ALLAIN & SOUVESTRE





Pascal Marie Edmond Marcel Allain nasce a Parigi nel 1885 (morirà nel 1969). Fin da giovanissimo le sue grandi passioni sono il mare e le automobili. Laureatosi in legge tenta la strada del giornalismo e nel 1906 Le Petit Parisien pubblica il suo primo testo, La vengeance du marin. Nel 1907 incontra Pierre Souvestre, che lo assume come segretario di redazione di una rivista che ha fondato, Le Poids Lourd, Revue mensuelle de la locomotion automobile industrielle et des transports en commun; in realtà i due diventeranno ben presto grandi amici, e daranno vita a una straordinaria coppia letteraria.






 


Pierre Wilhelm Daniel Souvestre nasce nel 1874 nel castello di Keraval, a Plomelin (Finistère) (morirà nel 1914). Anch’egli si laurea in legge (1894) e sotto lo pseudonimo di Pierre de Breiz pubblica due volumetti: Péle-méle (1894), racconti e novelle, e En badinant (1895), poesie. Segretario di redazione di Le Monde diplomatique, si fa rapidamente strada nel giornalismo, collaborando a vari giornali. Collabora a L'Auto quotidiano diretto da Henri Desgranges, il fondatore del Tour de France. La sua frenetica attività si divide fra il giornalismo e quella di organizzatore sportivo.






Il sodalizio fra Allain e Souvestre inizia nel 1907: la prima opera che i due firmano insieme è Le Rour, grand roman sportif et policier, pubblicato da L'Auto (gennaio-marzo 1909); qui appaiono due personaggi che prefigurano Fantômas e Juve: un misterioso criminale e un giudice istruttore che svolge le funzioni investigative in seguito attribuite al celebre ispettore. Le Rour celebra il trionfo della civiltà industriale (il titolo onomatopeico richiama il rumore di un motore d'automobile al minimo), esaltata negli stessi giorni su le Figaro dal Manifesto del Futurismo (20 febbraio 1909): « Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo, ...un’automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bella della Vittoria di Samotracia.»

Nel 1910 escono due romanzi in cui appaiono per la prima volta l’ispettore Juve e il giornalista Fandor: L'Empreinte, roman de reportage policier, pubblicato da L'Auto, e La Royalda, grand roman théatral et policier. Maurice Bunau-Varilla, il direttore del Matin, li raccomanda all’editore Arthème Fayard, il quale, nella sua celebre collana popolare à soixante-cinq centimes pubblica i classici del feuilleton (Émile Gaboriau, Xavier de Montepin, Michel Zevaco). Il ciclo di Fantômas , in trentadue volumi, esce tra il febbraio 1911 e il settembre 1913 con cadenza mensile (il terzo volume, Le mort qui tue, è il rimaneggiamento di L’Empreinte: un misterioso criminale, servendosi di guanti di pelle umana, lascia le impronte di un morto).

Nella prefazione a P. Souvestre - M. Allain, Le Rour, Paris, Union Générale d’Editions, 1974, pp. 31-33 (nostra traduzione), Francis Lacassin racconta l’origine del nome e dell’immagine del personaggio: “I due scrittori dovevano finalmente rivelare al loro editore il nome dell’eroe, ma non hanno trovato che qualcosa di vago: Il Fantasma. Nel métro Allain ha un’ispirazione: “E se lo chiamassimo Fantômus?” Souvestre ne prende nota sulla propria agenda, ma la complicità del caso li avrebbe accompagnati: uno scossone della vettura deforma la scrittura di Souvestre e quando l’editore Fayard domanderà se hanno trovato un nome, senza dire nulla Souvestre gli porge il suo taccuino e Fayard esclama: “Fantômas! Eccellente!”. Chi aveva il coraggio di contraddirlo?"

