anche se non siete particolarmente geloso, il fatto che la vostra fidanzata abbia spesso strani appuntamenti vi farà venire qualche dubbio: in questo caso, però, la faccenda è molto più seria ed il malcapitato scopre un traffico di donne verso l'estero. Come in altri casi il titolo italiano è becero, ancorchè vagamente giustificato dalla storia, che, seppur gestita disinvoltamente, racconta in modo non spregevole un fenomeno criminale a quel tempo ancora agli inizi. Le musiche di Art Blakey sono formidabili.

La parola ai giurati
(Twelve Angry Men, USA, 1957)
di Sidney Lumet. Con Henry Fonda, Lee J. Cobb, E. G. Marshall, Martin Balsam

Un ragazzo viene processato per aver ucciso il padre. Dei dodici giurati, undici sono certi della colpevolezza dell'imputato; l'unico che non ne è sicuro al di là di ogni ragionevole dubbio, approfondendo con sottigliezza psicologica la dinamica dei fatti, con grande acutezza e capacità dialettica convince pazientemente gli altri a votare per l'assoluzione. Primo, ottimo film non televisivo di Lumet, si svolge interamente nell'ambiente chiuso del tribunale. Un classico del filone "pedagogico" americano. Ottimi
remake: 1997, Friedkin; 2007, Mikhalkov.

Perry Mason
(USA, TV 1957-1966; 1985 - 1993)
Con Raymond Burr, Barbara Hale, William Hopper, illiam Talman, Ray Collins, William Katt, William Moses

1932: The Case of the Velvet Claws è l'atto di nascita di quello che diventerà l'avvocato più famoso del mondo, padre indiscusso di un sottogenere, il legal thriller. Subito dopo vi sarà una brutta serie tv negli USA; è nel 1957 (1960 da noi) che scoppia il caso Perry Mason, che porterà il poliziesco in milioni di case, e buona parte del merito va a Burr, già molto cattivo nella Finestra sul cortile. I telefilm avranno un successo enorme e Burr continuò col suo personaggio fino a pochi mesi prima di morire. L'inconsueta sigla musicale è diventata, con quella di Hitch, una delle musiche televisive più celebri. Mario Colli è lo splendido doppiatore della prima serie. Finto remake nel 2020.

Sette piccole croci
(I, TV 1957)
di Vittorio Cottafavi. Con Ivo Garrani, Renato De Carmine, Gianni Santuccio

Parigi, il giorno di Natale. In un commissariato (dove si svolge tutta la storia) arrivano molte telefonate che segnalano un presunto omicida seriale che opera in città. E in effetti viene ritrovato il cadavere di una donna, e il panico dilaga. Gli investigatori lavorano freneticamente per venire a capo della faccenda. Grazie anche agli ottimi interpreti, un esempio notevole di racconto ambientato in un luogo chiuso, situazione frequentata da Buñuel, Hitchcock, Lumet, Scola, Fincher, Polanski, Tarantino, e altri. Da un racconto "minore" di Simenon.

Il club dei suicidi
(I, TV 1957)
di Giacomo Vaccari. Con Paolo Carlini, Leonardo Cortesese, Tino Bianchi, Romolo Costa, Armando Bandini

In un bizzarro ritrovo londinese alcune persone scompaiono misteriosamente. Un gentiluomo riesce a capire che si tratta di un club i cui soci sono pronti al suicidio, in base a varie regole imperniate su una partita a carte: chi perde troverà la morte per mano altrui. Da un magnifico racconto di R.L. Stevenson un tentativo riuscito solo in parte (la tv italiana è ancora agli inizi) di riproporre sul piccolo schermo le atmosfere cariche di attesa e di paura. Gli attori sono bravi ma la recitazione risente troppo della matrice teatrale.

L'infallibile ispettore Rock
(I, TV 1957 - 1977)
di Daniele D'Anza. Con Cesare Polacco e Giuliano Isidori

Come non citare i gialli più brevi della storia? Si trattava della pubblicità, su Carosello, della terrificante Brillantina Linetti: l'agenzia APM ebbe l'idea di far sceneggiare dei polizieschi telegrafici (circa due minuti): un delitto, un dettaglio che sfugge al criminale, l'ispettore Rock che lo smaschera. Piccoli gioielli che terminavano con un celebre scambio di battute: "Ispettore, lei non sbaglia mai!" "No, anch'io ho commesso un errore: non ho mai usato la brillantina Linetti!" E il bravo Cesare Polacco, dalla voce inconfondibile, mostrava la pelata.

