inizio rosso e giallo

 

 

Philip Jenkinson

Un romanzo per tre registi

 

Dieci poveri negretti se ne andarono a mangiar:
uno fece indigestione, solo nove ne restar.

Nove poveri negretti fino a notte alta vegliar:
uno cadde addormentato, otto soli ne restar.

Otto poveri negretti se ne vanno a passeggiar:
uno, ahimè, è rimasto indietro, solo sette ne restar.

Sette poveri negretti legna andarono a spaccar:
un di lor s'infranse a mezzo, e sei soli ne restar.

I sei poveri negretti giocan con un alvear:
da una vespa uno fu punto, solo cinque ne restar.

Cinque poveri negretti un giudizio han da sbrigar:
un lo ferma il tribunale, quattro soli ne restar.

Quattro poveri negretti salpan verso l'alto mar:
uno un granchio se lo prende, e tre soli ne restar.

I tre poveri negretti allo zoo vollero andar:
uno l'orso ne abbrancò, e due soli ne restar.

I due poveri negretti stanno al sole per un po':
un si fuse come cera e uno solo ne restò.

Solo, il povero negretto in un bosco se ne andò:
ad un pino s'impiccò, e nessuno ne restò."




Questo scritto, postfazione a
Dieci piccoli indiani (Mondadori, 1977, collana Giallo Cinema; da questo libro sono anche tratte le illustrazioni in b/n) si riferisce a tre film, perchè il quarto, Desyat Negrityat (RU) è del 1987; il quinto, Dieci piccoli indiani (Ten Little Indians, di Alan Birkinshaw, con Donald Pleasence e Herbert Lom), è stato girato nel 1989.
Attenzione
: qui vengono svelate parti essenziali del film.

