L'Italia fu tra le ultime potenze europee a dotarsi di un servizio informazioni moderno: nel 1900 presso lo Stato Maggiore della Difesa venne istituito l'Ufficio I, poi trasformato - in vista della I Guerra Mondiale - in SIM, Servizio Informazioni Militari. Durante il fascismo le sue competenze in materia di controspionaggio furono in larga misura affidate alla polizia politica creata dal regime, l'OVRA, Opera per la Vigilanza e la Repressione dell'Antifascismo. Per molti anni il SIM fu diretto da quel generale Roatta che organizzò l'assassinio di vari antifascisti riparati all'estero (il caso più clamoroso fu quello dei fratelli Rosselli) e che nel 1942, in qualità di comandante delle truppe d'invasione italiane in Croazia, ordinò di "non avere pietà" nelle operazioni antipartigiane. Il SIM operò in modo abbastanza efficiente durante la II Guerra Mondiale, ottenendo alcuni brillanti successi: due suoi agenti, ad esempio, riuscirono a penetrare nell'ambasciata americana a Roma e a sottrarre (ma solo il tempo necessario per fotografarlo: poi, ovviamente, rimisero tutto a posto) il Black Code, il codice utilizzato dagli addetti militari delle ambasciate statunitensi per comunicare con il Dipartimento di Stato: per un certo periodo ciò consentì alle potenze dell'Asse di conoscere in anticipo le scelte operative degli Alleati. Alla fine del conflitto il SIM fu sciolto, anche a causa del suo essere stato strumento perfettamente organico al regime, ma la maggior parte dei suoi membri - non pochi pesantemente compromessi con la repressione nazifascista - furono reintegrati in servizio. Così il nuovo servizio istituito nel 1949, il SIFAR, Servizio Informazioni Forze Armate, mantenne una sostanziale continuità con gli apparati fascisti, pur vedendosi affiancare i servizi di controspionaggio SIOS, Servizio Informazioni Operative e Situazione, dipendenti da ciascuna forza armata italiana (infatti esistevano il SIOS Marina, il SIOS Aviazione e il SIOS Esercito). Tutto il personale SIOS proveniva dai ranghi dell'Arma dei Carabinieri. Da tener presente che il nucleo centrale dell'organizzazione Stay Behind era stato costituito nel 1947-8. Nel 1955 venne nominato capo del SIFAR il comandante generale dei Carabinieri Giovanni De Lorenzo, che rimase in carica fino al 1965, quando venne alla luce - anche se solo parzialmente - il Piano Solo, il progetto di colpo di stato predisposto dallo stesso De Lorenzo. Il SIFAR fu dunque sciolto e sostituito dal SID (Servizio Informazioni Difesa), che tuttavia operò con gli stessi metodi antidemocratici del predecessore, ad esempio conservando le migliaia di dossier illegalmente predisposti dal SIFAR nei confronti di sindacalisti, militanti di sinistra, ecc.. E infatti il ruolo giocato dal SID durante il periodo della strategia della tensione fu tutt'altro che limpido: in realtà emersero solo pezzi dell'attività sovversiva degli apparati dello Stato, e tuttora si tende a non approfondire questi torbidi avvenimenti, in cui si intrecciarono e saldarono complessi progetti autoritari e colossali operazioni finanziarie, protagonisti servizi di varia natura e nazionalità, organizzazioni fasciste, P2, settori importanti della Democrazia Cristiana e del Vaticano. Nel 1974 la situazione giunse a un punto limite: le tendenze autoritarie e golpiste presenti in tanti apparati dello Stato italiano emersero in tale evidenza che lo stesso direttore del SID, il gen. Vito Miceli (membro della loggia massonica P2 e poi deputato del Movimento Sociale Italiano), fu arrestato con l'accusa di cospirazione contro lo stato d'intesa con la Rosa dei Venti, un gruppo clandestino di estrema destra appoggiato dai servizi segreti e coinvolto in attentati, stragi e nel tentato golpe del principe Borghese. Nel 1977 venne avviato un processo di radicale (ma fino a che punto?) riforma: innanzi tutto si volle sdoppiare l'attività di intelligence, proprio