John Buchan Oltre a numerosi saggi e romanzi di carattere storico, ha scritto vari libri polizieschi e di spionaggio, e da uno di questi, The Thirty-Nine Steps, nel 1935 Hitchcock ha realizzato il bellissimo Il club dei trentanove. E verso il suo Richard Hannay sono certamente debitori Bond e soci.
L'edizione integrale del romanzo giallo The Thirtynine Steps (I trentanove scalini, 1915), dello scrittore scozzese John Buchan, edita dal Gruppo editoriale Newton (2004; la precedente identica nel 1993), presenta in copertina un fotogramma in bianco e nero del film The 39 steps (A. Hitchcock, 1935), in cui si staglia chiara e nitida la sagoma dell'attore Robert Donat, nei panni (nonchè impermeabile e cappello), di Richard Hannay, il protagonista del romanzo in questione. Un'occhiata all'Indice de I trentanove scalini di John Buchan, un testo inserito tra i classici del giallo, aiuta a capire per quale motivo Alfred Hitchcock sia stato influenzato dalle storie di spionaggio di Buchan sin dai primi soggetti della propria produzione cinematografica: Incontro con l'uomo morto; Il lattaio si mette in viaggio; L'avventura dell'albergatore letterato; L'avventura del candidato radicale; L'avventura dello spaccapietre con gli occhiali; L'avventura dell'archeologo calvo; L'avventura del pescatore; L'apparizione della "Pietra nera"; I trentanove scalini; Ultimo incontro; si tratta, infatti, di titoli suggestivi per altrettanti episodi ben definiti ed in logica successione, singolarmente confezionati nell'azione, magistralmente legati allo scopo di creare un intreccio che condurrà il Lettore, assieme al protagonista, al grande finale (nel nostro caso, a rendere inoffensiva la trama di tre spie internazionali). Una scrittura consona alla concezione di sceneggiatura hitchcockiana espressa dal film The 39 steps, se si tiene in debito conto del fatto di come Hitchcock (1899-1980), essendo uno dei registi a cavallo del passaggio dal cinema muto a quello sonoro, abbia concepito i film (almeno i primi della carriera, quelli degli Anni Trenta): molte scene sono dei veri e propri quadri che raccontano (anche se private dell'audio). In pratica un susseguirsi di immagini e sequenze che in breve tempo dovevano riuscire a comunicare molto (dei mini-film all'interno del film). Sicuramente l'aver trovato svolti nel romanzo di Buchan i temi della persona innocente o inconsapevole coinvolta o scivolata in disavventure, del segreto da mantenere tale e dell'informazione d'importanza vitale per il bene di qualche paese o del mondo intero, deve aver calamitato l'attenzione di Hitchcock in quanto temi costanti nella sua produzione del periodo e futura. A parte la libera coniugazione di questi temi, nell'intervista rilasciata a François Truffaut (Edizioni Gallimard, 1993), Alfred Hitchcock ha dichiarato di aver scelto il soggetto de I trentanove scalini - dopo aver scartato un altro grande romanzo di Buchan imperniato sulla figura di Lawrence d'Arabia, subito dopo il successo di L'uomo che sapeva troppo (altro film di Hitchcock in cui, per i medesimi elementi, si può constatare l'influenza di Buchan) - per la presenza nelle sue pagine di uno stilema tipicamente britannico, l'"understatement", vale a dire la capacità di presentare, raccontare, commentare, chiosare eventi drammatici con un tono leggero, ovvero non-pesante (cioè sottolineare per sottovalutazione). E come definirlo diversamente con la quantità di esempi che il Lettore scoverà nel testo del tipo «Poi continuai i miei esercizi con uno svenimento classico.» (pp. 70-76), dove, come altrove, "esercizi" è chiaro eufemismo per definire stratagemmi, espedienti, tentativi e fatiche per salvarsi la vita! Anche per ciò, nonostante la grande ammirazione per Buchan il romanzo I trentanove scalini non è stato seguito alla lettera, anzi, Hitchcock per dare vita ad una sceneggiatura che rendesse le riprese rapide, leggere, ricche di immaginazione, emozionanti, e divertenti, si è molto discostato dalla narrazione delle avventure di Richard Hannay, ritagliando per quanto possibile la storia dal contesto politico internazionale, estromettendo i tempi lunghi degli spostamenti e le riflessioni in prima persona del personaggio che in Buchan vive una propria logica nei comportamenti. Ma come Hitchcock stesso ha rivelato, se avesse avuto quale fine ultimo la verosimiglianza avrebbe girato dei documentari (oppure un war movie, tipologia che vede negli Anni Trenta affiancati registi e letterati di tutto il mondo). Particolari riferimenti patriottici espressi da Hannay nel romanzo (le spie da combattere sono nemici e vampiri stranieri), infatti, vengono sorvolati dal regista che non soltanto sembra voler