Relazione del Sen. Libero Gualtieri alla Commissione Parlamentare d’inchiesta (1992)
Gladio
non è stata soltanto una struttura segreta, quanto un “segreto”.
Un segreto che lo Stato italiano ha condiviso con altri stati,
e che a un certo punto è diventato totalmente suo. Come
questo segreto abbia preso forma all'inizio degli anni '50 e si
sia protratto fino ai nostri giorni, è stato oggetto di
una prima relazione della Commissione al Parlamento,
Si
è sostenuto, addirittura con compiacimento, che il fatto
che il segreto sia stato mantenuto così a lungo in un paese
come l'Italia ha del miracoloso. Quel che non è stato detto
è che le nostre leggi e le nostre istituzioni, se fossero
state servite lealmente e correttamente, non avrebbero potuto
consentirne né il sorgere né il suo protrarsi negli
anni. L'ordinamento e le leggi della Repubblica non ammettono
infatti in alcun modo che si formino e operino organismi statuali
al di fuori del controllo delle istituzioni a ciò preposte.
Nessuno
nega il diritto-dovere dello Stato di difendere il territorio
nazionale da aggressioni esterne, di riconquistarlo quando fosse
perduto, di predisporre, anche in tempo di pace, i mezzi e gli
uomini per fare questo. Non c'è bisogno di collegarsi ad
altri per giustificare l'adozione delle misure indispensabili
per tutelare l'integrità del territorio nazionale. Censurabile,
anzi, sarebbe l'assenza di iniziative in questo senso. Anche la
previsione e la predisposizione di reti clandestine di resistenza
in quelle parti di territorio maggiormente minacciato di invasione
rientrano negli atti dovuti di un governo. Ma la protezione della
“clandestinità” necessaria a tali reti, non
significa che queste debbano essere clandestine all'interno delle
stesse istituzioni promoventi.
All'origine
di esse vi debbono essere sempre atti formali assunti nel rispetto
delle leggi e della Costituzione. Il mantenerli riservati è
tutt'altro problema. Lo stesso diritto-dovere ha lo Stato di contrastare
e di reprimere tutte le forme di sovvertimento interno tese a
rovesciare con la forza il governo illegale e ad impadronirsi
con la violenza del potere. Ma anche questo deve essere fatto
nel quadro delle leggi e utilizzando le forze che sono previste
per tutelare l'ordine interno e la sicurezza dello Stato. Tra
gli organismi "legittimi" impiegabili vanno compresi
i "servizi segreti", che non sono strutture "fuori
controllo" ma solo strutture che operano in un alto grado
di riservatezza e di anonimato, sempre però "sotto
controllo".
La
fuoriuscita quindi dal nostro "sistema di garanzie"
non si può giustificare con l'impossibilità di fare
altrimenti. La possibilità di rispettare la legge c'è
sempre stata nel nostro paese dopo che la caduta del fascismo
ha permesso di ripristinare le libertà fondamentali.
La
vicenda di Gladio è durata 40 anni. Nel corso di questo
lunghissimo periodo è cambiata più volte la storia
del mondo.
Ci
sono state profonde modifiche nelle alleanze intestatali; la forma
di governo di molti paesi è mutata più volte. Il
Patto di Varsavia è crollato, la Germania si è riunificata,
si è accentuato il passaggio di poteri nazionali a poteri
comunitari, la tecnologia ha provveduto ad una unificazione senza
precedenti dei costumi e dei comportamenti. In Italia si è
passati dal centrismo al centro-sinistra, da questo al compromesso
storico e poi alla dispersione del consenso. Il più grande
partito comunista dell'occidente ha seguito le sorti dell'ideologia
di riferimento.
In
questi 40 anni si sono succeduti 40 governi diversi e ci sono
stati 20 diversi Presidenti del Consiglio.
Gli
stessi servizi segreti, a cui Gladio è stata ancorata,
sono stati, nel periodo, profondamente riformati tre volte: dal
SIFAR si è passati, nel 1966, al SID e poi, nel 1977, sono
subentrati il SISDE e il SISMI. Anche il quadro di riferimento
strategico in Europa ha subito nel quarantennio mutamenti radicali.
