BANCO AMBROSIANO Le vicende italiane che ruotano attorno agli anni di piombo sono estremamente intricate: per orientarsi in questa fitta trama di complotti, depistaggi, provocazioni, può essere utile avere alcuni punti di riferimento, tenendo comunque ben presente che lo svolgersi di questi avvenimenti fu in realtà molto più complicato. Roberto Calvi, amico di Michele Sindona, fu per svariato tempo Direttore e poi, dal 1975, Presidente del Banco Ambrosiano, una delle principali banche private italiane, ed ebbe modo di allacciare stretti rapporti con società straniere: non si trattava solo di spregiudicate manovre finanziarie, ma di complesse operazioni che mescolavano politica e affari, soprattutto mediante società appositamente create off shore (“al largo”, cioè operanti in paesi stranieri e con particolari vantaggi fiscali). I profitti ricavati dall’essere uno snodo decisivo del riciclaggio internazionale di soldi sporchi vennero però am>piamente controbilanciati dalle manovre strettamente politiche: i cospicui finanziamenti a servizi segreti e a gruppi politici (il dittatore del Nicaragua, Somoza, il sindacato polacco Solidarnosc, fino alla P2 e ad altre strutture clandestine) provocarono un gigantesco buco, con oltre 500 miliardi di perdita. Alla fine del 1980 l’Ambrosiano era dunque sull’orlo del fallimento, e solo le protezioni politiche, oltre che l’aiuto di Monsignor Marcinkus, Presidente dello IOR (Istituto per le Opere Religiose, la banca del Vaticano), rinviarono il disastro: che tuttavia era ormai inevitabile, tant’è che l’anno dopo il Banco fallì e Calvi fu arrestato. Scarcerato dopo alcuni mesi, Calvi fuggì all’estero, ma evidentemente non godeva più della fiducia dei suoi potenti interlocutori, che decisero di liberarsene: Calvi fu trovato impiccato sotto un ponte di Londra. "Suicidio", naturalmente, fu la conclusione dell'inchiesta, ma è ormai accertato che Calvi fu ucciso dai suoi ex compari.
Banchiere di straordinaria abilità (Andreotti lo definì “salvatore della Lira”), creò un vero e proprio impero finanziario, arrivando a controllare quasi la metà dei titoli quotati nella Borsa italiana e gestendo una fitta rete di banche e società. Più di ogni altro Sindona capì che in Italia il potere “vero” non poteva che reggersi in una sorta di equilibrio fra alcuni grandi poteri forti: il regime democristiano, vari settori dell'alta finanza, il Vaticano, la massoneria, le mafie. Egli seppe per lungo tempo gestire autorevolmente i giochi che si diramavano da questi formidabili centri di potere, finché la spregiudicatezza delle sue operazioni finanziarie non provocò il collasso di una delle sue società, la Franklin Bank: per sfuggire all’arresto ordinato dalle autorità americane nel 1979 Sindona lascia gli USA e fugge in Sicilia, evidentemente per cercare di usare gli stretti legami con Cosa Nostra al fine di salvarsi. Il disastro finanziario travolge le varie società di Sindona, e quando un coraggioso e capace funzionario della Banca d’Italia, Giorgio Ambrosoli, viene incaricato di gestire la liquidazione delle banche fallite, e quindi comincia a mettere in luce le oscure manovre ordite tramite queste società, Sindona lo fa uccidere da sicari mafiosi. Finalmente
arrestato, e condannato sia negli USA (25 anni per la bancarotta
Franklin) sia in Italia (15 anni per il fallimento della Banca
Privata, ergastolo per l’omicidio Ambrosoli), nel 1986 Sindona
muore avvelenato nel supercarcere di Voghera: un altro cadavere
eccellente, un altro protagonista di primo piano dell’Italia
del malaffare che non potrà più parlare. qui un importante articolo di Gianni Barbacetto
Paul Marcinkus
Nel 1948 in Belgio e in Norvegia britannici e americani promuovono reti clandestine di contrasto ad un’eventuale invasione sovietica o alla presa del potere da parte dei partiti comunisti: è l’embrione di Stay Behind, che si strutturerà in tutti i paesi aderenti alla NATO e anche in alcune nazioni neutrali. Erede diretto del SIM, il Servizio Informazioni Militari che operò durante il fascismo, nel 1949 (l’anno di costituzione della NATO) nasce il SIFAR, Servizio Informazioni Forze Armate: per i primi anni la sua attività fu sostanzialmente di supporto alla CIA, e fra l’altro gestì l’allestimento delle strutture facenti capo a Stay Behind.Nel 1955 il nuovo capo del SIFAR, il generale Giovanni De Lorenzo, pur mantenendo tutti i rapporti (di subordinazione) con i servizi d’oltre oceano, decise di dare una struttura operativa e una fisionomia politica più moderne al servizio, concentrando