le regole del giallo Isaac Asimov ha scritto anche alcuni racconti polizieschi, ma è soprattutto noto per la sua produzione fantascientifica: anzi, per cercare di mettere un po' d'ordine in un genere che, per definizione, lasciava la più ampia libertà espressiva all'autore, Asimov ha fissato alcune regole, per lo meno per limitare gli abusi in un campo dove le sciocchezze prevalgono sulla pur sfrenata fantasia.E così recitano Le tre leggi della robotica: 1. Un robot non può recare danno a un essere umano, né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno. 2. Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contrastino con la Prima Legge. 3. Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non contrasti con la Prima e/o la Seconda Legge. Analogamente, nel genere poliziesco abbiamo di tutto e di più, soprattutto da quando il cinema non può fare a meno dei formidabili effetti speciali resi possibili dalla computer grafica. Tuttavia vale forse la pena di rammentare i buoni propositi di alcuni autori di gialli, che a suo tempo intesero appunto porre un freno all'eccessiva disinvoltura con cui il genere veniva trattato. Ne rammentiamo solo due (piuttosto diversi l'uno dall'altro), quelli cioè che hanno proposto le regole più plausibili, sia dal punto di vista letterario che da quello tecnico.
1. Il lettore deve avere le stesse possibilità del poliziotto di risolvere il mistero. Tutti gli indizi e le tracce debbono essere chiaramente elencati e descritti. 2. Non devono essere esercitati sul lettore altri sotterfugi e inganni oltre quelli che legittimamente il criminale mette in opera contro lo stesso investigatore. 3. Non ci deve essere una storia d'amore troppo interessante. Lo scopo è di condurre un criminale davanti alla giustizia, non due innamorati all'altare. 4. Né l'investigatore né alcun altro dei poliziotti ufficiali deve mai risultare colpevole. Questo non è buon gioco: è come offrire a qualcuno un soldone lucido per un marengo; è una falsa testimonianza. 5. Il colpevole deve essere scoperto attraverso logiche deduzioni: non per caso, o coincidenza, o non motivata confessione. Risolvere un problema criminale a codesto modo è come spedire determinatamente il lettore sopra una falsa traccia, per dirgli poi che tenevate nascosto voi in una manica l'oggetto delle ricerche. Un autore che si comporti così è un semplice burlone di cattivo gusto. 6. In un romanzo poliziesco ci deve essere un poliziotto, e un poliziotto non è tale se non indaga e deduce. Il suo compito è quello di riunire gli indizi che possono condurre alla cattura di chi è colpevole del misfatto commesso nel primo capitolo. Se il poliziotto non raggiunge il suo scopo attraverso un simile lavorìo non ha risolto veramente il problema, come non lo ha risolto lo scolaro che va a copiare nel testo di matematica il risultato finale del problema. 7. Ci deve essere almeno un morto in un romanzo poliziesco e più il morto è morto, meglio è. Nessun delitto minore dell'assassinio è sufficiente. Trecento pagine sono troppe per una colpa minore. Il dispendio di energie del lettore deve essere remunerato! 8. Il problema del delitto deve essere risolto con metodi strettamente naturalistici. Apprendere la verità per mezzo di scritture medianiche, sedute spiritiche, la lettura del pensiero, suggestioni e magie, è assolutamente proibito. Un lettore può gareggiare con un poliziotto che ricorre a metodi razionali: se deve competere anche con il mondo degli spiriti e con la metafisica è battuto ab initio. 9. Ci deve essere nel romanzo un poliziotto, un solo "deduttore", un solo deus ex machina. Mettere in scena tre, quattro o addirittura una banda di segugi per risolvere un problema significa non soltanto disperdere l'interesse, spezzare il filo della logica, ma anche attribuirsi un antipatico vantaggio sul lettore. Se c'è più di un poliziotto il lettore non sa più con chi sta gareggiando: sarebbe come farlo partecipare da solo a una corsa contro una staffetta. 10. Il colpevole deve essere una persona che ha avuto una parte più o meno importante nella storia; una persona, cioè, che sia divenuta familiare al lettore e lo abbia interessato. 11. I servitori non devono essere, in genere, scelti come colpevoli: si prestano a soluzioni troppo facili. Il colpevole deve essere decisamente una persona di fiducia, uno di cui non si dovrebbe mai sospettare. 12. Ci deve essere un colpevole e uno soltanto, qualunque sia il numero dei delitti commessi. Il colpevole può aver naturalmente qualche complice o aiutante minore: ma l'intera responsabilità e l'intera indignazione del lettore devono gravare sopra un unico capro espiatorio. 13. Società segrete, associazioni a delinquere et similia non trovano posto in un vero romanzo poliziesco. Un delitto geniale e interessante è irrimediabilmente sciupato da una colpa collegiale. Certo, anche al colpevole deve essere concessa una chance: ma accordargli addirittura una società segreta è troppo. Nessun delinquente di classe accetterebbe. 14. I metodi del delinquente e i sistemi di indagine devono essere razionali e scientifici. Vanno cioè senz'altro escluse la pseudo scienza e le astuzie puramente fantastiche, alla maniera di Jules Verne. Quando un autore ricorre a simili metodi può considerarsi evaso, dai limiti del romanzo poliziesco, negli incontrollabili domini del romanzo d'avventure. 