La Nato ha dovuto affrontare le problematiche del "nucleare".
L'Italia si è trovata di fronte alla scelta del posizionamento
nel suo territorio di missili strategici e ha visto diminuire
gradatamente l'importanza della "frontiera del nord-est"
e crescere di molto quella della frontiera a sud.
All'interno,
dopo che con la scelta elettorale del 1948 il paese fu messo nelle
condizioni di regolare i suoi conflitti interni con le armi della
democrazia e dentro l'istituto parlamentare, i soli veri fenomeni
eversivi e destabilizzanti sono stati il terrorismo, che ha segnato
i cosiddetti "anni di piombo" e, più vicino a
noi, la fuoriuscita del sistema mafioso dal "santuario"
siciliano e la sua "invasione" di parti consistenti
del territorio nazionale.
In
tutti questi 40 anni Gladio è sempre stata mantenuta attiva
e costantemente mobilitata. Quando però il velo del segreto
che ha coperto l'organizzazione è stato sollevato nell'ottobre
1990 dal Presidente del Consiglio, on. Andreotti, è sembrato
che ci si riferisse quasi ad un qualcosa di dimenticato, un residuato
della guerra costituito da un limitato numero di uomini, poco
più di 600, rimasti tenacemente in attesa di una invasione
dall'est sempre più improbabile, encomiabili per il loro
patriottismo ma da giudicare ormai con gli occhi dello storico.
Così il dibattito sulla sua "legittimità"'
ha avuto come oggetto quasi esclusivamente l'atto costitutivo
iniziale, un atto che andava "compreso" dati i tempi
in cui si era stati costretti ad adottarlo e che quindi si poteva
anche "perdonare".
Le
cose stavano però molto diversamente. All'interno del segreto,
Gladio ha assunto volti diversi, ha modificato anche profondamente
la sua "ragione sociale", ha svolto attività
non contemplate inizialmente, ha ampliato i suoi campi di intervento.
Almeno
quattro sono state le mutazioni subite da Gladio nel corso degli
anni. il problema di distinguere e comprendere questi passaggi
non attiene soltanto l'analisi storica. La "periodizzazione”
del percorso seguito da Gladio è rilevante al fine di stabilirne
la legittimità: questa deve infatti poter essere dimostrata
in qualsiasi momento della sua storia, non una tantum.
Di
recente il Presidente della Repubblica ha ricordato che la Corte
Costituzionale (certamente per altre problematiche) ha elaborato,
anche se non ancora in modo sistematico e definitivo la nozione
di "illegittimità" costituzionale progressiva.
In conseguenza di questa interpretazione, "atti gravi da
ipoteche di illegittimità costituzionale vengono ‘tollerati’
al loro primo apparire, ma nella loro ripetizione, confermando
e ribadendo la violazione delle norme costituzionali, vengono
a non poter più essere tollerati e ad essere colpiti da
innegabile illegittimità costituzionale."
Lasciando per un momento impregiudicata la questione della "legittimità
iniziale" di Gladio, è certo che, con il trascorrere
degli anni e il mutare delle situazioni, Gladio si è caricata
di una "illegittimità progressiva".
Tre sono i momenti nei quali tale legittimità emerge.
Il
primo è quello della "capacità” del SIFAR
di farsi soggetto di accordi internazionali al posto del governo
e del Parlamento. È indubbio che il SIFAR non aveva alcun
titolo per questo, da chiunque e in qualsiasi modo autorizzato.
Il documento del 28 novembre 1956, ancorché lo si voglia
ritenere l'atto iniziale e non il restatement di un atto precedente,
è totalmente privo di valenza istituzionale. Un servizio
segreto non può impegnare il governo né può
impegnarsi per il governo.
Per
di più SIFAR e CIA non erano in posizione di eguaglianza
istituzionale.
La
CIA, attraverso il suo direttore, che ha anche la veste di coordinatore
di tutte le altre agenzie informative statunitensi, fa parte a
pieno titolo del National Security Council, di fatto e di diritto
alto organo di governo degli Stati Uniti in materia di sicurezza.
