Renato Olivieri
Veneto trapiantato a Milano, Olivieri (1925 - 2013) ha fatto quasi sempre il giornalista, dirigendo anche alcuni periodici della Mondadori.
Dal 1978 il suo personaggio principale è il commissario Ambrosio, ed entrambi hanno dovuto subire l'ennesimo accostamento d'oltralpe riferito a Simenon - Maigret. Ma possiamo facilmente sbarazzarci di questa sciocchezza pensando a chi, al cinema, ha interpretato il commissario (I giorni del commissario Ambrosio, 1988, di Sergio Corbucci, con Athina Cenci, Carla Gravina, Carlo Delle Piane): Ugo Tognazzi, che è così distante da Gino Cervi o da Jean Gabin da liquidare ogni equivoco. Se poi aggiungiamo le atmosfere tipicamente milanesi o i gusti di Ambrosio in fatto di letteratura e pittura, l'emancipazione da Maigret è chiarissima.
Così l'introduzione (senza firma) alla raccolta di racconti Ambrosio indaga, Rizzoli, 1988:
La prima indagine di questa raccolta comincia intorno a un Capodanno e l'ultima nella primavera di quindici mesi dopo, diciamo durante la settimana di Pasqua. Il commissario non è cambiato molto rispetto all'Ambrosio che abbiamo ritrovato nell'inchiesta, durata una stagione, tra via Fatebenefrateili e largo Richini, sulla morte di Virginia Braschi, apparentemente dovuta a cause naturali. Anche la sua relazione sentimentale con Emanuela, la donna che gli è compagna da anni e che continua ad abitare in via San Vincenzo, a Porta Genova, non è mutata; naturalmente ha i suoi alti e bassi, come si usa dire, e ci sono tra loro quelle piccole ombre, quei momenti di turbamento, e anche di stanchezza, che sono comuni a tutte le coppie di questo mondo.
Non siamo in grado di prevedere se, in futuro, Emanuela e Ambrosio si sposeranno, l'impressione è che, per il momento, le cose rimangano come sono, quasi in sospeso. La realtà è che Ambrosio ha timore del matrimonio: la sua esperienza con Francesca, la prima moglie, lo ha reso cauto, e poi il suo lavoro senza orari, abbastanza imprevedibile, gli consiglia di rimandare la decisione. Emanuela, dal canto suo, si direbbe consenziente a questa attesa, anche se - e abbiamo avuto occasione di intuirlo - le piacerebbe diventare la signora Ambrosio.
C'è una cosa che il nostro commissario non riesce a dimenticare: ed è il tempo che passa, e sono i suoi anni; non è prudente - pensa - avere figli da una donna assai più giovane di lui, allevarli, curarli, seguirli come dovrebbe fare un padre appena decente, non un esperto di crimini, un cinquantenne privo di entusiasmi che frequenta di regola ospedali, obitori e camere di sicurezza.
Nel suo minuscolo appartamento di via Solferino, in cui ha rinnovato la moquette, facendola tuttavia rimettere sempre di colore verde, si trova a proprio agio, anche se la presenza di Emanuela, soprattutto al sabato e alla domenica, gli fa pensare che lo spazio sia appena sufficiente, e sarebbe forse opportuna una camera in più per sistemare le librerie che ormai hanno invaso le pareti, impedendogli di appendere alcuni disegni e acquarelli di artisti a lui cari che invece è costretto a tenere nell'armadio accanto al letto, che poi, come sappiamo, è una turca di una piazza e mezza.
Nel frattempo ha cambiato l'automobile: non possiede più la Golf verde, ma ha una Delta grigia e, sulla terrazza, oltre al glicine, alla forsythia e alla vite canadese c'è una camelia che fiorisce ai primi di marzo, e anche in febbraio, se la stagione non è troppo inclemente. Gliel'ha regalata Anita, un'amica dei vecchi tempi, che ha un negozio d'antiquariato a pochi passi dall'Accademia di Brera. Anita era stata indossatrice e la ritroverete nell'inchiesta intitolata Rapina di sera.
Rispetto al passato Ambrosio ha modificato alcune sue abitudini: per esempio, ci sono dei ristoranti che non frequenta più, o in cui va di rado, altri - due o tre - che considera invece quasi «suoi», tanto è di casa; ha il suo tavolo, conoscono i suoi gusti piuttosto frugali, non insistono nel suggerirgli piatti a base di zampone, melanzane o brasato, sanno che beve con moderazione Tocai friulano, o Cabernet, oppure certe bottiglie di vini dai nomi che lo rallegrano come Dolceacqua e Barone Rosso, che regala a Natale agli amici.
