inizio rosso e giallo


Robert van Gulik

«L'imperatore Giallo chiese: - Da quali segni esteriori si può sapere se una donna è adatta per l'esercizio dell'atto sessuale? - La Ragazza Semplice rispose: - Le donne adatte sono creature tenere e dolci, di aspetto gentile, i loro capelli sono di un nero serico, la loro pelle è morbida e le loro ossa sottili...- » spiegavano le Note per l'Alcova, manuale del periodo Tang; e fin qui è per noi comprensibile, anche se taluno preferisca magari una ragazza dai capelli rossi e d'aspetto provocante; ma già molto meno chiare sono alcune delle «Trenta Posizioni» minuziosamente elencate da maestri di quella ars amandi cinese, che neanche i contorsionisti; e decisamente oscuro, infine, ci appare il principio informatore di quella concezione dell'unione carnale, indubbiamente fallocentrica ma piuttosto masochistica perché fondata sul coitus reservatus ovvero, per dirla con l'erudito Tung-Hsuan: «l'arte del rapporto con una donna consiste nel dominarsi, facendo sì che il principio virile yang torni indietro».
Se già questi testi fecero apparire piuttosto bizzarra la vita sessuale cinese, le Stampe erotiche a colori del periodo Ming che essi corredavano, in una prima edizione uscita a Tokio nel 1951 (cinquanta sole copie, riservatissime a specialisti e biblioteche), la fecero credere addirittura perversa, che vi si vedevano cose strane e crudelissime; ma il curatore di quella edizione, in un'ampia prefazione, si sforzò di chiarire al lettore occidentale che l'antica vita sessuale cinese era del tutto normale, nel quadro della famiglia poligamica di allora, che quei manuali non miravano che all'igiene, all'eugenetica e allo spasso, e che se taluni autori avevano sbrigliato un po' la fantasia alla ricerca di varianti, tuttavia non erano mai scaduti in pratiche sadiche, come flagellazioni od altro. A quel prefatore non si poteva non credere, era infatti il più noto e competente studioso di vita sessuale dell'antica Cina, l'ambasciatore olandese a Tokio Robert Hans van Gulik.

Nato a Zutphen nel 1910, laureatosi nel '35 in letteratura sinica e nipponica, entrato in diplomazia, van Gulik era stato via via nelle legazioni o ambasciate di Washington, Beirut, Kuala Lumpur, altre ancora dell'E. O. e infine Tokio; aveva pubblicato studi sulla religione, il diritto, la giurisprudenza e le arti cinesi - l'arte del liuto, l'arte d'amare - ma quando morì nel 1970 se era noto fra gli specialisti in cultura orientale e fra i diplomatici per quei suoi meriti, lo era ancor più fra milioni di lettori per il suo magistrato Dee, investigatore d'acuto ingegno che, nella Cina dell'epoca Tang, andava viaggiando (perseguitato dal cattivo tempo) da una regione all'altra a sciogliere casi criminali.

Le fanciulle, per il solito nude, che incontra nel corso di queste speculazioni a fin di giustizia, rispondono effettivamente ai canoni sessuo-estetici illustrati all'Imperatore Giallo (il viso ovale, il naso finamente cesellato, le labbra vermiglie, la vita sottile, i fianchi rotondi...) ma risultano tutt'altro che garantite, ad esempio, dalla flagellazione e da altre tendenze patologiche dei loro spasimanti: qua e là per i «gialli» di van Gulik capita spesso di trovarne una legata per le mani ad una trave e frustata, o strangolata dopo che le hanno offerto uno zenzero candito; un notevole numero muore di coltello, piantatole nel cuore mentre giace ignuda sul letto ma talvolta anche conficcatole con molta delicatezza («Le cercò con la sinistra l'angolo della scapola...») in mezzo alla schiena; ce ne sono che vengono sfregiate, altre marchiate, qualcuna sottoposta a laparatomia; ma il tutto, va detto, sempre con leggiadria. Il sadismo di van Gulik è da boudoir, la crudeltà tenera e delicata, perfino gli orrori numerosi e diversi (facce divorate dalla lebbra, piaghe mostruose di mendicanti, cadaveri putrefatti) son tenuti in un'aura di grazia e quasi galanteria, anche nelle cripte ci si ritrova fra rami di pesco e paraventi di seta.
Le ragazze stesse non sono quasi mai fiori di virtù, solo di rado il magistrato (che ha perizia di medico legale) le constata vergini, usualmente praticano la prostituzione ma con nomi così soavi (da Luna d'autunno a Verde Giada) in case di piacere così gentili (la Dimora della Fragrante Eleganza o l'Isola del Paradiso) che non si può non ammirarle; ogni tanto qualcuna mostra una piega crudele intorno alle labbra, un'altra abbatte uomini robusti con le maniche zavorrate - ovvero con le palle di piombo nascoste nell'abito - c'è quella che fa massacrare a calci il marito perché l'ha sorpreso con l'amante, quella che invita un passante ma solo per poi deriderlo e farlo bruciare, ma nulladimeno son tenerissime, dolci quando anche assassine, dolcissime sempre quando vittime. Addirittura anche da cadaveri, all'esame necroscopico il magistrato oltre alle pugnalate sotto l'ascella ne rileva «la pelle liscia e bianca, i grandi seni...»