Una decisione del NSC vincola tutti i centri amministrativi e
militari americani e nella documentazione oggi disponibile per
la legge che ha liberalizzato gli atti del NSC fino al 1970 c'è
la prova che le iniziative CIA sono state tutte approvate e conosciute
dal governo americano. Lo stesso non avveniva certo per il SIFAR,
perché collocato fuori dal circuito decisionale diretto
dal governo.
Il
secondo problema riguarda invece la presunta appartenenza di Gladio
alla Nato.
Il
presidente Andreotti, in una relazione trasmessa ai presidenti
delle Camere il 26 febbraio 1991 ha definito Gladio "una
struttura costituita in determinate circostanze storiche e confluita
progressivamente in un contesto operativo strettamente collegato
alla pianificazione militare della Alleanza Atlantica."
All'inizio quindi vi sarebbe stata la "necessità”
poi, progressivamente, la sua “legalizzazione.”
Se
si accetta questo, e cioè che la partecipazione a pieno
titolo agli organismi Nato costituisce la legittimazione istituzionale
di Gladio, allora la data di inizio non dovrebbe essere più
quella del 28 novembre 1956 (accordo SIFAR-CIA), ma quella del
19 maggio 1959 quando l’Italia (SIFAR) fu ammessa nel Coordination
and Planning Committee (C.P.C.), istituito dal comandante in capo
delle forze alleate in Europa (Saceur) generale Dwight Eisenhower.
In
questo caso, che "legittimazione" aveva Gladio negli
anni precedenti il 1959?
Nel
1959 Gladio esisteva già da alcuni anni senza che vi fosse
alcun rapporto con la Nato e con le strutture dell’Alleanza
Atlantica. I rapporti esistevano solo con alcuni servizi segreti,
quello inglese e soprattutto quello statunitense.
Il
terzo momento in cui appare con evidenza e si viene aggravando
l’illegittimità di Gladio è quando nel 1977,
per la prima volta con una legge dello Stato, furono riformati
i nostri servizi segreti. Si crearono da una parte il SISDE e
dall'altra il SISMI ponendoli sotto la diretta responsabilità
del Presidente del Consiglio - che la esercita sia mediante un
comitato ristretto di ministri (CLIS), sia mediante un suo personale
segretario (Cesis) - e venne altresì istituito un organo
non eludibile di controllo: il comitato parlamentare per i servizi
di informazione. Al Cesis oltre al compito di fornire al Presidente
del Consiglio tutti gli elementi necessari per il coordinamento
dell'attività dei servizi e le analisi delle situazioni,
veniva data l’”esclusiva” di tenere i rapporti
con i servizi esteri.
Al
Comitato parlamentare era affidato il “controllo”
della corretta applicazione della legge, potendo, a tal fine,
disporre di tutte le informazioni sulle "linee essenziali"
della struttura e dell'attività dei Servizi. Con la legge
del 1977 i Servizi non solo erano riformati ma era totalmente
"riposizionato" il loro modo di essere nel quadro istituzionale.
Mentre
il SIFAR era nato il 30 marzo 1949, mediante una circolare interna
dell'allora ministro della Difesa Pacciardi, e il SID era sorto
mediante una circolare segreta interna - che peraltro non accennava
minimamente a Gladio o ad altra struttura riservata - del ministro
della Difesa Tremelloni, il 26 giugno 1966, ora invece era la
legge dello Stato, votata dal Parlamento, a fissare le nuove regole.
Proprio per questo, la scelta di ignorare la legge e di procedere
come se il Parlamento non si fosse pronunciato è di una
gravità estrema.
Il
Cesis fu semplicemente "cortocircuitato" e ciò
per volontà degli stessi presidenti del Consiglio che,
quando volevano sapere qualcosa o far fare qualcosa, si rivolgevano
direttamente ai capi dei servizi. Anche il rapporto con i servizi
esteri fu sottratto al Cesis. In tal modo Gladio, nelle sue proiezioni
interne e internazionali, sfuggì al controllo del segretariato
esecutivo dei servizi di informazione e sicurezza. Inoltre si
doveva tener conto della suddivisione dei campi di attività
dei servizi, il SISDE impegnato nella tutela della sicurezza all'interno,
il SISMI in quello della sicurezza esterna.
