inizio rosso e giallo

Philo Vance

"Il più pomposo e inverosimile degli investigatori."
Così lo definì Raymond Chandler, e non aveva mica tutti i torti.

"Vance era quella che molti avrebbero definito una persona frivola e superficiale, ma una simile definizione sarebbe ingiusta. Era un uomo dotato di una straordinaria cultura e di una mente brillante. Aristocratico per nascita e istinto, teneva se stesso rigorosamente distaccato dal mondo in cui vivono le persone comuni. Nel suo modo di fare era presente un'indefinibile forma di disprezzo per l'inferiorità in qualsiasi sua manifestazione." Così lo descrive il suo creatore ne La strana morte del Signor Benson.

Elegante come Poirot, bon vivant come il Santo, snob come Lupin, puntiglioso come S. H., erudito come Nero Wolfe... Un dandy a tutto tondo, "intriso d'arte, di letteratura, di musica", cinico e spocchioso.
Non sappiamo quanto Philo Vance sia davvero l'alter ego del suo creatore, S. S. Van Dine (Willard Huntington Wright, 1888- 1939), ma è invece noto che lo scrittore negli anni '20 curò per l'Enciclopedia Britannica la voce relativa al concetto di Superuomo in Nietzsche...

E Philo Vance ha tutti gli insopportabili tratti dell'individuo che disprezza gli "inferiori", che non immagina di poter vivere se non in mezzo allo splendido arredamento della sua casa di Manhattan, che di fronte al delitto, di fronte a una persona morta, reagisce con curiosità, avido di buttarsi in questo nuovo "gioco intellettuale" e di ridicolizzare chi non è intelligente come lui.
Non è certo la prima volta che il protagonista di una serie di avventure viene rappresentato con caratteristiche straordinarie, anzi, è pressochè indispensabile - nella letteratura di genere - che il personaggio chiave abbia tratti fuori dal comune; ma in genere lo scrittore ha il buon gusto, e il buon senso, di compensare: basti pensare all'ironia o alla perfidia con cui Agatha Christie o Rex Stout hanno dipinto Poirot e Wolfe; lo stesso Conan Doyle descrive i vuoti clamorosi che ha la cultura di S.H..
Van Dine no: sembra totalmente privo dell'ironia che egli attribuisce al suo personaggio, raffigurandolo come fosse davvero un modello di raffinatezza aristocratica.
Insomma, brutta gente.

Però... Però le trame poliziesche create da Van Dine funzionano, eccome. I personaggi, a partire da Vance, sono delle macchiette, ma il plot è magistrale, e Il caso della canarina assassinata o L'enigma dell'Alfiere sono superbe dimostrazioni di come l'intelligenza può davvero manifestarsi in forme strane: intendiamo dire che se essa è "una categoria morale", come sosteneva Adorno, Van Dine e Vance dovrebbero esserne completamente privi, e invece...

Comunque il successo del personaggio - così come accadrà una cinquantina d'anni più tardi per James Bond - evidentemente rispondeva a qualcosa di più profondo del bisogno di divertirsi con un buon giallo: fuga dalla realtà, innamoramento adolescenziale di una sorta di principe azzurro, ecc..

Naturalmente Hollywood ha utilizzato ampiamente questo personaggio, talvolta riuscendo addirittura a renderlo ancora più odioso: William Powell in questo era perfetto (vari film negli anni '30), mentre Giorgio Albertazzi (miniserie RAI a metà anni '70) ha puntato soprattutto sulla raffinatezza intellettuale.

In ogni caso, ripetiamo, col meccanismo poliziesco Van Dine ci sapeva fare davvero, tanto da stabilire delle regole che rimarranno un punto fermo, anche per lo stesso Chandler, che le riformulerà semplificandole ma mantenendone la sostanza.



S.S. Van Dine (Willard Huntington Wright, 1888- 1939)

