Michael Ennis
Dopo La duchessa di Milano (Longanesi, 1992), ambientato nella torbida Milano quattrocentesca, il prof. Ennis, storico, giornalista e docente di Storia dell'arte, ritorna nell'Italia rinascimentale con un complicato e - lo diciamo subito - bellissimo thriller.
Svariati, però, i pre-giudizi che possono far dubitare del libro.
Quando, nel lontano 1980, uscì Il nome della rosa, ci fu sconcerto fra gli intellettuali (come, un accademico che scrive un giallo?!) e fra i normali (un giallo con pagine e pagine in latino?!), ma rapidamente il libro divenne un successo mondiale e crebbero tanti piccoli imitatori. E quando un tale Dan Brown s'inventò una complicata storia di potere ed eresie con al centro il mistero del Graal, il filone medieval-rinascimentale del poliziesco divenne un'esondazione di mediocri intrighi svelati od orditi da personaggi storici.
Quindi un thriller con Messer Niccolò Machiavelli che fa da detective pareva proprio l'ennesima bufala.
Aggiungasi poi un tot di robusto razzismo culturale: 'sto Ennis ha insegnato in qualche Università del Texas... Texas?! Pistole, petrolio, Alamo, JFK, Bush, JR, al massimo "Houston, abbiamo un problema": queste le immediate schegge di non-cultura che vengono alla mente a chi ha familiarità con la sana tradizione illuminista del Vecchio Mondo. Ignorando che tante città nordamericane conosciute attraverso il cinema e la letteratura sono anche ben altro rispetto allo squallore consumistico, il conservatorismo, ecc.: orchestre sinfoniche, musei, biblioteche, facoltà universitarie, talvolta sono a livelli d'eccellenza che i paludati europei si sognano.
E dunque il prof. Ennis ci offre un ottimo esempio di quanto un tot di americani siano non solo meno buzzurri di quanto - da veri buzzurri - pensiamo, ma anche raffinati conoscitori dei tesori del sapere europeo.
Svetonio e Pinturicchio, Plutarco e Platone, Michelangelo e Petrarca, Guicciardini e Giulio Cesare, e tanti altri, affollano le pagine de La congiura Machiavelli, e sono presenze essenziali, tutt'altro che forzate o stucchevoli. Per non parlare dei protagonisti della vicenda ambientata nei primi anni del '500: nientemeno che papa Alessandro II, i suoi figli, Juan di Gandia e Cesare Borgia (detto il Valentino perchè nominato dal re di Francia duca del Valentinois), i signori della guerra che tormentarono la penisola per secoli, Leonardo da Vinci, Machiavelli.
E poi mestieri, urbanistica, abbigliamento, superstizione, paesaggio, e mille sfumature (anche rispetto all'intreccio amoroso fra Niccolò e un'affascinante, inevitabilmente immaginaria, "cortigiana onesta") equilibrate, precise, eleganti nella loro apparente casualità.
Tutto è avvolto in una diabolica trama, al cui centro non è tanto l'identità del serial killer che massacra donne e ne sparge i pezzi in base a un complesso schema, quanto la mostruosa ambiguità di questa figura.
Infine, per chi di Machiavelli ha solo noiose reminiscenze scolastiche, o per chi elargisce citazioni in pillole su fine e mezzi, tra un'indagine e una riflessione sulla pravitas umana messer Niccolò si delinea sommessamente come la più grande mente politca di sempre, laddove - come Ennis sottolinea con brillante ironia - il Principe era solo il piano B di Machiavelli, che invece affida ai Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio il fulcro del moderno pensiero democratico.
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La duchessa di Milano (Duchess of Milan, 1990), Longanesi, 1992, Tea, 1999
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La congiura Machiavelli (The Malice of Fortune, 2012), Newton Compton, 2013
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