far parlare le immagini seguendo la tradizionale tecnica di fotografia ed in generale, del cinema precedente alla Prima Guerra Mondiale, ma intende anche non contraddire attori che rifiutavano ruoli dal profili negativo o censurabile, non esentandosi tuttavia dal lanciare qualche velata frecciatina polemica alla politica, mantenendo l'occhio critico su diplomatici e rappresentanti politici. Detto in altre parole, ponendosi e mantenendosi sul livello artistico. In Buchan, invece, è palese nel capitolo L'avventura del candidato radicale - «Egli parlò della "minaccia tedesca" e disse che si trattava di una semplice invenzione dei tories per spogliare la povera gente e per ricacciare indietro la vasta marea delle riforme sociali, ma per fortuna il "proletario cosciente e organizzato" se ne rendeva conto e rideva di queste spregevoli teorie» (pp. 40-52) - come il contesto mondiale storico e politico del periodo sia il motore che tiene vivo l'ardore patriottico del protagonista spinto ad attivarsi per la pace nel Regno Unito, essendo inorridito al pensiero che «le tranquille facce rotonde dei contadini che incontravo potessero essere alterate e disfatte alla vista dei cadaveri disseminati per le campagne d'Inghilterra», per cui i numerosi riferimenti al pericolo (ad es. «era in ottimi rapporti col commissario, e aveva raccomandazioni ministeriali che gli permettevano di cospirare contro l'Inghilterra», p. 72; «Mi sentii di nuovo un uomo libero, poiché non avevo più da lottare che contro i nemici del mio paese», p. 90), e ai pericoli superati dall'eroe Hannay sfociano in "gioia del trionfo", in "feroce orgoglio" per essere riuscito a soffocare una "potente fiamma del fanatismo" in una storia di avventura sinonimo di prima "vera campagna" a sei settimane dall'entrata in guerra contro la Germania. Il Richard Hannay del nostro Buchan, già annoiato dopo tre mesi nella City, nonostante le illusioni ed i progetti cullati in Sudafrica, conosce un americano, Scudder, dal quale viene informato dell'esistenza di un «potente movimento occulto» vero burattinaio di governi ed eserciti provocati ad arte per «diffondere la discordia in Europa» in modo tale che, dopo l'ineluttabile conflitto mondiale, abili finanzieri e potenti capitalisti «avrebbero accumulato denaro acquistando i rottami» (p. 9). In altre parole, una machiavellica macchinazione avente lo scopo di «mettere alle corde la Russia e la Germania». Si può dire, pertanto, che molto della biografia (politica, ambienti e prospettive) di Buchan - "primo barone di Tweedsmuir" "avvocato", "direttore di una agenzia giornalistica", "corrispondente di guerra in Francia" durante la Prima guerra mondiale; "Tesoriere dell'Università di Oxford, nel 1927 entrò nel parlamento inglese come membro del partito conservatore e, nel 1935, divenne Governatore generale del Canada." (quarta di copertina) - sia confluito nel personaggio Hannay, il quale pur definendosi umilmente «un giovanotto come tanti altri, senza qualità eccezionali», si convince («era da parte mia una sciocca presunzione»), che vi sia bisogno della sua presenza perchè tutto vada per il meglio anche se «tre o quattro persone scelte tra le più abili del mondo politico, le quali avevano a loro disposizione tutte le risorse dell'impero britannico, s'occupavano della cosa» (p. 96). A partire dal travestimento da lattaio, berretto azzurro e camiciotto bianco, per sfuggire agli assassini dell'uomo del piano di sopra scambiato per Scudder e di Scudder stesso, Hannay si mette in gioco. In possesso del taccuino zeppo di appunti dell'americano, sorta di mappa criptata, intraprenderà un viaggio avventuroso - in treno, auto e bicicletta - arricchito da insoliti incontri, adeguandosi agli ambienti e alla gente che incontra, letteralmente mimetizzandosi, al fine di sventare il complotto legato al probabile omicidio organizzato per il 15 di giugno di Costantino Carolidè, primo ministro greco ed «ultima barriera tra l'Europa e la catastrofe» (p. 6 e pp. 41-42). Hannay sembrerebbe accettare incontri, sorprese, coincidenze, l'inaspettato ed il provvidenziale - «con riconoscenza i doni che mi inviavano gli dei» (p. 87) - che l'hanno tolto dalla noia e catapultato nell'azione, mantenendosi a galla nel mare di eventi inevitabili - «nulla poteva evitare la guerra. Essa doveva giungere tanto sicuramente quanto la festa di Natale: la cosa era stata decisa, affermava Scudder, sin dal febbraio del 1912.» (p. 41) - invece, pur se sollevato da un'abbondante dose di fortuna, riesce ad attraversare la brughiera adottando un travestimento dietro l'altro, sfugge agli inseguitori grazie all'ingegno e sapendo mettere a frutto semplici interessi e