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Susanna
Ripamonti
Porrajmos |
Si
potrebbe cominciare con un sondaggio: quanti sono i nostri lettori
(e parlIamo quindi di un campione qualificato) che conoscono il
termine Porrajmos? Probabilmente non ci sbagliamo supponendo
che solo una piccola minoranza sappia che è l'equivalente,
in lingua romanès, di Shoah.
Significa annientamento, distruzione, divoramento e si riferisce
a quella particolare forma di martirio che subirono Rom e Sinti
deportati dai nazifascisti nei campi di sterminio.
Anche le cifre di questo massacro sono vaghe. Gli inquirenti incaricati
di predisporre gli atti di accusa del processo di Norimberga,
contro i criminali nazisti, non sono riusciti a valutarne con
precisione l'entità: cinquecentomila, forse un milione,
furono gli «zingari» (noi sedentari li chiamiamo così,
negando la loro stessa dignità di popolo) uccisi e perseguitati
nei lager e nei territori occupati di tutta Europa, Italia compresa.
Alla Bicocca, Facoltà di Sociologia, si sono tenuti un
convegno, una mostra fotografica e la presentazione di un libro
e di un documentario sul Porrajmos dimenticato o forse mai emerso
nella memoria e nella consapevolezza collettiva.
Ma rimosso anche dalle vittime di questo olocausto.
E proprio da questa rimozione parte il documentario, registrando
l'oblio che i depositari della memoria storica oppongono al tentativo
dei più giovani di indagare ed elaborare il dramma della
persecuzione.
1943 Kriminalpolizeidokument Zigeuner (Zingaro)
L'obiettivo del convegno, organizzato non a caso a ridosso dell'anniversario
della Liberazione, sembra essere proprio quello di rompere questo
silenzio che si riscontra a tutti i livelli: istituzionale, accademico,
storico.
«I silenzi generano incubi - dicono Francesco Scarpelli
e Paolo Poce, autori del filmato - e questo documentario ha
il fine di fare un primo passo verso la conoscenza, in un approccio
che è prima storiografico e documentario, ma che arriva
alla storia diretta ed ai ricordi di chi ha vissuto quelle tragiche
esperienze.»
E a giudicare da tesi di laurea e seminari che hanno per oggetto
questo capitolo dimenticato della nostra storia recente, si direbbe
che l'Università, a sessant'anni dall'olocausto, abbia
deciso di cominciare a scrivere la storia dimenticata e feroce
dello sterminio degli zingari.
Un indicatore di questo prolungato silenzio può essere
il fatto che addirittura fu negato, ben prima di qualunque deformazione
operata dal revisionismo storico, lo stesso carattere razziale
della persecuzione nei confronti di Rom e Sinti, per molto tempo
spacciata come azione di polizia, che aveva come obiettivo la
repressione di criminalità e asocialità.
E nella Germania liberata, la discriminazione nei confronti dello
sterminio nazista venne perpetuata anche nel momento in cui si
dovette provvedere ai risarcimenti. Michail Krausnick, riferendosi
alla città di Karlsrohe, riporta il rapporto - del 14 settembre
1945 - fatto dalle autorità cittadine e locali responsabili
degli aiuti ai perseguitati, offerti tramite la pubblica assistenza,
nel quale vengono indicate le cifre massime concesse: prigionieri
politici 229 marchi, ebrei 263 marchi, religiosi 283 marchi, zingari
42 marchi. Uno zingaro perseguitato, valeva meno, molto meno di
chiunque altro.
Eppure non dovrebbero esserci dubbi sul carattere razzista (e
non di ordine pubblico ingjustificato) della persecuzione del
popolo dei Rom.
Il professor Hans Gunther, uno dei principali scienziati razziali,
risolse «brillantemente» i dubbi sulla loro
presunta inferiorità, che provenivana dal fatto che, ironia
della sorte, era accertata la loro origine nordica.
«Gli Zingari - scrisse - hanno effettivamente
mantenuto alcuni elementi della loro origine nordica, ma essi
discendono dalle classi più basse della popolazione di
quella regione. Nel corso della loro emigrazione hanno assorbito
il sangue delle popolazioni circostanti, diventando quindi una
miscela razziale di Orientali e Asiatici occidentali con aggiunta
di influssi Indiani, Centroasiatici ed Europei.»
Anche in Italia, l'assenza di una specifica legislazione razziale
che riguardasse gli zingari, non cambia il segno della persecuzione
attuata nei loro confronti. Gli estensori delle leggi razziali
lasciarono ampia
discreziona!ità nell'applicazione estensiva delle leggi
che riguardavano gli ebrei, aprendo il varco alla deportazione
dei Rom, attuata con una serie di ordinanze successive al '38.