Piombo rovente
(Sweet Smell of Success, USA, 1957)
di Alexander MacKendrick. Con Burt Lancaster, Tony Curtis, Martin Milner, Susan Harrison

Un celebre giornalista è totalmente preso dal proprio successo e il suo assoluto bisogno di controllo coinvolge morbosamente anche la sorella. Quando questa vuole sposare un musicista, il fratello incarica un viscido tirapiedi di mandare all'aria tutto imbastendo uno scandalo: che coinvolgerà drammaticamente più d'uno. Non solo una pagina fondamentale del filone giornalistico del cinema americano, ma uno dei primi film che s'interroga davvero sui perversi meccanismi dell'informazione. Grandi i due protagonisti.

Testimone d'accusa
(Witness for the Prosecution, USA, 1957)
di Billy Wilder. Con Charles Laughton, Marlene Dietrich, Tyrone Power, Elsa Lanchester

Un uomo accusato di aver assassinato una ricca vedova viene difeso da un anziano avvocato, principe del foro: ma la moglie dell'imputato, stranamente, si rifiuta di testimoniare a suo favore. Che cosa si nasconde dietro questa incomprensibile reticenza? Il colpo di scena finale corona una vicenda cosparsa di inganni e ambiguità, condotta con ritmo incalzante e una suspense formidabile. Straordinari Laughton e Dietrich. Da una piéce teatrale del 1953 di Agatha Christie.

Le spie
(Les espions, F, 1957)
di Henri-Georges Clouzot. Con Peter Ustinov, Curd Jürgens, Paul Carpenter, Vera Clouzot

Un funzionario dei servizi segreti militari americani deve nascondere un proprio agente e individua come luogo sicuro una clinica psichiatrica: convince il direttore e tutto sembra a posto. Ma l'espediente viene scoperto, la clinica è messa sotto stretta sorveglianza, e s'innesca un pericoloso e oscuro gioco di spie. In bilico tra banalità e acutezza, Clouzot allestisce un teatrino delle marionette dominato dal sospetto e dalla paranoia: lo spionaggio nella sua forma meno spettacolare, governato dall'ambiguità.

La casa di madame Korà
(Méfiez-vous fillettes!, F, 1957)
di Yves Allégret. Con Antonella Lualdi, Robert Hossein, Michele Cordoue, Jean Gaven

Feroce guerra tra gang: una giovane donna è testimone dell'assassinio di un boss e viene sequestrata per ricattare l'omicida, il capo della banda avversaria: che naturalmente s'innamora di lei e riesce a salvarla; ma i rivali non si rassegnano, gli sbirri incalzano, e tutto si complica, fino alla conclusione inevitabilmente tragica e "virile". Da Miss Callaghan Comes to Grief di J. H. Chase, un noir canonico, senza particolari spunti di originalità ma condotto con mestiere.

Al di là del ponte
(Across the Bridge, UK, 1957)
di Ken Annakin. Con Rod Steiger, David Knight, Maria Landi, Bill Nagy, Bernard Lee, Noel William

Un uomo d'affari inglese ha fatto un tot di marachelle ed è ricercato sia da Scotland Yard sia dalla polizia americana. Fugge da New York e va in Messico, travestendosi abilmente ma incontrando varie difficoltà, tra cui il ricatto da parte di un poliziotto messicano. Nel frattempo si era preso cura di Dolores, una bella cagnona, e proprio questo legame verrà sfruttato dagli agenti per cercare di catturarlo. Steiger come al solito bravissimo, e addirittura commovente nel passare dal suo torbido ruolo all'amore per l'affettuoso animale. Da un romanzo di Graham Greene.

Luce a gas
(I, TV 1958)
di Claudio
Fino. Con Sarah Ferrati, Ivo Garrani, Roldano Lupi, Anna Maria Alegiani, Vittorina Benvenuti

Nell'Inghilterra vittoriana un gentiluomo sposa la nipote di una celebre cantante lirica morta in circostanze misteriose e con un piano perverso (la casa si anima diabolicamente: luci strane, il gas, rumori...) cerca di farla impazzire per ereditare. Meno male che c'è il giovanotto innamorato di lei che risolve tutto. L'impianto è decisamente melodrammatico, ma in realtà tutto è giocato con grande abilità sui meccanismi psicologici. Gli interpreti sono bravi ma difficile non rimpiangere Boyer e Bergman di Angoscia (1944). Altro sceneggiato RAI nel 1966.

