"Giuseppe Stalin è morto"

La prima notizia arriva in Italia nel cuore della notte. Sono solo quattro le parole che l'Ansa batte poco dopo le due del mattino di venerdì 6 marzo 1953, ma sono di quelle che fanno la storia: "Giuseppe Stalin è morto".
Un evento atteso in realtà ormai da alcuni giorni. Il 4 marzo l'agenzia sovietica Tass e Radio Mosca avevano rivelato che "nella notte del 2 marzo 1953 Stalin ha avuto un'improvvisa emorragia cerebrale che ha colpito le parti vitali del cervello." Il bollettino medico ufficiale non lascia spazio a dubbi: "Lo stato di salute di Stalin permane grave." In breve la notizia fa il giro del mondo.

Washinghton
sospende i programmi radio-televisivi per dare lettura delle notizie di agenzia, a Londra - riporta l'Ansa - c'è "vivissima emozione" e "molti osservatori credono che essa possa provocare una gravissima crisi del regime sovietico."
Sempre attraverso l'agenzia di stampa italiana si apprende non solo che "il patriarca ortodosso Alessio e i capi di tutte le altre confessioni dell'Urss hanno invitato i loro fedeli a pregare per la guarigione di Stalin", ma che anche il presidente americano Eisenhower manifesta alla stampa una certa apprensione: "In questo momento della storia, quando il popolo russo vive nell'ansietà per la malattia del leader sovietico, i pensieri dell'America sono rivolti a tutti i popoli dell'Urss."

La Gazzetta del Popolo del 5 marzo riporta addirittura: "Il Papa prega per Stalin."
Fuori dal coro la Jugopress, agenzia ufficiale del Ministero gli esteri jugoslavo, per cui le condizioni di Stalin non hanno provocato cordoglio nel paese, ma addirittura "gioia manifesta e sollievo". Il regime di Tito - il cui risentimento si era fatto sempre più acuto per le polemiche con il Cominform - coglie l'occasione per ribadire che Stalin ha rinnegato la rivoluzione di Ottobre "attraverso il sistema imperialistico burocratico istituito nell'Urss".

ll 5 marzo la Tass annuncia l'aggravarsi delle condizioni: è solo questione di ore. La morte del maresciallo Stalin viene dichiarata con un comunicato ufficiale del Comitato Centrale del PCUS prima dell'alba del 6 marzo.
Le reazioni sono frenetiche e ben presto tutta Mosca risulta irraggiungibile telefonicamente. Uno dei primi commenti a caldo, riportato dall'Ansa alle 2.47 del mattino in Italia, è quello tutt'altro che commosso del presidente del consiglio De Gasperi. Questi, pur rimandando il giudizio sull'uomo "allo storico imparziale", sottolinea che "in vita il dittatore non mostrò per il nostro paese né comprensione né considerazione", anzi, "l'atteggiamento dei suoi diplomatici fu nelle trattative e nella conferenza della pace ostinatamente duro e pertinacemente negativo."
Intanto i giornali del mattino diffondono la notizia in tutto il mondo.
Il New York Times titola: "Stalin muore dopo 29 anni di governo; non ancora nominato il suo successore; gli Stati Uniti vigilano", anche se il presidente Eisenhower invia le sue condoglianze al Soviet Supremo.

In Italia la stampa di sinistra è ovviamente tutta schierata. l'Unità proclama "Gloria eterna all'uomo che più di tutti ha fatto per la liberazione e per il progresso dell'umanità, l'uomo che più di tutti operò per il benessere dei lavoratori"; Palmiro Togliatti, Segretario del PCI, lo commemora alla Camera dei Deputati come "un gigante del pensiero e dell'azione, con il suo nome verrà chiamato un secolo intero"; Pietro Nenni scrive su l'Avanti! che "Stalin entra nella storia avendo dietro di sé una mole imponente di lavoro e di opere" e, alcuni giorni dopo, "è clamorosamente confermato che Stalin non si reggeva su di un sistema di violenza tirannica ma sulla adesione dei popoli sovietici."

A Berlino est, il 6 marzo, l'Ansa rileva che i giornali non danno ancora notizia del decesso, anzi, la Tagliche Rundschau, organo ufficiale dell'Armata Rossa in Germania, è uscita con un titolo su tutta la prima pagina che dice: "Il desiderio dei popoli del mondo: rapida guarigione."

I partiti e gli uomini di sinistra italiani si profondono in note di cordoglio. Il PCI invia un messaggio in cui l'ex leader è definito "guida sicura di tutta l'umanità progressiva" e che "spetta a noi comunisti e democratici raccogliere e portare avanti la bandiera delle libertà democratiche, della indipendenza e della sovranità nazionale." L'ufficio stampa del PSI comunica il lutto dell'intero mondo dei lavoratori. La CGIL invita "i lavoratori a una sospensione collettiva del lavoro", contrastata dalla CISL che, polemicamente, "non intende subire una decisione presa unilateralmente dalla CGIL di proclamare uno sciopero generale." Ancor più la UIL, "assolutamente estranea all'iniziativa, la condanna in quanto non può essere in alcun modo fissato il principio che il capo di governo di una potenza straniera, qualunque essa sia, possa essere considerato il capo della classe lavoratrice di tutto il mondo."

L'Osservatore Romano ricorda come "il nome di Stalin rimane per sempre legato alla muta e grande passione della Chiesa e alle sofferenze dei cattolici di Russia." La Stampa dell'8 marzo riporta le accuse di Le Figaro al governo francese per l'esibizione di bandiere abbrunate: "Assoluta mancanza di sensibilità che eserciterà un'azione deprimente sui francesi che in Indocina combattono contro i guerriglieri comunisti."

Con il passare dei giorni c'è anche chi avanza l'ipotesi che il capo sovietico sia morto ben prima del 5 marzo. Sul londinese Daily Sketch dell'11 marzo si parla di bollettini medici "ridicolmente sovraccarichi di particolari", di strani messaggi cifrati e che "notizie pervenute da Varsavia, Budapest e Praga confermano che in questi paesi la polizia di sicurezza fu posta in stato di allarme domenica, cioè prima dell'inizio ufficiale della malattia di Stalin."

Tra i mille titoli tutti uguali che affollano i giornali dell'epoca spicca il Die Tribune della Federazione dei sindacati tedeschi di Berlino, che l'8 marzo 1953 scrive serafico: "Con Stalin è scomparso il più grande scienziato del marxismo e del leninismo e l'insuperabile combattente per il mantenimento e per il rafforzamento della guerra in tutto il mondo."
L'Ansa riferisce che "tutti i correttori di bozze del giornale sono stati arrestati dalla polizia popolare, sotto accusa di sabotaggio e cosciente vituperio del defunto generalissimo Stalin."

l'Unità, 5.3.2003