competenze acquisite «come agente di informazioni a Delagoa Bay e durante la guerra boera» (p. 26). I resoconti, le congetture, i nomi, le note, le fonti del taccuino dell'americano Scudder, una volta decodificati, risulteranno estremamente utili a Hannay (e veritiere nonostante i fastidiosi intrecci tra «Gli ebrei e l'alta finanza»), per sventare il complotto ordito da «i settari della "Pietra Nera"» (p. 43; p. 17) - «tutto quel che riguarda la guerra e la "Pietra Nera" mi dà l'impressione d'un pessimo melodramma»; «La "Pietra Nera" - riprese - Der Schwarzstein... Tutto ciò ha l'aria del contenuto di certi romanzi a dispense da due soldi.» (p. 90) - ed altrettanto indispensabili si riveleranno i ricordi relativi alle teorie di un altro amico, Peter Pienaar, esploratore e maestro del travestimento (pp. 114-117). A questo punto, prendendo in considerazione quanto sopra sottolineato, si potebbe aprire un'area di discussione, evidentemente limitata dai confini di questa mia recensione, riguardo l'ironia di Buchan nell'inserire all'interno del proprio testo ipotetiche critiche riguardo l'essere considerato più o meno calato alla perfezione, con il proprio spy-novel, nell'ambito dell'editoria del romanzo d'intrattenimento caratterizzante la produzione europea del secondo Ottocento. Nel caso in cui si volesse analizzare la sintassi narrativa de I trentanove scalini sotto questa luce si noterebbe il peso della divisione in singoli episodi, tale da far riflettere sul fatto che non sia tanto l'intreccio a sostenere la trama, quanto l'atmosfera che viene creata dal raccontare del protagonista, dal suo esporre sentimenti, emozioni, propositi, tra descrizioni dettagliate di luoghi e persone atti a preparare ciò che di drammatico o pericoloso davvero accade. Ogni capitolo delle avventure di Hannay si chiude con una scena-madre in cui si manifesta l'eroicità del protagonista, dopo che l'azione è stata preparata allungando i tempi di lettura, facendo assaporare il pericolo incombente, facendo assimilare le abilità dell'eroe e degli antagonisti. E ciò non ricorda forse la logica del melodramma (grandi confronti sottolineati dall'orchestra), o il paradigma del feuilleton (sociologico e sociopolitico), rivolto al pubblico della più bassa fascia di mercato da una editoria popolare di divulgazione (postrisorgimentale)? Ma ritorniamo all'ispirazione per Hitchcock. Su una intuizione, fra tutte, vale la pena soffermarsi, dato che le aspettative del Lettore possono essere alte, dopo la lettura del testo divertente ed avvincente I trentanove scalini di John Buchan: nel film di Alfred Hitchcock sembra non esservi traccia del tema del travestimento (è grande l'abilità dimostrata dal protagonista del romanzo, di indossare con disinvoltura abiti inusuali nonchè di cambiare modo d'espressione e voce, per rendersi irriconoscibile agli inseguitori), dato che le maniere e l'aspetto del protagonista della pellicola non cambiano. Ma vengono travisate. Nell'ironico colloquio in prima persona, che Hannay ha con il Lettore durante il racconto delle proprie peripezie si rintracciano termini riconducibili all'area semantica del "riconoscere": accorgersi, recitare, lasciar intendere, impersonare una parte, imitare, giudicare, apparire, sembrare. Ciò è il perno dell'ispirazione. Di fronte alla videata in cui le scritte bianche "Gaumont-British Picture Corporation Ltd. Presents Robert Donat and Madelein Carroll in" si sovrappongono al titolo in grigio a caratteri cubitali "The 39 steps", il Lettore deve indossare gli abiti di Spettatore e pertanto, non aspettarsi di assistere alla perfetta trasposizione cinematografica del romanzo di spionaggio, bensì lasciarsi sorprendere da come lo stile di Hitchcock (malgrado le accuse di superficialità e inconsistenza mossegli) abbia completamente trasformato il soggetto mantenendo intatto (oltre al senso del dovere, di Hannay nel libro, di Mr Memory nel film), quel che sembra uno dei messaggi essenziali per l'economia dei romanzi di Buchan. «Uno sciocco si sforza di sembrare differente da quel che è: un uomo abile sembra quel che è pur essendo differente.» (p. 116). Con umorismo e distacco, coerenza, fermezza, spessore, nonostante l'apparenza e nonostante tutto (più un pizzico di cocciutaggine), sembrano suggerirci Buchan e Hitchcock. Simili a quell'irlandese che arrestato mentre teneva un infervorato discorso, una volta scarcerato, riprese a parlare esattamente da dove era stato interrotto, oppure simili a quel giornalista, il quale, riprendendo a scrivere dopo un anno di chiusura del giornale (causa sciopero), esordì con un "inoltre". Ma queste sono altre storie. 3.06.2013, grazie a: http://spigolature.net |