inizio rosso e giallo


Gianrico Carofiglio


Ma è possibile che ogni volta che spunta un bravo scrittore bisogna sempre presentarlo con la clamorosa rivelazione che è il Simenon ungherese, il Rex Stout mongolo, il Chandler boliviano?
E, puntualmente: "Carofiglio è il nuovo Camilleri!"
Macchè, non c'entra nulla.

Carofiglio è un magistrato pugliese (ora, ahimè, anche senatore del PD) che dopo aver scritto un saggio molto tecnico sulle tecniche di interrogatorio, si è accorto che questo inevitabilmente pallosissimo manuale era piaciuto anche a molti che con le questioni giudiziarie non avevano alcun rapporto. Perchè, per esemplificare procedure e metodiche, Carofiglio aveva riportato brani di veri interrogatori svoltisi in aula, da cui emergevano - oggettivamente e senza intenti narrativi - delle storie. Avvincenti, drammatiche, ridicole, inverosimili.
Insomma, il cuore di ogni romanzo poliziesco che si rispetti. E si veda cosa scriveva Glauser.

Così il giovane magistrato si è messo a scrivere storie inventate (più o meno...), gialli, in poche parole. Che il protagonista di questii romanzi sia un avvocato non è una trovata sensazionale, ma chi volete che ci sia al centro di una vicenda criminale, un idraulico?, una camiciaia?, un dentista? Oddio, ci sono, soprattutto in tv, detective improvvisati che fanno i librai, gli insegnanti, le suore, ecc., ma francamente se venissimo uccisi, pardon, se venissimo rapinati preferiremmo che a svolgere le indagini ci fosse un questurino tosto (magari non di Bolzaneto).
Carofiglio è stato salutato anche come il nuovo alfiere del giallo all'italiana. Meno male, pensate se fosse il guru del giallo alla lappone. Fatto sta che questo nuovo autore si è rapidamente conquistato il successo che si merita, a prescindere.
Trame poliziesche solide, dubbi che si ripetono, l'Italia che è quella che è, personaggi che ti fanno venire i brividi perchè sono di una normalità sconcertante, guizzi di genialità, allucinazioni che sembrano verbali dell'Arma, pettegolezzi micidiali.
E se vi capita di trovare su qualche Raieducational l'intervista che gli è stata fatta all'inizio del 2008 - ci pare - non perdetevela: dottor Carofiglio, non ci quereli, ma lo sa che lei è matto da legare? Non proprio come Glauser, per sua fortuna, ma forse come Camilleri sì.

  • Testimone inconsapevole, Sellerio, 2002
  • Ad occhi chiusi, Sellerio, 2003
  • Il passato è una terra straniera, Rizzoli, 2004
  • Ragionevoli dubbi, Sellerio, 2006
  • Cacciatori nelle tenebre, Rizzoli, 2007 (graphic novel)
  • Né qui né altrove. Una notte a Bari, Laterza, 2008
  • Il paradosso del poliziotto, Nottetempo, 2009
  • Le perfezioni provvisorie, Sellerio, 2010
  • Il silenzio dell'onda, Rizzoli, 2011
  • La sorte del bufalo, Rizzoli, 2013
  • Il bordo vertiginoso delle cose, Rizzoli, 2013
  • La casa nel bosco, con Francesco Carofiglio, Rizzoli, 2014
  • Una mutevole verità, Einaudi, 2014
  • La regola dell'equilibrio, Einaudi, 2014
  • Passeggeri notturni, Einaudi, 2016 - racconti
  • L'estate fredda, Einaudi, 2016
  • Le tre del mattino, Einaudi, 2017
  • La misura del tempo, Einaudi, 2019
  • La versione di Fenoglio, Einaudi, 2019
  • La disciplina di Penelope, Einaudi, 2021
  • Rancore, Einaudi, 2022
  • L'orizzonte della notte, Einaudi, 2024

film dai suoi libri: Il passato è una terra straniera (2008), di Daniele Vicari. Con Elio Germano, Michele Riondino, Chiara Casellli, Valentina Lodovini

Gianrico Carofiglio risponde alle domande del Camilleri Fans Club

Da che cosa ha tratto lo spunto per scrivere "Testimone inconsapevole"?