Ascensore per il patibolo
(Ascenseur pour l'échafaud, F, 1958)
di Louis Malle. Con Jeanne Moreau, Maurice Ronet, Georges Poujouly, Yori Bertin

Il solito triangolo: lui uccide il marito dell'amante ma rimane bloccato nell'ascensore. Quella stessa notte un balordo ruba, del tutto casualmente, l'automobile dell'omicida, e ammazza due turisti. Le truci vicende s'intrecciano e il finale tragico è assicurato. Primo film del grande Louis Malle, che ha la geniale idea di affidare la colonna sonora di un film già tesissimo al jazz gelido e lancinante di Miles Davis. Memorabile la sequenza di Jeanne Moreau che di notte cammina in una Parigi semideserta e struggente.

Il commissario Maigret
(Maigret tend un piège, F, 1958)
di Jean Delannoy. Con Jean Gabin, Annie Girardot, Jean Desailly

A Parigi quattro donne, a distanza di pochi giorni l'una dall'altra, vengono trovate uccise. Il commissario Maigret ha le idee chiare: si deve cercare un uomo malato di mente ma lucido e insospettabile. Per scovarlo tende una sottile trappola. Il primo, e forse il migliore, dei tre film ispirati al personaggio di Simenon e interpretati da Jean Gabin, di gran lunga il miglior Maigret cinematografico, anche se una certa sciatteria da sbirro non rispecchia la sobrietà del personaggio di Simenon.

Il mostro di Mägendorf
(Es geschah am hellichten Tag - El cebo, CH - E, 1958)
di Ladislao Vajda. Con Heinz Rühmann, Gert Fröbe, Michel Simon, Marian Salgado

L'anziano commissario Matthäi indaga sull'assassinio con stupro di una bambina, commesso vicino a Zurigo: non crede alla colpevolezza di un vagabondo che, dopo l'arresto, si è impiccato, e vari indizi lo portano a sospettare di un maniaco che ha già ucciso altre due bambine e che ci riproverà. Sceneggiatura di Dürrenmatt che poi la riscriverà (La promessa, 1958) con un finale diverso. Un solido film, che tuttavia dovette, per motivi di censura, sorvolare sui particolari più scabrosi. Splendidamente rifatto da Sean Penn (La promessa, 2001).

L'infernale Quinlan
(Touch of Evil, USA, 1958)
di Orson Welles. Con Orson Welles, Janet Leigh, Charlton Heston, Marlene Dietrich

Vicenda complicatissima ai confini tra Messico e Stati Uniti, al centro della quale vi è il capitano di polizia Hank Quinlan: formidabile segugio, ma autoritario, cinico, violento, e sempre pronto ad usare qualsiasi mezzo, anche illegale, per raggiungere lo scopo. Inganni, omicidi, droga, rivalità, amicizia tradita, false accuse: non c'è posto per la morale e la legge, e in questo vortice tragico giganteggia la figura shakespeariana di Quinlan, con un Welles strepitoso, sia come attore che come regista.

La statua che urla
(Screaming Mimi, USA, 1958)
di Gerd Oswald. Con Anita Ekberg, Philip Carey, Gipsy Rose Lee

Una bella signora è tormentata da incubi e oscuri sensi di colpa, legati a un omicidio. Un giornalista, innamoratosi di lei, cerca disperatamente di aiutarla, sforzandosi di far emergere le cause profonde di questa angosciosa situazione e di salvarla dal manicomio. Tentativo riuscito solo in parte di portare sullo schermo uno splendido racconto di Fredric Brown, mentre ben altro impatto avrà un altro film ispirato al libro, L'uccello dalle piume di cristallo, di Dario Argento, 1970.

La sfida
(I, 1958)
di Francesco Rosi. Con José Suarez, Rosanna Schiaffino, José Jaspe, Nino Vingelli, Rosita Pisano, Angela Luce

Un piccolo contrabbandiere napoletano cerca di farsi strada nel mondo del malaffare e si mette in contatto con la camorra che controlla il commercio dei prodotti ortofrutticoli. S'innamora e sta per sposarsi, ma la sua ambizione lo porta a uno scontro drammatico coi boss. Rosi inizia la sua splendida carriera con la felice intuizione di coniugare la cornice neorealistica con il noir: una scelta di stile che lo porterà ad essere il maestro dei film d'impegno civile che segneranno profondamente il cinema italiano dei decenni successivi.

I soliti ignoti
(I, 1958)
di Mario Monicelli. Con V. Gassman, M. Mastroianni, R. Salvadori, Totò, C. Gravina, C. Cardinale, T. Murgia

Un colpo che più facile non si può: la cassaforte del monte dei pegni è al di là del sottile muro di una casa privata, ed il piano è "scientifico". Ma la banda è davvero improbabile, malgrado la lectio magistralis del vecchio esperto. Forse il primo momento, ed il più bello, della commedia all'italiana, con quasi tutte le scene passate alla storia, ed una mescolanza unica (e irripetibile; i sequel non saranno granché) di umorismo, noir rivisitato benevolmente, affettuosi omaggi al neorealismo. Il remake del 1984 sarà il più brutto film di L. Malle.