A
quale servizio va "appoggiata" Gladio? Il problema non
sfiorò in alcun modo i responsabili politici. Addirittura
la “riforma" fu gestita da altri poteri, quelli piduisti:
il SISMI fu affidato al generale Santovito. Il SISDE al generale
Grassini. Il Cesis al prefetto Pelosi. La penetrazione
piduista nei servizi fu massiccia.
Furono
gli anni del rapimento di Aldo Moro e della strage di Via Fani,
del dispiegamento della "geometrica potenza del terrorismo"
e dell'impotenza dello Stato. Furono gli anni di Ustica e della
strage alla stazione di Bologna.
Quando
venne alla luce la trama piduista e la profondità della
sua penetrazione, anche i servizi furono bonificati. Nell'agosto
del 1981 il SISMI fu affidato al generale Lugaresi e il SISDE
al prefetto De Francesco.
Gladio
continuò però a vivere la sua esistenza clandestina
all’interno delle istituzioni, potendo anche cambiare metodi
e finalità protetta dalla sua stessa "invisibilità
istituzionale".
Nell'aprile
1984 il SISMI passò all'ammiraglio Fulvio Martini. E Gladio
accrebbe ancora di più la sua sfera di attività.
Non poteva accadere diversamente, dato che nella gestione Martini
aumentò di molto il peso del generale Paolo Inzerilli che,
da responsabile diretto di Gladio nel periodo 1974-1986 e principale
sostenitore della riconversione della rete in funzione informativa
interna, divenne poi, sino all'ottobre 1991, il capo di Stato
maggiore del SISMI, il secondo per importanza nel servizio.
Ancora
più grave la violazione commessa nei confronti del Comitato
parlamentare. La battaglia per portare sotto controllo i servizi,
dopo le avventurose gestioni degli anni '60 e '70 era stata lunga,
difficile e spesso aspra. Ma appena fatta la legge, si trovò
subito l'inganno. Gladio doveva rimanere nella sua “invisibilità”.
E al Comitato non ne fu data alcuna notizia, sia pure approssimativa
e generale.
C'è
di più. Quando nel Comitato parlamentare furono rivolte
precise domande sulla esistenza nel SISMI di strutture riservate,
si disse che non ne esistevano nel modo più assoluto. Il
presidente Craxi, in una audizione presso il Comitato, nel 1985,
rispose, sulla base delle informazioni ricevute dal servizio,
che non esistevano accordi che ponessero i nostri servizi in posizione
subordinata rispetto ad altri servizi o ad organi sovranazionali.
Risposte
negative avevano sempre avuto, nel corso degli anni, anche i magistrati
che si erano imbattuti nelle tracce di strutture riservate. Lo
stesso presidente del Consiglio, Aldo Moro, interrogato nel marzo
1975 dai magistrati che conducevano l'inchiesta sul golpe Borghese
in ordine all'esistenza di un organismo informativo e operativo
parallelo, direttamente dipendente dal capo del SID con compiti
diversi da quelli istituzionali, fu indotto a dichiarare che non
vi erano nei servizi simili strutture riservate.
La
decisione assunta dall'ammiraglio Martini nel 1984 di far sottoscrivere
il documento di “presa conoscenza” ai presidenti del
Consiglio e ai ministri della Difesa, non solo non sanò
l’illegittimità in atto, ma la aggravò ancora
di più, perché il consenso così ottenuto
aveva il solo scopo di alleggerire la responsabilità di
chi chiedeva la firma e di lasciare nei guai chi la concedeva.
Di
tutta la storia "interna" di Gladio il fatto sconcertante
e inammissibile è che non esista assolutamente documentazione
di parte governativa.
La
Commissione parlamentare e la magistratura hanno potuto ottenere,
in gran parte mediante azioni di sequestro, migliaia e migliaia
di documenti riguardanti Gladio, tutti però provenienti
dagli archivi dei Servizi, per quella parte che si è riusciti
a penetrare. Dallo Stato maggiore della Difesa non un solo foglio.
Dalle amministrazioni governative ancora meno. Agli atti non risulta
alcun atto dell'Esecutivo di indirizzo, di coordinamento e di
controllo riguardante Gladio.
In
sostanza Gladio ha vissuto clandestinamente per quarant'anni,
non per i servizi di informazione avversari, che ne hanno sempre
conosciuto l'esistenza, ma per le istituzioni italiane.