Dee fra loro, e le loro vittime o i loro assassini, si muove con molta signorilità e dignità; non è insensibile alla grazia muliebre, ha anzi tre mogli (che, spiega uno dei suoi aiutanti, rende esauste a turno, giocando poi a domino con tutte insieme) ma un po' perché innamorato di loro e in particolare dell'ultima, un po' perché sempre in servizio, ad altre non si concede; in gioventù bazzicò, ammette, cortigiane di lusso, ma ora che va somministrando giustizia anche se si ritrova in letto con una cortigiana «dal viso grazioso e dallo splendido corpo», si limita a farsi far aria col ventaglio e ci s'addormenta.
Malgrado l'aspetto solenne (i baffi cadenti, la barbetta caprigna, la veste ufficiale di broccato verde) e la professione di morale confuciana, Dee non è tipo che domini completamente le sue passioni: sovente si arrabbia e si morde irosamente un labbro, inveisce contro di sé ma anche contro altri, sospira molto spesso, ama la buona tavola, è persona molto morale, ma non un moralista, pia, ma tutt'altro che bigotta; in sostanza, è un razionalista, detesta i monaci superstiziosi ma non nega per principio che nei loro monasteri possano circolare fantasmi (e fa bene: anche se lo negasse, circolerebbero lo stesso).

Come investigatore, è inevitabile il richiamo a Sherlock Holmes, la tecnica è la stessa, occhio e cervello: gli basta una mosca per scoprire un cadavere nascosto, un nodo («... quale solo una donna può aver fatto...») per scoprire un assassino, una canzone, una macchiolina, l'occhio d'un gatto in un dipinto per scoprire la verità. Girando per il Celeste Impero fra banditi, etere, lottatori, vedove, altri giudici, poeti veri e falsi, monaci, passatori di strada che converte in propri Watson, investigando in locande, teatri, palazzi, giardini, rivela gli straordinari vantaggi della sua ideologia positiva e terrena - «Non adattare i fatti alla teoria ma la teoria ai fatti» - nei confronti dell'idealismo taoista che non gli piace un granché, più dell'armonia dell'universo a lui interessa l'ordine giusto nella società umana. La sua razionalità a volte deve essere applicata a casi nei quali invero (come ne Il monastero stregato, peraltro uno dei più belli), più che l'implicita ironia alla Conan Doyle c'è un po' di «grand guignol» alla Wallace; ma anche il meraviglioso macabro rientra nel giuoco.
Un detective, dunque, meritatamente famoso, e che tale era ben prima delle vicende d'invenzione di van Gulik, già una dozzina di secoli prima Dee Jen-djieh, magistrato d'alto rango, risolveva per davvero casi criminali: nato nel 630 d.C. (un anno della Tigre, sotto l'influenza di Venere) a 40 anni era già stato nominato giudice del tribunale supremo e andava ricoprendo la carica di governatore via via in diverse province, sempre così eccellentemente che quando ne partiva la gente scolpiva tavolette di pietra con lodi a lui; ma ammiratissimo soprattutto per la sua abilità di detective, chiarì, si tramanda, 17.000 casi, prosciogliendo numerosissimi innocenti. Amava girare per il Paese in abiti dimessi, perseguitando malvagi e - appena gli riusciva - monaci; aveva infatti in antipatia fortissima (gli è restata anche nei romanzi) chi praticava la superstizione o ci speculava, fece chiudere migliaia di conventi scoprendovi pratiche immorali o addirittura stregonesche. Come giudice, fu saggio e coraggioso: una volta, mandato a giustiziare dei rivoltosi, li mandò liberi, avendo constatato che si erano ribellati all'ingiustizia; sicché si rovinò la carriera, e fu retrocesso.
Ma proprio a questo punto la sorte gli offrì l'opportunità di ascendere, dalla cronaca nera e giudiziaria, alla storia dell'Impero cinese, a personaggio di grande rilievo: Wu Tsertien, la «usurpatrice», la moglie cioè di un imperatore Tang che, ebbra d'ambizione, alla sua morte non solo s'era tenuta la corona ma voleva passarla ai propri nipoti Wu, incarcerando per escluderli tutti i Tang anche i propri figli, e che aveva in questo complotto massacrato crudelmente e vastamente, proprio Wu si rivolse a lui, lo volle ministro sapendolo abilissimo, ma dimenticando che era onestissimo. Dee accettò l'incarico, e incominciò a tessere la congiura, raccogliendo i fedeli del Tang per liquidare i Wu. Inciampò in una trappola, fu arrestato, si confessò immediatamente colpevole per evitare non solo il fastidio della tortura ma anche (conosceva bene la legge) la pena di morte; riuscì ad impressionare la sovrana con la sua nobiltà («Non dirmi il nome di chi mi ha accusato, so che è uno dei miei amici») sicché non solo risalì nelle sue grazie, ma ascese addirittura alla carica di primo ministro. Col che l'usurpatrice infilò la testa nel cappio.
Il magistrato Dee, grande cacciatore di criminali, esperto disvelatore di crimini, ordì il suo delitto perfetto; lui che nei romanzi di van Gulik affronta e risolve varie volte il classico giuoco giallo del delitto nella stanza chiusa, ne combinò uno che funzionò perfettamente, un «regicidio» il cui colpevole avrebbe avuto un alibi più che perfetto, essendo addirittura defunto. Non alzò infatti dito contro Wu Tsertien ma, dopo aver predisposto molti altri uomini fedeli, sentendosi vicino alla morte le raccomandò, come proprio successore, Jenje, che assicurò fedelissimo a lei, mentre lo era fanaticamente ai nemici di lei. Poi, a 71 anni, dopo un lungo colloquio segreto con questo suo «esecutore testamentario», serenamente spirò. Primo ministro, Jenje attuò il fulmineo colpo di stato, esiliò l'usurpatrice, massacrò i Wu. Fu il caso più brillante del magistrato Dee.