buona parte delle sue risorse nel lavoro di schedatura di politici, sindacalisti, giornalisti, e in generale di chiunque potesse rappresentare una “minaccia comunista”. Contemporaneamente una branca del servizio, l’Ufficio Ricerche Economiche e Industriali, gestì l’enorme afflusso di denaro proveniente dagli USA per finanziare strutture clandestine, gruppi di destra, giornali; quando nel 1968 scoppiò l’affare SIFAR, il dirigente del REI, il colonnello Rocca, morì all’improvviso e il caso fu naturalmente archiviato come “suicidio”. Gli oltre 150.000 dossier illegali costituirono un’arma formidabile e De Lorenzo, nel frattempo divenuto Comandante dei Carabinieri, nel 1964 pensò seriamente di dare uno sbocco concreto al potere che aveva accumulato: progettò un colpo di stato (v. Piano Solo) che tuttavia non venne attuato. Queste manovre avevano reso impresentabile il SIFAR, che fu sciolto nel 1966, per lasciare posto al SID, Servizio Informazioni Difesa: il governo, proprio per evitare il ripetersi delle gravi deviazioni operate dal SIFAR, stabilì che i compiti del nuovo servizio dovevano essere rivolti unicamente a tutelare la sicurezza del paese, all’estero e all’interno. In realtà la DC non si preoccupò di mettere in atto misure concrete di controllo su questo delicatissimo apparato (e anzi vari esponenti politici fautori della riforma la contrastarono fortemente) e il SID continuò, addirittura anche con maggiore intensità, sulla strada seguita dal SIFAR, tanto che uno dei suoi direttori, il generale Vito Miceli, nel 1974 fu arrestato per cospirazione. Furono i servizi americani a “suggerire” la linea politica: per sbarrare il passo ai comunisti non si trattava di ordire un colpo di stato, ma era politicamente preferibile creare una situazione di caos e di paura sulla quale potesse innestarsi efficacemente una reazione autoritaria. Prende corpo quella “strategia della tensione” già teorizzata nel 1965 da un convegno (finanziato dal SIFAR) dell’estrema destra. Per gestire questo disegno di destabilizzazione si creò una sorta di SID parallelo, e fu lo stesso Miceli a rivelarlo nel 1977: “C’è una particolare organizzazione, segretissima, che è nota anche alle massime autorità dello Stato: un organismo inserito nell’ambito del SID che svolge un’attività ben lontana dalla ricerca informativa.” Di più non volle dire, ma quando nel 1990 Andreotti rivelò ufficialmente l’esistenza di Gladio Miceli commentò: “Per aver taciuto davanti ai giudici quello che ora ha svelato Andreotti sono stato incriminato.” Gladio, dunque, come braccio armato dei servizi deviati, come struttura impegnata direttamente nello stragismo? Nel 1977 altra riforma: invece di un unico servizio, ne vengono creati due, uno per la sicurezza interna (SISDE, Servizio Informazioni per la Sicurezza Democratica) ed uno per il controspionaggio estero (SISMI, Servizio Informazioni per la Sicurezza Militare): ma almeno nei suoi primi anni il SISMI (i cui vertici erano in mano a uomini iscritti alla P2) proseguì nella tradizione dei predecessori, e, in particolare mediante una struttura clandestina (il SuperSISMI), lavorò sia per depistare le indagini della magistratura relative alla strage di Bologna (2 agosto 1980) sia per mantenere un forte controllo politico.
Arrestare
e deportare i dirigenti della sinistra e del sindacato, occupare
sedi di partito, giornali e RAI, esautorare i prefetti e sostituirli
con alti ufficiali: d’intesa col SIFAR, il gen.
De Lorenzo, comandante dell’Arma, preparò questo
piano (che doveva essere gestito solo dai Carabinieri)
da attuarsi nell’estate del 1964 nel caso che il governo
di centrosinistra (ma col PCI all’opposizione)
intendesse realizzare una politica troppo avanzata: nel 1963 si era appunto formato il primo governo con la partecipazione
del PSI, che provocò subito forti contrarietà negli
ambienti di Confindustria e che infatti non durò neppure
un anno; questa crisi poteva avere due alternative: andare ad
elezioni anticipate, ma la prospettiva preoccupava molto la DC,
sicura di perdere consensi a favore sia della destra (MSI) che
della sinistra (PCI); oppure riformare un altro governo di coalizione
DC, PSI, PRI, PSDI. Qui una sintesi della vicenda.
Come tanti altri aderenti alla Repubblica Sociale di Mussolini, anche
Licio Gelli nell’immediato dopoguerra fu reclutato dall’OSS,
e in seguito mantenne sempre ottimi rapporti coi servizi statunitensi.
All’inizio degli anni ’60 Gelli aderì alla
Massoneria e nel 1966 riceve dal Gran Maestro l’incarico
di dirigere la loggia Propaganda 2.