Ha tentato di smettere di fumare, senza riuscirci, è tuttora un fumatore pentito, e osserva i fumatori senza ritegno con una sorta di apprensione e di tenerezza ricordando un amico di gioventù, critico teatrale, che somigliava a Humphrey Bogart, e che se ne è andato, un inverno, per abuso di tabacco. Almeno così hanno sentenziato i medici.
In compagnia di Emanuela, una domenica sì e una no, Ambrosio va in piazza Giovine Italia a pranzo da sua madre, la quale non dimostra gli anni che ha, quasi ottanta, e lo tratta sempre come se fosse il ragazzo di un tempo, e fosse ancora vivo suo padre, il giudice, con i suoi abiti occhio-di-pernice, il Borsalino grìgio perla, i gemelli d'oro bianco, le cravatte amaranto a pallini.
Esiste un libro che lo ha colpito, di un autore rumeno che vive a Parigi e che si chiama E. M. Cioran. Ambrosio non è ancora riuscito a sapere che cosa significhino quella E e quella M, ma sa che ha pubblicato alcuni saggi filosofici e, di lui, gli è piaciuta, oltre alla frase che apre questo libro di inchieste, la considerazione sulla Rivoluzione dell'89 che secondo Cioran fu provocata dagli abusi di una classe stanca di tutto, anche dei propri privilegi, ai quali si aggrappava per automatismo, senza passione né accanimento, giacché aveva un debole dichiarato per le idee di quelli che stavano per annientarla. La condiscendenza verso l'avversario è il segno distintivo della debolezza, cioè della tolleranza, la quale non è, in ultima analisi, che una civetteria d'agonizzanti.
Che altro dire? Se lo chiede anche Ambrosio, che si considera - vedi caso - tollerante. Non è buffo? Quando, tempo fa, un produttore cinematografico gli ha mostrato la sceneggiatura di un film ispirato ad alcuni episodi della sua vita, anzi del suo lavoro di tutti i giorni, ne è rimasto lusingato e turbato. Lusingato perché, come tutti, ha qualche vanità (ed è comprensibile), turbato perché si è visto come la gente lo immagina, non com'è veramente, o come lui crede dì essere.
Intanto i giorni passano, uno dietro l'altro, e passano le stagioni, e la nebbia si alterna al gelo, e la calura di luglio lascia il passo al dolce autunno, alle nuvole bianche sul campanile di San Marco che lui vede dalla terrazza, al di là del palazzo liberty del Corriere della Sera, e in via Solferino c'è odore di caldarroste e di benzina.
- Il caso Kodra, Rusconi, 1978, 1987; Mondadori, 1991, 1997, 2000, 2013, 2018
- Maledetto Ferragosto, Rusconi, 1980; Rizzoli, 1988; Mondadori, 1992, 2014
- Dunque morranno, Rusconi, 1981; Mondadori, 1989, 1991, 2007, 2013
- L'indagine interrotta, Rusconi, 1983; Mondadori, 1983, 1992, 2014
- Villa Liberty, Rusconi, 1984; Mondadori, 1993, 2014
- Le inchieste del commissario Ambrosio, Rusconi, 1985; Mondadori, 1997
- Largo Richini, Rizzoli, 1987; Mondadori, 1993, 2013, 2020
- Ambrosio indaga, Rizzoli, 1988
- Hotel Mozart, Mondadori, 1990, 2002
- Piazza pulita, Mondadori, 1991, 1999, 2014
- Ambrosio ricorda, Mondadori, 1992 - racconti
- Delitti a Milano, Mondadori, 1992: Il caso Kodra, Maledetto ferragosto, Dunque morranno, L'indagine interrotta
- Madame Strauss, Mondadori, 1993, 1998, 2014
- La fine di Casanova, Mondadori, 1994, 2013
- 99 casi di ordinaria criminalità, Interno giallo, 1994: raccolta di tutti i racconti, già pubblicati in: Le inchieste del commissario Ambrosio, Ambrosio indaga e Ambrosio ricorda
- Il Dio danaro, Mondadori, 1996, 2014
- Albergo a due stelle, Mondadori, 1998
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Renato Olivieri
Chi è il commissario Ambrosio? |
La mia vicenda con il commissario Giulio Ambrosio della squadra mobile milanese ebbe inizio nel gennaio del 1976, un martedì, giorno dell'Epifania. Allora era vice commissario, aveva meno di cinquant'anni, e mi pareva dovesse assomigliare all'attore Lino Ventura. Lo descrissi così. E. così è rimasto. Adesso credo abbia superato di poco i cinquant'anni.
