Perry Mason "II sole autunnale batteva sui vetri facendoli scintillare. Perry Mason era seduto alla sua scrivania: il suo volto faceva pensare al viso di un giocatore di scacchi che studia la posizione dei vari pezzi. Raramente la sua espressione mutava. Egli dava d'idea di un uomo che medita e che lotta, di un uomo capace di lavorare con infinita pazienza per condurre l'avversario al punto voluto e finirlo poi con un colpo decisivo. Scaffali pieni di volumi rilegati coprivano le pareti. In un angolo, una grande cassaforte. Due poltrone, oltre quella girevole di Mason, completavano l'arredamento dell'ufficio la cui atmosfera sembrava permeata dalla rude e schietta personalità del capo. 1933, The case of the velvet claws è l'atto di nascita ufficiale di quello che diventerà l'avvocato più famoso del mondo, addirittura padre indiscusso di un sottogenere, il legal thriller. Erle Stanley Gardner ha scritto anche con lo pseudonimo di A. A. Fair: protagonista di queste storie è l'investigatore privato Donald Lam.
Se chi ha letto e apprezzato Fantômas non può che essersi imbufalito quando uscirono i film con de Funès (peraltro bravissimo) e Marais, e poi incazzato non poco scoprendo che queste triviali parodie ottenevano (e ottengono tuttora) un notevole seguito, con Perry Mason la reazione è stata opposta: i Gialli Mondadori del dopoguerra e le continue ristampe stavano a testimoniare un lusinghiero successo, dovuto, però, in buona misura non ai libri stessi, ma alla serie televisiva statunitense che dal 1957 (1960 per l'Italia) ha proposto le imprese di Mason (approdate sul grande schermo già negli anni '30, ma senza particolari fortune). L'inconsueta sigla musicale è diventata - insieme alla Marcia funebre di una marionetta di Charles Gounod che apriva i telefilm di Alfred Hitchock - una delle musiche televisive più celebri, e il suo allegro e inquietante sovrapporsi allo sguardo intenso di Raymond Burr elettrizzavano lo spettatore fin dalle immagini d'apertura. Già, Raymond Burr: ci faceva un po' ridere quel nome culinario (absit iniuria verbis: nessun gioco di parole sulla nota omosessualità di Burr), e in ogni caso era irrilevante: quello lì era semplicemente Perry Mason. Peccato che pochi anni prima Burr fosse stato il cattivo, ma cattivo davvero, in vari film, tra cui La finestra sul cortile di Hitchcock (1954); per fortuna ci sarebbe voluto qualche tempo prima che i cinefili facessero di quel film un'icona, e così Burr (passato abbastanza inosservato anche in Il nipote picchiatello, ovviamente dominato dal grandissimo Jerry Lewis) potè conquistarsi un posto virtualmente eterno nella nostra memoria gialla. La sigla, si diceva, era un momento magico, e riusciva a far dimenticare il fatto che lo svolgimento della storia avrebbe seguito sempre lo stesso schema: un delitto, un innocente che affida a Mason il proprio destino, le indagini, il dibattimento, e finalmente il test che l'avvocato smaschera in aula, di fronte a tutti. I comprimari sono pressochè fissi, con interpreti all'altezza: Della Street (Barbara Hale) la segretaria che rimarrà con Mason fino alla fine (Burr morirà nel 1993), divenendone decisamente intima nella seconda serie tv; il famigerato tenente Tragg (Raymond Collins), che a metà anni '60 scompare, ufficialmente a causa della morte dell'attore, in realtà perché non ne poteva più di farsi umiliare da quel disinvolto avvocato; il procuratore distrettuale (a proposito: per anni in Italia ci si riferiva ai P. M. con questo appellativo, e non pochi Presidenti di Tribunale furono costretti a correggere seccamente testimoni e imputati che li chiamavano, come in tivvù, "Vostro Onore") Berger (William Talman), tanto gelido e sicuro di sè quanto inevitabimente destinato a perdere; Paul Drake (William Hopper) lo sciupafemmine, poi indegnamente sostituito da Paul Drake jr. e da Ken Malansky. Anche Burr ha avuto qualche défaillance: in seguito a una malattia dovette interrompere per un certo periodo le riprese e gli affezionati videro sotto l'insegna di Perry Mason degli abusivi, anche dignitosi come Bill McKenzie (Hal Holbrok). Sacrilegio, però. La serie nel suo complesso ebbe comunque una lunga interruzione, e Burr si trovò a interpretare - senza molta convinzione e con modesto successo - Ironside, il detective paraplegico in carrozzella. Tornato finalmente nei panni di Mason, con la barba e appesantito, ma sempre vigoroso e acuto, Burr continuò col suo storico personaggio fino a pochi mesi prima di morire. Si diceva che ogni caso di Perry Mason si chiudeva con il colpo di scena finale, in cui avevano un ruolo decisivo nel creare il necessario pàthos, lo sguardo, l'espressione e la voce del protagonista. Ed è allo splendido doppiatore Mario Colli (scomparso prima di Burr) che dobbiamo molto del fascino di Mason. Lo stesso Raymond Burr volle conoscere e rendere omaggio alla sua voce italiana (foto sotto). |