per impedire che una sola struttura informativa disponesse in modo esclusivo di un potere notevolissimo e tendenzialmente fuori controllo: così come in molti altri paesi, si creò una struttura di spionaggio e una di controspionaggio, facenti capo la prima al SISMI, Servizio per le informazioni e la sicurezza militare, e la seconda al SISDE, Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica. Il coordinamento fra i due servizi avrebbe dovuto essere garantito dal CESIS, Comitato Esecutivo per i Servizi di Informazione e Sicurezza. In realtà entrambi i servizi furono in vario modo coinvolti nelle oscure vicende legate alla P2 (vari alti ufficiali, tra cui lo stesso direttore del SISMI, risultarono affiliati), e venne alla luce l'esistenza di varie strutture parallele (il superSISMI, ad esempio) e illegali. Tra le operazioni "sporche" ricordiamo il Nigergate, cioè la fornitura da parte del SISMI agli USA delle false prove dell'acquisto di uranio del Niger da parte di Saddam Hussein; il presunto coinvolgimento insieme a Telecom in attività illegali di intercettazione telefonica; il reclutamento di vari giornalisti in qualità di informatori; il rapimento da parte della CIA dell'imam Abu Omar: sulla vicenda è in corso un procedimento giudiziario che vede come imputato anche l'ex direttore del SISMI, Pollari; ma, più semplicemente: o il SISMI sapeva cosa faceva la CIA in Italia, rendendosi dunque complice di reati molto gravi, o non sapeva, rivelando la propria straordinaria inefficienza. La struttura del SISMI (e analogamente quella del SISDE) si basa sulla suddivisione in vari reparti:
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I servizi segreti dell’Italia democratica nascono ufficialmente il 1 settembre 1949, sulle ceneri - ma mantenendo in pieno uomini e strutture - del vecchio SIM, il servizio d’informazione militare, nato durante il regime fascista: il suo nome è SIFAR (Servizio Informazioni Forze Armate). Già nella costituzione del SIFAR c’è qualcosa di anomalo: nessun dibattito parlamentare, ma solo una circolare interna, firmata dall’allora ministro della Difesa Randolfo Pacciardi, repubblicano. Dalla nascita della Repubblica, l’Italia ha atteso più di tre anni, quindi, per dar vita all’organismo che dovrebbe tutelarne la sicurezza, il tempo necessario a "scaricare" le sinistre dal governo e ad aderire al Patto Atlantico. Il primo direttore del SIFAR è il generale di brigata Giovanni Carlo Del Re che opera sotto l’esplicita supervisione dall’emissario della CIA in Italia, Carmel Offie. In carica per tre anni, Del Re viene sostituito nel 1951 dal gen. Umberto Broccoli - l’uomo che, almeno sulla carta, darà l’avvio a Gladio, sostituito, neppure un anno e mezzo dopo, dal gen. Ettore Musco. Anche Musco, che nel 1947 aveva formato l’AIL (Armata Italiana per la Libertà) - una formazione diretta da militari, sostenuta economicamente e militarmente dai servizi segreti americani, incaricata di vigilare su un’eventuale insurrezione comunista – fu uomo di stretta osservanza CIA e proprio sotto il controllo americano portò a termine l’acquisto dei terreni di Capo Marrargiu, in Sardegna, dove sarebbe sorta la base di Gladio. GLI ANNI DI DE LORENZO Ma è con l’avvento ai vertici del Sifar del gen. Giovanni De Lorenzo che i servizi segreti italiani si trasformano e cominciano a giocare un ruolo preponderante sulla scena politica italiana. La nomina di De Lorenzo non è casuale: a caldeggiarla, con insistenza, è l’ambasciatrice degli USA Claire Booth Luce, ma il generale è uomo molto gradito anche alle sinistre che per anni equivocheranno sui suoi meriti resistenziali. De Lorenzo assume le redini del SIFAR nel gennaio del 1956. Resterà in carica fino all'ottobre del 1962: quasi sette anni filati, fatto mai accaduto, neppure in seguito, nella storia dei servizi segreti italiani. È sotto la gestione De Lorenzo che l’Italia sottoscriverà