Non lo so. L'idea mi è venuta fuori così, senza uno spunto preciso, identificabile.
Forse avevo voglia di vivere una storia dal punto di vista dell'avvocato, visto che io di mestiere faccio il pubblico ministero.

È cambiato qualcosa attorno a lei, nella cerchia dei suoi amici, conoscenti o colleghi, dopo il successo del suo romanzo?

Sì. I miei amici maschi dei tempi della scuola mi chiedono se ricevo proposte dalle lettrici ed io sono costretto a deluderli. Poi c'è gente che cerca di farmi leggere manoscritti inediti. Sono convinti che io abbia in mano l'industria editoriale e possa farli pubblicare con uno schiocco di dita.

Quanto di lei, dei suoi gusti librari, musicali, artistici, c'è in Guido Guerrieri?

Quasi tutto. Il libro non è - ovviamente - autobiografico. Ma le citazioni rappresentano in modo abbastanza fedele quello che piace a me.

Alcuni personaggi descritti nel suo libro ed alcuni brani restano fermamente impressi nella memoria, perché sono esilaranti.
Ha preso spunto dalla realtà vicina a lei per la creazione di queste figure?


Come si dice nel nostro gergo: mi avvalgo della facoltà di non rispondere.
La mia vita è già abbastanza complicata.

L'avvocato Guerrieri spesso ha difeso elementi non proprio "puliti".
E spesso si chiede la provenienza dei soldi che confluiscono nella sua parcella. È un grosso problema di coscienza, per un avvocato, difendere certe "categorie" di persone?


Dipende dall'avvocato.


Dopo il grande successo di "Testimone inconsapevole", come è cambiato -se è cambiato- il suo rapporto con la scrittura? Sente il peso della responsabilità di non deludere i suoi lettori?

Sì.

Lei è nato e cresciuto a Bari, e lavora ancora adesso in questa città. Come è il suo rapporto con essa? La città influenza il suo modo di scrivere? Pensa di ambientare i suoi romanzi sempre in questa realtà, o non nega la possibilità di cambiare ambientazione?


La città influenza sicuramente il mio modo di scrivere, anche se non saprei dire come. Il mare c'entra di sicuro, comunque i due prossimi sono sicuramente ambientati a Bari. Poi andrò in cerca di posti nuovi, credo.

Perché il "legal thriller" non ha in Italia una grandissima diffusione?

Credo ci siano diverse ragioni. Prima di tutto il "legal thriller" è legato al processo di tipo accusatorio che in Italia esiste da poco più di dieci anni, mentre nei paesi anglosassoni ha una storia di secoli. E poi per scrivere un buon "legal thriller" ci vogliono avvocati  o  magistrati - e non ce sono molti - capaci di raccontare storie avvincenti. Se il "legal thriller" non è avvincente è meglio leggersi un manuale di procedura penale.
 
C'è qualche scrittore che lei considera il suo "maestro"?

Maestro? Non saprei. Mi piacciono Steinbeck, Hemingway, Calvino, Fante, Lussu, Bukowsky, Schnitzler, De Exupery, Lodge. Nella cosiddetta narrativa noir mi piacciono Lawrence Block, Joe Lansdale; tanti altri.

Pensa che il grande successo del giallo e del noir italiani e la conseguente iperproduzione di romanzi di tale genere sia un fenomeno passeggero o duraturo?

Spero che l'iperproduzione sia un fenomeno assolutamente passeggero, se penso ad alcune cose che ho letto recentemente.

Pensa che i professionisti (quali poliziotti e magistrati) che scrivono romanzi gialli, abbiano qualcosa in più rispetto ai giallisti che fanno solo gli scrittori?

No. C'è solo una distinzione che ha senso. Scrittori bravi e scrittori scadenti.

Pensa di continuare a fare il magistrato, o di dedicarsi completamente alla scrittura?

Bella domanda. Ci risentiamo fra qualche anno.

Quando un magistrato trova il tempo di scrivere un libro?
Mattina presto e sera tardi. Durante le vacanze. Nelle pause delle udienze.

Quanto ha impiegato per scrivere "Testimone inconsapevole"?


Nove mesi esatti. Quelli che si intendono di metafore mi dicono che dovrebbe significare qualcosa.

