inizio rosso e giallo

Tony Hillerman

Dopo vari film, e anche dopo Fuori da un evidente destino di Giorgio Faletti, non ci sembra così insolita la figura di un poliziotto navajo, ma quando Tony Hillerman (1925 - 2008) creò la figura di questo detective indiano (ma il politicamente corretto impone american native) non era scontato che il pubblico statunitense fosse disposto a questa stravaganza. Piccolo grande uomo e Soldato blu erano appena usciti (1970), Martin Luther King era stato assassinato nel 1968, si era nel pieno della guerra del Vietnam, e gli USA dovevano ancora avviare quell'ancora incompiuto cammino di autocoscienza rispetto alla propria storia violenta.
In Europa l'accoglienza fu subito positiva, e anche da noi si cominciò a capire le vicende di un popolo anche attraverso i gialli di Hillerman (il bellissimo Seppellite il mio cuore a Wounded Knee di Dee Brown sarà una lettura colta).
Del resto Hillerman, se era palesemente di origine europea, era nato e cresciuto a stretto contatto con le riserve indiane (su cui ha scritto alcuni saggi) e riusciva a evocarne l'atmosfera senza ricorrere a forzature magiche e ammiccamenti.


  • Il canto del nemico (The Blessing Way, 1970), Mondadori, 1993
  • Là dove danzano i morti (Dance Hall of the Dead, 1973), Mondadori, 1983, 2013
  • Listening Woman (1978)
  • Il popolo delle tenebre (People of Darkness), 1980), Mondadori, 1982
  • Il vento oscuro (The Dark Wind, 1982), Mondadori, 1991
  • La via dei fantasmi (The Ghostway, 1984), Mondadori, 1993
  • Lo stregone deve morire (Skinwalkers, 1986), Mondadori, 1994 o La notte degli sciamani, Piemme, 2005
  • Ladri del tempo (A Thief Of Time, 1988), Mondadori, 1990
  • La maschera del Dio parlante (Talking God, 1989), Mondadori, 1991
  • La fame del coyote (Coyote Waits, 1990), Mondadori, 1992
  • L'ultima danza del sacro giullare (Sacred Clowns, 1993), Interno giallo, 1994; Mondadori, 2014
  • L'ombra del deserto (Fallen Man, 1996) Mondadori, 1997
  • Il mistero della riserva indiana (The First Eagle, 1998) Piemme, 1999; o Il contagio, Piemme, 2001
  • Morte nel canyon (Hunting Badger, 1999), Piemme, 2000
  • Notte di Halloween (The Wailing Wind, 2002), Piemme, 2004
  • Skeleton Man (Skeleton Man, 2004), Rizzoli, 2010
  • La frontiera nascosta (The Shape Shifter, 2006), Rizzoli, 2011?

 

Gian Franco Orsi

Intervista a Tony Hillerman


Il suo primo mystery The Blessing Way, pubblicato nel 1970 e ambientato nel mondo degli indiani navajo, arrivò finalista al premio «Edgar Allan Poe». Il suo secondo romanzo Fly on the Wall, scritto l'anno successivo, era un romanzo di un genere completamente diverso. Era la storia di un giornalista che indagava su una faccenda di scandali nazionali. Come mai questo cambiamento di rotta? Non era rimasto soddisfatto di The Blessing Way?
Quando decisi di scrìvere un altro romanzo l'idea che mi venne in mente fu esattamente quella di Fly on the Wall. Avevo alle spalle una camera di giornalista politico e un giornalista è essenzialmente un cacciatore. Volevo mettere il mio protagonista in una situazione in cui fosse cacciatore e cacciato nello stesso tempo. Inoltre volevo affrontare il problema morale delle conseguenze che possono derivare da una certa presa di posizione di un giornalista che in qualità di reporter politico ha del potere e nello stesso tempo ribadire il concetto della neutralità e del distacco professionali di fronte a qualsiasi avvenimento e notizia. Fino ad allora non avevo mai scritto un romanzo tanto lungo, così decisi di mantenermi nei limiti della detective story tradizionale (che poi non risultò affatto tradizionale), sullo sfondo di un ambiente che mi aiutasse a venderlo.

Dopo Fly on the Wall diede alla stampa nel '73 Dance Hall of the Dead, che vinse l'Edgar per il migliore romanzo dell'anno. Poi un intervallo di cinque anni. Come mai?
In quei cinque anni ho scrìtto molti libri di saggistica e articoli per vane rìviste.

