«Uno spaccato dell’Italia nell’era del Web». Che tipo di internauti sono gli italiani, come e perché utilizzano il Web partecipativo? Perché scelgono di «connettersi» tra loro, condividere e rendere noto il proprio profilo? Un’indagine condotta dell’Aie, l’associazione italiana editori, pochi mesi fa descriveva gli italiani come potenziali «technocrati», utenti appassionati del mezzo ma incapaci di sfruttare le potenzialità del Web 2.0. A parlare del rapporto con Internet questa volta sono gli «Italiani 2.0», la cui voce, attraverso testimonianze video viene raccolta dal primo docu-web in cui gli internauti sono protagonisti assoluti ma anche sceneggiatori del progetto. L'idea è di «Techlovers.it», il contenitore digitale che negli ultimi mesi ha raccolto storie e talenti nascosti. Prodotto interamente con materiali ed esperienze sviluppatesi su internet, «Italiani 2.0», esplora le relazioni tra gente comune e tecnologia, con particolare attenzione al rapporto degli italiani con il web 2.0, il web in mobilità e le nuove relazioni sociali. Tra le tante storie caricate dagli utenti sul sito dal 10 dicembre scorso, saranno gli utenti a scegliere e votare rigorosamente quelle che verranno approfondite e saranno le protagoniste del docu-web. Sarà un video reportage su come la tecnologia può migliorare o peggiorare la qualità della vita e, da un certo punto di vista, «escludere» da certe dinamiche sociali chi non la utilizza. Storie di ordinario internet, insomma, come il video postato da «Il Normaluono». «Potrei spiegarti che sono una persona eccezionale, che internet, Facebook e Myspace mi hanno cambiato la vita. Ma non lo farò. Non ho vissuto particolari sventure, non ho visto la luce, e non vissuto al buio. Semplicemente». Tra i video in gara si vedono anche storia di chi con Internet lavora e mette in moto nuovi contatti, come «Robin Good», «un editore indipendente online che pubblica una rivista giornaliera online sui nuovi media e su come usare queste nuove tecnologie per comunicare in maniera più efficace». C’è chi testimonia con la sua storia come il Web 2.0 possa essere anche il veicolo di nuove lotte e nuove tematiche “verdi”. «Altamarea. Salviamo Taranto dall’inquinamento» ad esempio, è la video-storia di Lucio Dione, responsabile web del movimento che è riuscito ad organizzare il 29 novembre la Grande marcia per l’ambiente. Non ultimo vengono le emozioni, l’amore, l’odio e le relazioni interpersonali degli italiani al tempo di Internet. Una testimonianza su tutte la dà «Startapper», che ha «progettato un calendario emozionale collettivo 2.0». Il termometro condiviso dell’emotività funziona così: tu posti i momenti più significativi della tua vita sul sito «Myminutes.org» e il sito si «rivende i tuoi minuti» per finanziare progetti web di giovani creativi. I video arrivati finora su «Techlovers.it» dipingono anche i coni d’ombra del Web 2.0, dal «gioco» agli «equivoci in chat», a chi avverte: «Non è solo un gioco». Staremo a vedere quali saranno le tendenze vincenti del concorso e quali saranno gli «Italiani 2.0». Il mondo (del lavoro) e il Web 2.0 Nel mondo, intanto, stando alla fotografia di una delle maggiori società di «recruting», Robert Half International, sembra che i social network vengano usati non solo per comunicare e vivere relazioni sociali ma anche per trovare lavoro. Sembra essere questa l'ultima nuova frontiera del web. Siti come «Facebook» e il precursore Linkedin, dove ogni utente può crearsi un profilo, descrivere se stesso e procurarsi nuovi contatti ogni giorno, attirano sempre di più aziende e capi del personale. Ma sono in crescita anche spazi come «YouTube», dove si può raccontare in video il proprio curriculum vitae o «Messenger», il servizio di messaggistica istantanea usato sempre più per contatti professionali. Sostiene Robert Half International che negli Usa il 62 per cento dei direttori del personale nei prossimi tre anni utilizzerà il web 2.0 per cercare nuova forza lavoro. Ai network professionali più tradizionali come Linkedin, che copre circa 150 diversi settori e cresce ad una velocità di 100.000 iscritti a settimana, dove gli utenti pubblicano e mantengono aggiornato il proprio Cv e possono ricevere «raccomandazioni» dalle persone che entrano a far parte della loro rete, si affianca il popolare «Facebook». Oltre alla circolazione tra gli iscritti di foto ed esperienze personali - come è oramai noto - il social network più famoso al mondo ha di recente raggiunto un accordo con «CareerBuilder», il portale dedicato al mondo del lavoro. Potrà esporre le proprie inserzioni su Facebook per proporre agli utenti possibilità professionali calibrate sulle loro esigenze. «Non inseriremo nulla nei profili di nessuno - precisa Mike Murphy, vice presidente di Facebook, a proposito di possibili obiezioni legate alla privacy - Abbiamo semplicemente intenzione di offrire annunci pubblicitari utilizzando Facebook Ads per possibili posizioni lavorative, e gli utenti potranno scegliere di parteciparvi o meno». L'operazione è in via sperimentale negli Stati Uniti per poi essere estesa ad altri mercati. Un canale dedicato soprattutto agli studenti in cerca di lavoro è la sezione YouTube di video casting. Basta cliccare su http://it.youtube.com/user/CampusVideoCV per accedere ad una sorta di bacheca con i video raccolti nei campus, con cui molti giovani cercano di promuoversi nel mondo del lavoro. Mentre ryze.com è rivolto principalmente ai professionisti. Ed è sempre più utilizzato per lavoro anche Messenger, uno dei sistemi di instant messaging più diffuso: secondo recenti rilevazioni, il 37 per cento dei fruitori utilizza questo programma anche per lavoro, per contattare colleghi, 71 per cento, collaboratori, 39 per cento e clienti, 27 per cento. Molto apprezzate in ambito professionale sono le capacità di ottenere feedback dagli interlocutori, 65 per cento e la possibilità di scambiare documenti in tempo reale con colleghi e clienti, 57 per cento. Questi dati faranno forse riflettere quelle aziende che considerano i social network fonte di distrazione. Se è vero infatti che in momenti di crisi economica un controllo dall'alto è inevitabile, è altrettanto vero - come ha osservato anche The Economist - che i manager dovrebbero essere più indulgenti con i loro dipendenti «Facebookers», come vengono definiti nel gergo aziendale americano: secondo il settimanale, infatti, nessuna generazione di lavoratori ha mai posseduto caratteristiche così utili alle imprese come la grande capacità di svolgere diverse attività contemporaneamente, cioè il tanto richiesto e celebrato «multitasking». Truffe al tempo del Web 2.0 Tutto questo, però, continua a cozzare con un altro fenomeno incrementato e moltiplicato dal Web 2.0, quello dei crimini informatici. Stando a quanto emerge dal rapporto semestrale sullo stato di sicurezza di Internet dei Websense Security Labs, infatti, i criminali informatici stanno portando avanti una vera e propria strategia di attacco che sfrutta le caratteristiche del Web 2.0, punta a compromettere siti autentici e ad alto traffico, e utilizza e-mail spam sempre più subdole e mirate. Tra gennaio 2008 e 2009 il numero di siti maligni presenti sul Web è cresciuto del 46 per cento. Siti popolari come «i social network o quelli per le ricerche ormai - secondo il rapporto - non sono più un luogo sicuro per gli utenti di Internet e nell'arco del 2009 ci si aspetta un consolidamento di questa tendenza». Websense rileva inoltre che i 100 siti più popolari sono stati l'obiettivo preferito dai cyber criminali negli ultimi sei mesi dell'anno appena concluso. «Il 70 per cento di questi siti - sottolinea il rapporto - ha ospitato contenuti maligni o re-indirizzato a siti infetti, con una crescita pari al 16 per cento». Inoltre, sono aumentati gli attacchi misti web ed email. «Il 90,4 per cento della posta indesiderata, circolata nella seconda metà del 2008, era «spam» che conteneva un link a siti maligni, con un aumento del 6 per cento delle email con link a siti compromessi». Per quanto riguarda il 2009, il rapporto prevede che il Web 2.0 continuerà ad essere il terreno preferito dai criminali informatici e «l'80 per cento di tutti i contenuti maligni sarà ospitato su siti con una buona reputazione e che tecniche di web spam e di altro tipo saranno usate in modo crescente su forum, blog e social network per convogliare traffico verso siti infetti». l'Unità, 22 gennaio 2009 |