Antonio Gramsci
Elementi di politica
Il Partito comunista |
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[Articolo
non firmato, 4.9.1920. ON, p. 154]
Dopo
il Sorel è
divenuto luogo comune riferirsi alle primitive comunità
cristiane per giudicare il movimento proletario moderno. Occorre
subito dire che il Sorel non è in modo alcuno responsabile
della grettezza e della rozzezza spirituale dei suoi ammiratori
italiani, [1] come Karl Marx non è responsabile
delle assurde pretese ideologiche dei “marxisti”.
[2] Sorel è, nel campo della ricerca storica,
un “inventore”, egli non può essere imitato,
egli non pone al servizio dei suoi aspiranti discepoli un metodo
che possa sempre e da tutti applicarsi meccanicamente con risultati
di scoperte intelligenti. Per il Sorel, come per la dottrina marxista,
il cristianesimo rappresenta una rivoluzione nella pienezza del
suo sviluppo, una rivoluzione cioè che è giunta
fino alle sue estreme conseguenze, fino alla creazione di un nuovo
ed originale sistema di rapporti morali, giuridici, filosofici,
artistici; assumere questi risultati come schemi ideologici di
ogni rivoluzione, ecco il rozzo e inintelligente tradimento della
intuizione storica soreliana, la quale può dare solo origine
a una serie di ricerche storiche sui “germi” di una
civiltà proletaria che devono esistere, se è vero
(come è vero per il Sorel) che la rivoluzione proletaria
è immanente nel seno della società industriale moderna,
e se è vero che anche da essa risulterà una regola
di vita originale e un sistema di rapporti assolutamente nuovi,
caratteristici della classe rivoluzionaria. Che significato può
dunque avere l’affermazione che a differenza dei primi cristiani,
gli operai non sono casti, non sono temperanti, non sono originali
nel loro metodo di vita? A parte la generalizzazione dilettantesca,
per cui gli “operai metallurgici torinesi” ti diventano
un’accozzaglia di bruti, che ogni giorno mangiano un pollo
arrosto, che ogni notte si ubriacano nei postriboli, che non amano
la famiglia, che ricercano nel cinematografo e nell’imitazione
scimmiesca delle abitudini borghesi la soddisfazione dei loro
ideali di bellezza e di vita morale [3] - a parte
questa generalizzazione dilettantesca e puerile, l’affermazione
non può affatto diventare presupposto di un giudizio storico:
essa equivarrebbe, nell’ordine dell’intelligenza storica,
a quest’altra: poiché i cristiani moderni mangiano
polli, vanno a donne, si ubriacano, dicono falso testimonio, sono
adulteri ecc. ecc., perciò è una leggenda che siano
esistiti gli asceti, i martiri, i santi.
Ogni
fenomeno storico, insomma, deve essere studiato per i suoi caratteri
peculiari, nel quadro della attualità reale, come sviluppo
della libertà che si manifesta in finalità, in istituti,
in forme che non possono essere assolutamente confuse e paragonate
(altro che metaforicamente) con la finalità, gli istituti,
le forme di fenomeni storici passati. [4]
Ogni
rivoluzione, la quale, come la cristiana e come la comunista,
si attua e può solo attuarsi con un sommovimento delle
più profonde e vaste masse popolari, non può che
spezzare e distruggere tutto il sistema esistente di organizzazione
sociale; chi può immaginare e prevedere le conseguenze
immediate che provocherà l’apparizione nel campo
della distruzione e della creazione storica delle sterminate moltitudini
che oggi non hanno volontà e potere? Esse, perché
non hanno mai “voluto e potuto”, pretenderanno vedere
materializzati in ogni atto pubblico e privato la volontà
e il potere conquistato; esse troveranno misteriosamente ostile
tutto l’esistente e vorranno distruggerlo dalle fondamenta;
ma appunto per questa immensità della rivoluzione, per
questo suo carattere di imprevedibilità e di sconfinata
libertà, chi può arrischiare anche una sola ipotesi
definitiva sui sentimenti, sulle passioni, sulle iniziative, sulle
virtù che si foggeranno in una tale fucina incandescente?
Ciò che oggi esiste, ciò che oggi noi vediamo, all’infuori
della nostra volontà e della nostra forza di carattere,
quali mutamenti potrà subire? Ogni giorno di una tale intensa
vita non sarà una rivoluzione? Ogni mutamento nelle coscienze
individuali, in quanto ottenuto simultaneamente per tutta l’ampiezza
della massa popolare, non avrà risultati creativi inimmaginabili?
Niente
può essere preveduto, nell’ordine della vita morale
e dei sentimenti, partendo dalle constatazioni attuali. Un solo
sentimento, divenuto ormai costante, tale da caratterizzare la
classe operaia, è dato oggi verificare: quello della solidarietà.