Il personaggio di Joe Leaphorne, un indiano navajo, non è così importante in The Blessing Way come lo è in Dance Hall of the Dead e non altrettanto importante come lo è nel successivo The Listening Woman. Questa evoluzione faceva parte di un piano prestabilito?
Il protagonista di The Blessing Way doveva essere all'inizio un antropologo, non Leaphorne. Per ragioni di trama avevo bisogno di un poliziotto navajo. Man mano che la storia lievitava e io mi familiarizzavo con i personaggi, provavo sempre maggiore interesse per quello di Leaphorne. Alla fine del libro mi sono accorto che mi ero affezionato a lui e nelle storie successive ho dato sempre maggiore corposità a Leaphorne.

Che però non si riesce mai a vedere bene, nemmeno dal punto di vista fisico...
Perché non sono mai riuscito a decidermi sui suoi connotati, mentre non ho mai avuto dubbi sul suo modo di pensare o sui suoi atteggiamenti.

Il filo logico corre lungo tutti questi romanzi. È un tratto tradizionale dei navajo o qualcosa che lei ha imposto a Joe Leaphorne?
È la cultura navajo nella sua globalità che si rivela in questa fermezza d'animo... La visione di un tutto armonico... ogni cosa nel giusto ordine... un legame personale con l'ordine cosmico.

L'FBI appare regolarmente nei suoi romanzi e non fa mai una gran bella figura. Perché?
Si tratta di un pregiudizio di Tony Hillerman ora molto sfumato. Forse dipende dal fatto che quando ero reporter politico non ho mai riscontrato una collaborazione da parte dell'FBI. Era famosa per plasmare i suoi agenti su modelli prestabiliti, tutti come executives della Confindustria. Di recente però c'è stato un cambiamento.

I personaggi femminili in tutti i romanzi sono completamente diversi. Non c'è un solo personaggio femminile navajo veramente forte.
Per esigenze d'intreccio ho dovuto creare certi personaggi con determinate caratteristiche, e poi non mi sono mai sentito perfettamente a mio agio nel descrivere figure femminili. The Listening Woman è una donna in certo qual modo forte e positiva, e avrei potuto fare di più con un simile personaggio, ma quando l'ho fatto entrare in scena non avevo un piano prestabilito; è stata la storia a far crescere d'importanza il suo rapporto con Leaphorne. Leaphorne è uno straniero e un poliziotto. Appartiene a un clan diverso e ha arrestato il nipote di lei. Bisogna ricordare che «la famiglia» occupa il primo posto nella scala dei valori della cultura navajo. E poi c'è anche il motivo della stregonerìa e delle streghe di cui è intessuta la cultura navajo a livelli meno sofisticati.

Ci sono avvenimenti nei suoi romanzi che si ispirano a fatti reali?
Quelli culturali e rituali, naturalmente. I delitti e le trame no.

Quali autori legge di preferenza? Chi ha influenzato il suo modo di scrivere?
Ho letto con molto piacere Upfield, i primi romanzi di Eric Ambler. Graham Greene. La spia che venne dal freddo di John Le Carré è per me il più bel romanzo di spionaggio che sia mai stato scritto. Ed McBain, Aaron Marc Stein, John Ball, John MacDonald, Dick Francis sono tutti eccellenti. Non mi piace Dorothy Sayers. Amo naturalmente Chandler e Hammett. Dove si trova un romanzo migliore di II falcone maltese? Anche Ross Macdonald è un grande autore.

Secondo alcuni critici Ross Macdonald non ha fatto altro che scrivere la stessa storia. Anche lei la pensa allo stesso modo?
Quelle crìtiche non riescono a cogliere l'essenza del perché Macdonald è grande. Lui usa la stessa storia, ma chi altro sarebbe capace di farlo, scrivendo tutti quei romanzi così ricchi e importanti? Io non ci riuscirei. Anche se Macdonald tratta sempre lo stesso tema, ogni suo libro riesce a coinvolgermi al punto di farmi sentire in presenza di veri esseri umani e di problemi del nostro quotidiano. Di fronte a ogni suo giallo so che troverò pressappoco lo stesso soggetto e che mi piacerà. Quindi ribadisco, quelle critiche non colgono l'elemento magico di Macdonald.