Ricordo che quel giorno, quando cominciai a scrivere la prima frase del mio primo romanzo, c'era nebbia, era uno di quei crepuscoli gelidi che, a Milano, ti invogliano a restare in casa, a pochi passi dal calorifero. La frase me l'ero segnata su un foglietto, la portavo in tasca, ogni tanto cambiavo una parola. Sono ancora convinto che l'inizio di un romanzo sia sempre laborioso, la stessa cosa succede con un quadro o con un articolo. Insomma mi sedetti al tavolo, avevo davanti una Olivetti Valentine rossa, e battei la prima riga: in effetti c'era qualcosa di strano nella morte della signora Kodra. Soddisfatto continuai, almeno un'ora tutte le sere. Nella primavera dell'anno successivo il libro era pronto. Ne ho scritti altri quattro, e ho scritto alcune decine di racconti, molti dei quali sono pubblicati in questo volume. Quando li leggerete, conto di essere a buon punto con il sesto romanzo che avrà, naturalmente, per protagonista il commissario.
Una domanda che mi fanno spesso i lettori e gli amici è questa: Ambrosio è un personaggio autobiografico? Non sono sicuro che lo sia. Tuttavia mi rendo conto che non riesco a scrivere nulla di ciò che non conosco abbastanza a fondo. Un esempio: dato che non m'intendo di musica, Ambrosio non ne capisce gran che, ed è accaduto persino che la moglie Francesca lo abbia abbandonato per un pianista di Roma. A proposito della moglie: nonostante lui si consideri legato a Emanuela, un'infermiera del Policlinico di Milano, ritengo che il ricordo della donna che aveva sposato da giovane, all'inizio della carriera, lo tormenti, qualche volta; non so bene se ciò dipenda dall'orgoglio ferito o da una sorta di vaga nostalgia, o da una specie d'amore.
A me piace la pittura, quella di Sironi, di Mattioli, di Sutherland: sono gli stessi artisti che interessano Ambrosio. Forse ho trasferito qualcosa di me al commissario per pura complicità. Penso sia una faccenda comune tra coloro che scrivono romanzi anche se, prendendo in considerazione un grande come Georges Simenon, si potrebbe subito dire che Maigret è l'opposto di lui: fedele alla signora Maigret, persino prude, senza ambiguità. L'autore invece - lo ha confessato nella biografia - è una creatura torbida, un gaudente forsennato. Sino a qualche anno fa aveva bisogno di una donna (diversa) al giorno. Ebbene, sono convinto, nonostante le apparenze, che Simenon abbia trasmesso a Maigret ciò che lui avrebbe voluto essere. E probabilmente Simenon è un Maigret con una carica più intensa di appetiti sessuali.
Anche Ambrosio, pur apprezzando le donne (come il suo autore) , si direbbe un uomo del tutto placato. Con la sua ragazza si incontra regolarmente, senza comunque avventurarsi in eccessi erotici. Questo fatto dipende da un'idea, che poi è la stessa di Raymond Chandler, l'inventore di Philip Marlowe, secondo cui, in una storia poliziesca, le ragioni sentimentali del detective devono essere appena accennate poiché al lettore interessa altro. Un sottofondo, soltanto un sottofondo per non far dubitare della virilità del protagonista.
Fisicamente Ambrosio è un uomo robusto, ha il volto segnato, i capelli appena brizzolati tagliati corti, pesa sugli ottanta chili, è alto un metro e settantotto. Soffre di artrosi cervicale. È di temperamento malinconico; qualche volta, se non lavorasse, potrebbe tendere all'ipocondria. L'impressione che dà, soprattutto alle donne, è di essere un uomo equilibrato, di cui ci si può fidare. In parte è così. Gli pesa la solitudine, forse gli sarebbe piaciuto diventare padre di un paio di ragazzi con i quali andare agli incontri di boxe, l'unico sport che abbia coltivato, per un certo periodo, in gioventù. Ci tiene alla salute, si controlla nel fumo e nell'alcool. E anche nel cibo, per quanto ciò non gli costi gran fatica. A suo modo è un igienista. Gli piacerebbe avere un pastore tedesco, ma non può permetterselo, con la vita che fa. Anche quando abitava con la madre non aveva potuto tenerne uno dato che la vecchia signora Ambrosio temeva per i suoi tappeti persiani. La giovane signora Ambrosio amava invece i gatti; ne aveva uno, chiamato Maragià, che morì misteriosamente il primo inverno del loro matrimonio, forse per un boccone avvelenato. Ambrosio non riuscì a scovarne la causa e Francesca cominciò ad avere dei sospetti su di lui, sia come ipotetico assassino, sia come detective non del tutto perspicace.
