Umberto Eco

Deduzione o abduzione?


Il titolo è nostro. Quello originale è Ipotesi su tre tipi di abduzione, in Umberto Eco - Thomas Seboek (cur.), Il segno dei tre: Holmes, Dupin, Peirce, Bompiani, 1983. Ovviamente il testo qui estrapolato ha elementi di difficile comprensione, sia per la complessità delle questioni trattate, sia perchè è isolato dall'insieme della pubblicazione. Ma che ci possiamo fare?


Non c'è differenza fra quella che Peirce chiama ipotesi o abduzione e lo sforzo attraverso cui, secondo Aristotele, si formula una definizione, dicendo che cosa un oggetto è con lo spiegare a titolo ipotetico perché questo è come è, esibendo così tutti gli elementi in grado di stabilire una deduzione secondo la quale, se la Regola è giusta, ogni Risultato proverà che questo oggetto è.
[...] Molte ricerche contemporanee hanno identificato l'abduzione con le procedure congetturali dei medici e degli storici (vedi, in questo libro, il saggio di Ginzburg). Ora, un medico cerca sia leggi generali che cause specifiche e particolari; e uno storico lavora all'identificazione sia di leggi storiche che di cause particolari di particolari eventi. In entrambi i casi sia i medici che gli storici fanno congetture sulla qualità testuale di una serie di elementi apparentemente sconnessi. Operando così la reductio ad unum di una pluralità. Le scoperte scientifiche e mediche, le indagini criminali, le ricostruzioni storiche, le interpretazioni filologiche di testi letterali (attribuzione a un certo autore sulla base di chiavi stilistiche, «fair guesses» riguardanti parole o frasi perdute) sono tutti casi di pensiero congetturale. Questo è il motivo per cui credo che l'analisi delle procedure congetturali nell'indagine criminale possa gettare nuova luce sulle procedure congetturali in scienza, e la descrizione delle procedure congetturali in filologia possa gettare nuova luce sulle diagnosi mediche. Questo è anche il motivo per cui i saggi di questo libro, anche se trattano del rapporto Peirce-Conan Doyle, operano con uno scopo più generalmente epistemologico.
[...] Molte delle cosiddette «deduzioni» di Sherlock Holmes sono casi di abduzione creativa. Per esempio, in Card, Holmes scopre ciò che Watson sta rimuginando fra sé, leggendo il corso dei suoi pensieri attraverso i lineamenti. L'episodio è tipico dei procedimenti di Holmes e merita una lunga citazione:

Vedendo che Holmes era troppo assorto per conversare, misi da parte la sterile carta e, lasciandomi andare sulla sedia, mi immersi in fantasticherie. D'improvviso la voce del mio compagno interruppe i miei pensieri. «Avete ragione, Watson» disse. «Mi sembra un modo veramente assurdo di sedare una disputa.»
«Assurdo davvero!» esclamai e poi, rendendomi conto improvvisamente che egli aveva percepito i più remoti pensieri della mia anima, sobbalzai sulla sedia e lo guardai con attonito stupore.
«Cosa succede Holmes?» gemetti. «Questo è oltre ogni immaginazione...». Egli rise di cuore alla mia perplessità.
«Ricorderete» disse «che qualche tempo fa, quando vi lessi il brano di una scena di Poe in cui un ragionatore stringente segue i pensieri taciti del suo compagno, tendevate a considerare il fatto solo come un tour de force dell'autore. Quando vi feci osservare che io avevo l'abitudine costante di fare lo stesso, esprimeste incredulità.» «Oh no!»
«Forse non a parole, mio caro Watson, ma lo fecero le vostre sopracciglia. Cosicché, quando vi vidi abbandonare la carta e immergervi nei pensieri, fui contento di avere l'opportunità di leggerli, e infine di penetrarvi, a prova del fatto che ero in contatto con voi.» Ma io ero ben lontano dall'essere soddisfatto. «Nel brano che mi avete letto» dissi «il ragionatore traeva le sue conclusioni dalle azioni dell'uomo che osservava. Se ben ricordo, costui aveva inciampato su un mucchio di pietre, aveva guardato in alto alle stelle e così via. Ma io me ne stavo seduto immobile sulla mia sedia, che indizi posso avervi dato?» «Fate torto a voi stesso. I lineamenti dell'uomo sono i mezzi con i quali egli esprime le proprie emozioni, e i vostri vi servono fedelmente.»
«Volete dire che avete letto il corso dei miei pensieri dai miei lineamenti?» «Dai vostri lineamenti e specialmente dai vostri occhi. Riuscite a ricordare come è iniziata la vostra fantasticheria?» «No, non ce la faccio...» «Ve lo dirò io, allora. Dopo aver abbandonato la carta, azione che ha attirato la mia attenzione su di voi, siete rimasto seduto per mezzo minuto con un'espressione vacua. Poi i vostri occhi si sono posati su un ritratto da poco incorniciato del generale Gordon, e ho visto dal cambiamento della vostra espressione che una nuova serie di pensieri era iniziata. Ma non vi ha portato molto lontano. Il vostro sguardo si è spostato sul ritratto non ancora incorniciato di Henry Ward Beecher, posato in cima ai vostri libri. Poi avere guardato il muro sopra, e il significato era naturalmente ovvio. Stavate pensando che se il ritratto fosse incorniciato coprirebbe proprio quello spazio vuoto e corrisponderebbe a quello di Gordon dall'altra parte.»
«Mi avete seguito meravigliosamente!» esclamai.
«Fino a questo punto era difficile smarrire la traccia. Ma ora i vostri pensieri tornarono a Beecher, e lo esaminavate intensamente come per studiarne il carattere attraverso i lineamenti. Poi avete smesso di aguzzare gli occhi, ma continuavate a esaminarlo, e avevate un'aria pensierosa. Vi ritornavano alla memoria gli episodi della carriera di Beecher. Ero ben conscio che non potevate farlo senza pensare alla missione che intraprese su incarico del Nord al tempo della Guerra Civile, perché ricordo che avevate espresso la vostra viva indignazione a proposito del modo con cui era stato ricevuto dai più turbolenti tra i nostri. I vostri sentimenti ai riguardo erano così forti che io sapevo che non avreste potuto pensare a Beecher senza pensare a quell'episodio. Quando subito dopo ho visto i vostri occhi distogliersi dal ritratto, ho sospettato che il pensiero fosse ora indirizzato alla Guerra Civile, e quando vidi le vostre labbra serrarsi, gli occhi brillare e i pugni stringersi, fui sicuro che stavate pensando alla nobiltà che entrambe le parti avevano mostrato in quella lotta disperata. Ma poi il vostro viso tornò di nuovo triste e scuoteste il capo. Vi eravate soffermato a pensare alla tristezza e all'orrore e all'inutile spreco di vite umane. La vostra mano scivolò lentamente verso la vecchia ferita e un sorriso balenò sulle vostre labbra, e mi rivelò che si era fatto strada nella vostra mente il pensiero di quanto fosse ridicolo questo metodo di sedare le dispute internazionali. A quel punto vi detti ragione sul fatto che era assurdo, e fui lieto di scoprire che tutte le mie deduzioni erano state corrette.»
«Assolutamente corrette!» dissi io. «E ora che me lo avete spiegato confesso che sono stupito come prima.»
Il fatto che il corso dei pensieri, che Holmes ha ricostruito, coincida perfettamente con quello effettivo di Watson, è la prova che Holmes ha inventato «bene» (ovvero in accordo a un certo corso «naturale»). Nonostante ciò, egli ha inventato.
Etimologicamente, «invenzione» è l'atto di scoprire qualcosa che già esisteva da qualche parte, e Holmes inventa nel senso inteso da Michelangelo quando dice che lo scultore scopre nella pietra la statua che è già circoscritta e nascosta nella materia sotto il marmo in eccesso («soverchio»).
Watson getta la carta e poi fissa il ritratto del generale Gordon. Questo è senza dubbio un fatto. Che dopo guardi a un altro ritratto (non incorniciato) è un altro fatto. Che possa aver pensato alla relazione tra i due ritratti, può essere un caso di abduzione ipocodificata, basata sulla conoscenza di Holmes dell'interesse di Watson per l'arredamento. Ma che, a partire da questo punto, Watson pensi agli avvenimenti della carriera di Beecher è senza dubbio un'abduzione creativa. Watson sarebbe potuto partire da un episodio della Guerra Civile per paragonare quella tenzone cavalieresca con gli orrori della schiavitù. O avrebbe potuto pensare agli errori della guerra in Afghanistan, sorridendo perché si rendeva conto che la sua ferita, in fondo, era un prezzo accettabile per la sopravvivenza.
Si noti che, nell'universo di questa storia - regolato da una sorta di complicità fra l'autore e i suoi personaggi - Watson non potrebbe aver pensato che quello che effettivamente ha pensato, cosicché abbiamo l'impressione che Holmes isoli i soli tratti possibili dello «stream of consciousness» di Watson. Ma se il mondo della storia fosse il mondo «reale», lo «stream of consciousness» di Watson potrebbe aver preso molte altre direzioni. Holmes sta certamente cercando di imitare il modo in cui Watson dovrebbe aver pensato (ars imitatur naturam in sua operatione!) ma è obbligato a scegliere, fra i molti possibili percorsi mentali di Watson (che probabilmente egli immagina tutti insieme allo stesso tempo), quello che mostra maggior coerenza estetica, o più «eleganza». Holmes inventa una storia. Accade semplicemente che quella storia possibile sia analoga a quella reale.
Gli stessi criteri estetici guidarono l'intuizione copernicana dell'eliocentrismo nel De revolutionibus orbium coelestrum. Copernico sentiva che il sistema tolemaico era inelegante, privo di armonia, come un dipinto in cui il pittore avesse riprodotto tutte le membra senza comporle in un unico corpo. Il sole dunque doveva essere, per Copernico, al centro dell'universo, perché solo così si poteva manifestare la mirabile simmetria del creato. Copernico non osservò le posizioni dei pianeti come Galileo, o Keplero. Egli immaginò un mondo possibile la cui garanzia era il suo essere ben strutturato, «gestalticamente» elegante. Seguiamo ora il corso di pensieri che porta Holmes (in Sign) a inferire che Watson si è recato all'ufficio postale di Wigmore Street per spedire un telegramma.