da: Enzo Rava, La morte tra rami di pesco, Introduzione a: Robert van Gulik, I rebus cinesi del Magistrato Dee, Garzanti, 1974

Nel 2011 è uscito il film Detective Dee e il mistero della fiamma fantasma, basato sulla vicenda dell'imperatrice Wu Tsertien e liberamente ispirato al personaggio di Dee. Tre anni più tardi il bravissimo Tsui Hark realizza un convincente prequel: Young Detective Dee: Il risveglio del drago marino.

  • I celebri casi del giudice Dee (Celebrated Cases of Judge Dee, 1949), O barra O, 2010
  • I delitti del labirinto cinese (The Chinese Maze Murders, 1956), Garzanti, 1971, 1991; O barra O, 2014
  • I delitti della campana cinese (The Chinese Bell Murders, 1958), Garzanti, 1967; Mondadori, 1991; O barra O, 2009
  • I delitti dell'oro cinese (The Chinese Gold Murders, 1959), Garzanti, 1965; O barra O, 2007
  • I delitti del lago cinese (The Chinese Lake Murders, 1960), Garzanti, 1966; ; O Barra O, 2015
  • I delitti del chiodo cinese (The Chinese Nail Murders, 1961), Mondadori, 1990; O barra O, 2012
  • Il monastero stregato (The Haunted Monastery, 1961), Garzanti, 1966; Mondadori, 1995; O barra O, 2009
  • Il padiglione scarlatto (The Red Pavilion, 1961), Garzanti, 1970; O barra O, 2009
  • Il paravento di lacca (The Lacquer Screen, 1962), Garzanti, 1966; O barra O, 2009
  • La perla dell'imperatore (The Emperor's Pearl, 1963), Garzanti, 1971; O barra O, 2008
  • Il fantasma del tempio (The Phantom of the Temple, 1965), Garzanti, 1972; O barra O, 2010
  • La scimmia e la tigre (The Monkey and the Tiger, 1965), Garzanti, 1974; O Barra O, 2015 - racconti
  • La casa del salice (The Willow Pattern, 1965), Garzanti, 1973; O barra O, 2010
  • Assassinio a Canton (Murder in Canton, 1966), O barra O, 2010
  • I delitti della collana cinese (Necklace and Calabash, 1967), Mondadori, 1990; O barra O, 2011
  • Poeti e assassini (Poets and Murder), 1968), Mondadori, 1990; O barra O, 2013
  • I rebus cinesi del Magistrato Dee: I delitti dell'oro cinese; Il paravento di lacca; I delitti del lago cinese; Il monastero stregato, Garzanti, 1974


ristampe negli Omnibus Mondadori:
  • 1991 II giudice Dee a Peng-Lai: I delitti dell'oro cinese - Il paravento di lacca - Cinque nubi di buon augurio - Omicidio e carte da bollo - Veniva con la pioggia
  • 1992 II giudice Dee a Han-Yuan: I delitti del lago cinese - Il mattino della scimmia - Il monastero stregato - Delitto allo stagno delle ninfee
  • 1993 II giudice Dee a Poo-Yang: I delitti della camera cinese - I due mendicanti - La spada scambiata - Il padiglione scarlatto - Poeti e assassini - I delitti della collana cinese

Dal 2004 la casa editrice francese Fayard ha pubblicato, a firma Frederic Lenormand, altre nuove inchieste del giudice Dee.