Il convegno della Bicocca ripercorre la storia di questo popolo
storicamente considerato come un corpo estraneo, dalle istituzioni,
ma anche nelle rapprentazini sociali, nella coscienza collettiva.
Il primo provvedimento di espulsione di «mori, ebrei
e zingari» (storie che come si vede, sono da sempre
intrecciate) risale alle Spagna quattrocentesca e coincide con
la creazione degli Stati nazionali.
Ma ancora oggi la presenza dei Rom è mal tollerata o accettata
solo a condizione di una disponibilità all'integrazione,
alI'inserimento, alla rinuncia alla propria diversità culturale.
In certi land tedeschi vigono ancora norme razziste che
vietano la circolazione e la sosta delle loro carovane. E in qualunque
angolo d'Ita!ia la presenza di un campo nomadi in una periferia
urbana è considerata come una iattura e un pericolo da
esorcizzare. Basti pensare all'iniziativa del sindaco leghista
di Cernusco sul Naviglio, alle porte di Milano, che pochi anni
fa cercava volontari disposti, dietro compenso (2.500 euro) a
spargere liquame in un campo nomadi, per costringere alla fuga
i rom che avevano scelto il territorio comunale come base.
Presentando il convegno, gli organizzatori parlano della principale
difficoltà in cui si sono imbattuti, che è stata
la distinzione tra storia e memoria: storia come ricostruzione
del passato, memoria che si proietta sul presente. Ma c'è
una difficoltà anche storiografica, dovuta alle molte lacune
delle fonti scritte, istituzionali e al fatto che la memoria storica
dei Rom è affidata alla tradizione orale. E dunque minacciata
dall'oblio.
Si tratta dunque di cominciare a ricostruire, a documentare, a
conoscere per non dimenticare.
«Per ricordare - scrivono Francesco Scarpelli ed
Erika Rossi - a 60 anni dal Porrajmos, che la nostra civiltà
ha il dovere di sorvegliare, di non rimuovere le proprie responsabilità
e soprattutto di avere ben presente che esiste un universo umano,
degno di rispetto, anche dietro all'espressione zingaro."
Un'espressione che alla fine, con l'ironia di chi viaggia e conosce,
loro stessi hanno imparato ad accettare, anche se preferiscono
chiamarsi Sinti, "che contiene la radice della più
antica provenienza (indiana) o Kalè, usato ancora
in Spagna e in India. E soprattutto Rom, che non vuoI
dire nomade, ma uomo libero.»
l'Unità, 17.04.05
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Giovanna Boursier
Lo sterminio degli zingari durante la 2a guerra mondiale |
Durante la seconda guerra mondiale vennero uccisi oltre 500.000 zingari, vittime del nazionalsocialismo e dei suoi folli progetti di dominazione razziale. La storia dello sterminio degli zingari è una storia dimenticata e offesa dalla mancanza di attenzione di storici e studiosi: ancora oggi la documentazione risulta frammentaria e la relazione dei fatti lacunosa. Eppure l'argomento dovrebbe suscitare interesse anche solo per il fatto che la persecuzione degli zingari in epoca nazista risulta essere l'unica, ovviamente con quella ebraica, dettata da motivazioni esclusivamente razziali: proprio come gli ebrei, infatti, gli zingari furono perseguitati e uccisi in quanto « razza inferiore» destinata, secondo l'aberrante ideologia nazionalsocialista, non alla sudditanza e alla servitú al Terzo Reich, ma alla morte.
Ma proprio questo è il nodo centrale del problema. Per molto tempo dopo la guerra, infatti, lo sterminio nazista degli zigani non è stato riconosciuto come razziale ma lo si è considerato conseguenza - in un certo senso anche ovvia - di quelle misure di prevenzione della criminalità che, naturalmente, si acuiscono in tempo di guerra. Una tesi che trova fondamento nella definizione di «asociali» con la quale, almeno nei primi anni del potere hitleriano, gli zingari vengono indicati nei vari ordini e decreti che li riguardano. Come sappiamo, però, la terminologia nazista non è sempre esplicativa dei fatti: in questo caso il termine « asociale» viene usato per indicare coloro che, per diverse ragioni, non sono integrabili o omologabili col nuovo ordine nazionalsocialista. Gli stessi ebrei nei primi tempi venivano deportati e registrati come « asociali» . È sulle ragioni di questa « asocialità» che bisogna indagare.