Peter Gunn
(USA, TV 1958 - 1961)
di Blake
Edwards. Con Craig Stevens, Herschel Bernardi, Lola Albright, Bill Chadney

Peter Gunn è un investigatore privato che lavora sulla West Coast ma non ha un vero e proprio ufficio: i clienti li riceve al Mother's, un jazz club in cui canta la sua fidanzata, Edie. I casi di cui si occupa sono abbastanza originali e non mancano spunti noir piuttosto insoliti per la tv americana dell'epoca: Edwards già dimostra il suo talento, ad esempio rappresentando in modo realistico, e crudo, il mondo della criminalità organizzata. La serie ebbe un notevole successo, a cui contribuirono le musiche di Hanry Mancini. Nel 1967 un film dello stesso Edwards.

Aprite: Polizia!
(I, TV 1958)
di Daniele D’Anza. Con Renato De Carmine, Enzo Turco, Michele Malaspina, Evi Maltagliati, Lia Zoppelli, F. Volpi

Il commissario Alzani è un funzionario che si trova alle prese con vari crimini maturati nella piccola Italia degli anni '50: omicidi a volte grossolani, vendette squallide. In sei episodi lo sceneggiato è il primo giallo italiano in tv e sconta malamente questo primato: trame piuttosto fragili, ritmo soporifero, scenografie approssimative, grande prudenza rispetto ai temi "scabrosi", interpreti anche discreti ma troppo legati a una recitazione "teatrale". La vera stagione gialla inizierà nel 1963 e, anche sull'onda del clamoroso successo di Maigret, decollerà nel 1968..

La legge del mitra
(Machine-Gun Kelly, USA, 1958)
di Roger Corman. Con Charles Bronson, Susan Cabot, Barboura Morris

Finita l'epoca d'oro del proibizionismo e delle facili e assai redditizie rapine in banca, Kelly - celebre per il suo virtuosismo col mitra - cambia genere e organizza un rapimento, ma le cose volgeranno inevitabilmente al peggio. "Film di serie B, ma soltanto per il costo: ritmo spiccio, una rievocazione ambientale che procede per rapide allusioni, per sintesi: un personaggio credibile nella sua paura organica e una tetra visione della vita. Musica smitizzante." (Morandini)

Testimone oculare
(Girl on the Run, USA, 1958)
di Richard L. Bare. Con Efrem Zimbalist Jr., Erin O'Brien, Shepperd Strudwick, Edd Byrnes, Barton MacLane

In una grande città del nordest americano una cantante di nightclub deve testimoniare a un processo per omicidio ma tentano di ucciderla per impedirle di parlare. Quindi fugge a Los Angeles, dove continua a cantare, cambia nome e aspetto. Entra in contatto con un detective privato, Stuart Bailey, ex agente segreto dell'OSS, che l'aiuterà a sfuggire al killer che continua a cercarla. Un dignitoso film da cui addirittura la Warner Bros ricavò la serie televisiva Indirizzo permanente, di gran successo, con lo stesso protagonista maschile del film.

Indirizzo permanente
(77 Sunset Strip, USA, TV 1958 - 1964)
di Roy Huggins. Con Efrem ZimbalistJr., Roger Smith, Edd Byrnes, Jacqueline Beer, Louis Quinn

AL 77 di Sunset Boulevard, Los Angeles, hanno l'ufficio due investigatori privati, entrambi ex agenti segreti. Si occupano dei casi più vari, spesso drammatici e a volte un po' grotteschi. E in effetti sovente la trama vira sui toni della commedia poliziesca, soprattutto per via di un personaggio, Kookie, che cerca a tutti i costi, e goffamente, di partecipare alle indagini. Alcuni episodi escono totalmente fuori dagli schemi, dando alla serie un'impronta di originalità: in un caso, ad esempio, non vi è nessun dialogo, e in un altro il protagonista è totalmente solo.

Gideon: 24 ore a Scotland Yard
(Gideon of Scotland Yard o Gideon's Day, GB, 1958)
di John Ford. Con Jack Hawkins, Dianne Foster, Anna Massey, Andrew Ray

Un poliziesco diverso, basato non tanto su uno specifico caso quanto su una giornata qualsiasi a Scotland Yard: al centro l'ispettore Gideon che deve vedersela con un collega corrotto, un pazzo omicida, una rapina e si becca due contravvenzioni da un giovane agente che scoprirà essere il fidanzato della figlia. Ford è sempre Ford, con la sua acutezza nel cogliere situazioni e personaggi e con la sua maestria tecnica, ma nelle praterie dell'Ovest convince molto di più. Da un romanzo di J. J. Marric.