- caso M. Fo. Biali - caso Eni-Petronim - caso Kollbrunner - caso Rizzoli-Corriere della Sera - caso SIPRA-Rizzoli - caso Cavalieri del Lavoro di Catania - colpo di stato militare in Argentina - cospirazione politica e truffa di Antonio Viezzer - cospirazione politica di Raffaele Giudice - cospirazione politica di Pietro Musumeci - cospirazione politica di Antonio La Bruna - crack Sindona - crack Banco Ambrosiano - crack Finabank- scandali finanziari legati allo IOR - falso rapimento Sindona - finanziamenti FIAT alla massoneria - fuga di Herbert Kappler - inchiesta sul traffico di armi e droga del giudice Carlo Palermo - omicidio Calvi - omicidio Pecorelli - omicidio Olof Palme - omicidio Semerari - operazione Minareto - rapimento Bulgari - rapimento Ortolani - rapimento Amedeo - rapimento Danesi - rapimento Amati - rapporti con la banda della Magliana - rapporti con la banda dei marsigliesi - riciclaggio narcodollari (caso Locascio) - scandalo dei Petroli - strage del treno Italicus - strage di Bologna - strage di Ustica - strage di Piazza Fontana - strage del rapido 904 - tentativo di colpo di stato di Junio Valerio Borghese - tentativo di colpo di stato della Rosa dei Venti - tentativo di depistaggio durante il rapimento Moro
Si è sostenuto, addirittura con compiacimento, che il fatto che il segreto sia stato mantenuto così a lungo in un paese come l'Italia ha del miracoloso. Quel che non è stato detto è che le nostre leggi e le nostre istituzioni, se fossero state servite lealmente e correttamente, non avrebbero potuto consentirne né il sorgere né il suo protrarsi negli anni. L'ordinamento e le leggi della Repubblica non ammettono infatti in alcun modo che si formino e operino organismi statuali al di fuori del controllo delle istituzioni a ciò preposte. Nessuno nega il diritto-dovere dello Stato di difendere il territorio nazionale da aggressioni esterne, di riconquistarlo quando fosse perduto, di predisporre, anche in tempo di pace, i mezzi e gli uomini per fare questo. Non c'è bisogno di collegarsi ad altri per giustificare l'adozione delle misure indispensabili per tutelare l'integrità del territorio nazionale. Censurabile, anzi, sarebbe l'assenza di iniziative in questo senso. Anche la previsione e la predisposizione di reti clandestine di resistenza in quelle parti di territorio maggiormente minacciato di invasione rientrano negli atti dovuti di un governo. Ma la protezione della “clandestinità” necessaria a tali reti, non significa che queste debbano essere clandestine all'interno delle stesse istituzioni promoventi. All'origine di esse vi debbono essere sempre atti formali assunti nel rispetto delle leggi e della Costituzione. Il mantenerli riservati è tutt'altro problema. Lo stesso diritto-dovere ha lo Stato di contrastare e di reprimere tutte le forme di sovvertimento interno tese a rovesciare con la forza il governo illegale e ad impadronirsi con la violenza del potere. Ma anche questo deve essere fatto nel quadro delle leggi e utilizzando le forze che sono previste per tutelare l'ordine interno e la sicurezza dello Stato. Tra gli organismi "legittimi" impiegabili vanno compresi i "servizi segreti", che non sono strutture "fuori controllo" ma solo strutture che operano in un alto grado di riservatezza e di anonimato, sempre però "sotto controllo". La fuoriuscita quindi dal nostro "sistema di garanzie" non si può giustificare con l'impossibilità di fare altrimenti. La possibilità di rispettare la legge c'è sempre stata nel nostro paese dopo che la caduta del fascismo ha permesso di ripristinare le libertà fondamentali. La vicenda di Gladio è durata 40 anni. Nel corso di questo lunghissimo periodo è cambiata più volte la storia del mondo. Ci sono state profonde modifiche nelle alleanze intestatali; la forma di governo di molti paesi è mutata più volte. Il Patto di Varsavia è crollato, la Germania si è riunificata, si è accentuato il passaggio di poteri nazionali a poteri comunitari, la tecnologia ha provveduto ad una unificazione senza precedenti dei costumi e dei comportamenti. In Italia si è passati dal centrismo al centro-sinistra, da questo al compromesso storico e poi alla dispersione del consenso. Il più grande partito comunista dell'occidente ha seguito le sorti dell'ideologia di riferimento. In questi 40 anni si sono succeduti 40 governi diversi e ci sono stati 20 diversi Presidenti del Consiglio. Gli stessi servizi segreti, a cui Gladio è stata ancorata, sono stati, nel periodo, profondamente riformati tre volte: dal SIFAR si è passati, nel 1966, al SID e poi, nel 1977, sono subentrati il SISDE e il SISMI. Anche il quadro di riferimento strategico in Europa ha subito nel quarantennio mutamenti radicali. La Nato ha dovuto