il piano, redatto dalla CIA, denominato "Demagnetize" il cui assunto è: «La limitazione del potere dei comunisti in Italia e in Francia è un obiettivo prioritario: esso deve essere raggiunto con qualsiasi mezzo.» Gli anni di De Lorenzo al SIFAR sono gli anni delle schedature di massa degli italiani: verranno raccolti oltre 157 mila fascicoli, molti dei quali abusivi e falsi, in gran parte del tutto superflui per la sicurezza, ma utili strumenti di pressione e di ricatto. Nominato sul finire del 1962 comandante generale dell’Arma dei carabinieri e quindi costretto a lasciare la guida del servizio segreto, De Lorenzo riuscì comunque a mantenere il controllo del SIFAR, facendo in modo che al suo posto venisse nominato un fedelissimo, Egidio Viggiani e che i posti chiave del servizio stesso fossero occupati da suoi uomini di fiducia: Giovanni Allavena - responsabile, contemporaneamente, dell’ufficio D (informazioni) e del CCS (controspionaggio) ed in seguito egli stesso ai vertici del SIFAR - e Luigi Tagliamonte che assumerà il doppio (e incompatibile) incarico di responsabile dell’amministrazione del SIFAR e capo dell’ufficio programmazione e bilancio dell’Arma. È con De Lorenzo ai vertici dei carabinieri che si acuisce la tensione in Alto Adige, una regione attraversata all’epoca da una forte vena irredentista filo-austriaca e, nel luglio del 1964, si ode il famoso "rumor di sciabole" di cui parlò l’allora segretario socialista Pietro Nenni, allorché la formazione del secondo governo di centro-sinistra, guidato da Aldo Moro, si realizzò sotto la minaccia, più o meno velata, di un colpo di stato: il Piano Solo. NASCE IL SID Anche se lo scandalo delle schedature del Sifar e del Piano Solo verranno alla luce solo tre anni dopo, nel 1967, grazie ad una campagna di stampa del settimanale L’Espresso, condotta dai giornalisti Lino Jannuzzi ed Eugenio Scalfari, già nel 1965 il SIFAR viene sciolto. È uno scioglimento solo di facciata, l’ennesimo: con un decreto del Presidente della Repubblica, il 18 novembre 1965, nasce il SID (Servizio Informazioni Difesa) che del vecchio servizio continuerà a mantenere uomini e strutture. Il comando del SID viene affidato all’amm. Eugenio Henke, genovese, molto vicino al ministro dell’Interno dell’epoca Paolo Emilio Taviani, democristiano. Sotto la gestione Henke - che resterà in carica fino al 1970 - prenderà l’avvio la strategia della tensione che avrà come primo, tragico, risultato la strage di piazza Fontana (12 dicembre 1969). Henke lascia il SID il 18 ottobre 1970 per essere sostituito dal gen. Vito Miceli che già dal 1969 guidava il SIOS (il servizio informazioni) dell’Esercito. Non trascorrono neppure due mesi dal nuovo cambio della guardia ai vertici dei servizi segreti italiani, che nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970 un gruppo di neofascisti, capeggiati dal "principe nero" Junio Valerio Borghese, ex comandante della X MAS, mette in atto un ancor oggi misterioso tentativo di colpo di stato, nome in codice "Tora, Tora", passato alla cronaca come il Golpe Borghese. È noto che il tentativo di colpo di stato fallì, o meglio aveva al suo interno forze che ne avevano preventivato il fallimento. Di quel golpe uno che ne sapeva molto era proprio il neo capo del SID, il gen. Miceli, che nel sottile gioco delle alleanze politiche era legatissimo ad Aldo Moro e nemico giurato di una altro potente democristiano: Giulio Andreotti. Miceli di quel tentativo di golpe tacque: in primis con la magistratura. Quando nel 1975 l’inchiesta giudiziaria sul Golpe Borghese arriverà alla sua stretta finale, Miceli avrà già lasciato il servizio, travolto da una serie di incriminazioni che porteranno al suo arresto per altri fatti ancora oggi non del tutto chiariti, come la creazione della Rosa dei Venti, un’altra struttura militare para-golpista e lo scontro durissimo che lo opporrà al capo dell’ufficio D, un