II film di René Clair Ten Little Niggers (Dieci piccoli negretti) - che fu alternativamente intitolato Ten Little Indians (Dieci piccoli indiani) o And Then There Were None (...E poi non ne rimase nessuno) in quei paesi di lingua inglese in cui la parola «nigger» poteva suonare offensiva - realizzato nel 1945 segnò una svolta decisiva nella produzione cinematografica delle opere della Christie.
Fino a quel momento - esclusa forse la pellicola prodotta in Germania nel 1929 Adventure Inc. - i film tratti dai romanzi della scrittrice inglese erano stati realizzati in Inghilterra con budget e risultati molto modesti, come la ormai dimenticata serie di Poirot interpretata da Austin Trevor, un attore simpatico ma limitato come caratterista, che aveva raggiunto una certa popolarità negli anni '30 e '40.
Al contrario, Dieci piccoli indiani fu un'ambiziosa produzione hollywoodiana dal montaggio accurato, con tutti quei raffinati accorgimenti che caratterizzavano i film dell'epoca. Molti registi europei di talento erano confluiti in quel periodo nella mecca del cinema per sfuggire alla persecuzione nazista; fra questi «immigranti», il francese René Clair, già famoso e considerato uno dei più importanti registi europei, sebbene solo Il cappello di paglia di Firenze e Il milione fra i suoi film francesi giustificassero questa reputazione.
I film che Clair girò a Hollywood (tra i quali Dieci piccoli indiani e Ho sposato una strega sono considerati i migliori) furono sicuramente i più curati dal punto di vista tecnico ma non per questo i meno originali.
A questo proposito, è significativo il fatto che, essendo Clair un regista particolarmente versato nella commedia brillante, alcuni interpreti del film Dieci piccoli indiani fossero dei comici, benché il romanzo della Christie sia tutt'altro che comico, anzi addirittura fosco. Mischa Auer, Richard Haydn, Sir C. Aubrey Smith e Barry Fitzgerald erano tutti attori caratteristi e famosi per le loro interpretazioni brillanti, pur annoverando nella loro attività artistica ruoli seri.
Fino agli anni '70 questa era l'impostazione-rimaneggiamento in chiave comico-umoristica data alle versioni cinematografiche dei romanzi della Christie. Negli anni '70, infatti, è scoppiato il boom del revival anni '20 e '30 al cui filone appartiene Assassinio sull'Orient-Express.
Prima di questa realizzazione, i produttori dei film tratti dalle opere della Christie sceglievano attori caratteristi e comici come Margaret Rutherford, Jack Hulbert, Stanley Holloway o Tony Randall per parti serie. Anche Charles Laughton interpretò con molto senso ironico il personaggio centrale nel famoso Testimone d'accusa, un ruolo che il formidabile Francis L. Sullivan aveva esaltato sul palcoscenico; non si esagera, quindi, se si afferma che, per la maggior parte, gli attori principali nei film tratti dai romanzi della Christie hanno deliberatamente scelto di dare un pizzico di comicità alle loro interpretazioni.
Questa impostazione comica si può notare nella sequenza d'apertura di Dieci piccoli indiani dove, al posto della presentazione dei singoli personaggi, c'è la divertente scena muta in cui gli occupanti della barca in viaggio verso l'isola soffrono con maggiore o minore intensità di mal di mare e di antipatie reciproche.
Il punto in cui ci si scosta più chiaramente dall'originale è la caratterizzazione di Mischa Auer che sostituisce il personaggio di Marston, il playboy pirata della strada, con un altro ispirato a quello del fasullo principe russo di Helzapoppin.
Il generale MacArthur, interpretato da C. Aubrey Smith, nel film viene chiamato Marmaduke poiché sulla scena politica di quel periodo c'era un vero generale MacArthur. Louis Hayward e la graziosa June Duprez interpretano i ruoli di Philip Lombard e Vera Claythorne in modo convincente, mentre Fitzgerald impersona efficacemente il giudice. Walter Huston cesella la sua parte di medico alcolizzato, e Roland Young sostiene con impegno quello dell'ex-ispettore senza scrupoli. Tudith Anderson, nella parte della zitella acida, investe il suo personaggio con una più profonda umanità di quanto non risulti nel testo e soltanto Richard Haydn, lo sfortunato maggiordomo, oltrepassa il limite per diventare caricaturale.
L'adattamento cinematografico era di Dudley Nichols, allora considerato uno dei migliori sceneggiatori di Hollywood, presidente della «Screenwriters Guild» e con all'attivo opere come Il traditore, Ombre rosse e Per chi suona la campana.
In seguito, Nichols doveva occuparsi della regia di film come L'angelo del dolore e Il lutto si addice ad Elettra.
Specializzato nel tradurre i romanzi in linguaggio cinematografico, Nichols, nel caso dei Dieci piccoli indiani, ha apportato all'originale pochi cambiamenti di una certa importanza.
Uno dei più interessanti è l'aver sottolineato la netta separazione fra ospiti e personale domestico. Il maggiordomo e sua moglie appaiono nettamente distinti dagli altri sia fisicamente sia intellettualmente. Questo isolamento fisico rende credibile l'insistenza di Richard Haydn per dormire nella legnaia dove verrà assassinato.
Una delle più indovinate variazioni della sceneggiatura è stata quella di incorporare nell'azione la filastrocca dei «Dieci piccoli indiani». Prima la si sente suonare al pianoforte da Mischa Auer, poi il tema viene ripreso nella colonna sonora di Tedesco Nuevo e ripetuta ogni volta che avviene un omicidio.
Il film è molto efficace quando sostituisce materia scritta con quella visiva. Per esempio, all'inizio della tragedia una serie di primi piani rivelatori mette straordinariamente in luce la psicologia dei personaggi e giustifica il loro comportamento successivo. Inoltre alcuni elementi appena accennati nel romanzo sono stati sviluppati ed estesi: il gomitolo di lana, simbolo del personaggio di Emily Brent, che rotola giù da una stanza al primo piano, e annunzia la sua morte, oppure l'accendino tenuto in mano dal giudice e dal dottore quando deducono la loro reciproca innocenza. I loro volti, fortemente illuminati da un'unica fonte di luce, riflettono la palese malafede, mentre nel romanzo la Christie si limita a spiegare nell'epilogo che il giudice aveva ingannato il dottore. E così pure la fiaschetta di liquore del medico alcoolizzato, che alla fine viene scoperta come un relitto sulla spiaggia, sostituisce l'immagine del medico morto.
Un altro particolare aggiunto (che sarebbe stato un elemento importante nel Terzo uomo di Carol Reed, non molto tempo dopo) è il gatto, che solo Fitzgerald accarezza.
Non c'è dubbio che espedienti come questi giovano moltissimo al film, sia a livello conscio sia a livello inconscio, facendolo apparire come un'autentica opera cinematografica piuttosto che un adattamento di maniera.
Ci sono però anche alcune modifiche che potrebbero essere considerate controproducenti: libertà audiovisive puro stile hollywoodiano che per certi sono insultanti, per altri danno fascino all'atmosfera. Ma la più singolare di queste alterazioni è l'ambiente. Il romanzo specifica chiaramente che la casa è di stile moderno.
«Se quella fosse stata una casa vecchia, con travi scricchiolanti, ombre scure negli angoli e pareti con pesanti zoccoli di legno, si sarebbe potuto percepire un senso di mistero, di imponderabile. Ma quella villa era la quintessenza della modernità. Non c'erano angoli bui, nessun pannello che potesse celare una porta segreta, la luce elettrica rischiarava ogni cosa, tutto era nuovo, ben levigato e lucente. Non c'era nulla di strano, di sospetto. Nessuna atmosfera di mistero. E proprio questa era la cosa più spaventosa
Nel film questa dettagliata descrizione viene completamente ignorata e capovolta. Invece di una casa modernissima, ci troviamo di fronte alla tipica casa dei fantasmi della cinematografia hollywoodiana, appollaiata in cima a una scogliera minacciosa, una di quelle case che avrebbero fatto allargare il cuore a Edgar Allan Poe. Soffitte buie, strutture in legno decrepite e corridoi senza fine. Aggiungete il rumore delle onde che si infrangono fragorosamente sugli scogli neri di tanto in tanto e avrete una chiara immagine della casa di René Clair. La tradizionale «casa degli orrori» che ci ricorda quella di un vecchio film Cat and Canary e quella ideata per il più recente Invito a cena con delitto. È da discutere se il film abbia pregiudicato l'asserzione dell'autrice che la modernità «...era la cosa più spaventosa » o se abbia dato più ampie possibilità creative allo scenografo Rudolph Fegté (Il generale mori all'alba). La scenografia, infatti, è innegabilmente molto suggestiva, anche se assomiglia un po' troppo a quella di certe tragedie scespiriane. Basti citare la scena in cui la macchina da presa passa attraverso una serie di buchi della serratura per svelare che Lombard e Blore si stanno spiando a vicenda, formidabile pezzo di abilità scenica ideata dallo scenografo e dallo stesso Clair.
La modifica più importante è quella della coppia che sopravvive alla progressiva eliminazione degli ospiti della villa: Vera e Lombard. Lei, interpretata da June Duprez, attrice lanciata dal regista Alexander Korda, e lui che ha il volto di Louis Haward, un attore che si stava affermando in quel periodo. Fra i due è stato introdotto un idillio, sopprimendo i tratti spiacevoli del loro carattere; e naturalmente Vera e Lombard sono gli unici due innocenti. In un superbo crescendo finale veniamo a sapere che essi non solo sono innocenti di tutte le colpe loro attribuite da U. N. Owen, ma che colui che fino a quel momento abbiamo conosciuto come Lombard non è affatto Lombard, bensì uno che gli sta dando la caccia.
Tutto ciò capovolge decisamente la logica matematica dell'intreccio originale; sarebbe come se nella soluzione dell'Assassinio sull'Orient Express, Poirot scoprisse che uno dei passeggeri del famoso treno si era sbagliato, credendo di essere salito su un accelerato per Dubrovnik.
I realizzatori del film hanno introdotto questo supplemento alla spiegazione finale con una certa destrezza, ma la premura di arrivare alla parola «fine», dopo le confessioni, indubbiamente indebolisce il film. Questo finale riveduto e corretto, tuttavia, sostituisce in modo soddisfacente un particolare del libro che non era possibile trasferire nel linguaggio cinematografico: quello della lettera contenuta nella bottiglia.
Nel film il giudice Wargrave e Vera si affrontano e hanno l'occasione di riferire le spiegazioni precedentemente scritte su un pezzo di carta.
I cambiamenti apportati, inoltre, sono giustificabili alla luce delle regole stabilite dalla censura cinematografica di allora che non ammetteva che un assassino riuscisse a farla franca; la spiegazione finale riveduta fa piazza pulita di delitti perfetti, assassini impuniti e giudici corrotti.
Così pure viene tralasciata la spiegazione data dal «giustiziere» stesso che le sue vittime erano state eliminate in ordine crescente di colpevolezza, cosicché la più colpevole di esse dovesse subire la maggior pena, in quanto aggravata dalla crescente angosciosa consapevolezza della sua fine imminente. Accettare che un rappresentante della «giustizia» potesse commettere tanti delitti impuniti, sostituendosi alla giustizia legalizzata per una personale soddisfazione che rasenta il sadismo, sarebbe stato oltremodo oltraggioso nei confronti della censura hollywoodiana.