affrontare le problematiche del "nucleare". L'Italia si è trovata di fronte alla scelta del posizionamento nel suo territorio di missili strategici e ha visto diminuire gradatamente l'importanza della "frontiera del nord-est" e crescere di molto quella della frontiera a sud. All'interno, dopo che con la scelta elettorale del 1948 il paese fu messo nelle condizioni di regolare i suoi conflitti interni con le armi della democrazia e dentro l'istituto parlamentare, i soli veri fenomeni eversivi e destabilizzanti sono stati il terrorismo, che ha segnato i cosiddetti "anni di piombo" e, più vicino a noi, la fuoriuscita del sistema mafioso dal "santuario" siciliano e la sua "invasione" di parti consistenti del territorio nazionale. In tutti questi 40 anni Gladio è sempre stata mantenuta attiva e costantemente mobilitata. Quando però il velo del segreto che ha coperto l'organizzazione è stato sollevato nell'ottobre 1990 dal Presidente del Consiglio, on. Andreotti, è sembrato che ci si riferisse quasi ad un qualcosa di dimenticato, un residuato della guerra costituito da un limitato numero di uomini, poco più di 600, rimasti tenacemente in attesa di una invasione dall'est sempre più improbabile, encomiabili per il loro patriottismo ma da giudicare ormai con gli occhi dello storico. Così il dibattito sulla sua "legittimità"' ha avuto come oggetto quasi esclusivamente l'atto costitutivo iniziale, un atto che andava "compreso" dati i tempi in cui si era stati costretti ad adottarlo e che quindi si poteva anche "perdonare". Le cose stavano però molto diversamente. All'interno del segreto, Gladio ha assunto volti diversi, ha modificato anche profondamente la sua "ragione sociale", ha svolto attività non contemplate inizialmente, ha ampliato i suoi campi di intervento. Almeno quattro sono state le mutazioni subite da Gladio nel corso degli anni. il problema di distinguere e comprendere questi passaggi non attiene soltanto l'analisi storica. La "periodizzazione” del percorso seguito da Gladio è rilevante al fine di stabilirne la legittimità: questa deve infatti poter essere dimostrata in qualsiasi momento della sua storia, non una tantum. Di recente il Presidente della Repubblica ha ricordato che la Corte Costituzionale (certamente per altre problematiche) ha elaborato, anche se non ancora in modo sistematico e definitivo la nozione di "illegittimità" costituzionale progressiva. In conseguenza di questa interpretazione, "atti gravi da ipoteche di illegittimità costituzionale vengono ‘tollerati’ al loro primo apparire, ma nella loro ripetizione, confermando e ribadendo la violazione delle norme costituzionali, vengono a non poter più essere tollerati e ad essere colpiti da innegabile illegittimità costituzionale." Lasciando per un momento impregiudicata la questione della "legittimità iniziale" di Gladio, è certo che, con il trascorrere degli anni e il mutare delle situazioni, Gladio si è caricata di una "illegittimità progressiva". Tre sono i momenti nei quali tale legittimità emerge. Il primo è quello della "capacità” del SIFAR di farsi soggetto di accordi internazionali al posto del governo e del Parlamento. È indubbio che il SIFAR non aveva alcun titolo per questo, da chiunque e in qualsiasi modo autorizzato. Il documento del 28 novembre 1956, ancorché lo si voglia ritenere l'atto iniziale e non il restatement di un atto precedente, è totalmente privo di valenza istituzionale. Un servizio segreto non può impegnare il governo né può impegnarsi per il governo. Per di più SIFAR e CIA non erano in posizione di eguaglianza istituzionale. La CIA, attraverso il suo direttore, che ha anche la veste di coordinatore di tutte le altre agenzie informative statunitensi, fa parte a pieno titolo del National Security Council, di fatto e di diritto alto organo di governo degli Stati Uniti in materia di sicurezza. Una decisione del NSC vincola tutti i centri amministrativi e militari americani e nella documentazione oggi disponibile per la legge che ha liberalizzato gli atti del NSC fino al 1970 c'è la prova che le iniziative CIA sono state tutte approvate e conosciute dal governo americano. Lo stesso non avveniva certo per il SIFAR, perché collocato fuori dal circuito decisionale diretto dal governo. Il secondo problema riguarda invece la presunta appartenenza di Gladio alla Nato. Il presidente Andreotti, in una relazione trasmessa ai presidenti delle Camere il 26 febbraio 1991 ha definito Gladio "una struttura costituita in determinate circostanze storiche e confluita progressivamente in un contesto operativo strettamente collegato alla pianificazione militare della Alleanza Atlantica." All'inizio quindi vi sarebbe stata la "necessità” poi, progressivamente, la sua “legalizzazione.” Se si accetta questo, e cioè che la partecipazione a pieno titolo agli organismi Nato costituisce la legittimazione istituzionale di Gladio, allora la data di inizio non dovrebbe essere più quella del 28 novembre 1956 (accordo SIFAR-CIA), ma quella del 19 maggio 1959 quando l’Italia (SIFAR) fu ammessa nel Coordination and Planning Committee (C.P.C.), istituito dal comandante in capo delle forze alleate in Europa (Saceur) generale Dwight Eisenhower. In questo caso, che "legittimazione" aveva Gladio negli anni precedenti il 1959? Nel 1959 Gladio esisteva già da alcuni anni senza che vi fosse alcun rapporto con la Nato e con le strutture dell’Alleanza Atlantica. I rapporti esistevano solo con alcuni servizi segreti, quello inglese e soprattutto quello statunitense. Il terzo momento in cui appare con evidenza e si viene aggravando l’illegittimità di Gladio è quando nel 1977, per la prima volta con una legge dello Stato, furono riformati i nostri servizi segreti. Si crearono da una parte il SISDE e dall'altra il SISMI ponendoli sotto la diretta responsabilità del Presidente del Consiglio - che la esercita sia mediante un comitato ristretto di ministri (CLIS), sia mediante un suo personale segretario (Cesis) - e venne altresì istituito un organo non eludibile di controllo: il comitato parlamentare per i servizi di informazione. Al Cesis oltre al compito di fornire al Presidente del Consiglio tutti gli elementi necessari per il coordinamento dell'attività dei servizi e le analisi delle situazioni, veniva data l’”esclusiva” di tenere i rapporti con i servizi esteri. Al Comitato parlamentare era affidato il “controllo” della corretta applicazione della legge, potendo, a tal fine, disporre di tutte le informazioni sulle "linee essenziali" della struttura e dell'attività dei Servizi. Con la legge del 1977 i Servizi non solo erano riformati ma era totalmente "riposizionato" il loro modo di essere nel quadro istituzionale. Mentre il SIFAR era nato il 30 marzo 1949, mediante una circolare interna dell'allora ministro della Difesa Pacciardi, e il SID era sorto mediante una circolare segreta interna - che peraltro non accennava minimamente a Gladio o ad altra struttura riservata - del ministro della Difesa Tremelloni, il 26 giugno 1966, ora invece era la legge dello Stato, votata dal Parlamento, a fissare le nuove regole. Proprio per questo, la scelta di ignorare la legge e di procedere come se il Parlamento non si fosse pronunciato è di una gravità estrema. Il Cesis fu semplicemente "cortocircuitato" e ciò per volontà degli stessi presidenti del Consiglio che, quando volevano sapere qualcosa o far fare qualcosa, si rivolgevano direttamente ai capi dei servizi. Anche il rapporto con i servizi esteri fu sottratto al Cesis. In tal modo Gladio, nelle sue proiezioni interne e internazionali, sfuggì al controllo del segretariato esecutivo dei servizi di informazione e sicurezza. Inoltre si doveva tener conto della suddivisione dei campi di attività dei servizi, il SISDE impegnato nella tutela della sicurezza all'interno, il SISMI in quello della sicurezza esterna. A quale servizio va "appoggiata" Gladio? Il problema non sfiorò in alcun modo i responsabili politici. Addirittura la “riforma" fu gestita da altri poteri, quelli piduisti: il SISMI fu affidato al generale Santovito. Il SISDE al generale Grassini. Il Cesis al prefetto Pelosi. La penetrazione piduista nei servizi fu massiccia. Furono gli anni del rapimento di Aldo Moro e della strage di Via Fani, del dispiegamento della "geometrica potenza del terrorismo" e dell'impotenza dello Stato. Furono gli anni di Ustica e della strage alla stazione di Bologna. Quando venne alla luce la trama piduista e la profondità della sua penetrazione, anche i servizi furono bonificati. Nell'agosto del 1981 il SISMI fu affidato al generale Lugaresi e il SISDE al prefetto De Francesco. Gladio continuò però a vivere la sua esistenza clandestina all’interno delle istituzioni, potendo anche cambiare metodi e finalità protetta dalla sua stessa "invisibilità istituzionale". Nell'aprile 1984 il SISMI passò all'ammiraglio Fulvio Martini. E Gladio accrebbe ancora di più la sua sfera di attività. Non poteva accadere diversamente, dato che nella gestione Martini aumentò di molto il peso del generale Paolo Inzerilli che, da responsabile diretto di Gladio nel periodo 1974-1986 e principale sostenitore della riconversione della rete in funzione informativa interna, divenne poi, sino all'ottobre 1991, il capo di Stato maggiore del SISMI, il secondo per importanza nel servizio. Ancora più grave la violazione commessa nei confronti del Comitato parlamentare. La battaglia per portare sotto controllo i servizi, dopo le