fedelissimo di Andreotti, il gen. Gianadelio Maletti. Gli anni della gestione Miceli sono gli anni dello stragismo in Italia: da Peteano, alla strage alla Questura di Milano, da Brescia all’Italicus. Come era già accaduto a De Lorenzo, anche Miceli finirà in parlamento: eletto, anche lui, nelle file del MSI-DN di Giorgio Almirante, così come anni dopo succederà ad un altro capo dei servizi segreti, il gen. Antonio Ramponi, nelle file di Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini. LA RIFORMA DEI SERVIZI SEGRETI La prima riforma organica dei servizi segreti - ma anche fino ad oggi l’ultima - risale al 1977. Sempre più vicino all’area di governo, impegnato in una politica improntata al consociativismo, il PCI partecipa direttamente ed in prima persona, attraverso la figura del sen. Ugo Pecchioli, alla riforma. Per la prima volta viene introdotta una figura di responsabile dell’attività dei servizi segreti di fronte al Parlamento: è il Presidente del Consiglio che si avvale della collaborazione di un consiglio interministeriale, il CESIS, che ha anche un compito di coordinamento. Inoltre i servizi devono rispondere di quello che fanno ad un Comitato parlamentare. Ma un'importante novità introdotta dalla riforma dei servizi segreti riguarda lo sdoppiamento dei servizi stessi: al SISMI (Servizio d’Informazioni per la Sicurezza Militare) il compito di occuparsi della sicurezza nei confronti dell’esterno, al SISDE (Servizio d’Informazioni per la Sicurezza Democratica) quello di vigilare (?) all’interno. Con in più un’altra differenza: se il SISMI resta completamente affidato a personale militare, il SISDE diventa una struttura civile, affidata alla polizia che è diventato un corpo smilitarizzato. Una riforma, quindi, buona nelle intenzioni, ma che negli anni a seguire produrrà soltanto risultati disastrosi, anche perché gli uomini che andranno a far parte del SISMI e del SISDE saranno gli stessi che hanno già fatto parte del SIFAR e del SID e, per quanto riguarda il servizio civile, del disciolto - e famigerato - Ufficio Affari Riservati del ministero dell’Interno, di cui era capo il potentissimo Federico Umberto D'Amato. Retto dal 1974 al 1978 dall’amm. Mario Casardi, il SISMI vedrà l’ascesa, nello stesso anno, del gen. Giuseppe Santovito, già stretto collaboratore di De Lorenzo. Il SISDE, la cui direzione sarebbe dovuta spettare ad Emilio Santillo, già capo dell’Ispettorato per l’antiterrosimo, pur essendo una struttura non militare finirà proprio ad un militare, il generale dei carabinieri Giulio Grassini. Il primo scandalo in cui incappano i servizi "riformati" è quello della Loggia P2. I nomi di tutti i vertici dei servizi segreti (SISMI, SISDE ed anche del CESIS, l’organo di coordinamento) sono compresi nella famosa lista del maestro venerabile Licio Gelli, scoperta il 17 marzo 1981 dai magistrati milanesi che indagano su Sindona. IL RUOLO DEI SERVIZI SEGRETI NEI MISTERI DEGLI ANNI OTTANTA È questa forse una pagina che non è stata ancora scritta del tutto. Di certo oggi sappiamo che entrambi i servizi segreti sono dentro fino al collo nel caso Moro, i 55 giorni che trascorsero fra il sequestro del presidente della DC da parte di un commando delle Brigate rosse e l’uccisione dell’uomo politico. Omissioni, inefficienze, tacite connivenze, depistaggi, forse anche qualcosa di più. Molto, ma molto di più invece nella strage di Bologna dove per depistaggio, con sentenza passato in giudicato, sono stati condannati, assieme a Gelli, alcuni uomini del SISMI, come il gen. Pietro Musumeci e il col. Giuseppe Belmonte. E con loro anche il faccendiere Francesco Pazienza, in seguito imputati anche per aver creato una superstruttura occulta (il c.d. SUPERSISMI) all’interno del servizio segreto militare, sospettato di aver operato in collegamento con elementi della criminalità organizzata. C’è da aggiungere che uomini del SISMI sono rimasti