«Avete appena parlato di osservazione e deduzione. Certamente l'una in una certa misura implica l'altra.» «Niente affatto», rispose, adagiandosi comodamente nella sua poltrona e innalzando densi anelli di fumo dalla pipa. «Per esempio, l'osservazione mi mostra che siete stato nell'ufficio postale di Wigmore Street questa mattina, ma la deduzione mi permette di sapere che da lì avete spedito un telegramma.» «Giusto», dissi io. «Giusti entrambi i punti. Ma devo confessare che non riesco a capire come ci siete arrivato. È stata una decisione improvvisa da parte mia, e non ne ho parlato a nessuno.»
«È semplicissimo», ribattè, ridacchiando alla mia sorpresa, «così assurdamente semplice che ogni spiegazione è superflua; tuttavia può servire a definire i confini tra osservazione e deduzione. L'osservazione mi dice che avete del fango rossiccio sul collo delle scarpe. Proprio di fronte all'ufficio di Wigmore Street hanno divelto il selciato ed ammucchiato della terra in modo che nell'entrarvi si è costretti a calpestarla. Quella terra è di particolare colore rossiccio che non si trova, per quanto ne so, in nessun altro posto qui vicino. Fin qui è osservazione. Il resto è deduzione.» «E come avete fatto allora a dedurre il telegramma?»
«Diamine, naturalmente sapevo che non avevate scritto una lettera, perché vi sono stato seduto di fronte per tutta la mattinata. Vedo poi che tenete un foglio di francobolli e un bel pacco di cartoline postali nella vostra scrivania aperta. E cosa sareste andato a fare allora in un ufficio postale, se non a spedire un telegramma? Eliminati gli altri fattori, quello che rimane deve essere la verità.»
Il solo fatto sorprendente era un po' di fango rossiccio sul collo delle scarpe di Watson. È evidente che nella Londra del diciannovesimo secolo, non asfaltata e insufficientemente selciata, questo fatto non doveva essere così sorprendente. Holmes dirige la sua attenzione sulle scarpe di Watson perché ha già qualche idea in mente. Comunque, diamo fiducia a Conan Doyle, e ammettiamo che questo fatto sia in sé abbastanza sorprendente.
La prima abduzione è ipercodificata: la gente con fango sul collo delle scarpe è stata in luoghi non selciati, ecc.. La seconda abduzione è ipocodificata: perché Wigmore Street? Perché la terra che vi si trova è di quella particolare tinta. Ma perché non supporre che Watson abbia preso una carrozza e si sia recato in un luogo più lontano? Perché la scelta della strada più vicina si ispira a ragionevoli criteri di economia. Elementare.