Le venti regole


1. Il lettore deve avere le stesse possibilità del poliziotto di risolvere il mistero. Tutti gli indizi e le tracce debbono essere chiaramente elencati e descritti.
2. Non devono essere esercitati sul lettore altri sotterfugi e inganni oltre quelli che legittimamente il criminale mette in opera contro lo stesso investigatore.
3. Non ci deve essere una storia d'amore troppo interessante. Lo scopo è di condurre un criminale davanti alla giustizia, non due innamorati all'altare.
4. Né l'investigatore né alcun altro dei poliziotti ufficiali deve mai risultare colpevole. Questo non è buon gioco: è come offrire a qualcuno un soldone lucido per un marengo; è una falsa testimonianza.
5. Il colpevole deve essere scoperto attraverso logiche deduzioni: non per caso, o coincidenza, o non motivata confessione. Risolvere un problema criminale a codesto modo è come spedire determinatamente il lettore sopra una falsa traccia, per dirgli poi che tenevate nascosto voi in una manica l'oggetto delle ricerche. Un autore che si comporti così è un semplice burlone di cattivo gusto.
6. In un romanzo poliziesco ci deve essere un poliziotto, e un poliziotto non è tale se non indaga e deduce. Il suo compito è quello di riunire gli indizi che possono condurre alla cattura di chi è colpevole del misfatto commesso nel primo capitolo. Se il poliziotto non raggiunge il suo scopo attraverso un simile lavorìo non ha risolto veramente il problema, come non lo ha risolto lo scolaro che va a copiare nel testo di matematica il risultato finale del problema.
7. Ci deve essere almeno un morto in un romanzo poliziesco e più il morto è morto, meglio è. Nessun delitto minore dell'assassinio è sufficiente. Trecento pagine sono troppe per una colpa minore. Il dispendio di energie del lettore deve essere remunerato!
8. Il problema del delitto deve essere risolto con metodi strettamente naturalistici. Apprendere la verità per mezzo di scritture medianiche, sedute spiritiche, la lettura del pensiero, suggestioni e magie, è assolutamente proibito. Un lettore può gareggiare con un poliziotto che ricorre a metodi razionali: se deve competere anche con il mondo degli spiriti e con la metafisica è battuto ab initio.
9. Ci deve essere nel romanzo un poliziotto, un solo "deduttore", un solo deus ex machina. Mettere in scena tre, quattro o addirittura una banda di segugi per risolvere un problema significa non soltanto disperdere l'interesse, spezzare il filo della logica, ma anche attribuirsi un antipatico vantaggio sul lettore. Se c'è più di un poliziotto il lettore non sa più con chi sta gareggiando: sarebbe come farlo partecipare da solo a una corsa contro una staffetta.
10. Il colpevole deve essere una persona che ha avuto una parte più o meno importante nella storia; una persona, cioè, che sia divenuta familiare al lettore e lo abbia interessato.
11. I servitori non devono essere, in genere, scelti come colpevoli: si prestano a soluzioni troppo facili. Il colpevole deve essere decisamente una persona di fiducia, uno di cui non si dovrebbe mai sospettare.
12. Ci deve essere un colpevole e uno soltanto, qualunque sia il numero dei delitti commessi. Il colpevole può aver naturalmente qualche complice o aiutante minore: ma l'intera responsabilità e l'intera indignazione del lettore devono gravare sopra un unico capro espiatorio.
13. Società segrete, associazioni a delinquere et similia non trovano posto in un vero romanzo poliziesco. Un delitto geniale e interessante è irrimediabilmente sciupato da una colpa collegiale. Certo, anche al colpevole deve essere concessa una chance: ma accordargli addirittura una società segreta è troppo. Nessun delinquente di classe accetterebbe.
14. I metodi del delinquente e i sistemi di indagine devono essere razionali e scientifici. Vanno cioè senz'altro escluse la pseudo scienza e le astuzie puramente fantastiche, alla maniera di Jules Verne. Quando un autore ricorre a simili metodi può considerarsi evaso, dai limiti del romanzo poliziesco, negli incontrollabili domini del romanzo d'avventure.
15. La soluzione del problema deve essere sempre evidente, ammesso che vi sia un lettore sufficientemente astuto per vederla subito. Se il lettore, dopo aver raggiunto il capitolo finale e la spiegazione, ripercorre il libro a ritroso, deve constatare che in un certo senso la soluzione stava davanti ai suoi occhi fin dall'inizio, che tutti gli indizi designavano il colpevole e che, se egli fosse stato acuto come il poliziotto, avrebbe potuto risolvere il mistero da sé, senza leggere il libro sino alla fine. Il che - inutile dirlo - capita spesso al lettore ricco d'istruzione.
16. Un romanzo poliziesco non deve contenere descrizioni troppo diffuse, pezzi di bravura letteraria, analisi psicologiche troppo insistenti, presentazioni di "atmosfera": tutte cose che non hanno vitale importanza in un romanzo di indagine poliziesca. Esse rallentano l'azione, distraggono dallo scopo principale che è: porre un problema, analizzarlo, condurlo a una conclusione positiva. Si capisce che ci deve essere quel tanto di descrizione e di studio di carattere che è necessario per dar verosimiglianza alla narrazione.
17. Un delinquente di professione non deve mai essere preso come colpevole in un romanzo poliziesco. I delitti dei banditi riguardano la polizia, non gli scrittori e i brillanti investigatori dilettanti. Un delitto veramente affascinante non può essere commesso che da un personaggio molto pio o da una zitellona nota per le sue opere di beneficenza.
18. Il delitto, in un romanzo poliziesco, non deve mai essere avvenuto per accidente: né deve scoprirsi che si tratta di suicidio. Terminare una odissea di indagini con una soluzione così irrisoria significa truffare bellamente il fiducioso e gentile lettore.
19. I delitti nei romanzi polizieschi devono essere provocati da motivi puramente personali. Congiure internazionali e così via appartengono a un altro genere narrativo. Una storia poliziesca deve riflettere le esperienze quotidiane del lettore, costituendo una valvola di sicurezza delle sue stesse emozioni.
20. Ed ecco infine, per concludere degnamente questo "credo", una serie di espedienti che nessuno scrittore di polizieschi che si rispetti vorrà più impiegare, perché già troppo usati e ormai familiari a ogni amatore di libri polizieschi. Valersene ancora è come confessare inettitudine e mancanza di originalità:
a) scoprire il colpevole grazie al confronto di un mozzicone di sigaretta lasciato sul luogo del delitto con le sigarette fumate da uno dei sospettati; b) il trucco della seduta spiritica contraffatta che atterrisce il colpevole e lo induce a tradirsi; e) impronte digitali falsificate; d) alibi creato grazie a un fantoccio; e) cane che non abbaia e quindi rivela il fatto che il colpevole è uno della famiglia; f) il colpevole è un gemello, oppure un parente sosia di una persona sospetta, ma innocente; g) siringhe ipodermiche e bevande soporifere; h) il delitto è commesso in una stanza chiusa, dopo che la polizia vi ha già fatto il suo ingresso; i) associazioni di parole che rivelano la colpa; l) alfabeti convenzionali che il poliziotto decifra.