avventurose gestioni degli anni '60 e '70 era stata lunga, difficile e spesso aspra. Ma appena fatta la legge, si trovò subito l'inganno. Gladio doveva rimanere nella sua “invisibilità”. E al Comitato non ne fu data alcuna notizia, sia pure approssimativa e generale. C'è di più. Quando nel Comitato parlamentare furono rivolte precise domande sulla esistenza nel SISMI di strutture riservate, si disse che non ne esistevano nel modo più assoluto. Il presidente Craxi, in una audizione presso il Comitato, nel 1985, rispose, sulla base delle informazioni ricevute dal servizio, che non esistevano accordi che ponessero i nostri servizi in posizione subordinata rispetto ad altri servizi o ad organi sovranazionali. Risposte negative avevano sempre avuto, nel corso degli anni, anche i magistrati che si erano imbattuti nelle tracce di strutture riservate. Lo stesso presidente del Consiglio, Aldo Moro, interrogato nel marzo 1975 dai magistrati che conducevano l'inchiesta sul golpe Borghese in ordine all'esistenza di un organismo informativo e operativo parallelo, direttamente dipendente dal capo del SID con compiti diversi da quelli istituzionali, fu indotto a dichiarare che non vi erano nei servizi simili strutture riservate. La decisione assunta dall'ammiraglio Martini nel 1984 di far sottoscrivere il documento di “presa conoscenza” ai presidenti del Consiglio e ai ministri della Difesa, non solo non sanò l’illegittimità in atto, ma la aggravò ancora di più, perché il consenso così ottenuto aveva il solo scopo di alleggerire la responsabilità di chi chiedeva la firma e di lasciare nei guai chi la concedeva. Di tutta la storia "interna" di Gladio il fatto sconcertante e inammissibile è che non esista assolutamente documentazione di parte governativa. La Commissione parlamentare e la magistratura hanno potuto ottenere, in gran parte mediante azioni di sequestro, migliaia e migliaia di documenti riguardanti Gladio, tutti però provenienti dagli archivi dei Servizi, per quella parte che si è riusciti a penetrare. Dallo Stato maggiore della Difesa non un solo foglio. Dalle amministrazioni governative ancora meno. Agli atti non risulta alcun atto dell'Esecutivo di indirizzo, di coordinamento e di controllo riguardante Gladio. In sostanza Gladio ha vissuto clandestinamente per quarant'anni, non per i servizi di informazione avversari, che ne hanno sempre conosciuto l'esistenza, ma per le istituzioni italiane. Qualunque giudizio - che il Parlamento sarà chiamato ad esprimere - voglia darsi sulla "necessità" della nascita di Gladio, le particolari caratteristiche dell'organizzazione avrebbero dovuto imporre le forme di controllo analoghe, se non più rigorose, di quelle riservate ad altre organizzazioni operanti entro schemi conosciuti e con responsabilità definite. Invece, è accaduto esattamente il contrario. Non solo l'"informazione" della avvenuta costituzione di Gladio e delle sue finalità non è calata dal primo governo che aveva preso la decisione ai governi successivi (da un presidente del Consiglio all'altro, da un ministro della Difesa al suo successore), ma il compito di fornire l"'informazione", di ciò che era Gladio, degli impegni assunti anche con altri paesi, delle attività svolte, ad un certo punto è passato dai controllori ai controllati. In altri termini erano i Servizi a decidere che cosa dire e a chi. I direttori dei Servizi, a loro discrezione, sceglievano quali presidenti del Consiglio e quali ministri della Difesa informare e quali no, di che cosa informarli e che cosa tacere. Così si è reso difficile, se non impossibile, risalire alle responsabilità delle decisioni assunte in epoche tanto diverse nelle diverse fasi della storia di Gladio. Il 26 maggio 1980 una nota del SISMI diede notizia dell’”indottrinamento” del ministro della Difesa, onorevole Lagorio. A Lagorio il Servizio raccontò che nel 1951 era stata impiantata in Italia una rete clandestina incaricata di predisporre fin dal tempo di pace operazioni militari clandestine. Non fu detto niente degli impegni assunti fin dal 1956. Una certa enfasi fu messa nel riferire dell'inserimento dell’Italia nei vari Comitati interalleati (Ccp e Acc) e delle direttive per la guerra non ortodossa emanate dal comandante supremo alleato (Saceur) nel 1968, 1972 e 1976. Venne ricordato che la base segreta d'addestramento di Capo Marrargiu era stata visitata dagli onorevoli Taviani (nel 1958), Andreotti (nel 1961), nuovamente Taviani (nel 1965), Cossiga (nel 1967) e Gui (nel 1969). Lo stesso schema di indottrinamento era stato adoperato per l’onorevole Forlani quando questi, dal 23 novembre 1974 al 30 luglio 1976 era stato ministro della Difesa. In seguito, per informare i ministri Lattanzio (dal 30 luglio 