Dieci piccoli indiani di Clair rimane indiscutibilmente un'opera legata al suo tempo, ma senz'altro, la versione più valida se paragonata alle due successive: Dieci piccoli indiani del 1965 e ...e poi non ne rimase nessuno del 1975. Entrambe si basano sulla sceneggiatura di Peter Welbeck e sono state ulteriormente modificate rispetto all'originale per adattarsi ai due differenti ambienti in cui si svolge la vicenda: una stazione invernale sulle Alpi per la prima, e un lussuoso palazzo in Persia, per la seconda.
Le nuove sceneggiature tengono conto delle innovazioni apportate da René Clair - la canzone per la prima vittima viene cantata da Fabian in Svizzera e da Charles Aznavour in Persia.
Similmente Hugh O' Brien e Shirley Eaton, Oliver Reed e Elke Sommer (Lombard e Vera rispettivamente della seconda e terza versione) sono ugualmente innocenti e hanno il sopravvento sul vendicativo giudice che si è alleato con il dottore.
La prima di queste due versioni è stata diretta da George Pollock, regista della popolare serie della M.G.M. dedicata a Miss Marpie, e non apporta alcun miglioramento rispetto alla versione di René Clair.
Il film realizzato nel 1975 è il primo a colori e il punto a suo vantaggio è costituito dall'ambiente persiano.