Assassinio per contratto
(Murder by Contract, USA, 1958)
di Irving Lerner. Con Vince Edwards, Philip Pine, Herschel Bernardi

Quando un killer professionista accetta un contratto, non fa molte domande, ed è uno sbaglio, perché magari la vittima crea qualche problema. Come in questo caso, per il solo fatto di essere donna. Il sicario si fa degli scrupoli, ed è un altro errore, imperdonabile. "Pur sopravvalutato dalla critica per le sue caratteristiche estetiche (atmosfera, chiaroscuro della fotografia del grande L. Ballard), rimane ancor oggi un thriller originale e insolito." (Morandini) “Per me questo film è sempre stato motivo di ispirazione” (M. Scorsese).

La donna che visse due volte
(Vertigo, USA, 1958)
di Alfred Hitchcock. Con James Stewart, Kim Novak, Tom Helmore, Henry Jones

Il marito di una donna, bionda, con cupe ossessioni, chiede ad un ex poliziotto di indagare: questi s'innamora follemente, ma quando lei, disperata, sale sul campanile di una chiesa, per buttarsi giù, lui, che soffre di vertigini, non riesce a salvarla. Tempo dopo ne incontra la sosia, coi capelli neri, e scoprirà un oscuro intrigo, che si risolverà drammaticamente. Da Boileau e Narcejac, film imperniato sull'ossessione della visione, "commento lirico sui rapporti tra l'amore e la morte" con le sequenze "vertiginose" entrate nella leggenda.

Un americano tranquillo
(The Quiet American, USA, 1958)
di Joseph L. Mankiewicz. Con Michael Redgrave, Audie Murphy, Georgia Moll, Bruce Cabot, Jean-Claude Dauphin

Saigon, 1952: durante la guerra franco-indocinese, due anni prima d Dien Bien Phu, la vita di un cinico e scafato giornalista viene sconvolta dall'arrivo di un giovane americano che gli frega la bella amante ed è un acceso sostenitore di una "terza forza", sganciata dal Viet Minh e dagli USA. Da G. Greene, che però stroncò il film, dato che il pur bravo regista si era dovuto piegare alla produzione che aveva rovesciato in anticomunismo lo spirito del libro, assai critico nei confronti dell'imperialismo. Un thriller di atmosfere più che di colpi di scena.

Non voglio morire
(I Want to Live!, USA, 1958)
di Robert Wise. Con Susan Hayward, Simon Oakland, Virginia Vincent

San Quintino, California, 1955: Barbara Graham viene mandata sulla sedia elettrica perché giudicata colpevole di omicidio. Era innocente, ma per la sua vita sregolata e "immorale" era una colpevole ideale. Una storia vera che Wise (nel suo bizzarro alternare film drammatici e leggeri) ricostruisce con scrupolo ed un taglio documentaristico efficacissimi: una sorta di manifesto contro la pena di morte tanto più forte quanto, appunto, scevro da artifici spettacolari. All'epoca, ovviamente, non ebbe particolari consensi negli USA.

Maigret e il caso Saint-Fiacre
(Maigret et l'affaire Saint-Fiacre, F - I, 1958)
di Jean Delannoy. Con Jean Gabin, Michel Auclair, Valentine Tessier

La contessa di Saint - Fiacre invita il suo vecchio amico d'infanzia Jules Maigret, che non vede da quarant'anni, a trascorrere alcuni giorni nella sua casa in provincia: ha ricevuto varie minacce di morte e chiede aiuto. Il giorno delle Ceneri, durante la messa, la signora muore, apparentemente per un attacco cardiaco; ma il commissario non crede alla fatalità, pensa ad un omicidio e inizia a indagare, fino a smascherare il colpevole. Secondo, felice incontro Gabin - Maigret.

Anatomia di un omicidio
(Anatomy of a Murder, USA, 1959)
di Otto Preminger. Con James Stewart, Ben Gazzara, Eve Arden, Lee Remick

Un ufficiale dell'esercito uccide il barista che ha violentato sua moglie. Al processo, l'accusa è abile nel sostenere le pesanti responsabilità della donna che, con un comportamento sfacciato, avrebbe provocato la vittima, ma il pur inesperto avvocato difensore riesce a far assolvere il proprio cliente grazie a una tenace indagine e relativo colpo di scena finale. Nell'interminabile serie di film di carattere giudiziario, questo è sicuramente fra i migliori, soprattutto in virtù dell'ambiguità con cui sono presentati fatti e personaggi.