In realtà, e va precisato fin d'ora, gli zingari furono perseguitati, imprigionati, seviziati, sterilizzati, utilizzati per esperimenti medici, gasati nelle camere a gas dei campi di sterminio, perché zingari e, secondo l'ideologia nazista, «razza inferiore», indegna di esistere. La pericolosità - o asocialità - zigana non era, infatti, assimilabile a quella degli altri individui perseguitati per ragioni di ordine pubblico. Gli zingari erano geneticamente ladri, truffatori, nomadi: la causa della loro pericolosità era nel loro sangue, che precede sempre i comportamenti.
1. Quella che i nazisti chiamarono « questione zingara» è presente fin dai primi anni del potere hitleriano.
In realtà, già prima dell'ascesa al potere del nazismo, e non solo in Germania, ma in tutta Europa, esisteva una legislazione sugli zingari orientata - in generale - prima al controllo e all'identificazione degli individui presenti sul territorio, poi alla loro omologazione e assimilazione. Nella Germania guglielmina e nella Repubblica di Weimar - analogamente a ciò che accadrà durante i primi anni del regime nazista - la « questione zingara» era affidata quasi esclusivamente alle autorità di polizia locali col compito, sostanzialmente, di far rispettare regole e doveri: gli zingari dovevano lavorare e smettere la vita nomade. Le leggi, inoltre, imponevano loro di possedere carte di identificazione particolari e permessi di soggiorno o sosta in determinati luoghi, concessi a un numero limitato di persone. 1
La persecuzione nazista degli zigani si inserisce quindi in una storia di discriminazioni lunga secoli, che però, vorremmo sottolineare, solo nell'ambito della teoria e della conseguente prassi del potere nazionalsocialista poté trovare espressione tanto radicale e violenta.
Bisogna anche tener presente che in Germania era particolarmente viva e radicata quella corrente di pensiero che si potrebbe definire « razziale» , che dalle elaborazioni teoriche neoromantiche di fine Ottocento sfociava in quelle piú dichiaratamente volkisch di De Gobineau o di Houston Steward Chamberlain, impregnandosi di esaltazione nazionalpatriottica e misticismo, fino a definire il völk tedesco come popolo eletto, portatore di una missione purificatrice della razza o, piú in generale, dell'intera umanità.
Con l'avvento del nazismo fu semplice, ma essenziale, la congiunzione di teoria e prassi politico-legislativa.
Numerosi scienziati, medici, avvocati, legislatori, professori universitari, si posero al servizio del Reich per elaborare e soprattutto giustificare teorie e atti della politica razziale nazionalsocialista. In base all'assunto per cui esistevano razze superiori e razze inferiori, le prime con il diritto/dovere di dominare e annientare le altre, al Terzo Reich, e alla persona del Führer in particolare, venne affidato il compito supremo di purificazione del mondo.
Fra le razze inferiori, da sempre - e, se vogliamo, erroneamente anche dal punto di vista assurdo dei 2 - quella zingara.
Dal 1934 il ministero degli Interni finanziava e coordinava quelli che venivano chiamati Centri di igiene razziale e ricerca genetica, nei quali la « questione zingara» veniva affrontata con particolare attenzione. In quest'ambito un importante punto di riferimento divenne subito il Servizio informazioni sugli zingari, un centro fondato nel 1899 a Monaco da uno zelante funzionario statale, Alfred Dillmann. Non solo tutto il materiale, tra cui numerose schedature degli zingari presenti sul territorio, venne immediatamente prelevato dai nazisti e utilizzato per identificare migliaia di persone, ma, nel giro di pochi anni, l'istituto fu ribattezzato Ufficio centrale per la lotta alla piaga zingara e trasferito a Berlino.
Nel campo delle ricerche genetico-razziali sugli zingari si distinse il dottor Robert Ritter, psichiatra e neurologo di Tubinga. Ritter e i suoi collaboratori arrivarono a sostenere la presenza di fattori genetici che condizionavano l'esistenza zigana. Eva Justin, assistente del Ritter, dopo aver esaminato 148 bambini zingari abbandonati in orfanotrofio, elaborò addirittura una teoria sulla presenza nel sangue zingaro del gene del Wandertrieb, «l'istinto al nomadismo», segnando cosí il destino di migliaia di 3.