Se la produzione di Van Dine è abbastanza consistente, ma non sterminata, assai numerosi furono gli adattamenti radiofonici, teatrali, televisivi, cinematografici: fra quest'ultimi l'interpretazione di William Powell resta la migliore, mentre Giorgio Albertazzi è stato bravissimo nei tre sceneggiati realizzati dalla RAI a metà anni '70.


  • La strana morte del signor Benson (1926, The Benson Murder Case), Mondadori, 1929, 1957, 2007, 2016; Garden, 1991; l'Unità, 1992; Barbera, 2010; Rusconi, 2011
  • La canarina assassinata (1927, The Canary Murder Case), Mondadori, 1930, 1968, 1980; Garden, 1966; l'Unità, 1992; Passigli, 2010; Rusconi, 2010; Barbera, 2011; Polillo, 2012; o Il caso della canarina assassinata, Compagnia del giallo, 1993
  • La fine dei Greene (1928, The Greene Murder Case), Mondadori, 1930, 1968; l'Unità, 1992; Compagnia del giallo, 1995; Barbera, 2010; Rusconi, 2010; Polillo, 2010
  • L'enigma dell'Alfiere (1928, The Bishop Murder Case), Mondadori, 1933, 1961, 1974; Garden, 1991; Compagnia del giallo, 1993; Newton, 2004; Polillo, 2007; Barbera, 2011; Rusconi, 2011
  • La dea della vendetta (1929, The Scarab Murder Case), Mondadori, 1932, 1973; Garden, 1992; Compagnia del giallo, 1993; Barbera, 2010; Rusconi, 2011
  • La tragedia in casa Coe (1932, The Kennel Murder Case), Mondadori, 1934, 1970, 2013
  • Il mistero del drago (1933, The Dragon Murder Case), Mondadori, 1934, 1970, 2008; Compagnia del giallo, 1995; Barbera, 2010; Rusconi, 2011
  • Signori, il gioco è fatto! (1934, The Casino Murder Case), Mondadori, 1935, 1977, 1994; Barbera, 2010; Rusconi, 2011
  • Il mistero di casa Garden (1935, The Garden Murder Case), Mondadori, 1936, 1982, 2000; Compagnia del giallo, 1995; Barbera, 2010; o Il segreto di casa Garden, Rusconi, 2011
  • Sequestro di persona (1936, The Kidnap Murder Case), Mondadori, 1937, 1977, 1994; Compagnia del giallo, 1995; Rusconi, 2010; Barbera, 2011
  • Philo Vance e il caso Allen (1938, The Gracie Allen Murder Case), Mondadori, 1972; Newton, 1995
  • L'ultima avventura di Philo Vance (1939, The Winter Murder Case), Mondadori, 1942, 1977; Compagnia del giallo, 1994; o Philo Vance e il delitto al castello, Gremese, 2012
  • Le ultime avventure di Philo Vance, Mondadori, 1942, 1977: La tragedia in casa Coe, Il mistero del drago, Signori, il gioco è fatto!, Il mistero di casa Garden, Sequestro di persona, L'ultima avventura di Philo Vance