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Aldo Agosti
Stalin: il danno più grande
all'idea di socialismo |
Alla
morte di Stalin, il 5 marzo 1953, non accadde quello che
moltI temevano e altri speravano: lo Stato sovietico non
si disgregò, il sistema sociale e politico che
Stalin aveva creato in buona parte gli
sopravvisse e per molti aspetti si prolungò fino alla
fine dell'Unione Sovietica.
Ma la "questione Stalin" sopravvive anche in qualche
modo all'esperienza ormai chiusa della rivoluzione d'Ottobre,
e investe ancora quasi
ogni aspetto della vita di un grande
paese come l'ex-Unione Sovietica
nel cui corpo, ha affermato uno scrittore russo, ha lasciato
"un'orrenda
ferita sanguinante". Il posto stesso
occupato da Stalin e dallo stalinismo
nella memoria di quei popoli non è
ancora ben definito: in Russia la percentuale di popolazione
che considera Stalin la figura più positiva del
Novecento è passata in sette anni dall'8 al 15%. Le
pressioni dell'opinione
pubblica per ribattezzare Volgograd
con il nome di Stalingrad, inscindibilmente legato alla
vittoria contro il
nazismo, non sembrano lasciare insensibile nemmeno Putin.
Dunque,
a cinquant'anni dalla sua morte, Stalin, come è proprio
delle figure grandi e tragiche della storia, smuove ancora
passioni, tocca nervi scoperti
della coscienza collettiva, ripropone
interrogativi aperti: e non in Russia
soltanto.
Che bilancio si può tracciare del
suo operato? Negli anni Ottanta uno
storico americano, interprete fra i
piu acuti e profondi dello stalinismo,
Stephen F. Cohen, ha parlato del "fenomeno Stalin" come
di "una montagna con due vette altissime
e inseparabili, una montagna di enormi
realizzazioni accanto a una montagna di delitti inauditi",
Forse senza
saperlo, egli riprendeva un notazione di molti anni prima di
Palmiro Togliatti, il quale riteneva che in Stalin
si assommassero "il massimo di
cose buone e il massimo di cose cattive".
Nella loro apparente
banalità
questi giudizi esprimevano la persistente difficoltà di
una valutazione
storica complessiva in una fase in cui
l'esperienza sovietica non sembrava
affatto conclusa. Stalin sembrava
aver trasformato una società rurale
arretrata e semianalfabeta in una società industriale,
urbana, con un notevole grado di istruzione e con
un'elevata mobilità verso l'alto. Sotto la sua guida
si era realizzato uno
sforzo immane per costruire una società nuova. Sotto
la sua direzione si
era combattuta la lotta davvero eroica del popolo sovietico
per la cacciata dell'invasore nazista, una lotta che
aveva contribuito in modo determinante alla sconfitta dei
fascismi nella
seconda guerra mondiale.
Dal sistema che Stalin aveva impersonato
si
era sprigionato, per un intero periodo storico, un impulso
capace di liberare energie immense, che avevano
contribuito a cambiare la faccia prima della vecchia Europa
e poi del mondo.
D'altra parte, prima che si aprissero gli archivi sovietici
nel
1991 si sapeva che il sistema di terrore di massa instaurato
da Stalin, gli
arresti arbitrari, le deportazioni, le
montature giudiziarie, le esecuzioni,
i campi di lavoro forzato avevano
fatto milioni di vittime innocenti. La
trasformazione della Russia in un
grande paese industriale è costata un
prezzo elevatissimo di vite umane e
di risorse materiali. I metodi e gli
orrori dello stalinismo sono stati
esportati e imposti di forza nei paesi
venutisi a trovare dopo la seconda
guerra mondiale nella sfera d'influenza sovietica.
A distanza di tempo, però, un bilancio più aggiornato
non può non
mettere in luce come anche la prima
vetta della montagna di cui parlava
Cohen fosse corrosa e in ultima analisi minata alla base
da quel "massimo
di cose cattive" evocato da Togliatti. Il processo di modernizzazione dell'economia e della società sovietica
messo in moto da Stalin poggiava fin
dall'inizio sulle basi fragilissime di
una società civile amorfa e disgregata, ed era affidato,
per usare l'immagine di Moshe Lewin,
a "una
sovrastruttura politica sospesa nel vuoto."
Il progetto politico originario del bolscevismo, già di
per sé non privo di
tratti di autoritarismo giacobino, si
dissolse nella realtà dispotica, totalitaria, gerarchica,
negatrice dei più
elementari diritti di libertà che Stalin
avrebbe finito per incarnare. Il peso
gravoso della sua eredità impedì al
sistema di riformarsi e fu tra i fattori
che ne determinarono nel lungo periodo l'implosione: il risultato
sarebbe
stato un paesaggio di rovine materiali e morali nel quale
ancora oggi si
stenta a intravedere i contorni di una
democrazia in cammino.
Ogni grande processo rivoluzionario comporta costi umani
pesantissimi. Probabilmente, quanto maggiore è il
grado di arretratezza economica, sociale e civile della situazione
di partenza, tanto più alto è il prezzo da
pagare. La Russia di Stalin non ha
fatto eccezione a questa regola.
Ma
nel bilancio conclusivo della sua opera non può non
entrare un altro elemento di giudizio. Sotto la dittatura
di Stalin è stato deformato e stravolto al punto da
renderlo irriconoscibile il patrimonio di idee e di valori
che molti avevano visto sul punto di
realizzarsi con la rivoluzione d'ottobre, percepita come
la prima rivoluzione socialista della storia.
In questo senso
il danno recato da Stalin
all'immagine del socialismo, alla sua
forza espansiva, al suo valore di alternativa storica per
l'umanità, è stato
nel lungo periodo incalcolabile.
Si
ripropone così quello che è forse il
maggiore paradosso del XX secolo, il
fenomeno comunista, capace, sotto
l'insegna di una ideologia di cui la
realtà dell'Urss e dei paesi del "socialismo reale"
divenne sempre più la
negazione, di mobilitare le speranze
e le energie di milioni di uomini e di
donne in lotta per la propria emancipazione, e insieme di sacrificare la
dignità e la vita di altrettanti.
l'Unità, 5.3.2003
"Potrei
farti un racconto la cui più innocua parola saprebbe
straziare la tua anima, agghiacciare il tuo giovane sangue,
far roteare fuori dalle orbite, come stelle, i tuoi occhi,
dividere le tue ciocche pettinate e annodate, drizzare
i tuoi capelli, uno a uno come gli aculei dell’istrice
minacciato." Shakespeare, Amleto
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Il
peggior danno per il socialismo è stato Stalin
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