Qualunque
giudizio - che il Parlamento sarà chiamato ad esprimere
- voglia darsi sulla "necessità" della nascita
di Gladio, le particolari caratteristiche dell'organizzazione
avrebbero dovuto imporre le forme di controllo analoghe, se non
più rigorose, di quelle riservate ad altre organizzazioni
operanti entro schemi conosciuti e con responsabilità definite.
Invece,
è accaduto esattamente il contrario. Non solo l'"informazione"
della avvenuta costituzione di Gladio e delle sue finalità
non è calata dal primo governo che aveva preso la decisione
ai governi successivi (da un presidente del Consiglio all'altro,
da un ministro della Difesa al suo successore), ma il compito
di fornire l"'informazione", di ciò che era Gladio,
degli impegni assunti anche con altri paesi, delle attività
svolte, ad un certo punto è passato dai controllori ai
controllati.
In
altri termini erano i Servizi a decidere che cosa dire e a chi.
I direttori dei Servizi, a loro discrezione, sceglievano quali
presidenti del Consiglio e quali ministri della Difesa informare
e quali no, di che cosa informarli e che cosa tacere.
Così
si è reso difficile, se non impossibile, risalire alle
responsabilità delle decisioni assunte in epoche tanto
diverse nelle diverse fasi della storia di Gladio.
Il
26 maggio 1980 una nota del SISMI diede notizia dell’”indottrinamento”
del ministro della Difesa, onorevole Lagorio. A Lagorio il Servizio
raccontò che nel 1951 era stata impiantata in Italia una
rete clandestina incaricata di predisporre fin dal tempo di pace
operazioni militari clandestine. Non fu detto niente degli impegni
assunti fin dal 1956.
Una
certa enfasi fu messa nel riferire dell'inserimento dell’Italia
nei vari Comitati interalleati (Ccp e Acc) e delle direttive per
la guerra non ortodossa emanate dal comandante supremo alleato
(Saceur) nel 1968, 1972 e 1976. Venne ricordato che la base segreta
d'addestramento di Capo Marrargiu era stata visitata dagli onorevoli
Taviani (nel 1958), Andreotti (nel 1961), nuovamente Taviani (nel
1965), Cossiga (nel 1967) e Gui (nel 1969). Lo stesso schema di
indottrinamento era stato adoperato per l’onorevole Forlani
quando questi, dal 23 novembre 1974 al 30 luglio 1976 era stato
ministro della Difesa. In seguito, per informare i ministri Lattanzio
(dal 30 luglio 1976 al 19 settembre 1977) e Ruffini (dal 19 settembre
1977 al 13 gennaio 1980) fu utilizzato uno schema più completo.
In esso c'erano maggiori particolari sulle persone a conoscenza
della rete e degli impegni assunti con gli americani. Furono indicati
come già informati, Taviani, Mancinelli, De Lorenzo, Andreotti,
Rossi, Viggiani, Gui, Cossiga, Vedovato, Henke, Tanassi, Miceli,
Forlani, Viglione, Casardi. Fu detto che la base di Capo Marrargiu
doveva servire anche per "dare ospitalità" agli
Stati Uniti per "missioni".
Nei briefing effettuati venne indicata una consistenza della
rete del tutto difforme da quella reale. L'organico previsto sarebbe
stato di 2.135 uomini, i già reclutati ed addestrati, dal
1957 al 1976, 350. Gli esclusi solo 22, lo 0,7%.
A
partire dal 1984 il nuovo direttore del SISMI, ammiraglio Martini,
prese la decisione di informare "sistematicamente" i
presidenti del Consiglio, i ministri della Difesa e i capi di
Stato maggiore. Lo fece sottoponendo loro il seguente documento:
"Nell'ambito
del Servizio esiste una organizzazione alla quale è devoluto
il compito di predisporre, con modalità assolutamente riservate
e fin dal tempo di pace, quanto necessario per la condotta di
operazioni di guerra non ortodossa sul territorio nazionale eventualmente
occupato da forze nemiche, a diretto supporto delle operazioni
militari condotte dalle forze Nato.