Mi è stato anche bonariamente rimproverato che il commissario sia troppo colto, e che appaia benestante. Sicché ho deciso di munirlo di una certa rendita in obbligazioni ereditate dal padre, alto magistrato. Non è escluso che, in seguito, debba aggiungere che il giudice, a sua volta, fosse di famiglia abbiente. L'opinione che si ha, in Italia, dei funzionari di polizia è curiosamente insensata: non si capisce perché un laureato in legge, sia pure poliziotto, non possa apprezzare i romanzi di Saul Bellow o di Joseph Roth, come un qualsiasi avvocato. Ho conosciuto un vice questore cui piacevano Gide e Drieu La Rochelle. Era contraddittorio, è vero, ma colto. E nessuno si stupiva del fatto. Devo aggiungere che Ambrosio, in questi mesi, ha apprezzato i due volumi di Karl von Clausewitz, Della guerra. Non vorrei che lo fraintendeste. Lui continua a credere, come me, che non ci siano vincitori, nella vita. Penso che le cose stiano proprio così, anche se, prima di mettere insieme storie criminali, non me ne rendevo conto.
Ambrosio è un po' scettico, e un po' conservatore. Lo era anche da ragazzo, quando leggeva a scuola l'Emilio di Rousseau, e non osava dire all'insegnante le proprie opinioni su quel progressista in buona fede. Si ritrova con Longanesi che diceva, di un tipo umano abbastanza consueto: «Cercava la rivoluzione e trovò l'agiatezza».
Anche per i gialli di Agatha Christie abbiamo le stesse reazioni. Somigliano, secondo noi, a un cruciverba. La cosa singolare è che, prima di frequentare il commissario, mi ero soffermato con un certo diletto sui Dieci piccoli indiani. Adesso il delitto nella villa Tudor in brughiera mi pare del tutto immaginario, quasi come una storia poliziesca ambientata in Albania.
Ambrosio è convinto, con me, che Milano valga New York, un quartiere di New York. Metropolitana, tangenziali, aeroporti, tossicodipendenti, night-club, di notte si spara, si trovano cadaveri nudi nei navigli. Milano può essere dunque lo sfondo adeguato di vere storie scellerate, come alcune di quelle che ho raccolto in questo libro. Non che sia disdicevole uccidere in campagna, nel giardino del vicario, ma il delitto raccontato funziona meglio, mi sembra, in un'area fittamente popolata. Questo genere di società industriale rende più agevole la vita agli autori di polizieschi. A me, di sicuro.
Convengo con chi afferma che questa particolare letteratura non abbia avuto uno sviluppo adeguato in Italia, e spesso abbia deluso i lettori, poiché un giallo con il maresciallo dei carabinieri tende a diventare un bozzetto agreste. Hammett non avrebbe mai scritto una riga a Tortona. Cinquant'anni fa, qui da noi, si potevano imitare, tutt'al più, gli stranieri, come hanno fatto Giorgio Scerbanenco con Arthur Jelling addetto all'archivio della polizia di Boston, e Ezio D'Errico con il commissario Richard della Sureté parigina.
Ora l'Italia è cambiata. Probabilmente in peggio, per quanto concerne i fatti criminali. Di riflesso non è improbabile che la letteratura di genere poliziesco se ne avvantaggi.
Ma torniamo ad Ambrosio. Vive in un monolocale, all'ultimo piano di un palazzo liberty, in via Solferino, a due passi dalla sede del «Corriere della Sera». È di sua proprietà. Credo lo abbia acquistato dopo la separazione da sua moglie, per pochi milioni.
Glielo aveva arredato un architetto, per riconoscenza, visto che Ambrosio era riuscito a recuperargli una valigetta piena di documenti che gli era stata rubata nella hall di un albergo di piazza della Repubblica. Pareti a calce, moquette verde, mobili laccati di bianco, alle pareti litografie di Cassinari e di Morlotti. Se Ambrosio fosse meno giudizioso, quel quartierino potrebbe somigliare a una garçonnière, dotata persino di una minuscola terrazza da cui si vede il campanile di San Marco. Sulla terrazza una vite canadese, una forsythia e un glicine. Nel letto a una piazza e mezza dorme da solo, salvo qualche notte con Emanuela, la quale normalmente abita con i genitori in via San Vincenzo, al Carrobbio.