Come organizza il suo lavoro di scrittore? Segue un metodo, uno schema prestabilito?
Non ho una disciplina mentale tale da organizzare a priori il mio lavoro. Non ho idea di come sarà il capitolo terzo quando sono ancora al primo. Uso un'agenda sulla quale annoto la data in cui mi è venuta in mente l'idea del romanzo. Per The Listening Woman sono passati ventiquattro mesi esatti dal giorno in cui ho cominciato a quello in cui ho finito. Negli intervalli ho scrìtto molte altre cose, soprattutto saggistica e articoli. Insomma il romanzo l'ho scritto a sprazzi. Riconosco che è un metodo poco proficuo; continuo ad annotarmi delle cose e passo molto tempo a prefigurarmi il romanzo nella mia immaginazione.

Ne II popolo delle tenebre, come nei precedenti romanzi, c'è molta compassione e amore per i pueblos. Il cattivo è sempre un balacani, cioè l'uomo bianco oppure un indiano cresciuto ed educato fra i bianchi. Come vedrebbe invece un romanzo con una situazione contraria, cioè con un indiano nella parte del cattivo?
Non avrei nessun problema a trattare una storia in cui la parte del cattivo è «interpretata» da un indiano, perché in fondo sono esseri umani come noi. È solo per caso che nei libri che ho scrìtto finora le trame si svolgono intorno a delitti tìpici da «uomo bianco».

Quando descrive i pueblos lei li vede e li sente idealizzati oppure nella luce di Seppellite il mio cuore a Wounded Knee?
Quando descrivo una scena è come se ci vivessi dentro e la descrivo come esiste nella realtà del 1982. In altre parole tutti gli ambienti che descrivo sono reali e genuini. Faccio sempre uno sforzo per sfuggire alle idealizzazioni; naturalmente tutto ciò che uno scrive è in un certo senso soggettivo.

L'importanza del paesaggio nei suoi romanzi è fondamentale ed è direttamente legata ai concetti religiosi locali. Crede che sia importante ih un giallo?
Per me è importante che gli aspetti culturali siano essenziali per la trama e altrettanto importanti per la soluzione dell'enigma in un giallo. Questo aspetto è meno evidente ne II popolo delle tenebre che nelle mie altre opere, ma tutto sommato ritengo che non sia onesto nei confronti dei lettori inserire diffuso materiale etnologico che non sia necessario per capire la trama. Dopo tutto stanno leggendo un giallo e non un testo di antropologia. Ritengo però importante che un personaggio di un giallo sia consapevole del proprio background culturale. Il credo metafisico dei personaggi assume primaria importanza in molti romanzi: per esempio in quelli di Graham Greene dove i valori religiosi dei personaggi sono essenziali e nelle storie di Raymond Chandler.

Come vivono i bianchi nelle comunità navajo e zuni? Sono elementi veramente estranei così come appaiono nei suoi libri?
È difficile rispondere a una simile domanda. Dipende. Non penso di poter rispondere in modo sensato. Alcuni bianchi captano l'animo del mondo indiano e s'integrano perfettamente, altri no. Dipende dagli atteggiamenti dei bianchi e degli indiani. Non credo proprio di poter rispondere a questa domanda in cosi poco tempo. Sono stati scritti interi libri sull'argomento. Le generalizzazioni non sono mai accettabili.

Continuerà a scrivere romanzi sia con Jim Chee che Joe Leaphorne?
Sì. Ho intenzione di continuare con entrambi i personaggi. Specie con Jim Chee che appare anche nel romanzo che presto consegnerò al mio editore. A questo punto, Chee mi è molto più utile di Leaphorne. È più giovane e ingenuo dell'altro. Ed essendo più giovane e meno informato, è più curioso riguardo al mondo dell'uomo bianco e la sua curiosità e mancanza di esperienza sono gli elementi su cui costruisco la storia.

Ha venduto qualcuno dei suoi soggetti al cinema o alla tivù?
Nel 1970 Leaphorne ha suscitato molto interesse. La Warner Bros mi ha chiesto i diritti di The Blessing Way... La televisione mi ha fatto scrìvere la sceneggiatura di Dance Hall of the Dead, ma poi non s'è fatto più niente... The Listening Woman me l'hanno chiesto sia il cinema sia la tivù... d'ora in poi crederò solo quando vedrò realizzato uno dei miei lavori.

Non ha mai pensato di abbandonare l'insegnamento universitario e di dedicarsi a tempo pieno al racconto e al romanzo?
Ci ho pensato, ma non credo che prenderò mai una simile decisione. Non in questo momento, comunque. Ho sei figli... inoltre sono cresciuto durante la Grande Crisi... infine non credo di essere in grado di scrivere più in fretta di quanto scriva ora.

grazie a: Il Giallo Mondadori, n. 1747, 25.7.1982