"Restava da trovare un’illustrazione efficace per la copertina del primo volume. Finora le idee non erano state convincenti, e l’editore suggerisce allora di frugare in una scatola piena di manifesti pubblicitari: Allain scova un bozzetto immaginato per le “Pillole Pink, per persone pallide”: un uomo in abito da sera che sovrasta i tetti di Parigi e che con la mano destra sparge nel cielo una scia di pillole. Un’idea da approfondire, ma il suo autore aveva dimenticato di indicare il proprio nome e indirizzo, e non si sarebbe fatto vivo neanche in seguito, dopo la nascita del mito che involontariamente aveva contribuito a creare. Dato che i due scrittori erano rimasti molto colpiti da quell’affiche, Fayard propone di cancellare la scia di pillole e di sostituire la scatola con un pugnale: et voilà. Così nacque un’immagine diventata classica nell’immaginario parigino, e che non ha mai smesso di ispirare illustratori e pittori. Uno di loro, Magritte (che, come molti altri intellettuali dell’epoca, amò moltissimo Fantômas, si è divertito a riprodurla sostituendo il pugnale con una rosa. Da notare, infine, la somiglianza fonetica e una certa affinità dell’illustrazione di copertina tra Fantômas e Le Fantôme de l'Opera di Gaston Leroux (1910).”

Il modo di lavorare dei due scrittori era semplice ed efficace: pochi giorni per costruire il canovaccio della trama e poi un capitolo a testa (che Allain iniziava con “tuttavia” e Souvestre con “nondimeno”). Questo espediente piuttosto grossolano in realtà sortì effetti sorprendenti: quella che poteva diventare un’insopportabile fragilità stilistica e narrativa divenne al contrario un elemento di grande dinamicità: da un capitolo all’altro la scena cambiava completamente, irrompevano nuovi personaggi, una situazione drammatica lasciata in sospeso non si risolveva subito ma veniva rinviata lasciando nei lettori una singolare e insolita sensazione di novità. Un ritmo che molti anni più tardi diverrà la caratteristica di tanto cinema americano d’azione e di suspense.

Un altro, e decisivo, elemento di innovazione nel panorama del feuilleton, o della letteratura cosiddetta “minore”, fu il loro stile scarno, quasi “parlato”, che abbandonava seccamente la prosa ridondante e sovraccarica di effetti tipica del romanzo di appendice: i lettori, che fossero amanti di Flaubert o persone dai gusti meno raffinati, trovarono finalmente delle pagine di intrattenimento scritte senza la copiosa, e scadente, infiorettatura di sentimentalismi, dialoghi prolissi e improbabili, fanciulle redente, buone azioni e finali rassicuranti. I personaggi di Allain e Souvestre parlano in parigino schietto (anche quando la vicenda è ambientata in Russia o nel Transvaal), compiono azioni quasi normali (quasi, perché, ovviamente, tutto l’impianto narrativo è clamorosamente sopra le righe), si muovono in una realtà certamente deformata dalle esigenze di una trama spettacolare ma che non perde mai di vista la quotidianità. Anzi, è proprio in certe figure minori (come l’indimenticabile Bouzille), non strettamente vincolate al ruolo rigido che i protagonisti principali “devono” mantenere, che i due autori palesano un talento che non è solo pura invenzione, ritmo frenetico, gioco parossistico e inebriante di colpi di scena inverosimili.

Ma, naturellement, tutto questo passa in second’ordine rispetto al cuore di tenebra di tutto il ciclo: “Io sono il padrone di tutto, dell’ora, del tempo… Sono la morte!”

Qui non c’è spazio per ladri gentiluomini (Lupin, Rocambole), per un malvivente che si redime e addirittura diventa capo della Sûrété (Vidocq, peraltro realmente esistito), per un déraciné che diventa ottuso e zelante difensore dell’ordine costituito (Lecoq), per una vittima che uccide per risentimento e amore (il Fantasma dell’Opéra). Fantômas è il Male, semplicemente, senza mediazioni e ipocriti ravvedimenti.

E trascina con sé i suoi stessi avversari: non solo spingendo l’irriducibile ispettore Juve a usare molto spesso (e con malcelato godimento) i suoi stessi metodi, dal travestimento alla macchinazione, o costringendo di fatto la figlia Hélène, innamorata del buon Fandor, a gravi momenti di ambiguità, ma legandoli biologicamente, e dunque in modo ineluttabile, al proprio destino: è noto (quindi ci si perdonerà la trasgressione alla regola n. 1 del raccontare le trame: mai rivelare il finale o altri nodi cruciali, anche se si parla della Bibbia) che lo stesso Fandor si scoprirà essere figlio di Fantômas, con palesi, e all’epoca sconvolgenti, complicazioni incestuose; o che, a conclusione della prima serie, saranno addirittura Juve e Fantômas a scoprirsi fratelli! E, a quel punto, esclusa a priori ogni possibilità di pentimento o riconciliazione (vedasi Obi-Wan Kenobi e Lord Vader), la conclusione non poteva che essere lo sprofondamento di tutti i protagonisti negli abissi del mare (o del male?). Che poi, come Conan Doyle fu costretto dal proprio editore a far resuscitare Holmes dalla cascata di Reichenbach, Allain abbia dovuto escogitare il salvataggio di Fantômas ad opera di un sottomarino, e, addirittura, la sopravvivenza di Juve e Fandor grazie all’ibernazione, beh, questo è il giallo, bellezza.

