Il Noto Servizio o l'Anello
Matteo Lunardini Il Noto Servizio |
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Corrado Stajano sul Corriere della Sera l’ha giustamente definito un “vero romanzone, il ritratto della mala Italia”. Eppure “Il Noto servizio, Giulio Andreotti e il caso Moro” (Tropea, pagg. 445, euro 18,00), l’ultimo sforzo dello storico Aldo Giannuli, non è un romanzo criminale. È semplicemente il miglior saggio mai scritto sulla materia. Analizza il rapporto tra intelligence e struttura sociale in Italia partendo da una nuova inquietante scoperta: il cosiddetto ‘il Noto Servizio’. Ma anche il titolo non deve trarre in inganno. Il caso Moro è infatti solo uno degli avvenimenti trattati e Andreotti è sì un protagonista eccellente, ma nella storia della Repubblica non gioca il ruolo del ‘grande burattinaio’. Il divo Giulio è come il ‘cavallo negli scacchi’, abile a saltare in tutte le direzioni ma uomo incapace di azioni a lungo raggio.
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Stefania Limiti L'Anello. Quella di Kappler fu una fuga di Stato |
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Roma, 15 agosto 1977: c’è caldo nella capitale, mentre il nazista Herbert Kappler è già in viaggio per raggiungere la Germania, è libero. Spiazzi era esponente di spicco della Rosa dei Venti, una diretta emanazione di un servizio segreto sovranazionale della Nato che si sovrapponeva agli organi istituzionali dello Stato e che nel 1973 aveva già architettato l’esfiltrazione di Kappler: non solo perché la Germania lo rivoleva – lì era pure esplosa la kapplermania, con i nostalgici del Fuhrer che acclamavano i gerarchi – ma perché quel ‘regalo’ sarebbe stato il loro omaggio al Ventennio (che tempi, eh? pensavamo fossero dimenticati, e invece…). Alla fine si può ben dire che i protagonisti della “Repubblica della Guerra Fredda” sono sempre gli stessi: nulla poteva cambiare in Italia, e questo status di immobilità veniva garantito da strutture segrete che reclutavano civili nei corpi delle forze di sicurezza. Se la verità sulla fuga di Kappler fosse saltata fuori, in quel caldo scorcio di agosto del 1977, ne sarebbe andato di mezzo lo Stato. Agli uomini dell’Anello, invece, nessuno avrebbe potuto chieder conto delle proprie azioni e frequentazioni. Durante le operazioni dell’evasione gli agenti di Vito Casardi, il capo del Sim, il servizio ufficiale, seguivano con attenzione e scrupolo che tutto andasse bene. Poi, una volta scoperto il misfatto, si diede in pasto all’opinione pubblica la storiella della fidanzata Annelise, corpulenta infermiera teutonica, che per amore fa scappare il suo uomo, ficcato con forza in una valigia calata dal terzo piano della stanza del Celio. Incredibile vero? Eppure fu la verità ufficiale, scritta per anni dai giornali, dai documenti giudiziari e da quelli parlamentari. Fino a quando non si seppe dell’Anello. La fuga di Kappler fu uno dei pilastri per ricostruire quel (poco ma non troppo) che si sa delle missioni di Adalberto Titta e dei suoi agenti clandestini. il Fatto, 15.08.2023 |