inizio rosso e giallo


Irene Bignardi

Tutte le spy-parole create da le Carré


Nel 1974, quando John le Carré diede alle stampe La talpa, che torna adesso nelle librerie da Mondadori in occasione dell'uscita del bel film austero che ne ha tratto Tomas Alfredson, il Regno Unito, allora retto da Harold Wilson, era ancora sotto choc perché si sentiva tradito.

Nel 1956 Donald MacLean, diplomatico di carriera, da tempo sotto sorveglianza, poi scomparso, era ricomparso a Mosca, promosso colonnello del Kgb, assieme al suo amico Guy Burgess. Nel 1963 era stata la volta di Kim Philby, personaggio tanto affascinante quanto ambiguo. Tutti e tre i defezionatori facevano parte dell'élite britannica. Tutti, assieme a Anthony Blunt, la cui "simpatia" per l'Urss era nota sin dal 1963 (ma fu denunciata pubblicamente solo nel 1979), signori di buona famiglia e di buoni studi, tanto da essere soprannominati i Cambridge Five, perché proprio a Cambridge erano stati reclutati dall'Urss. E il quinto? John Cairncross, formalmente indicato come spia del nemico nel 1990. Ma proprio sul quinto uomo si concentrarono le ricerche della British Intelligence negli anni '60 e '70, fino ad arrivare a sospettare persino di Roger Hollis, capo del MI5, il servizio di sicurezza interna.

È su questo terreno di sospetto e sullo sfondo della guerra fredda che John le Carré pubblicò nel 1974 il suo libro fondamentale, quello che ha cambiato le regole e il linguaggio della spy story, ha messo in forma romanzesca, e romantica, la ferita aperta di un paese, ha raccontato un potere occulto che si sente tradito, che cerca il traditore e che scopre molto più marcio, in Inghilterra, di quello che immaginasse. Insomma, ecco La talpa - che in inglese, da un vecchia filastrocca per bambini, centrale allo sviluppo della storia, si intitola Tinker, Taylor, Soldier, Spy. E senza che riveliamo il nome della "talpa" al soldo dei sovietici (forse c'è ancora qualcuno che ne ignora l'identità e sarebbe un peccato rovinargli il semplice piacere della suspense di questo libro pieno di sorprese) possiamo dire che la talpa assomiglia molto a uno dei traditori "storici", il più fascinoso, il più attraente.

Da allora, anche per coloro a cui il genere e il libro non dicono molto, l'idioletto di John le Carré è entrato a far parte della lingua ufficiale. La talpa sappiamo cos'è. Il Circus, la sede del MI6, e cioè l'agenzia di spionaggio per l'estero, che nel romanzo le Carré colloca a Cambridge Circus, è diventato più vero del vero MI6, ora traslocato a sud del Tamigi. Sarratt, la scuola per spie, è più celebre della sua Ersatz reale, nota ora come The Fort. E sono diventati modi di dire, tra gli adepti del culto, i lampionai, ovvero i responsabili della sorveglianza, i cacciatori di teste, ossia gli addetti ai lavori sporchi, i babysitter, cioè le guardie del corpo, i calzolai, cioè gli specialisti in documenti falsi...

A quanto si racconta, La talpa come la conosciamo è la seconda versione del libro scritta da John le Carré. La prima, pare, non gli piaceva, e venne data alla fiamme. Poi, testardo e perfezionista, ecco le Carré ricominciare, fino a tirar fuori un romanzo, nel suo genere e fuori dal suo genere, quasi perfetto, fin troppo denso di cultura, civiltà, eleganza, ironia, scrittura, malinconia. Un romanzo che spoglia la professione e la condizione umana della spia di ogni mistica, di ogni mistero, di ogni glamour. Altro che 007 e i Martini agitati e non mescolati. Tra fragilità umane e burocrazia, tra numeri, conti e scalini di carriera, tra ambiguità sessuale e tradimenti, la ricerca della talpa è più grigia ma più emozionante, umanamente, di una "chase" alla Fleming. Il suo protagonista, l'integerrimo George Smiley, il prototipo della persona che non ricorderò mai, piccolotto, rotondetto, mal vestito, umano troppo umano, tradito sistematicamente dalla moglie, è certo vicino alla realtà più del meraviglioso e sexy Sean Connery (ma sarà un caso che anche Connery cadrà nelle panie del fascino di le Carrè, diventando un suo alter ego nei dubbi, negli amori, nella tentazione a tradire raccontati in La casa Russia?)

Nel 1961, quando John le Carré, fidando nell'anonimato (nella vita si chiama David Cornwell) diede alla stampe il suo primo romanzo, Chiamata per il morto, la diplomazia britannica perse un buon funzionario e il mondo della spy story trovò il suo campione. E un antieroe che, in posizione più o meno defilata, comparirà in molti romanzi di le Carré, fino a L'onorevole scolaro, a Tutti gli uomini di Smiley, con un ritorno in Il visitatore segreto. Otto romanzi. Poi la pensione, che esiste anche per i personaggi di finzione (salvo quando l'autore, come Conan Doyle, non cerca di ammazzarli).

Ma chi ha voluto semplicisticamente vedere in le Carré, e nel suo alter ego Smiley, un cantore dell'Occidente, un poeta della Guerra Fredda, l'uomo dello status quo, dovrà leggere o rileggere La talpa alla luce del poi, scoprire come l'indignazione di le Carré, certo britannico, certo borghese, certo fedele al motto Right or wrong my country, si indirizzi equanimemente a ogni bruttura politica, e come le frontiere cancellate tra Est e Ovest, tra "mondo libero" e mondo no, tra i blocchi ideologici, si siano tradotte in nuovi confini: quelli tra i poveri e le grandi corporations, tra gli sfruttati e le mafie di ogni nazionalità, più difficili da identificare, più traditori, più scivolosi.

Le Carré racconta ora questi nuovi equlibri con quella che chiama la sua Alterszon, la rabbia dei vecchi. O forse semplicemente con una visione limpida e anti ideologica del mondo. Una visione che ai tempi di La talpa non era ancora così chiara, ma trapelava nella pietas di un grande scrittore verso la condizione umana dei suoi personaggi. Tutti burattini di un gioco dei potenti.

la Repubblica, 17.01.2012