Un maledetto imbroglio
(I, 1959)
di Pietro Germi. Con Pietro Germi, Claudia Cardinale, Claudio Gora, Eleonora Rossi Drago

Da Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, di Gadda, una storia di furti, gelosie, morte violenta, segreti, passioni inconfessate, miserie quotidiane, ambizioni ridicole: come Gadda anche Germi gioca, sparigliando continuamente: la vicenda delittuosa sembra a un punto cruciale?, ecco allora una serie di dialoghi tutti romaneschi e ben lontani dal delitto; l'atmosfera vivida, popolare, ammalia chi guarda?, e allora ecco qualche brutalità da questurino incallito. E alla fine, chi è il colpevole? Un giallo vero, indimenticabile.

Al Capone
(Id., USA, 1959)
di Richard Wilson. Con Rod Steiger, Martin Balsam, Fay Spain, James Gregory

Negli anni '20 e '30 era considerato "il nemico pubblico numero 1", ed era effettivamente il simbolo dell'illegalità. Ma fu arrestato per evasione fiscale e morì a 48 anni devastato dalla demenza e dalla sifilide. Questo film a basso costo ricostruisce in modo accurato e intelligente, senza troppe concessioni alla spettacolarità, una figura centrale della storia americana: e il taglio asciutto del film si rivela efficacissimo. "Rod Steiger è un fantastico Al Capone, affascinante, villano, brutale, ambizioso." (Scorsese)

La furia dei Baskerville
(The Hound of the Baskervilles, USA, 1959)
di Terence Fisher. Con Peter Cushing, André Morel, Christopher Lee

Dopo Basil Rathbone ecco un altro Sherlock Holmes misurarsi, vent'anni più tardi, con quel cagnaccio cattivo: l'eccellente Peter Cushing interpreta il secondo dei quattro film tratti dallo stesso romanzo di Arthur Conan Doyle; Morel è un Watson certo più convincente di Nigel Bruce, e Cushing e Lee - oltre ad aver impersonato entrambi SH - sono celebri per aver girato insieme numerosi film su Dracula. L'ambientazione è piuttosto ben curata e crea l'atmosfera adatta.

Giallo club. Invito al poliziesco
(I, TV 1959 -1961)
ideato da Mario Casacci, Alberto Ciambricco, Giuseppe Aldo Rossi

In qualche modo anticipando di decenni, e con ben altra vivacità intellettuale, l'interazione fra medium e pubblico, la RAI diede vita a un congegno davvero brillante: il misurato e arguto Paolo Ferrari (il futuro Archie Goodwin della serie Nero Wolfe) accoglieva lo spettatore in una sorta di circolo londinese, introducendo una storia poliziesca (con il tenente Sheridan) che però s'interrompeva prima dell'epilogo; ad alcuni ospiti veniva quindi chiesto di risolvere il mistero, tenendo conto che la storia conteneva tutti gli elementi necessari per scoprire l'assassino. Dopo di che riprendeva il filmato svelando la soluzione. Nel 1961 al posto di Ferrari Francesco Mulè. Con Perry Mason e Hitchcock questa serie fece conoscere il giallo al grande pubblico.

I figli di Medea
(I, TV 1959)
di Anton G. Majano, Con Enrico M. Salerno, Alida Valli, Ferruccio De Ceresa, T. Bianchi, R. Savagnone, N. Orsomando

RAI, Programma Nazionale, ore 21: va in onda in diretta io sceneggiato I figli Di Medea. All'improvviso la trasmissione viene interrotta: il celebre attore E.M. Salerno irrompe nello studio, con una pistola, annunciando di aver rapito il figlio avuto dalla collega A. Valli e ottenendo di poter parlare ai telespettatori del pericolo costituito dai mezzi di comunicazione di massa. Si trattava di una geniale trovata ispirata alla beffa radiofonica ideata da O. Welles nel 1938: ai suoi inizi la RAI si dimostra spericolata, e la maggior parte degli utenti pensò che si trattasse davvero di un giallo in diretta.

Scacco Matto
(Checkmate, USA, TV 1960 - 1962)
ideato da Eric Ambler. Con Sebastian Cabot, Tony George, Doug McClure

Ambler, uno dei grandi maestri del thriller, rivitalizza una formula allora inconsueta: invece di un poliziotto o di un detective privato, al centro delle storie vi è un gruppo di persone, i membri di un'agenzia investigativa di San Francisco, la Checkmate Inc.: la mente del team è il criminologo Carl Hyatt, accanto al quale operano in modo decisamente brillante quello che pare il capo dell'agenzia, Dan Corey ed il giovane Jed Sills. Da notare: spesso l'agenzia s'impegnava in una vicenda in cui il crimine non era ancora stato commesso, con l'insolito obiettivo di prevenirlo.

