inizio rosso e giallo


Stuart M. Kaminsky

 

L'idea è semplice: far partecipare (gratis) ai propri libri i più grandi personaggi della Hollywood degli anni '40.
Così il detective privato Toby Peters, sfigato, ovviamente, e per di più con un fratello poliziotto che non lo sopporta e lo prende volentieri a pugni, si trova coinvolto in assurde ed esilaranti vicende assieme a Peter Lorre, Bela Lugosi, i fratelli Marx, Errol Flynn, Mae West, Howard Hughes, ecc..
Stuart Melvin Kaminsky (1934 - 2009) sfrutta abilmente non solo il proprio talento narrativo, mixando come un esperto montatore di Hollywood umorismo e suspense, ma anche il fatto di essersi prima diplomato in cinematografia e poi di aver insegnato Storia del cinema all'Università dell'Illinois: la ricostruzione dell'ambiente degli studios è plausibile e divertente, i grandi attori e registi sono rappresentati a volte in chiave macchiettistica ma con un sostanziale rispetto del loro vero volto, e addirittura Kaminsky a volte si concede il lusso di far incontrare il suo detective con gente ancora più importante, come Einstein o F. D. Roosevelt.

Altri personaggi creati da Kaminsky sono l'ispettore russo Porfirij Rostnikov (siamo ancora ai tempi di Reagan, e tutto ciò che sapeva di vodka era decisamente malvisto negli USA, ma Kaminsky se la cava benissimo, con una descrizione puntuale e documentata dell'ambiente, e una più che dignitosa caratterizzazione dei personaggi), il sergente di polizia Abe Lieberman, il detective Lew Fonesca.
Negli ultimi anni ha scritto anche dei romanzi tratti dalla serie televisiva C.S.I. New York.

Kaminsky ha anche collaborato alla realizzazione di alcuni film: Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo (1971) di Don Siegel, e C'era una volta in America (1984) di Sergio Leone.



    serie Toby Peters:

  • Una pallottola per Errol Flynn (Bullet for a Star, 1977), Mondadori, 1982, 2000
  • La strada di mattoni gialli (Murder on the Yellow Brick Road, 1977), Mondadori, 1982, o Assassinio sul sentiero dorato, Einaudi, 2005
  • Giocarsi la pelle (You Bet Your Life, 1978), Mondadori, 1980, 2013
  • Il caso Howard Hughes (The Howard Hughes Affair, 1978), Mondadori, 1981
  • Non tormentate i vampiri, per favore (Never Cross a Vampire, 1980), Mondadori, 1983, o Non fate arrabbiare i vampiri, Einaudi, 1999
  • Mezzanotte di fuoco (High Midnight, 1981), Mondadori, 1982
  • Quel clown di un detective (Catch a Falling Clown, 1981), Mondadori, 1982
  • Follie di Hollywood (He Done Her Wrong, 1983), Mondadori, 1984
  • Quel cane del Presidente (The Fala Factor, 1984), Mondadori, 1986
  • Toby Peters alle corde (Down for the Count, 1985), Mondadori, 1986
  • L'uomo che uccise Lewis Vance (The Man Who Shot Lewis Vance, 1986), Mondadori, 1987
  • Lampo di genio (Smart Moves, 1986), Mondadori, 1988
  • Pensa in fretta, Toby (Think Fast, Mr. Peters, 1987), Mondadori, 1989
  • I capricci del guerriero (Buried Caesars, 1989), Mondadori, 1990
  • Povera Butterfly (Poor Butterfly, 1990), Mondadori, 1991
  • L'orologio liquefatto (The Melting Clock, 1991), Mondadori, 1992
  • Toby, Eva e i vecchi serpenti (The Devil Met a Lady, 1993), Mondadori, 1993
  • Domani è un altro giorno (Tomorrow Is Another Day, 1995), Hobby & Work, 1997






    serie Porfirij Rostnikov:

  • Morte di un dissidente (Death of a Dissident, 1981), Alacran, 2005
  • Piazza Sverdlov (Black Knight in Red Square, 1983), Mondadori, 1985
  • Il camaleonte rosso (Red Chameleon, 1985), Mondadori, 1987
  • Pioggia rossa (A Fine Red Rain, 1987), Mondadori, 1990
  • Alba siberiana (A Cold Red Sunrise, 1988), Mondadori, 1989
  • L'uomo che camminava come un orso (The Man Who Walked Like a Bear, 1990), Mondadori, 1991
  • La vacanza di Rostnikov (Rostnikov's Vacation, 1991), Mondadori, 1992
  • Morte di un prete russo (Death of a Russian Proest, 1992), Mondadori, 1992
  • Sangue e rubli (Blood and Rubles, 1996), Hobby & Work, 1998


    serie Lew Fonesca:

  • Cattive intenzioni (Vengeance, 1999), Alacran, 2005
  • Parole al vento (Retribution, 2001), Alacran, 2006
  • Midnight Pass (Midnight Pass, 2004), Alacran, 2007
  • Omissione di soccorso (Denial, 2005), Alacran, 2009

    altri:

  • La paura corre sul filo (When the Dark Man Calls, 1985), Mondadori, 1985
  • La follia di Lieberman ((Lieberman's Folly), 1990), Mondadori, 1973, 1993
  • Il giorno di Lieberman (Lieberman's Day), 1995), Mondadori, 1996

Ranieri Polese

La mia Hollywood in giallo

Come l'ultimo nato della sua famiglia di investigatori, l'italo - americano Luis Fonesca, anche lo scrittore Stuart M. Kaminsky si è trasferito da Chicago in Florida, a Sarasota.

Fonesca lavora qui, cerca persone che hanno fatto perdere le tracce.

E lei, invece, Mr Kaminsky, che cosa fa in Florida?

Scrivo. Cioè, da cinque anni scrivo e basta. Prima, insegnavo storia del cinema all'università. Ma da quando, nel '94, decisero di spostare il mio dipartimento a Tallahasse, vicino al confine con la Georgia, decisi di smettere. Ho 64 anni, mi piace scrivere. Del resto, avevo già insegnato per tanto tempo: prima di qui sedici anni a Evanston, vicino a Chicago, alla Northwestern University...

Quella di David Protess, il professore di giornalismo che fa liberare gli innocenti dal braccio della morte?

Sì, proprio quell'università. David lo conosco bene, è un grande detective.

Ma perchè lasciò Chicago, la sua città natale?

Mi ero risposato, mia moglie veniva dalla California, non era abituata a tutto quel freddo.

Kaminsky mi porta in macchina per le strade di Sarasota, sotto un bel sole, fra palme, ibiscus, jacaranda e oleandri in fiore. Le spiagge del Golfo del Messico sono bianche, prati e parchi sono curatissimi.

Qui vivono molti scrittori, Stephen King per esempio abita là... e mi indica un'isola unita da un ponte sospeso.
Ci riuniamo tutti i venerdì sera, con lui e gli altri, preferibilmente in un ristorante italiano. Clima e ambiente sono oltremodo piacevoli. L'unico pericolo sono i tantissimi pensionati che vengono a vivere in Florida: guidano malissimo.

Poi, pensionati permettendo, arriviamo alla libreria Barnes & Noble e ci sediamo nello spazioso caffè. Almeno una volta al mese, Kaminsky tiene conferenze proprio qui. Il prossimo appuntamento lo vedrà impegnato come docente di cinema: parlerà del film brasiliano "Central do Brasil", concorrente di Benigni all'Oscar.

Ammiro Benigni da tempo, lo trovo un comico grandissimo. Sono contento che finalmente anche l'America lo scopra. "La vita è bella" non l'ho ancora visto, ho un problema io con i film sull'olocausto. Una gran parte della mia famiglia è scomparsa nei campi. Non mi riesce di andare a vedere quella storia al cinema. Per Benigni, però, credo che andrò.

Autore di polizieschi molto amati in Italia (negli anni Ottanta uscivano nei Gialli Mondadori), Kaminsky ha scritto quasi una quarantina di libri. Quattro gli investigatori che ha creato: Toby Peters, che lavora a Hollywood negli anni Quaranta; Abe Lieberman, poliziotto di Chicago; Porfiry Rostnikov, un russo dell'era della perestrojka; e, appunto, Luis Fonesca. Toby Peters, il primo, è quello che gli ha dato la celebrità, fino dal primo romanzo, nel '77, "Una pallottola per Errol Flynn". Peters è un investigatore sui cinquanta, a corto di soldi, non proprio in forma smagliante, che viene ingaggiato da star e gente famosa di Sunset Boulevard e Beverly Hills, come Gary Cooper, Fred Astaire, Alfred Hitchcock, Judy Garland. In questa galleria di star compaiono anche Bela Lugosi, il primo interprete di "Dracula", e lo scrittore William Faulkner, sceneggiatore spaesato nella Babilonia del cinema. Proprio loro due sono i protagonisti di "Non fate arrabbiare i vampiri".