Ma
la intensità e la forza di questo sentimento possono essere
solo valutate come sostegno della volontà di resistere
e di sacrificarsi per un periodo di tempo che anche la scarsa
capacità popolare di previsione storica riesce, con una
certa approssimazione, a commisurare; esse non possono essere
valutate, e quindi assunte come sostegno della volontà
storica per il periodo della creazione rivoluzionaria e della
fondazione della società nuova, quando sarà possibile
fissare ogni limite temporale nella resistenza e nel sacrifizio,
perché il nemico da combattere e da vincere non sarà
più fuori del proletariato, non sarà più
una potenza fisica esterna limitata e controllabile, ma sarà
nel proletariato stesso, nella sua ignoranza, nella sua pigrizia,
nella sua massiccia impenetrabilità alle rapide intuizioni,
quando la dialettica della lotta delle classi si sarà interiorizzata
e in ogni coscienza l’uomo nuovo dovrà, in ogni atto,
combattere il “borghese” agli agguati. Perciò
il sindacato operaio, organismo che realizza e disciplina la solidarietà
proletaria, non può essere motivo e base di previsioni
per l’avvenire della civiltà; esso non contiene elementi
di sviluppo per la libertà; esso è destinato a subire
mutamenti radicali in conseguenza dello sviluppo generale: è
determinato, non determinante. [5]
Il
movimento proletario, nella sua fase attuale, tende ad attuare
una rivoluzione nell’organizzazione delle cose materiali
e delle forze fisiche; [6] i suoi tratti caratteristici
non possono essere i sentimenti e le passioni diffuse nella massa
e che sorreggono la volontà della massa; i tratti caratteristici
della rivoluzione proletaria possono essere ricercati solo nel
partito della classe operaia, nel Partito comunista, che esiste
e si sviluppa in quanto è l’organizzazione disciplinata
della volontà di fondare uno Stato, della volontà
di dare una sistemazione proletaria all’ordinamento delle
forze fisiche esistenti e di gettare le basi della libertà
popolare.
Il
Partito comunista è, nell’attuale periodo, la sola
istituzione che possa seriamente raffrontarsi alle comunità
religiose del cristianesimo primitivo; nei limiti in cui il Partito
esiste già, su scala internazionale, può tentarsi
un paragone e stabilirsi un ordine di giudizi tra i militanti
per la Città di Dio e i militanti per la Città dell’Uomo;
il comunista non è certo inferiore al cristiano delle catacombe.
Anzi! Il fine ineffabile che il cristianesimo poneva al suoi campioni
è, per il suo mistero suggestivo, una giustificazione piena
dell’ eroismo, della sete di martirio, della santità;
non è necessario entrino in giuoco le grandi forze umane
del carattere e della volontà per suscitare lo spirito
di sacrificio di chi crede al premio celeste e alla eterna beatitudine.
L’operaio comunista che per settimane, per mesi, per anni,
disinteressatamente, dopo otto ore di lavoro in fabbrica, lavora
altre otto ore per il partito, per il sindacato, per la cooperativa,
è, dal punto di vista della storia dell’uomo, più
grande dello schiavo e dell’artigiano che sfidava ogni pericolo
per recarsi al convegno clandestino della preghiera. Allo stesso
modo Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht [7] son
più grandi dei più grandi santi di Cristo. Appunto
perché il fine della loro milizia è concreto,
umano, limitato, perciò i lottatori della classe operaia
sono più grandi dei lottatori di Dio: le forze morali che
sostengono la loro volontà sono tanto più smisurate
quanto più è definito il fine proposto alla volontà.
Quale
forza di espansione potranno mai acquistare i sentimenti dell’operaio,
che, piegato sulla macchina, ripete per otto ore al giorno il
gesto professionale, monotono come lo sgranamento del chiuso circolo
di una coroncina di preghiera, quando egli sarà “dominatore”,
quando sarà la misura dei valori sociali? Il fatto stesso
che l’operaio riesca ancora a pensare, pur essendo ridotto
a operare senza sapere il come e il perché della sua attività
pratica, non è un miracolo? Questo miracolo dell’operaio
che quotidianamente conquista la propria autonomia spirituale
e la propria libertà di costruire nell’ordine delle
idee, lottando contro la stanchezza, contro la noia, contro la
monotonia del gesto che tende a meccanizzare e quindi a uccidere
la vita interiore, questo miracolo si organizza nel partito comunista,
nella volontà di lotta e di creazione rivoluzionaria che
si esprime nel Partito comunista.