15. La soluzione del problema deve essere sempre evidente, ammesso che vi sia un lettore sufficientemente astuto per vederla subito. Se il lettore, dopo aver raggiunto il capitolo finale e la spiegazione, ripercorre il libro a ritroso, deve constatare che in un certo senso la soluzione stava davanti ai suoi occhi fin dall'inizio, che tutti gli indizi designavano il colpevole e che, se egli fosse stato acuto come il poliziotto, avrebbe potuto risolvere il mistero da sé, senza leggere il libro sino alla fine. Il che - inutile dirlo - capita spesso al lettore ricco d'istruzione. 16. Un romanzo poliziesco non deve contenere descrizioni troppo diffuse, pezzi di bravura letteraria, analisi psicologiche troppo insistenti, presentazioni di "atmosfera": tutte cose che non hanno vitale importanza in un romanzo di indagine poliziesca. Esse rallentano l'azione, distraggono dallo scopo principale che è: porre un problema, analizzarlo, condurlo a una conclusione positiva. Si capisce che ci deve essere quel tanto di descrizione e di studio di carattere che è necessario per dar verosimiglianza alla narrazione. 17. Un delinquente di professione non deve mai essere preso come colpevole in un romanzo poliziesco. I delitti dei banditi riguardano la polizia, non gli scrittori e i brillanti investigatori dilettanti. Un delitto veramente affascinante non può essere commesso che da un personaggio molto pio o da una zitellona nota per le sue opere di beneficenza. 18. Il delitto, in un romanzo poliziesco, non deve mai essere avvenuto per accidente: né deve scoprirsi che si tratta di suicidio. Terminare una odissea di indagini con una soluzione così irrisoria significa truffare bellamente il fiducioso e gentile lettore. 19. I delitti nei romanzi polizieschi devono essere provocati da motivi puramente personali. Congiure internazionali e così via appartengono a un altro genere narrativo. Una storia poliziesca deve riflettere le esperienze quotidiane del lettore, costituendo una valvola di sicurezza delle sue stesse emozioni. 20. Ed ecco infine, per concludere degnamente questo "credo", una serie di espedienti che nessuno scrittore di polizieschi che si rispetti vorrà più impiegare, perché già troppo usati e ormai familiari a ogni amatore di libri polizieschi. Valersene ancora è come confessare inettitudine e mancanza di originalità: a) scoprire il colpevole grazie al confronto di un mozzicone di sigaretta lasciato sul luogo del delitto con le sigarette fumate da uno dei sospettati; b) il trucco della seduta spiritica contraffatta che atterrisce il colpevole e lo induce a tradirsi; e) impronte digitali falsificate; d) alibi creato grazie a un fantoccio; e) cane che non abbaia e quindi rivela il fatto che il colpevole è uno della famiglia; f) il colpevole è un gemello, oppure un parente sosia di una persona sospetta, ma innocente; g) siringhe ipodermiche e bevande soporifere; h) il delitto è commesso in una stanza chiusa, dopo che la polizia vi ha già fatto il suo ingresso; i) associazioni di parole che rivelano la colpa; l) alfabeti convenzionali che il poliziotto decifra.
1. Il romanzo poliziesco deve essere motivato in maniera credibile sia come situazione originale, sia come conclusione. 2. Il romanzo poliziesco deve essere tecnicamente esatto per quanto riguarda i metodi del crimine e dell'indagine. 3. Il romanzo poliziesco deve essere realistico per quanto riguarda personaggi, ambiente e atmosfera. Deve trattare di persone vere in un mondo vero. 4. Il romanzo giallo deve avere un autentico valore come storia, a parte l'elemento poliziesco. 5. Il romanzo poliziesco deve avere una semplicità di struttura fondamentale, sufficiente a rendere facili le spiegazioni quando è il momento. 6. Il mistero insito nel romanzo poliziesco deve eludere un lettore ragionevolmente intelligente. 7.La soluzione, una volta rivelata, deve apparire inevitabile. 8. Il romanzo poliziesco non deve cercare di fare tutto in una volta. Se è una storia misteriosa in un clima mentale freddo, non può essere contemporaneamente una storia di violente avventure o di amore appassionato. 9. Il romanzo poliziesco deve punire il criminale in un modo o nell'altro, non necessariamente mediante il giudizio di un tribunale... Senza la punizione, il romanzo diventa simile a un accordo non risolto in musica. Lascia un senso di irritazione. 10. Il romanzo poliziesco deve essere ragionevolmente onesto con il lettore.
A proposito di quanto l'autore debba essere onesto col pubblico, i due grandi maestri degli intrecci mostruosamente complicati - Agatha Christie e John Dickson Carr - hanno sì costruito dei meccanismi raffinati e sostenibili, ma senza rinunciare a farsi beffe dell'incauto lettore. E Dalle nove alle dieci di Dame Agatha è il capolavoro di questi deliziosi imbrogli. Ma ecco che qualcuno ha pensato bene di aggiornare un po' le cose, e ha riformulato le regole: non tutte ci trovano d'accordo, in verità, ma ci sembrano comunque interessanti.
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