implicati anche nell’inchiesta sulla strage di Ustica. Nel 1984 arriva al vertice del SISMI colui che passa per un rinnovatore: è l’amm. Fulvio Martini. Resterà in carica fino al febbraio del 1991 quando, assieme al suo capo di stato maggiore, il gen. Paolo Inzerilli, finirà travolto dalla vicenda di Gladio. Parallelamente al Sisde si succederanno i prefetti Vincenzo Parisi (1984-1987), che diventerà subito dopo capo della polizia e Riccardo Malpica (1987-1991), che verrà poi condannato per lo scandalo dei fondi neri del SISDE. Il resto è storia recente. Gli uomini che siederanno ai vertici di SISMI e SISDE nell’ultimo decennio sono, per fortuna del Paese, tutte o quasi figure di scarso rilievo, ma, almeno all’apparenza, tutte dotate di saldo spirito democratico. I servizi segreti italiani sembrano aver scelto la linea del basso profilo: forse servono a poco o a nulla. Ma almeno non fanno danni. Anche se - bisogna aggiungere - trattandosi di apparati di sicurezza (sicurezza di chi?) bisogna sempre stare attenti a non pronunciare mai una parola definitiva. In ogni caso, a proposito della strategia della tensione e dell'infinita serie di misteri che hanno segnato la storia della Repubblica, si è spesso parlato di "servizi deviati": un'espressione apparentemente forte, ma in realtà del tutto fuorviante: non si può parlare di "deviazione" rispetto ad apparati che, al di là delle formulazioni accademiche, hanno per definizione il compito di preservare il potere. E dunque, nei primi anni del centrosinistra (quello degli anni '60....) si trattava d'impedire uno scivolamento a sinistra del paese, e nel '69 di contrastare gli effetti politici della riscossa operaia e della rivolta studentesca: si aiutano (o si usano) i fascisti a creare, con le stragi, un clima di terrore: i colpevoli devono però essere individuati a sinistra, e in ogni caso l'ipotesi è di produrre una forte polarizzazione dello scontro, in modo da rendere "democraticamente accettabile" una svolta autoritaria che rimetta ordine. Il giudice Salvini, che dal 1989 al 1997 ha condotto le indagini sull'eversione di destra e su Piazza Fontana affermò: "La presenza di settori degli apparati dello Stato nello sviluppo del terrorismo di destra, non può essere considerato "deviazione", ma normale esercizio di una funzione istituzionale". (Luciano Lanza. Bombe e segreti. Piazza Fontana 1969. Edizioni Eleuthera. pag. 8). In tutto questo, poi, c'è l'ombra pesantissima dei servizi statunitensi: come rivelò l'ex agente CIA Victor Marchetti (autore fra l'altro di CIA culto e mistica del servizio segreto, Garzanti, 1975) la funzione dell'intelligence USA era chiarissima: addestrare gli uomini dei servizi dei paesi alleati e finanziare (si parla di molti milioni di dollari) le loro operazioni sporche; usando anche come manovalanza (infiltrati, provocatori, esecutori materiali) elementi individuati nelle organizzazioni più decisamente anticomuniste, cioè di tipo fascista. Questo breve sguardo alla cornice politica delle varie attività dei servizi fornisce solo una pallida idea della realtà, talmente oscura e complessa da prestarsi a mille ipotesi e illazioni, ma una cosa è certa: tutto è molto peggio di quanto si possa immaginare. In realtà i misteri non sono poi davvero tali: si sa quasi tutto, ma le cose sono così aggrovigliate che risulta estremamente arduo averne una visione organica, e, soprattutto, darne conto in modo convincente all'opinione pubblica. Che, del resto, è in buona misura disinteressata a tutto ciò, quasi si trattasse di fantasie dei "soliti comunisti" o comunque di cose assai meno interessanti rispetto a Calciopoli o al delitto di Cogne. E poi, a volte, i segreti, per essere tali, non hanno bisogno nemmeno di essere segreti: basta che siano così clamorosi da sembrare irreali. Echelon docet. grazie a: G. De Lutiis, Storia dei servizi segreti in Italia, Ed. Riuniti, 1984, 1998 |