Ambrosio possiede da anni una Golf verde che pensa di cambiare con una Delta grigia. Ma ci vorrà del tempo. Almeno per quel che mi risulta. Tiene l'auto in un garage sotterraneo in via San Marco. Una volta tentarono di ucciderlo con una carabina calibro 30 a cannocchiale proprio mentre usciva con la Golf da quel garage. I lettori de L'indagine interrotta rammenteranno la scena.
Il commissario, se può, non mangia a casa. In via Solferino si prepara soltanto qualche toast o due uova al tegame. Gli piacciono le trattorie, soprattutto quando esce con Emanuela. La loro storia d'amore ebbe inizio a Bagutta, alla Vecchia Locanda Solferino, al Tumbun de San Marc, e via discorrendo. D'estate preferisce le trattorie sul Naviglio e d'inverno certi ristoranti della zona di Brera, meglio se hanno le candele sulle tavole.
Di rado va a cena dalla madre, una anziana signora che lo tratta ancora come se lui fosse una recluta, e abita nel vecchio appartamento di piazza Giovine Italia dove viveva con il giudice, e con Giulio prima che si sposasse. È una signora che sfìora gli ottant'anni, intrepida, legata ai ricordi, ma non d'umore tetro, anzi. In questo volume la si incontra in una storia intitolata « Il giorno di Ognissanti».
Ambrosio possiede, e porta con sé, una pistola automatica, una Beretta calibro 9, che ha usato poco, con risultati abbastanza deludenti (leggere il racconto La stazione di Porta Genova). Le armi gli piacciono, più che altro per ragioni estetiche: hanno un loro fascino, l'acciaio brunito seduce come il cuoio o il legno di radica. Anche i meccanismi, ben congegnati e costruiti con la maestria degli orologi di marca o dei multipli di Berrocal, lo attraggono, e ci sono momenti che gli va di smontare la sua automatica, di ripulirla, di oliarla, soppesarla.
Di orologi ne possiede due: un Rolex d'acciaio e un Vacheron Costantin in oro bianco, di forma rettangolare, regalo di Francesca prima delle nozze, che qualche volta mette al polso di sera, come gli succedeva nei primi mesi di matrimonio.
In questura dicono che sia uno dei funzionari meglio vestiti, e può essere vero perché Ambrosio indossa abiti che piacciono anche a me. Giacche di lana morbida, camicie azzurre, o a righine bianche e celesti, cravatte regimental, scarpe di gusto inglese. A primavera non è raro vederlo con abiti di gabardine, un po' troppo chiari per uno come lui, disattento e persino maldestro. È un discreto cliente della tintoria, di buona fama, di via Visconti di Modrone. D'estate, soltanto abiti di cotone, in tinta coloniale; salvo uno di lino.
Sulla copertina del Caso Kodra lo si vedeva con una canadienne, cioè uno di quei giacconi in pelle di montone che continuano a piacere, ma che erano di gran moda ai tempi del fìlm Un uomo, una donna. D'inverno lo porta ancora, alternandolo a un loden foderato di martora.
Nato alla fìne di un luglio torrido, sotto la costellazione del Leone, Ambrosio non ama la calura, i cieli tersi senza nuvole, i viaggi all'estero - e in questo mi somiglia. Dice che una betulla è identica a Milano e a OsIo, e anche i cani bassotti, i pensionati e i supermarket sono uguali. Temo tuttavia che il fatto di conoscere poco o nulla le lingue straniere sia la ragione occulta di questa sua riluttanza alle migrazioni.
Suppongo di aver detto quasi tutto del commissario, almeno quanto basta perché chi lo incoptra per la prima volta lo possa seguire meglio nelle sue "inchieste" che, come si noterà, si svolgono via via nelle varie stagioni dell'anno, al sole, sotto la pioggia, nella neve, in mezzo alla nebbia, e sempre a Milano.
Quando uscì il primo romanzo, nell'ottobre del 1978, qualche settimana dopo un giovane critico scrisse una frase che per me, autore esordiente, fu una piccola medaglia e, devo dirlo, mi incoraggiò più di ogni altra benevola approvazione, a continuare l'avventura di scrivere romanzi. La frase era questa: Ambrosio è uno di quei personaggi che si inviterebbero volentieri a casa per una sera.
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