È un grande onore per me, e un gran piacere vedere che l'Italia non mi ha dimenticato. Voglio molto bene al vostro Paese, ci ho passato dei bellissimi momenti. Quando Sergio Leone mi chiamò per "C'era una volta in America". Mi ricordo ancora la telefonata, la voce dell' interprete che mi diceva: "Sergio Leone vuole parlarle", e io che credevo che fosse uno dei soliti scherzi di qualche amico. Invece era tutto vero. Leone mi disse: lei è ebreo, ho bisogno di uno come lei per una storia di gangster ebrei. Quella frase non mi piacque. Poi però le cose si chiarirono. Cominciava così l'avventura di quel film leggendario, su cui già aveva lavorato Norman Mailer. Mi disse che dovevo rivedere i dialoghi. Scoprii che non c'era nemmeno una riga scritta. Mi trasferii a Roma, stavo in un piccolo albergo vicino a piazza del Popolo. Furono mesi splendidi, anche se con Leone non si smetteva mai di lavorare.

Quello non fu l'unico rapporto diretto di Kaminsky con il cinema.

Dieci anni prima, nel '71, avevo fatto l'assistente a Don Siegel per "Dirty Harry" (in Italia fu tradotto: "Ispettore Callahan, il caso Scorpio è tuo", ndr.). Clint Eastwood era il protagonista. Da quell'esperienza nacque un libro su Siegel.

Sarebbe seguita, poi, una biografia di Clint Eastwood. E una di Gary Cooper, nonchè vari saggi di storia e teoria cinematografica, fra cui uno sui generi classici di Hollywood apparso anche in Italia da Pratiche.

Il cinema non è stato solo l'oggetto dei miei studi, è stato il mio amore più grande, il primo amore. Da bambino, a Chicago, passavo ore nei cinematografi, non m'interessava sapere prima che cosa davano. Quando i miei cambiarono quartiere e andarono a stare in un quartiere di russi, i film erano in lingua originale, ma per me andavano bene lo stesso. Le immagini degli anni Trenta e Quaranta sono il mio patrimonio, la mia cultura. Conosco tutto del cinema di allora, non c'è scena di film di quegli anni di cui io non riconosca tutti. Per questo ho voluto che Toby Peters si muovesse proprio nella Hollywood di allora.
Sono cresciuto a Chicago. I nonni dei miei genitori erano arrivati con la grande emigrazione dall'Est Europa. La famiglia di mia madre proveniva dall'Ucraina, erano molto religiosi. Mi ricordo che mio nonno materno continuò a parlare solamente yiddisch. Il mio bisnonno paterno, invece, era fuggito dall'Ucraina, era un perseguitato politico. Si fermò in Inghilterra, a Leeds. Suo figlio invece venne in America. Era comunista. E ateo. La mia famiglia, insomma, ha realizzato questa strana combinazione.

Qualcosa della Russia le è rimasto dentro?

Soprattutto la letteratura, leggo e rileggo Gogol', Dostoevskij... Quando ho cominciato a scrivere le storie di Porfiry Rostnikov, non ero mai stato in Russia, credo che certe idee, certe figure mi siano venute dai libri che amo.

E per Toby Peters, si è ispirato a Philip Marlowe di Raymond Chandler?

No, direi di no. Mi piace Chandler, ma il mio investigatore è un po' diverso. Nasce più dal cinema. A un certo punto, negli anni Settanta, cominciai a pensarci, a immaginarlo, un giorno mi resi conto che Toby era pronto per venire alla luce. Per i libri, comunque, ci volle una grande preparazione, non solo sui personaggi di star, registi, produttori. Ho letto intere annate del "Los Angeles Times", ho ascoltato i nastri della radio, quali canzoni, quali programmi, quali pubblicità trasmettevano. Volevo combinare la massima esattezza documentaria con la massima libertà d'invenzione. Fare un racconto che funzionasse in più modi, come storia di azione con le sue regole, ma anche come un insieme di rimandi, citazioni, legati all'immaginario cinematografico. Non sempre evidentissime. Anche se uno non le coglie, la trama scorre lo stesso. Per esempio, qui, in "Non fate arrabbiare i vampiri", a un certo punto riproduco la casa di "Psycho" di Hitchcock. Guardate un po' se la riconoscete.

La Hollywood anni Quaranta, che ora è tornata grazie a "L.A.Confidential" di James Ellroy e al film che ne hanno tratto; Bela Lugosi riscoperto per il film sul regista maledetto Ed Wood...