L'inchiesta dell'ispettore Morgan
(Blind Date, GB, 1959)
di Joseph Losey. Con Hardy Krüger, Stanley Baker, Micheline Presle

Un giovane pittore è accusato di aver ucciso la sua ragazza, che era anche l'amante di un diplomatico. Un ispettore di Scotland Yard indaga senza pregiudizi e fa affiorare verità nascoste, soprattutto quando si scopre che la morta morta non è. Inganni e pressioni politiche non fermeranno il tenace poliziotto. Stranamente Losey ha frequentato poco il poliziesco che pure, come in questo caso, gli avrebbe dato la possibilità di parlare di uno dei suoi temi centrali: la verità, delle cose e delle persone, troppo spesso mascherata.

Sono un agente FBI
(The FBI Story, USA, 1959)
di Mervyn LeRoy. Con James Stewart, Vera Miles, Murray Hamilton, Larry Pennell, Nick Adams

Tipico film di regime in cui si esaltano le magnifiche sorti e progressive dell'american way of life: lui s'innamora di una bella bibliotecaria, la sposa, e costruisce una famigliola come si deve. Nel frattempo entra in una nuova agenzia governativa, l'FBI appunto, baluardo della civiltà e delle persone perbene contro gangster e comunisti (che sono più o meno la stessa cosa). Ovvero: come conciliare alla perfezione casa e lavoro, perché una delle prime iniziative dell'FBI fu di schedare accuratamente tutti gli utenti delle biblioteche. Si sa, i libri sono pericolosi.

Il capro espiatorio
(The Scapegoat, USA, 1959)
di Robert Hamer. Con Alec Guinness, Bette Davis, Nicole Maurey, Jerome Worth

Un aristocratico stanco della moglie, progetta di ucciderla, anche per ereditare il cospicuo patrimonio, e quando incontra fortunosamente un proprio sosia pensa che possa essere il killer ideale e cerca di costringerlo. Non mancano complicazioni. Dal romanzo di Daphne du Maurier, e con la sceneggiatura di Gore Vidal, un melodramma a tinte fosche, eppure venato di umorismo al veleno, in cui i due protagonisti danno lezione di cinema. E sir Alec interpreta da vero maestro i due ruoli.

Il colore della pelle
(J'irai cracher sur vos tombes, F, 1959)
di Michel Gast. Con Christian Marquand, Antonella Lualdi, Fernand Ledoux, Paul Guers

Lui è di sangue nero, ma, per il colore della sua pelle, assomiglia perfettamente a un bianco, e così può frequentare un ambiente che altrimenti gli sarebbe precluso (siamo negli USA degli anni '50). E non può che covare un odio mortale per quella società intrisa di pregiudizi e di stupidità. E si vendicherà ferocemente. Tratto dal bellissimo Sputerò sulle vostre tombe di B. Vian, il film ne è una trasposizione mélo e impacciata, senza riuscire a cogliere il cuore (nero) del libro. Sarà un caso che, uscito dalla prémière, Vian sia stato stroncato da un infarto?

Sangue sull'asfalto
(Délit de fuite, F, 1959)
di Bernard Borderie. Con Antonella Lualdi, Felix Marten, Folco Lulli, Aimé Clariond

Un giornalista s'innamora della moglie di un ricco industriale e cerca di aiutarla in quello che pare un omicidio colposo. Ma forse si tratta in effetti di una complicata montatura, per trovare un capro espiatorio rispetto a una sordida vicenda. Il regista di Angelica confeziona un prodotto dignitoso ma senza nessuna particolare originalità, e la trama contorta non aiuta. Un episodio marginale nel vasto panorama del noir francese. Da Una spina nel cervello (Hit and Run) di J. H. Chase.

Il buco
(Le trou, F, 1959)
di Jacques Becker. Con Michel Constantin, Jean Keraudy, Philippe Leroy, Raymond Meunier, Marc Michel

Parigi, dopguerra: cinque detenuti tentano di evadere dal carcere della Santé di Parigi scavando una galleria. Un obiettivo dificilissimo, che mette a dura prova l'unità del gruppo. Uno dei capolavori del triste filone carcerario, che però si focalizza non tanto sulla condizione dei prigionieri quanto sul legame (amicizia, rispetto, lealtà) fra uomini costretti al medesimo destino. "Un'epopea alla Bresson, senza enfasi oratoria né messaggi umanitari." (Morandini) Da un romanzo di José Giovanni.