1976 al 19 settembre 1977) e Ruffini (dal 19 settembre 1977 al 13 gennaio 1980) fu utilizzato uno schema più completo. In esso c'erano maggiori particolari sulle persone a conoscenza della rete e degli impegni assunti con gli americani. Furono indicati come già informati, Taviani, Mancinelli, De Lorenzo, Andreotti, Rossi, Viggiani, Gui, Cossiga, Vedovato, Henke, Tanassi, Miceli, Forlani, Viglione, Casardi. Fu detto che la base di Capo Marrargiu doveva servire anche per "dare ospitalità" agli Stati Uniti per "missioni". Nei briefing effettuati venne indicata una consistenza della rete del tutto difforme da quella reale. L'organico previsto sarebbe stato di 2.135 uomini, i già reclutati ed addestrati, dal 1957 al 1976, 350. Gli esclusi solo 22, lo 0,7%. A partire dal 1984 il nuovo direttore del SISMI, ammiraglio Martini, prese la decisione di informare "sistematicamente" i presidenti del Consiglio, i ministri della Difesa e i capi di Stato maggiore. Lo fece sottoponendo loro il seguente documento: "Nell'ambito del Servizio esiste una organizzazione alla quale è devoluto il compito di predisporre, con modalità assolutamente riservate e fin dal tempo di pace, quanto necessario per la condotta di operazioni di guerra non ortodossa sul territorio nazionale eventualmente occupato da forze nemiche, a diretto supporto delle operazioni militari condotte dalle forze Nato. L'Organizzazione: agisce in stretta collaborazione con analoghe strutture create dai Servizi nei paesi Nato; svolge la sua attività sulla base di una pianificazione per l'emergenza ispirata alle diretti del Saceur per la guerra non ortodossa; è responsabile della organizzazione e della condotta, in territorio occupato, di tutte le operazioni clandestine e del coordinamento delle attività di guerra non ortodossa svolte dalle Forze Speciali nazionali ed alleate. Nell'ambito di tale organizzazione vengono condotte, ai fini addestrativi, esercitazioni nazionali e Nato con l'apporto delle unità speciali delle tre Forze Armate, con le quali esiste collegamento operativo tramite i maggiori comandi Nato (Shape, Msouth e Ftase). È prassi ricorrente che dell'organizzazione citata e delle sue attività vengano informati, nella forma opportuna e con il vincolo della segretezza, il presidente del Consiglio dei ministri, il ministro della Difesa e i capi di Stato maggiore”. "Esiste una organizzazione". Non veniva detto niente che servisse a capire quando e perché era stata creata, da chi e con chi. Non veniva neppure detto che il suo nome era Gladio o Stay-behind. Su questi soli elementi un presidente del Consiglio degli anni '80 non veniva nemmeno messo nelle condizioni di conoscere la "storia" dell'organizzazione, figuriamoci le reali dimensioni degli impegni assunti e il tipo di obbligazione che ne era risultato. Veniva indicato come limite rassicurante il fatto che l'organizzazione avrebbe dovuto attivarsi solamente in territorio nazionale eventualmente occupato e non in altre parti e per altre finalità .Sulla base di tale documento, l'onorevole Craxi venne avvertito da Martini cinque mesi dopo la sua nomina a presidente del Consiglio e firmò per conoscenza l' 8 agosto 1984. Il senatore Spadolini, che come presidente del Consiglio negli anni 1981-82 risulta non essere stato mai informato dell'esistenza della struttura, come ministro della Difesa firmò il citato documento il 14 novembre 1984 otto mesi dopo la nomina di Martini e quindici mesi dopo il suo ingresso nel dicastero della Difesa. Firmarono anche i capi di Stato maggiore della Difesa, dell'Esercito e della Marina, mentre l'Aeronautica venne tenuta fuori. Il senatore Fanfani, presidente del Consiglio dal 17 aprile al 28 luglio 1987 non fu indottrinato, e nemmeno il suo ministro della Difesa, onorevole Gaspari. Il caso del senatore Fanfani è particolarmente significativo, perché non fu indottrinato nemmeno negli anni '50 e '60, quando ricoprì per molte volte la carica di presidente del Consiglio. L'onorevole Goria, presidente del Consiglio dal 28 luglio 1987 all'11 marzo 1988 firmò il 4 novembre 1987; il suo ministro della Difesa, Zanone, firmò il 21 dicembre 1987. L'onorevole De Mita, divenuto presidente del Consiglio il 13 aprile 1988, firmò il 6 maggio 1988. L'onorevole Andreotti, divenuto presidente del Consiglio il 22 luglio 1989, firmò il 3 agosto 1989. Firmarono anche come ministri della Difesa Martinazzoli (il 4 agosto 1989) e Rognoni (il 19 ottobre 1990). Vediamo ora che cosa significa tutto questo. Significa innanzitutto che la “illegittimità”, di Gladio, invece di attenuarsi con il passar degli anni e con la diminuzione delle tensioni internazionali, aumenta, soprattutto nella seconda metà degli anni '80. La "riconversione" di