L'Organizzazione:
agisce
in stretta collaborazione con analoghe strutture create dai Servizi
nei paesi Nato;
svolge
la sua attività sulla base di una pianificazione per l'emergenza
ispirata alle diretti del Saceur per la guerra non ortodossa;
è
responsabile della organizzazione e della condotta, in territorio
occupato, di tutte le operazioni clandestine e del coordinamento
delle attività di guerra non ortodossa svolte dalle Forze
Speciali nazionali ed alleate.
Nell'ambito
di tale organizzazione vengono condotte, ai fini addestrativi,
esercitazioni nazionali e Nato con l'apporto delle unità
speciali delle tre Forze Armate, con le quali esiste collegamento
operativo tramite i maggiori comandi Nato (Shape, Msouth e Ftase).
È
prassi ricorrente che dell'organizzazione citata e delle sue attività
vengano informati, nella forma opportuna e con il vincolo della
segretezza, il presidente del Consiglio dei ministri, il ministro
della Difesa e i capi di Stato maggiore”.
"Esiste
una organizzazione". Non veniva detto niente che servisse
a capire quando e perché era stata creata, da chi e con
chi. Non veniva neppure detto che il suo nome era Gladio o Stay-behind.
Su questi soli elementi un presidente del Consiglio degli anni
'80 non veniva nemmeno messo nelle condizioni di conoscere la
"storia" dell'organizzazione, figuriamoci le reali dimensioni
degli impegni assunti e il tipo di obbligazione che ne era risultato.
Veniva indicato come limite rassicurante il fatto che l'organizzazione
avrebbe dovuto attivarsi solamente in territorio nazionale eventualmente
occupato e non in altre parti e per altre finalità .Sulla
base di tale documento, l'onorevole Craxi venne avvertito da Martini
cinque mesi dopo la sua nomina a presidente del Consiglio e firmò
per conoscenza l' 8 agosto 1984.
Il
senatore Spadolini, che come presidente del Consiglio negli anni
1981-82 risulta non essere stato mai informato dell'esistenza
della struttura, come ministro della Difesa firmò il citato
documento il 14 novembre 1984 otto mesi dopo la nomina di Martini
e quindici mesi dopo il suo ingresso nel dicastero della Difesa.
Firmarono anche i capi di Stato maggiore della Difesa, dell'Esercito
e della Marina, mentre l'Aeronautica venne tenuta fuori. Il senatore
Fanfani, presidente del Consiglio dal 17 aprile al 28 luglio 1987
non fu indottrinato, e nemmeno il suo ministro della Difesa, onorevole
Gaspari. Il caso del senatore Fanfani è particolarmente
significativo, perché non fu indottrinato nemmeno negli
anni '50 e '60, quando ricoprì per molte volte la carica
di presidente del Consiglio. L'onorevole Goria, presidente del
Consiglio dal 28 luglio 1987 all'11 marzo 1988 firmò il
4 novembre 1987; il suo ministro della Difesa, Zanone, firmò
il 21 dicembre 1987. L'onorevole De Mita, divenuto presidente
del Consiglio il 13 aprile 1988, firmò il 6 maggio 1988.
L'onorevole Andreotti, divenuto presidente del Consiglio il 22
luglio 1989, firmò il 3 agosto 1989. Firmarono anche come
ministri della Difesa Martinazzoli (il 4 agosto 1989) e Rognoni
(il 19 ottobre 1990).
Vediamo
ora che cosa significa tutto questo.
Significa
innanzitutto che la “illegittimità”,
di Gladio, invece di attenuarsi con il passar degli anni e con
la diminuzione delle tensioni internazionali, aumenta, soprattutto
nella seconda metà degli anni '80. La "riconversione"
di Gladio da struttura antinvasione a struttura informativa al
servizio dell'intero SISMI a fini interni, è pienamente
documentata.