Strategia di una rapina
(Odds Against Tomorrow, USA, 1959)
di Robert Wise. Con Robert Ryan, Harry Belafonte, Shelley Winters, Gloria Grahame, Ed Begley

Tre uomini assai diversi fra loro - un ex poliziotto, un reduce déraciné e un giocatore incallito - si trovano a confrontare i propri destini e pensano che possano cambiare con un buon colpo ai danni di una banca. Un'illusione disegnata con grande cura da Wise, che, con un'ambientazione eccellente, una acuta caratterizzazione dei personaggi e una perfetta colonna sonora jazz, "ha saputo compensare lo schematismo della storia e il finale simbolico e oratorio con pagine descrittive di una forza struggente." (Morandini)

Il ritorno di Arsenio Lupin
(Signé Arsène Lupin, F, 1959)
di Yves Robert. Con Robert Lamoureux, Yves Robert, Alida Valil, Jacques Dufilho, Roger Dumas

Lupin è tornato dalla guerra ed è sbalordito dal furto di alcuni quadri, al cui posto viene trovato un biglietto signé Lupin. Chi ha abusato del suo nome, e perché? Lupin scoprirà che ciascun dipinto è un indizio per rintracciare il favoloso tesoro dell'ordine del Toson d'Oro. La caccia si fa davvero interessante. A differenza delle gradevoli serie tv degli anni '70 e '80, qui il personaggio è decisamente più fedele all'originale: meno frivolo e gaudente, e, anzi, con risvolti cupi e problematici.

Frenesia del delitto
(Compulsion, USA, 1959)
di Richard Fleischer. Con Orson Welles, Bradford Dillman, Dean Stockwell, Diane Varsi

Chicago anni '20: niente gangsters, ma due studenti - bene che vogliono sperimentare la trasgressione massima: uccidere senza alcun motivo e cavarsela in quanto più intelligenti degli investigatori. Arrestati e processati eviteranno la pena di morte grazie all'abilità e al cinismo del loro avvocato. Rifacendosi al clamoroso delitto che ispirò anche Nodo alla gola di Hitchcock (1949), il film non tenta vie sperimentali e si affida alla solida sceneggiatura e all'interpretazione gelida e implacabile di Welles.

Il vedovo
(I, 1959)
di Dino Risi. Con Alberto Sordi, Franca Valeri, Livio Lorenzon, Ruggero Marchi, Nando Bruno

Un industriale con tante idee e poco successo, ma con la moglie ricchissima, riceve la notizia che lei è morta in un incidente: già si è abituato al fatto di ereditare quando lei ricompare più vispa che mai. E così progetta di ucciderla, ma... La celebre battuta finale è la sintesi geniale di un film tutto giocato sui due grandi interpreti (e i loro comprimari), ritratti perfetti del boom e dell'Italia che cambia. Risi, dopo alcuni primi film un po' incerti, trova la cifra espressiva che lo renderà un vero e proprio maestro.

Diario di un ladro
(Pickpocket, F, 1959)
di Robert Bresson. Con Martin Lasalle, Marika Green, Pierre Leymarie

Perchè un giovane intellettuale parigino si mette a fare (e bene) il borseggiatore? Gioco? Lavoro? Vizio? Noia? Amore per il rischio? In realtà il film non lo spiega, o meglio offre allo spettatore varie possibilità tra cui scegliere. Non ci sono segreti da svelare perché tutto è misterioso, e allo stesso tempo semplice; non ci sono colpevoli perché tutto è racchiuso in bolle d'aria innocenti e letali. Un film straordinario nella sua ambivalenza che però non è ambiguità: un film indescrivibile, in effetti, che può solo essere visto.

Intrigo internazionale
(North by Northwest, USA, 1959)
di Alfred
Hitchcock. Con Cary Grant, Eva Marie Saint, James Mason, Leo G. Carroll, Martin Landau

Un pubblicitario si trova all'improvviso al centro di un turbine di disavventure: la polizia lo ritiene un assassino, un'organizzazione di spie lo crede un agente del controspionaggio e cerca di farlo fuori. Soltanto dopo una serie interminabile di inseguimenti tutto sarà chiarito. Virtuosismi di alta classe del grande Hitch, con la celebre sequenza dell'aereo che attacca il protagonista in mezzo ai campi e un gran finale sulle rocce del monte Rushmore (quello su cui sono scolpiti i volti di Washington, Jefferson, Lincoln e T. Roosevelt).