Correlativi soggettivi Forse più di ogni altro genere il thriller riguarda
noi stessi. Noi leggiamo di uomini in crisi, e li seguiamo mentre affrontano il pericolo e giungono infine in
un luogo di salvezza e di conoscenza di sé. Le loro storie
sono raccontate in modo oggettivo come la narrativa sa
fare. I loro mondi sono autonomi ed espliciti. Conosciamo il loro ambiente ed in breve tempo arriviamo a
conoscere questi stessi eroi in crisi. Talvolta essi cambiano davanti ai nostri occhi. Scoprono di se stessi cose
che non sapevano prima. Talvolta ci da conforto la
loro stabilità ed attendibilità. «Tu sei una roccia». Mentre leggiamo, possiamo imparare molte cose che avevamo accettato per scontate, come i volti e il comportamento degli eroi. Non avevamo sospettato che delle persone così grigie, irriflessive o così prive di comunicativa potessero essere così interessanti, eroiche, se lasciate sole. Pensavamo di sapere tutto ciò che si deve sapere sulle crisi - crisi mondiali, nazionali, emotive, religiose. Ma non ci eravamo mai trovati in una crisi in cui venisse espresso tutto ciò che siamo e che abbiamo. Non avevamo sperimentato quella concentrazione di pericolo, isolamento e tensione, destino dell'uomo in fuga. Pensavamo di sapere cosa significasse voler scappare dalla noia, ma non avevamo scoperto ancora che scappare da qualcosa spesso serve solo a nascondere un viaggio verso qualcos'altro. La verità è che non avevamo compreso a pieno che dietro il soggetto delle storie che leggiamo ci sono i correlativi di noi stessi. Essi sono soggetti non ancora oggettivi. Si nascondono, in silenzio ed in segreto, nel nostro manifesto interesse per la narrativa. Avventure segrete II soggetto immaginario del thriller differisce dagli eroi di altre avventure non solo perché è cacciatore e cacciato, ma per un mutamento di identità che «deve» verificarsi, quando decide di affrontare il male da solo senza aiuto. Chiamiamo questo genere di avventura ineguimento, ma dovremmo anche definirlo una avventura segreta. Il piacere che il lettore di thriller prova nel seguire questa avventura, è rivolto alla segretezza ancor più che alla crisi ed agli sforzi dell'eroe per vincere. Molta gente sembra trovare la segretezza affascinante di per sé. Un segreto è una verità nascosta. Se desideriamo conoscere qualcosa e scoprirvi noi stessi e non la conosciamo, siamo nell'atmosfera di una verità segreta tenuta nascosta. Se siamo in attesa che la verità si manifesti o aspettiamo fino a che possiamo costringerla mostrarsi, si dice che siamo in uno stato di suspense La tensione della suspense è distintiva, ma non è per sé responsabile di quel brivido particolare che a compagna il thriller. Quella reazione è la preoccupazione per il cambiamento fondamentale della personalità umana: cioè la ricostruzione della stessa identità Questa a sua volta non è un brivido provocato dall'ignoto, ma l'eccitazione causata dallo sconvolgimento della sola cosa dell'esistenza umana su cui pensiamo poter contare: l'io e la sua stabilità. Il piacere suscitato da un thriller di successo è un misto di eccitazione per la libertà e di paura e stordimento davanti alla potenziale perdita dell'io. L'io sconvolto è solo in parte quello deIl'eroe immaginario, in un certo senso è sempre anche l'io del
lettore, che ha deciso, per la durata della sua lettura,
di liberarsi dell'uomo vecchio e di assumere una nuova
identità. In questo modo vita segreta si unisce a vita
segreta. Falsa identità Ogni eroe di thriller prima o poi deve nascondersi. Cosa significa comunque essere realmente se stessi?
