La premessa è che nell'inverno 1944-1945 si svolsero una serie di colloqui segreti tra la direzione dell'Osoppo, che aveva rifiutato di inquadrare nelle formazioni jugoslave i propri uomini operanti a cavallo del confine, e il comando delle SS, e almeno in un caso tra l'Osoppo e la famigerata X MAS di Junio Valerio Borghese: da parte nazifascista l'intento era quello di contrastare l'avanzante "slavocomunismo" costituendo un fronte che comprendesse anche i partigiani anticomunisti. Vi era, però, un'ordinanza del Comando Volontari della Libertà che a livello di direzione Italia Nord nell'ottobre 1944 qualificava come "tradimento" - che in tempo di guerra prevede una sola condanna: la fucilazione - ogni trattativa con il nemico (direttiva ripresa dal CVL del Triveneto nel novembre 1944). Quindi queste iniziative dell'Osoppo, o di taluni suoi esponenti, erano oggettivamente un atto gravissimo. D'altra parte i negoziati si conclusero senza alcun accordo (ed altrettanto vero era che nei reparti partigiani le direttive militari raramente furono attuate alla lettera): le formazioni Osoppo, comunque, parteciparono con grande senso patriottico, insieme ai garibaldini, alla liberazione di diverse zone friulane e in nessun caso possono essere avvicinate ai belogardisti (milizie volontarie anticomuniste) o alle Guardie Azzurre slovene che si schierarono militarmente con gli invasori italiani e successivamente con i nazisti. Secondo la sentenza del Tribunale di Lucca, la strage fu ordinata dalla Federazione del PCI di Udine perché gli osovani si opponevano ai disegni espansionistici degli jugoslavi, appoggiati dai garibaldini, considerati entrambi da vari comandanti osovani “il nemico occulto”. Mario Lizzero "Andrea", comandante della Garibaldi del Friuli Venezia Giulia, sostenne sempre che l’azione fu un’iniziativa personale di Giacca, la cui formazione non era peraltro inquadrata nella Garibaldi Natisone. Lo stesso Lizzero ha presieduto il tribunale partigiano che condannò a morte "Giacca" per questo misfatto, ma, stranamente, la sentenza non fu mai eseguita. Giovanni Padoan "Vanni", commissario politico della divisione Garibaldi - Natisone, afferma invece che la decisione fu presa dal Comando del IX Corpus jugoslavo e avallata dalla Federazione udinese del PCI, all'insaputa del comando della Garibaldi: "Al processo io ero pronto a testimoniare, ma furono i miei a non volerlo. Avrei detto la verità: che Porzûs fu il frutto della volontà di due comunisti di Udine, segretario e vicesegretario del partito, che obbedivano alla Jugoslavia e non all'organizzazione partigiana italiana. Responsabilità loro, non certo di tutto il PCI, né tanto meno della resistenza garibaldina. Il commisario del IX Corpus jugoslavo mi disse in seguito che furono loro, gli jugoslavi, a dare l'ordine." (il Venerdì di Repubblica, 18.03.2005; per una trattazione ampia, molto seria e documentata, e a nostro parere convincente, cfr.: Giovanni Padoan "Vanni", Porzûs, Ed. della Laguna, 2000). L'eccidio di Porzûs è rimasto per 60 anni al centro di un'aspra polemica, dovuta sia alle reticenze del PCI (in qualche modo comprensibili nell'atmosfera infuocata del dopoguerra, ma ingiustificabili negli anni successivi), sia, in particolare, alla volontà politica della DC di deligittimare a tutti i costi i comunisti e di disconoscere il ruolo assolutamente decisivo che essi ebbero nella Resistenza (fra l'altro lasciando sul terreno più della metà degli oltre 40.000 partigiani caduti). "Bolscevichi assassini e infoibatori", insomma, come miserabile slogan propagandistico teso a far prevalere la visione di un PCI in ogni caso eterodiretto (cioè agli ordini di Mosca) e animato solo da propositi sanguinari e antidemocratici. Ed è soprattutto grazie a questa cinquantennale campagna diffamatoria che oggi riemergono prepotentemente, soprattutto attraverso i mass media, le tesi storiografiche revisioniste che puntano a centrare tutta la memoria di quegli anni terribili sui "massacri operati dai comunisti" e sulla loro totale complicità nella tragedia delle foibe. Poco importa se due ministri - governo Berlusconi - della Repubblica nata dalla Resistenza siano stati o siano fascisti: Gianfranco Fini è stato il pupillo del Segretario del MSI, il fucilatore di partigiani Giorgio Almirante, e Mirko Tremaglia ha combattutto nella Repubblica di Salò a fianco delle SS. Solo nel 2001, per
iniziativa del garibaldino "Vanni" e dell'osovano
don Redento Bello "Candido" (peraltro non sostenuti in modo
convincente dall'ANPI e, soprattutto, dall'Associazione Partigiani Osoppo),
si è avuto un importante momento di riconciliazione, con il fraterno
abbraccio dei due comandanti partigiani, uno col fazzoletto rosso e l'altro
col fazzoletto verde, davanti al casolare di Porzûs. Fra l'altro in Friuli, e altrove, non si è mai voluto ricordare un episodio analogo (anche se quantitativamente meno rilevante) accaduto nel dicembre 1943 presso Malga Silvagno (VC): quattro garibaldini trucidati da partigiani bianchi. (1) Per evitare qualsiasi ulteriore polemica "Vanni" ha omesso di ricordare che alcuni dei condannati (tra cui egli stesso!) erano totalmente estranei ai fatti. (2) I GAP, Gruppi di Azione Patriottica, durante la Resistenza erano i nuclei armati del PCI, protagonisti peraltro di importanti ed eroiche imprese. |