Il regista Peter Collinson aveva riportato un grande successo con Un colpo all'italiana, ma né i suoi film seri, né quelli di argomento leggero avevano raggiunto tale livello. Il cast a disposizione di Peter Collinson vantava noti attori come Oliver Reed, Elke Sommer, Richard Attenborough, Gert Probe, Charles Aznavour, Adolfo Celi e nell'edizione inglese anche la voce di Orson Welles nella parte di U. N. Owen. Il film risulta una fusione in tono minore delle due precedenti versioni delle quali la prima resta di gran lunga la superiore.
Un particolare che le due ultime versioni cinematografiche contengono e che mancava totalmente nel testo originale e nel film di Clair è una certa concessione al sesso, che, inutile dirlo, non aggiunge nulla di importante alla storia.
Né Agatha Christie, né René Clair avevano concesso alcuna licenza in materia sessuale, e il discostarsi delle due ultime versioni dall'intenzione della scrittrice può giustificare la presunta insoddisfazione della Christie per i film tratti dalle sue opere.
Il film di René Clair rimane un classico hollywoodiano pur non essendo né particolarmente comico, né carico di suspense.
In ogni modo è probabile che un film di piena soddisfazione sia per l'autore del romanzo sia per il pubblico non nascerà mai.
Girato nel '45, il film di Clair può essere considerato una delle migliori versioni di un'opera della Christie insieme con Testimone d'accusa e Assassinio sull'Orient-Express. È fuori discussione che il genere di film come Dieci piccoli indiani appartiene all'età d'oro del cinema, quando sceneggiatura, regia e scenografia erano affermazioni di buon gusto, professionalità e preparazione che servivano e al tempo stesso riflettevano la visione cinematografica del regista.


René Clair (1945)




George Pollock (1965)






Peter Collinson (1974)




Stanislav Govorukhin (1987)




Alan Birkinshaw (1990)