L'agente inglese di Pratica Ipcress non potè neppure
essere indotto a pensare di essere stato trasportato in
volo in Ungheria, mentre tutto il tempo veniva tenuto
prigioniero in Inghilterra. La falsa identità è volta a
proteggere l'io o a fuorviare qualcun altro. Qualcun altro
può anche cancellare l'io fondamentale da cui dipende
la nostra capacità di distinguere la realtà dall'apparenza. L'io nascosto Ci sono anche degli esseri umani che, falliti nella
vita, gradualmente scompaiono, si spengono e sono dimenticati anche se continuano a vivere. Il dottor Dick
Diver in Tenera è la notte di F. Scott Fitzgeraid, è un
caso patetico, calzante. Ci sono altri che, stanchi dei
conflitti e delle tensioni dell'esistenza, alla fine preferiscono liberarsi delle responsabilità e della conseguente
tensione e preoccupazione. Ci sono persone (come Stiller
di Max Frish) a cui piacerebbe potersi sbarazzare completamente del passato e cominciare una nuova vita con
una identità non soggetta alle definizioni degli altri. Al centro del loro isolamento questa gente sperimenta le emozioni della segretezza, dell'essere al di fuori
della legge e di ogni attesa. Essi devono stare sempre
in guardia contro la scoperta del loro inganno, perché anche una identità di copertura, volta a proteggere, deve
farlo con l'inganno. Bilanciando ciò che ricordano di se
stessi e ciò che hanno finto, presto imparano a conoscere una tensione diversa da quella sperimentata fino
ad allora. Infatti sempre il ritorno alla realtà si alterna
con lo sforzo di portare a termine con successo la loro
missione; la tensione e, alla fine, la fatica, diventano
così deprimenti e croniche che si avvicinano al punto
di rottura. A questo punto sopraggiunge una paralisi o
una scissione o una vertigine nauseante. Eppure, quano la tensione è nuova, è gradita come segno di una
nuova integrazione della personalità. Tutti i sistemi funzionano a tutto gas. I thrillers danno delle facili lezioni a coloro che
hanno qualcosa da nascondere. L'abuso che se ne può fare è ben lontano dall'intenzione dello scrittore, che
apparentemente si preoccupa della protezione di un buon
cittadino e di una buona società. Il fine sembra giustificare sempre questi mezzi ed il problema che sorge non
riguarda la loro disonestà. Presentati come modi di autoscoperta essi sembrano adatti a quel fine, sia che intendano proteggere il bene dal male sia il male stesso. Le regole dell'inganno Solo quando le regole per mantenere la falsa identità (cioè l'inganno) appaiono chiare, la coscienza da
profondi rimorsi. Ashenden era un dilettante, ma imparò subito. «II principio di Ashenden... era di dire
quanto della verità gli conveniva.» 2 Ci sono altre variazioni. Una storia falsa può essere
convincente se dice la verità su molte cose che sono
ovvie, ma non su quelle che riguardano il nuovo corso. La scoperta della falsa identità Mentre l'attore o l'agente non comprendono l'instabilità del loro ruolo, il lettore di un thriller - e ancor più lo spettatore teatrale - sono sempre consapevoli dei rischi. L'agente può essere smascherato. Cadrà in errore. Diventerà timoroso e si porrà in disparte. Il lettore aspetta ciò che praticamente è l'inevitabile. Egli sa che in questo caso lo scrittore in genere vuole sottoporre l'eroe ad un altro pericolo, un'ultima trappola, per dimostrare la sua abilità nel presentarlo. Ma lo scrittore può avere anche una motivazione più nobile. Può rispettare i rischi che comporta mantenere l'identità di copertura e sentire di dover spiegare la sua idea del probabile così da non essere deriso come creatore di fantasticherie. È irreale permettere a qualcuno di conservare la falsa identità, ma lo è ancor più mostrarlo mentre sfugge ad una trappola una volta che quella è stata scoperta. A meno che uno scrittore sia preparato a scrivere una tragedia, prima o poi egli dovrà comunque liberare il suo eroe dal disastro. Quando le circostanze lo permettono o gli attori desiderano mostrare la loro versatilità, talvolta accade che
un uomo si scopra a recitare più di un ruolo per volta. Un uomo che vive in disparte, non per gli altri, solo, è esposto ad ovvi pericoli psicologici. In se stessa, la pratica dell'inganno non è particolarmente faticosa; si tratta di esperienza, di abilità professionale, di un'abilità che la maggior parte di noi può acquistare facilmente. Ma mentre un truffatore, un attore o un giocatore possono tornare dopo lo spettacolo nelle file degli ammiratori di loro stessi, l'agente segreto non può godere di questo sollievo. Per lui l'inganno è prima di tutto questione di legittima difesa. Deve proteggersi non soltanto dall'esterno, ma anche dall'interno e contro gli impulsi più naturali. 10 Egli deve temprarsi soprattutto contro «la frattura