Ho scritto quel libro prima. Certo, Ellroy mi piace molto, soprattutto il suo "American Tabloid". Quanto a Lugosi, il mio Lugosi, ancorchè in pieno declino, non è ancora arrivato alla fine della sua carriera. Era un attore impressionante, proveniva dal teatro classico di Budapest, divenne famoso negli anni Trenta con "Dracula" di Tod Browning. Aveva una pronuncia impossibile, parlava lentamente, anche perchè diceva, "parla piano, durerai di più". A un certo punto confuse se stesso con il proprio personaggio. Più tardi, raccontano, per fare un po' di soldi andava nei cinema per Halloween vestito da vampiro.

E Faulkner?

Come altri grandi scrittori, per guadagnare era venuto anche lui a Hollywood. Non lo prendevano sul serio. Ha lavorato in molti film, "Il grande sonno" di Hawks per esempio. Ma lui sapeva che quello non era un lavoro per la posterità. Eppure...

Eppure cosa?

Mi sembra che quel misto incredibile di grandezza e miseria, di arte e commercio, di geni e mestieranti che fu la Hollywood di allora abbia prodotto una bellezza duratura. Consegnata allo schermo, alla memoria. Per questo credo che anche il mio Toby Peters, che si è intrufolato in quel mondo, sia destinato in qualche modo a durare.

Da un po' di tempo però Toby Peters è inattivo, non escono suoi libri.

L'ho messo a riposo. Ma forse, fra non molto, lo richiamerò in servizio.