Quel che conta è che Fantômas irrompe scandalosamente, con incontenibile furia demolitrice, nell’atmosfera gioiosa della Belle Époque, al pari di un attore che dal palcoscenico “scagli bombe a mano in platea”, come avrebbe scritto Gramsci a proposito del teatro di Pirandello.

Quasi certamente è una forzatura accreditare ad Allain e Souvestre intenti polemici sotto il profilo politico (e infatti i due parteciparono con due serie - Naz-en-l’Air e Titi le Moblot - al filone revanscista del romanzo popolare, sviluppatosi tra i drammatici fatti del 1870-1 e la grande guerra), ma è fuori di dubbio che il furore iconoclastico di Fantômas, il suo intercettare sapientemente e senza remora alcuna le tensioni “positive” della società borghese provocandone il deragliamento (non solo metaforico), cruento, atroce, è una novità assoluta nel panorama letterario di un’Europa che tra valzer e lumières si avvia giocondamente al massacro del conflitto mondiale.

Non a caso, e comunque non certo per vezzo, scrittori “colti” come Apollinaire e i principali esponenti del movimento surrealista apprezzarono notevolmente Fantômas, nel suo essere contemporaneamente uomo del proprio tempo (il ricorso alla tecnologia) e negatore radicale della realtà (assoluto disprezzo per ogni forma di ordine), inconfondibile e mutevole (i travestimenti), reazionario (detentore di un potere esclusivo e indiscutibile) e sovversivo, nemico irriducibile di una società corrotta e schiavo del proprio ruolo.

Uno, nessuno, centomila.

Inevitabile che il cinema (ma anche, più tardi, i fumetti: fra tutti Diabolik) si appropriasse di un personaggio simile. Sicuramente i primi cinque film, firmati da Louis Feuillade tra il 1913 e il 1914, restano i migliori, riuscendo, appunto, a cogliere quel continuo, ambiguo alternarsi di opposizioni: non tanto fra Bene e Male, che, come si è visto, sovente si confondono, quanto fra moderno e ancien (non è forse Fantômas erede, ancorché malvagissimo, di qualche solitario cavaliere medievale?), tra il vitalismo del personaggio e l’ombra di morte che sparge intorno a sé, tra realismo (l’ambientazione, il linguaggio) e fantastico: quest’ultimo contrasto, in particolare, suscitò l’ammirazione dei surrealisti e in seguito di registi come Buñuel, Chabrol, Clair.

Assai più noti, purtroppo, i tre più che mediocri film interpretati nella seconda metà degli anni ’60 da Louis de Funés e Jean Marais: il primo dà vita alla tipica figura del poliziotto ottuso e pasticcione (distante anni luce, peraltro, dall’inarrivabile Clouzot), ovvero ripropone lo stereotipo stesso da cui il bravo de Funés sfortunatamente non è mai riuscito a distaccarsi; Marais è un Fantômas fumettistico (nel senso peggiore del termine), che solo in qualche fotogramma, e grazie a un maquillage non spregevole, riesce vagamente a ricordare il sapore inquietante del personaggio letterario. Scomparsi del tutto gli elementi fondanti del ciclo romanzesco, resta l’assoluta banalità del confronto fra Buoni e Cattivi (era del resto il periodo di Bond contro la Spectre), condita da un grottesco convenzionale e poco convinto, e da modestissimi accenni di satira.

Allain sopravvive a lungo a Souvestre e la sua ricchissima produzione conta varie centinaia di titoli (tra cui le serie Femme de proie, Les parias de l'amour, Les cris de la misère humaine, Tigris, Fatala, Miss Téria, Dix heures d’angoisse, Ferocias, Les aventures de David Dare, Les aventures du commissaire Boulard ).

Con Fantômas est-il ressuscité? Allain ridà vita, ma senza il successo della prima serie, al personaggio creato con Souvestre, e solo nel 1963 scriverà l’ultima avventura di Fantômas, rammaricandosi non poco, qualche anno più tardi, dei film di cui si è appena detto.