L’operaio
nella fabbrica ha mansioni meramente esecutive. Egli non segue
il processo generale del lavoro e della produzione; non è
un punto che si muove per creare una linea; è uno spillo
conficcato in un luogo determinato e la linea risulta dal susseguirsi
degli spilli che una volontà estranea ha disposti per i
suoi fini. L’operaio tende a portare questo suo modo di
essere in tutti gli ambienti della sua vita; si acconcia facilmente,
da per tutto, all’ufficio di esecutore materiale, di “massa”
guidata da una volontà estranea alla sua; è pigro
intellettualmente, non sa e non vuole prevedere oltre l’immediato,
perciò manca di ogni criterio nella scelta dei suoi capi
e si lascia illudere facilmente dalle promesse; vuol credere di
poter ottenere senza un grande sforzo da parte sua e senza dover
pensare troppo; il Partito comunista è lo strumento e la
forma storica del processo di intima liberazione per cui l’operaio
da esecutore diviene iniziatore, da massa diviene capo e guida,
da braccio diviene cervello e volontà; nella formazione
del Partito comunista è dato cogliere il germe di libertà
che avrà il suo sviluppo e la sua piena espansione dopo
che lo Stato operaio avrà organizzato le condizioni materiali
necessarie.
Lo
schiavo o l’artigiano del mondo classico “conosceva
se stesso”, attuava la sua liberazione entrando a far parte
di una comunità cristiana, dove concretamente sentiva di
essere l’eguale, di essere il fratello, perché figlio
di uno stesso padre; così l’operaio, entrando a far
parte del Partito comunista, dove collabora a “scoprire”
e a “inventare” modi di vita originali, dove collabora
“volontariamente” alla attività del mondo,
dove pensa, prevede, ha una responsabilità, dove è
organizzatore oltre che organizzato, dove sente di costituire
un’avanguardia che corre avanti trascinando con sé
tutta la massa popolare.
Il
Partito comunista, anche come mera organizzazione si è
rivelato forma particolare della rivoluzione proletaria. Nessuna
rivoluzione del passato ha conosciuto i partiti; essi sono nati
dopo la rivoluzione borghese e si sono decomposti nel terreno
della democrazia parlamentare. Anche in questo campo si è
verificata l’idea marxista che il capitalismo crea forze
che poi non riesce a dominare. [8] l partiti
democratici servivano a indicare uomini politici di valore e a
farli trionfare nella concorrenza politica; oggi gli uomini di
governo sono imposti dalle banche, dai grandi giornali, dalle
associazioni industriali; i partiti si sono decomposti in una
molteplicità di cricche personali. Il Partito comunista,
sorgendo dalle ceneri dei partiti socialisti, ripudia le sue origini
democratiche e parlamentari e rivela i suoi caratteri essenziali
che sono originali nella storia: la rivoluzione russa è
rivoluzione compiuta dagli uomini organizzati nel Partito comunista,
che nel partito si sono plasmati una personalità nuova,
hanno acquistato nuovi sentimenti, hanno realizzato una vita morale
che tende a divenire coscienza universale e fine per tutti gli
uomini.
[1]
Mussolini e gli altri esponenti fascisti che si dicevano ammiratori
di Sorel.
[2] Ci si riferisce alle deformazioni del marxismo
operate in Italia dal positivismo.
[3] Ironia sui luoghi comuni della propaganda
antioperaia.
[4] Questa impostazione si richiama direttamente
allo storicismo, secondo il quale ogni fenomeno
dev’essere ricondotto alle concrete condizioni storiche
da cui scaturisce: ogni comparazione tra eventi storici maturati
in epoche diverse può quindi avere solo un valore simbolico,
come appunto il paragone tra cristianesimo e comunismo.
[5] G. non sottovaluta mai le difficoltà
e le contraddizioni del processo rivoluzionario: qui la polemica
è contro le concezioni del sindacalismo rivoluzionario.
[6] Cioè una trasformazione dei rapporti di produzione.
[7] Rosa Luxemburg (1871-1919)
e Karl Liebknecht (1871-1919): creatori del gruppo
comunista “Lega di Spartaco”, assassinati dalle bande
reazionarie controllate dal ministro socialdemocratico tedesco
Noske. Luxemburg, polacca, dirigente di primo piano del movimento
socialista, studiosa di economia, fu tra i fondatori del Partito
comunista tedesco; Liebknecht (figlio di Wilhelm, tra i promotori
della I Internazionale) militò fin da giovanissimo nelle
file del movimento operaio, conducendo un’attiva campagna
antimilitarista.
[8] Uno dei nuclei centrali della critica
marxista al sistema capitalistico. Già nel Manifesto
del partito comunista (1848) di Marx ed Engels veniva sottolineato
che la borghesia stessa ha dato vita alla forza in grado di distruggerla,
il proletariato; borghesia talvolta paragonata all’apprendista
stregone il quale evoca incautamente potenze che poi non è
più in grado di controllare. Anche da qui muoveva la previsione,
rivelatasi del tutto errata, dell’inevitabile crollo del
capitalismo. Spesso il marxismo viene raffigurato, da critici
incolti o estimatori superficiali, soprattutto sulla base dei
concetti espressi nel Manifesto: questo rimane un libro
straordinario, ma occorre ricordare che si trattava di un testo
divulgativo; ben altro spessore hanno le numerose e complesse
opere dei due “padri” del socialismo scientifico.
Un’ottima antologia è: K. Marx - F. Engels, Opere
scelte, Ed. Riuniti, 1966.
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