sotto quella superficie limpida.» 11 Lo slittamento esterno indica che si è verifìcata una frattura all'interno, che
solo raramente si può riparare. Se l'errore non viene notato, non tutto è perduto. Se invece viene notato e
sembra inevitabile il momento della cattura, solo i più coraggiosi continueranno a stare al gioco. Il resto crolla,
viso e corpo, tutto. Quando il falso ruolo viene smascherato, apparirà il vero uomo se è ancora dentro, ma
nudo, vulnerabile. Avendo riposto la sua fiducia nel suo
ruolo e nella sua capacità di sostenerlo, avendo dedicato la sua vita alla sua missione, egli scopre che il fallimento può annientare la fiducia che egli ha in se
stesso. Tutto è perduto. È veramente tutto perduto? Il peso morale Le avventure del thriller sono in effetti avventure
nella menzogna. Per altri i problemi sono del tutto diversi. Il più comune è il rischio che essi corrono, quanto più mentono e fingono, di invischiarsi nella loro stessa menzogna così che non solo essi commettono errori, ma perdono contatto con ciò che è vero e reale. «Dannazione, signora», egli esplose «Non ha nessun intuito per ciò che è vero o falso?» 13 Quando tutto diventa una menzogna, non resta niente che si possa usare come criterio di verità. Lo stesso bugiardo può essere tratto in inganno dalle sue bugie. Lo stesso accadrà all'uomo che ha insegnato agli altri a mentire: «Imparano a imbrogliare, a cancellare le proprie tracce e imbrogliano anche te.» 14 La rete dello spionaggio è diventata una rete di bugie in cui lo stesso capo diventa schiavo dei suoi schiavi. Nulla ci si può aspettare in questo mondo se non la tragedia, perché prima o poi i disonesti si servono degli onesti, i peggiori dei migliori. Solo gli spettatori ed i lettori hanno la possibilità di fuggire serbando intatta la loro onestà. E possono averla scampata per un pelo. Il lettore, che a questo punto sente di imparare una
dura lezione dai thrillers, può chiedersi se valga la pena
correre i rischi dei loro eroi. Le eccezioni confermano
solo la regola, per cui sarebbe imprudente consigliare
una falsa identità per vivere bene. Moltissimi, sedicenti
avventurieri verrebbero strumentalizzati o catturati e,
se scappassero da un male esterno, correrebbero il rischio di restare invischiati nei loro stessi inganni professionali. A meno che riescano a sopportare gli scrupoli
morali che derivano loro dalla precedente esistenza ben
ordinata e tranquilla, saranno costretti dalla logica del
pericolo ad accettare la massima: «Tutto è lecito, nello spionaggio, nell'amore e nella guerra». La necessità fa
nascere nuove virtù o semplicemente attutisce il rimorso della coscienza. In genere si crede che nessuno avrebbe una volontà così ferrea da tener duro nell'agire bene o nel tenersi lontano dalle cose altrui, quando potrebbe recarsi al mercato e servirsi senza timore di tutto ciò che vuole; entrare nelle case e dormire con qualsiasi donna abbia scelto, liberare i prigionieri ed uccidere la gente a suo piacimento e, in una parola, girare tra gli uomini con i poteri di un Dio. 15 È probabile che uomini diversi vorrebbero cose diverse e che alcuni farebbero del male agli altri ed altri si rifiuterebbero. Molto di ciò che vorremmo è proibito. Eppure ciò non significa che vorremmo fare ciò che è illecito per infrangere la legge o per fare il male. Nella maggior parte dei casi vorremmo fare semplicemente qualcosa che avevamo già desiderato in passato ma che non ci era stato possibile realizzare. Saremmo attratti da particolari esperienze e dalla loro novità. Allo stesso modo i lettori di thrillers sono interessati all'esperienza sostitutiva principalmente perché è nuova per loro, non perché possa essere illecita. Solo quando un lettore scopre di gustare l'elemento sadico invece di esserne inorridito, dovrebbe preoccuparsi della moralità della sua lettura. II vero io Ci sono moltissime occasioni, durante la lettura di
un thriller, in cui posso chiedermi chi sono. Il torturatore o la vittima? La risposta a volte emerge più lenta
ed incerta di quanto ci aspetteremmo. Sono io l'eroe
ed in quale momento della sua vita? Prima che gli accada qualcosa, quando lo abbiamo appena incontrato ed
egli si aggira ancora liberamente nel mondo a cui entrambi siamo abituati? O quando nel mezzo della crisi
io condivido in parte la sua tensione ed il suo terrore? O infine quando ha vinto contro tutti i tentativi di
annientarlo? Possiamo continuare a fingere di essere