Ma queste due abduzioni (che nel gergo di Conan Doyle e Holmes sono chiamate solo «osservazioni») non dicono ancora che Watson si sia recato là per andare all'ufficio postale. Si noti che, se è vero che Holmes era, sulla base della sua conoscenza del mondo, in grado di pensare all'ufficio postale come alla più probabile meta di Watson, ogni evidenza era contraria a questa supposizione: Holmes sapeva con certezza che Watson non aveva bisogno né di francobolli né di cartoline postali. Per immaginare l'ultima probabilità (telegramma) Holmes deve aver già deciso che Watson voleva spedire un cablo! Holmes ci fa pensare a un giudice che, avendo acquisito la certezza che un imputato non era presente al momento giusto sulla scena del crimine, conclude che, perciò, costui stava commettendo nello stesso momento un altro crimine in un altro posto. Poiché a Watson mancano il 93% dei motivi per andare all'ufficio postale, Holmes (invece di concludere che pertanto questa ipotesi non è plausibile) decide che proprio per questo Watson vi è andato per il restante 7% di motivi. Una soluzione al 7%, curiosamente allucinatoria. Per dare plausibilità a una probabilità così debole Holmes deve aver assunto che Watson è un habitué degli uffici postali. Solo a questa condizione la presenza di francobolli e cartoline postali può essere presa come prova che Watson ha mandato un telegramma. Holmes, così, non sceglie fra probabilità ragionevoli, il che rappresenterebbe un caso di abduzione ipocodificata: al contrario, scommette contro tutti i pronostici, inventa per il solo amore dell'eleganza. Passare da un'abduzione creativa alla meta-abduzione è tipico di una mente razionalistica, nello stile del razionalismo del XVII e XVIII secolo.

Per ragionare come Holmes bisogna essere fortemente convinti che ordo et connexio idearum idem est ac ordo et connexio rerum (Spinoza, Ethica, II, 7) e che la validità di un concetto complesso consiste nella possibilità di analizzarlo nelle sue parti più semplici, ognuna delle quali deve apparire come razionalmente possìbile: un lavoro di libera configurazione di concetti che Leibniz chiamava «intuizione» [Nouveaux essais sur l'entendement humain IV, 1, 1; cfr. Gerhard 1875-90, V: 347). Per Leibniz l'espressione può essere simile alla cosa espressa se si osserva una certa analogia fra le rispettive strutture, dal momento che Dio, essendo l'autore sia delle cose che della mente, ha scolpito nella nostra anima una facoltà di pensiero che può operare in accordo con le leggi della natura (Quid ist idea, Herhardt VII: 263): «Definitio realis est ex qua constat definitum esse possibile nec implicare contradictionem [...] Ideas quoque rerum non cogitamus, nisi quatenus earum possibilitatem intuemur» (Specimen inventorum de admirandis naturae generalis arcanis, Gerhardt VII: 310).

Holmes può tentare la sua meta-abduzione solo perché pensa che le sue abduzioni creative siano giustificate da un forte collegamento tra la mente e il mondo esterno. Probabilmente è la sua formazione razionalistica che spiega perché insista così tanto a chiamare «deduzione» questo tipo di ragionamento. In un universo governato da un innato parallelismo tra res extensa e res cogitans (da un'armonia prestabilita) il concetto completo di una sostanza individuale implica tutti i suoi predicati passati e futuri (Leibniz, Primae veritates, Couturat: 518-523).
Peirce parla dei simboli come di leggi o regolarità del futuro indefinito (2.293) e dice che ogni proposizione è un rudimentale argomento (2.344); in molte circostanze mostra una certa fiducia nell'esistenza di un «lume naturale» come affinità tra mente e natura (1.630; 2.753 sgg.; 5.604; 5.591 ; 6.604). Ma anche asserendo che «i principi generali sono realmente operanti in natura» (5.501), egli intende fare un'affermazione «realistica» (in senso scotista), e in molti luoghi è molto critico nei confronti nel razionalismo di Leibniz (vedi ad esempio 2.370).
Peirce sostiene che le congetture sono forme di inferenza valide nella misura in cui sono nutrite di previa osservazione, anche se possono anticipare tutte le loro remote conseguenze illative. La fiducia di Peirce in un tale accordo tra la mente e il corso degli eventi è più evoluzionistica che razionalistica. (Fann 1970, 2.3). La certezza dell'offerta dall'abduzione non esclude il fallibilismo, che domina ogni ricerca scientifica (1.9), «perché il fallibilismo è la teoria secondo cui la nostra conoscenza non è mai assoluta ma nuota, per così dire, in un continuum di incertezza e indeterminazione» (1.171).

Holmes, al contrario, non sbaglia mai. A differenza di Zadig, Holmes non esita a meta-scommettere che il mondo possibile che ha tracciato sia lo stesso mondo «reale». Ha il privilegio di vivere in un mondo costruito da Conan Doyle per soddisfarne le necessità egocentriche, e così non mancano le prove immediate della sua perspicacia: Watson (narrativamente) esiste solo per verificare le sue ipotesi. «Cosa succede Holmes? Questo è oltre ogni immaginazione.» (Card). «Confesso che non capisco come ci siete arrivato...» (Sign). Watson rappresenta l'incontestabile garanzia che le ipotesi di Holmes non possono più essere falsificate.