Gladio da struttura antinvasione a struttura informativa al servizio dell'intero SISMI a fini interni, è pienamente documentata. La violazione della "legge di base" dei servizi, la legge 24 ottobre 1977, n. 801, è stata sistematica, spregiudicata e del tutto intenzionale. Esiste certamente il problema della "legittimità iniziale”; il Parlamento dovrà affrontarlo con un occhio alle leggi e l’altro alla situazione storica degli anni ‘50, e questa sarà una componente non ultima del giudizio. Ma con un metro più severo il Parlamento e la Magistratura dovranno valutare ciò che è stato fatto dal 1977 ad oggi. È in questi anni che si è instaurata una nuova e più grave "illegittimità" che negli ultimi tempi il presidente del Consiglio non ha più ritenuto di dover coprire, fornendo gli elementi perché si sciogliesse il segreto e fosse resa possibile la eliminazione di Gladio. Oggi sappiamo che nel 1990 non vi era più il piccolo esercito di gladiatori in paziente attesa di una invasione che non ci sarebbe mai stata, una situazione da "deserto dei tartari", ma una rete informativo-operativa estesa in tutto il territorio che operava a fini di controllo della situazione interna e che in questa situazione interveniva anche direttamente. Chi era a conoscenza di questo, fuori dai vertici del SISMI? Chi sapeva quali erano le funzioni dell'organizzazione che operava all'interno del SISMI? Chi sapeva della istituzione dei cinque centri di Asti, Brescia, Udine, Roma e Trapani? Chi sapeva della creazione della Sezione addestramento speciale e della nascita dei Gos o "nucleo K"? Chi sapeva di Cervetri? Per proteggere la sicurezza dei vertici dello Stato e di altre personalità eminenti nei loro viaggi all'interno e all'estero non vi era e non vi è alcun bisogno di "nascondere" l'esistenza degli addetti alla protezione. Il presidente degli Stati Uniti è protetto da un corpo specializzato perfettamente conosciuto, pubblicizzato e istituzionalizzato. Nell'ambito della Polizia di Stato o dei Carabinieri si sarebbe potuto formare un reparto addetto a questi compiti senza percorrere la strada seguita. A garantire la sicurezza democratica dello Stato vi era il SISDE, e, soprattutto vi era la condizione politica del Paese, stabilizzata nella democrazia e forte del consenso della stragrande maggioranza dei cittadini. In nessun momento, dopo il fascismo, vi è stata una situazione di "guerra civile" nel nostro Paese. La stessa Resistenza fu guerra di liberazione e non guerra civile. La stabilizzazione del Paese nella democrazia è stata il grande merito della classe politica che operò nei primi anni della riconquistata libertà. Vi sono stati certamente momenti di tensione, come ad esempio l'attentato a Togliatti. Ma non vi sono mai state situazioni da difendere con "tutti i mezzi", così come non sono mai state imboccate scorciatoie al posto della strada maestra. E questa strada è stata tutelata con la legge e il diritto. Come ha scritto Norberto Bobbio, nell'Italia repubblicana tutti i problemi sono stati sempre risolvibili senza che si dovessero costituire milizie clandestine. Il tentativo abbastanza scoperto, che oggi viene fatto di racchiudere Gladio solo nella sua fase iniziale per poter giustificare quella struttura occulta come un fatto di patriottismo ed eroismo, non può essere consentito. E così pure gli arruolamenti postumi e i riconoscimenti elargiti con abbondanza. Non vi è alcuna giustificazione per Gladio. Né all’inizio né alla fine. Vi è invece un accrescimento della sua pericolosità e della sua illegittimità con il passare degli anni. Non tutto ciò che è accaduto negli anni torbidi della storia recente va addebitato a Gladio. Ma Gladio è stata una componente di quella strategia che, immettendo nel sistema elementi di tensione, ha giustificato la necessità di opportuni interventi stabilizzatori. Alla Magistratura spetta di individuare quali di questi interventi abbiano avuto rilevanza penale. In questa ricerca il contributo della Commissione è stato rilevante. Ma il nostro compito essenziale era quello di "leggere" organicamente l'intera storia di Gladio, penetrando dentro la sua oscurità istituzionale. Nei documenti interni del SISMI Gladio è indicata come la "nota organizzazione". In realtà allo Stato italiano Gladio è sempre rimasta "ignota". Riteniamo di averla fatta uscire dall'anonimato. È tempo che di questo si prenda atto e si puniscano i responsabili del lungo inganno.
per
il testo che segue si consiglia di confrontare gli obiettivi principali
della P2
1)
L'aggettivo democratico sta a significare che sono esclusi dal
presente piano ogni movente od intenzione anche occulta di rovesciamento
del sistema.
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