La
violazione della "legge di base" dei servizi, la legge
24 ottobre 1977, n. 801, è stata sistematica, spregiudicata
e del tutto intenzionale. Esiste certamente il problema della
"legittimità iniziale”; il Parlamento dovrà
affrontarlo con un occhio alle leggi e l’altro alla situazione
storica degli anni ‘50, e questa sarà una componente
non ultima del giudizio. Ma con un metro più severo il
Parlamento e la Magistratura dovranno valutare ciò che
è stato fatto dal 1977 ad oggi. È in questi anni
che si è instaurata una nuova e più grave "illegittimità"
che negli ultimi tempi il presidente del Consiglio non ha più
ritenuto di dover coprire, fornendo gli elementi perché
si sciogliesse il segreto e fosse resa possibile la eliminazione
di Gladio.
Oggi
sappiamo che nel 1990 non vi era più il piccolo esercito
di gladiatori in paziente attesa di una invasione che non ci sarebbe
mai stata, una situazione da "deserto dei tartari",
ma una rete informativo-operativa estesa in tutto il territorio
che operava a fini di controllo della situazione interna e che
in questa situazione interveniva anche direttamente. |
Chi era a conoscenza di questo, fuori dai vertici del SISMI? Chi sapeva
quali erano le funzioni dell'organizzazione che operava all'interno
del SISMI? Chi sapeva della istituzione dei cinque centri di Asti,
Brescia, Udine, Roma e Trapani? Chi sapeva della creazione della
Sezione addestramento speciale e della nascita dei Gos o "nucleo
K"? Chi sapeva di Cervetri?
Per
proteggere la sicurezza dei vertici dello Stato e di altre personalità
eminenti nei loro viaggi all'interno e all'estero non vi era e
non vi è alcun bisogno di "nascondere" l'esistenza
degli addetti alla protezione. Il presidente degli Stati Uniti
è protetto da un corpo specializzato perfettamente conosciuto,
pubblicizzato e istituzionalizzato. Nell'ambito della Polizia
di Stato o dei Carabinieri si sarebbe potuto formare un reparto
addetto a questi compiti senza percorrere la strada seguita. A
garantire la sicurezza democratica dello Stato vi era il SISDE,
e, soprattutto vi era la condizione politica del Paese, stabilizzata
nella democrazia e forte del consenso della stragrande maggioranza
dei cittadini.
In
nessun momento, dopo il fascismo, vi è stata una situazione
di "guerra civile" nel nostro Paese. La stessa Resistenza
fu guerra di liberazione e non guerra civile. La stabilizzazione
del Paese nella democrazia è stata il grande merito della
classe politica che operò nei primi anni della riconquistata
libertà. Vi sono stati certamente momenti di tensione,
come ad esempio l'attentato a Togliatti. Ma non vi sono mai state
situazioni da difendere con "tutti i mezzi", così
come non sono mai state imboccate scorciatoie al posto della strada
maestra. E questa strada è stata tutelata con la legge
e il diritto.
Come
ha scritto Norberto Bobbio, nell'Italia repubblicana tutti i problemi
sono stati sempre risolvibili senza che si dovessero costituire
milizie clandestine.
Il
tentativo abbastanza scoperto, che oggi viene fatto di racchiudere
Gladio solo nella sua fase iniziale per poter giustificare quella
struttura occulta come un fatto di patriottismo ed eroismo, non
può essere consentito. E così pure gli arruolamenti
postumi e i riconoscimenti elargiti con abbondanza.
Non
vi è alcuna giustificazione per Gladio. Né all’inizio
né alla fine. Vi è invece un accrescimento della
sua pericolosità e della sua illegittimità con il
passare degli anni. |
Non
tutto ciò che è accaduto negli anni torbidi della
storia recente va addebitato a Gladio. Ma Gladio è stata
una componente di quella strategia che, immettendo nel sistema
elementi di tensione, ha giustificato la necessità di opportuni
interventi stabilizzatori.
Alla
Magistratura spetta di individuare quali di questi interventi
abbiano avuto rilevanza penale. In questa ricerca il contributo
della Commissione è stato rilevante. Ma il nostro compito
essenziale era quello di "leggere" organicamente l'intera
storia di Gladio, penetrando dentro la sua oscurità istituzionale.
Nei
documenti interni del SISMI Gladio è indicata come la "nota
organizzazione". In realtà allo Stato italiano Gladio
è sempre rimasta "ignota". Riteniamo di averla
fatta uscire dall'anonimato. È tempo che di questo si prenda
atto e si puniscano i responsabili del lungo inganno.
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