da: Corriere della Sera, 26.02.1999

Andrea G. Pinketts

La (ri)scoperta dell'America

Stuart Kaminsky ha dedicato alla nostalgia gran parte della sua vita.
La sua è una nostalgia che si celebra coi sorrisi, non con le lacrime. Nei suoi romanzi, incentrati su Toby Peters, c'è l'America degli anni Quaranta, la Los Angeles che vive nell'attesa del nuovo film di Judy Garland e delle incursioni nipponiche, l'America di Roosevelt e di Clark Gable, di "Via col vento" e dei venti di guerra. L'America degli studios e dei riformati, del primo lustro degli anni Quaranta, l'America magica di Hollywood, il cinema.
Stuart Kaminsky si è sempre nutrito di cinema, nel senso che si guadagna il pane anche come docente di storia del cinema, come autore di monografie, come sceneggiatore.
L'altro suo amore è il "giallo".
Gli anni Quaranta, del resto, sono gli anni d'oro sia per il "giallo" che per il cinema: sono anni in cui si consolidarono mitologie che Kaminsky ha il potere di fondere come il motore di una vecchia Buick.
Ma non dobbiamo parlare di Kaminsky. Questa rubrica si chiama "I nuovi detective" e, ironia della sorte, per uno di quei paradossi che regolano la vita, ben presenti nelle opere di Kaminsky, il "nuovo detective" Toby Peters è un detective degli anni Quaranta.
Tobias Leo Pevsner americanizzato in Toby Peters.
Età: tra i quarantacinque e i cinquanta (nei romanzi Toby invecchia, ma i romanzi non invecchiano con lui). Statura media, muso più volte rotto, dolori alla schiena, una ex moglie, un fratello maggiore, Phil Pevsner, con cui ha un rapporto di amore-odio. Figli di un droghiere rovinato dalla nascita dei supermarket, Toby e Phil sono in affettuoso, burbero antagonismo dall'infanzia.
Phil è un poliziotto manesco (ha più volte rotto il naso al fratello) integrato suo malgrado, sposato con prole. Reggerebbe una serie parallela ma non regge il fratello (di poco) minore. Toby Peters, fanciullino sulla cinquantina, stuzzica il fratello fino alle inevitabili conseguenze: un altro pugno sul naso. Phil è rabbioso e digrigna i denti perché è deluso della propria integrazione in un mondo che la guerra sta disintegrando.
Toby invece dice: "Io non sono mai cresciuto e probabilmente non crescerò mai. Ci ho messo quarant'anni per capirlo e quando io e mia moglie ci siamo resi conto che questa mia infanzia sarebbe durata in eterno, lei se n'è andata e io mi sono messo a fare il detective." A questo punto una ragazza chiede: "E ti sei trovato bene?" "Sempre meglio che se fossi cresciuto!" Vero: Toby, per impressionare chi interroga, esibisce un distintivo di Dick Tracy che ha comprato da suo nipote.
Toby al contrario di Marlowe non è capace di lunghe amarezze: non essendo cresciuto, alterna d'un baleno allegrie e tristezze, ironie e primi amori, il sorriso al pianto. Ma se Toby non sempre ride, ride sempre il lettore, trascinato com'è in romanzi frenetici come le comiche del cinema muto.
Toby è stato poliziotto, poi guardia agli studios, e ora detective privato. Si nutre di tortillas e pepsicola, ha due abiti, vive in un appartamento ammobiliato, divide lo studio con un dentista macellaio.
Fa incontri interessant, questo sì. Kaminsky gii fa incontrare Mae West, Gary Cooper, Bertold Brecht, Cecil B. de Mille, Hemingway, Raymond Chandler, i fratelli Marx, Howard Hughes, John Wayne...
Ma i personaggi principali dell'universo di Toby Peters sono altri: paradossi viventi, caricature che diventano affresco e opera d'arte. Vediamoli: la signora Plaut, la sua padrona di casa, sorda come una campana, convinta che lui lavori nell'editoria gli propone in lettura l'interminabile storia della propria strampalata famiglia; Sheldon Minck, dentista monomaniaco: il suo unico argomento di conversazione sono le malattie del cavo orrale. I suoi pazienti urlano mentre lui canticchia. Gunther Wherthman, svizzero, traduttore, nano, è il miglior amico di Toby. Traduce in dodici lingue ed è sempre elegantissimo nonostante le restrizioni della guerra. Jeremy Butler, due metri di poeta, ex lottatore, cita a memoria Blake e raccoglie gli ubriachi dai vicoli per salvaguardarne la dignità. È fidanzato con Alicia, l'ex proprietaria di una porno-stamperia artigianale, di dimensioni fisiche mastodontiche quanto lui. Arnie Senzacollo, meccanico: riassesta la sconquassata automobile di Toby a prezzi di favore. E poi polpose cassiere, ex mogli deluse ma innamorate.
La cosmogonia di Toby Peters si staglia tra grottesco e poetico, ma è dipinta con una spietata allegria che falcia in lui progetti di autocommiserazione. Gli amici di Toby hanno il fisico del ruolo del caratterista, ma, attenzione, qui sta il genio di Kaminsky, sono in realtà protagonisti nati, mentre gli ospiti illustri, che siano il presidente Roosevelt o Peter Lorre, Alfred Hitchcock o Victor Fleming, si prestano a "comparsate" nel dipanarsi dei romanzi. È come se Kaminsky ribadisse il concetto che ognuno è la star della propria vita e "figurante" nelle vite altrui.
Se nel 1941 William Wyler firma "Piccole volpi" tratto dalla commedia di Lilian Hellman, la compagna di Hammett, Toby Peters sta probabilmente conducendo una delle sue scalcagnatissime indagini. Hollywood, già prima di Pearl Harbour, sta fagocitando la quasi totalità dei capolavori mondiali, dalla letteratura rosa a Shakespeare, da "Il mago di Oz" a Somerset Maugham, mentre Toby Peters si sente raccontare, tra un pugno, un bacio, una pepsi, storie così: "Un giorno Joe Grimaldi, il grande clown, si trovava a Vienna col suo circo. Si sentiva così triste da non potersi presentare al pubblico. Va da un medico e gli confessa di essere addirittura sull'orlo del suicidio. Il medico gli dice: "Vada al circo a vedere il clown Grimaldi, si sorprenderà a ridere come un bambino e non penserà più alla morte."
Nel '42 le sorti della guerra si rovesciano con la sconfitta tedesca a Stalingrado, giusto un anno dopo che Vittorini ha curato l'antologia "Americana", mentre l'americano Toby Peters sta pere essere sbranato da due pastori tedeschi e riflette ad alta voce: "Mi sforzai di farmi venire in mente qualche parola di tedesco... Ma non ho mai avuto facilità per le lingue straniere" oppure amoreggia così: "Ho scoperto che fai delle ciambelline squisite." "Le ho rubate alla mensa." "Allora dirò che rubi delle ciambelline squisite."
Una delle accuse che vengono mosse a Toby Peters è quella di abusare delle proprie battute. L'accusa che quindi viene mossa a Kaminsky è quella di far parlare i propri personaggi in modo che porgano la battuta a Toby Peters. Il problema mi sta a cuore perché è un'accusa che viene mossa anche a me. Rispondo io o rispondi tu, Toby? Nessuno dei due. Ti faccio una controproposta: facciamo rispondere Elisa, che è un tuo personaggio. Hai presente quando Mildred le dice: "Mi prendete in giro?" "Ma certo" ribattè Elisa. "Se non capite l'ironia che è alla base della vita, dovrò smettere di parlare con voi e di voi."

da Il Giallo Mondadori n. 2162, 8.7.1990