come lui anche qui? Sia la libertà sia la redenzione sono
sullo stesso piano della resistenza? Crediamo realmente
in tutto ciò oppure ci limitiamo a desiderarlo? Pensiamo veramente che la vita è così difficile, che le crisi
dei thrillers rappresentano la nostra risposta ad essa? Una risoluzione facile sarebbe dire che il thriller è un modo che l'uomo ha per esprimere i suoi tumulti
interiori, i suoi desideri ed i suoi timori. Il lettore
dovrà scoprire per se stesso il significato del suo sconforto e disagio da un lato, del suo piacere dall'altro, ed
anche il rapporto tra distacco e partecipazione emotiva. Ognuno ha un suo mondo nascosto: la silenziosa ed incessante voce della coscienza, per non parlare poi
delle stesse e dei ricordi particolari, delle speranze e
dei desideri, delle inibizioni e delle abitudini. Noi conosciamo noi stessi e siamo conosciuti attraverso queste
cose. In genere ci rifiutiamo di far conoscere alla maggior parte delle persone che incontriamo ciò di cui siamo
consapevoli. Alcuni, come Dashiell Hammett, non vogliono dividere con nessuno ciò che conoscono di se
stessi; la maggior parte della gente al contrario è più che disposta a farsi conoscere da qualcun altro. L'ironia
sta nel fatto che tutti noi sappiamo meno di quanto
pensiamo e spesso conosciamo le cose meno importanti. «Come può una persona dimostrare chi è realmente? Non lo so. So io stesso chi sono? Quella è la scoperta terrificante che ho fatto durante la mia prigionia: non ho parole per la mia realtà.» 16 Questa esperienza dell'io come vuoto, senza nome, senza timore, è ciò che spinge molta gente a leggere thrillers. In quella lettura sarà data loro un'altra possibilità, molto particolare, di scegliere se stessi. «È - come ha detto Kierkegaard - tanto difficile scegliersi, perché in questa scelta l'isolamento assoluto è identico alla più profonda continuità.» 17 Dobbiamo essere sicuri della continuità, se vogliamo sopportare l'isolamento. Non dovremmo condannare coloro che non hanno il gusto dell'avventura. Essi non sono irragionevoli.L'avventura infatti, quanto più è libera ed aperta, tanto meno può evitare le situazioni di crisi. L'eccitazione è trasformata in tensione e paura e la simpatia per il mondo intero in isolamento. L'avventura ideale è quella in cui due persone si imbattono insieme nella crisi o due si incontrano per la prima volta. «Erano passati da una cospirazione ad un'altra ancora; ciò li aveva portati a contatto con gente intrappolata insieme sotto terra o in un ascensore tra i piani.» 18 La maggior parte delle crisi sono risolte meglio da due persone che da una sola, a meno che una sia debole ed imprudente. Escludendo ciò che è ovvio, possiamo anche pensare all'affiatamento di una persona con un'altra, che giunge come una scoperta miracolosa al centro dell'avventura e che da sola giustifica il tormento. Un lettore, anche quando il suo thriller non gli mostra il nuovo rapporto che si stabilisce tra due persone, prova la soddisfazione di sentirsi tutt'uno con se stesso mentre identifica la sua vita con quella dell'eroe. La poesia di S. Giovanni della Croce [Juan de la Cruz], La notte oscura dell'anima, è stata presa come simbolo di altri tipi di esperienza sconosciuti al santo. Ma le sue parole suggeriscono una analogia: «come una scura notte, illuminata dal fuoco dei desideri d'amore», il lettore si abbandona alla sua lettura ed esce dal mondo dell'io riconosciuto, visto solo da se stesso e senz'altra guida della luce che arde nel suo cuore. Non abbiamo un rapporto più stretto e segreto
con noi stessi di questo viaggio attraverso la narrativa
thriller, dall'alto della rispettabilità e della perfezione
giù nella valle della violenza e della fuga e poi, forse,
di nuovo in alto verso la liberazione e la capacità di penetrazione.
1 BUCHAN, The Three Hostages, p. 930. 2 MAUGHAM, Ashenden l'inglese. 3 Ibid. 4 LE CARRÉ, La spia che venne dal freddo, p. 176. 5 LE CARRÉ, Lo specchio delle spie, p. 201. 6 BUCHAN, The Thirty-Nine Steps, p. 158. 7 Ashenden l'inglese. 8 LEN DEIGHTON, Funerale a Berlino (Milano: Garzanti, 1976), p. 17. 9 FRISCH, I'm Not Stiller, p. 50. 10 LE CARRÉ, La spia che venne dal freddo. 11. WEST, La notte è fatta per ascoltare. 12 Pp. 110-111. 13 La notte è fatta per ascoltare. 14 LE CARRÉ, La spia che venne dal freddo (Milano: Longanesi). 15 PLATONE, La Repubblica, § 360. 16 I'm Not Stiller, p. 68. 17 Aut-Aut (passo usato come epigrafe in 'I'm Not Stiller). 18 WEST, La notte è fatta per ascoltare (Milano: Garzanti, 1975).
da: Ralph Harper, Il mondo del thriller, Guida, 1977 |