Lei non usa mai il dialetto. Perché? Com'è il suo rapporto con la lingua della sua regione?


Non lo so. Vediamo che succede nei prossimi. Comunque in "Testimone inconsapevole" c'è almeno una sequenza narrativa con personaggi che parlano in dialetto barese stretto.

Le piace leggere in vacanza? Che libri metterà in valigia?

"Complessità" di Waldrop; un paio di romanzi di Mankell; "Destra e sinistra" di Norberto Bobbio; "Stupid White Man", del regista di "Bowling a Columbine".
E poi mi rileggerò "Tre uomini in barca", di Jerome K. Jerome.

Nel romanzo c’è molta umana sofferenza; ma le pagine non sono mai angoscianti, il tutto è condito dall’ironia. Sembra fare eccezione il personaggio di Margherita, che quando parla e racconta di sé lo fa in maniera a volte troppo “pesante”. Come lo spiega?


Quella di Margherita è una storia tremenda, come tutte le storie di  dipendenze; siano da droga, alcol o altro. Non mi è venuto di metterci dell'ironia. Margherita però non mi sembra un personaggio "pesante". Penso ai suoi primi incontri con Guido, in cui - mi sembra - lei è simpatica e  spiritosa. Leggera, insomma.

Perché ha voluto connotare negativamente il personaggio di Abagiage?

Non è che io abbia voluto connotare negativamente il personaggio di Abagiage. Anzi, quando ho cominciato a scrivere  l'avevo pensata come un personaggio molto più importante e decisamente positivo. Come la sua entrata in scena. Poi però i personaggi sfuggono di mano a chi li ha inventati. Chiedete a chiunque abbia scritto o scriva. Prendono vita propria e si dimostrano migliori o peggiori di come li avevamo immaginati. Un pomeriggio mi sono messo al computer senza sapere cosa scrivere, e come fare andare avanti la storia. Ne è venuto fuori il capitolo in cui Abagiage comunica a Guido la sua partenza e tutto il resto. Retrospettivamente penso che sia stata una buona soluzione narrativa. Ha fatto andare avanti la storia e ha introdotto un forte elemento di debolezza umana in un personaggio che sembrava solidissimo e privo di  contraddizioni. A me piacciono le ambiguità e le contraddizioni; nei personaggi dei libri e nelle persone della vita.

Può un avvocato permettersi di seguire certi impulsi del cuore (i. e.: la difesa semigratuita di Abdou) senza far la fine del medico di De Andrè, quello che “da bambino voleva guarire i ciliegi”?


Sì, se vuole e se ha senso di realtà. Guerrieri  infatti non diventa mica povero. Continua a lavorare e guadagnare: "Controllavo scadenze, scrivevo atti semplici e soprattutto preparavo note spese. Dovevo, visto che con la difesa di Abdou non mi sarei  arricchito" (pag. 223)
 
Ha letto Jung, o produce di suo?

Ho letto qualche brano di Jung, diversi anni fa. Posso sapere il perché della domanda?

Anche alla luce dei recenti fatti di cronaca, ritiene che l'inefficienza della giustizia italiana, dopo avere creato sfiducia stia anche spingendo la gente a farsi giustizia da sé?


È una domanda difficile. La giustizia italiana non è sempre inefficiente, prima di tutto. Ci sono cose che funzionano, e che funzionano anche bene. Ma di questo ovviamente non parla nessuno. Ciò detto la risposta è sì. L'inefficienza dei meccanismi repressivi (e dunque non solo della giustizia, ma anche della macchina della pubblica sicurezza) spinge la gente a cercare alternative. È una questione molto complessa.

Quale dovrebbe essere secondo Lei il principale provvedimento da adottare per avviare una seria riforma del sistema giudiziario? (Oltre alla sostituzione del Ministro!) [il leghista Castelli, NdCFC]

Beh, certe sostituzioni sarebbero un ottimo inizio. E non parlo solo del ministro. Per il resto vale la risposta precedente.

Cosa pensa della volontà di assoggettare la magistratura all'organo di Governo adottando il cosiddetto "sistema americano"?


Tutto il male possibile.

(luglio 2003)

grazie a www.vigata.org/