Fin dal 1935 Ritter dichiarava che « gli zingari risultano come un miscuglio pericoloso di razze deteriorate [...] che ha ben poco a che fare con gli zingari originari» ed esplicitava il suo progetto, quello di realizzare ricerche genealogiche e classificazioni razziali su tutti gli zingari presenti in Germania, calcolati intorno alle 30.000 persone. A questo scopo, nel 1936, fondò il massimo istituto nazista per la « questione zigana», nel 1937 annesso al ministero della Sanità come Centro di igiene razziale e di ricerche politico demografiche, con sede a Berlino, che, incessantemente, fino al 1944, ottenne consistenti finanziamenti e massima disponibilità sia da parte della Società tedesca per la ricerca, sia del ministero degli Interni. Dopo i primi anni di lavoro, nel 1940, Ritter scriveva: «la questione zingara potrà considerarsi risolta solo quando il grosso di questi ibridi zigani, asociali e fannulloni [...] sarà radunato in campi di concentramento e costretto al lavoro, e quando l'ulteriore aumento di queste popolazioni sarà definitivamente impedito»; e nel 1943 annotava che «il numero di casi chiariti dal punto di vista della biologia razziale raggiunge attualmente 21.498. 4
Nel passaggio dalla teoria alla prassi, una delle prime ipotesi formulate per la soluzione della « questione zigana» era stata, in linea con analoghi trattamenti destinati alle razze considerate «nocive» al Reich tedesco, quella di intervenire mediante sterilizzazione coatta di tutta la popolazione zigana, cosí da impedirne l'ulteriore riproduzione.
È ciò che 5 «genocidio mediante gli ostacoli alla fecondazione», una sorta di sterminio dilazionato nel tempo. Come è noto, nell'ambito della metodica e scientifica programmazione dello sterminio nazista, la sterilizzazione rappresentava un metodo di annullamento lento ma sistematico di intere popolazioni, dilazionato nel tempo ma ugualmente sicuro: milioni di individui castrati avrebbero costituito un esercito di lavoratori definitivamente inoffensivi e morti in potenza.
Lo stesso Ritter mentre proponeva, per risolvere la « questione zingara», la reclusione e il lavoro forzato, specificava la necessità di preventiva sterilizzazione di tutti gli individui, in particolare dei bambini appena avessero compiuto il dodicesimo anno di età.
Nel 1938 Tobia Portschy, governatore della Stiria, spediva alla cancelleria del Führer un memorandum sull'argomento in cui esplicitamente sottolineava la necessità di sterilizzare gli zingari prima di deportarli in campi di lavoro. Due anni dopo, il 24 gennaio 1940, il segretario di Stato del ministero degli Interni scriveva alla polizia criminale del Reich: «Io resto del parere che una soluzione finale del problema zingaro possa essere raggiunta solo attraverso la sterilizzazione di essi e dei loro ibridi. 6Anche Himmler raccomandava di sterilizzare in massa i ragazzi zingari al compimento dei 12 anni.
Uno dei primi accenni scritti alla sterilizzazione degli zingari risale al 1937, quando la rivista «Reichsverwaltungsblatt» pubblicò un articolo dove si affermava che il 99% dei bambini zigani di Berleburg risultava maturo per la sterilizzazione.
Durante il processo su Auschwitz sono emerse le prove della responsabilità diretta di un certo dr. Lucas nella sterilizzazione di zingari e zingare a Ravensbruck, dove risultano essere state sterilizzate oltre 120 ragazze. Ancora nel 1945, ad Auschwitz, il professor Clauberg sterilizzò circa 130 zingare appositamente trasferite in quel lager.
Si può quindi dire che la sterilizzazione degli zingari fu largamente praticata durante tutti gli anni del nazismo, prima negli ospedali, poi nei campi di concentramento. Molti zingari vennero effettivamente sterilizzati, spesso costretti all'alternativa (che poi non era affatto tale) tra sterilizzazione e internamento: esiste una documentazione abbastanza ampia su casi di donne zingare costrette a firmare le autorizzazioni all'intervento, la stessa documentazione utilizzata dopo la guerra come alibi dai responsabili. 7
A mano a mano che i nazisti istituzionalizzavano e perfezionavano la loro macchina razziale, anche il «problema zingaro» si definiva assumendo dimensioni proprie, specificate, piú o meno direttamente, nei vari decreti e circolari emanati a getto continuo nel Terzo Reich.
Nelle leggi di Norimberga gli zingari non sono esplicitamente menzionati, ma sono compresi tra coloro che vengono definiti di sangue «misto e degenerato». Nel commentario a queste disposizioni, del 1936, Globke e Stuckart indicano infatti esplicitamente gli zingari tra coloro che devono essere sottoposti alle leggi di Norimberga, scrivono che «in Europa portatori di sangue straniero sono solo ebrei e zigani» e precisano che le leggi riguardanti i mezzi ebrei devono essere applicate anche agli altri mischlings(misti) cioè ai mezzi zingari.
Nel giugno 1936 una circolare del ministero degli Interni affida 8 la «lotta contro la piaga zingara» direttamente alle autorità di polizia, sollecitate a provvedere per la soluzione della questione: si chiede che attraverso leggi speciali e «particolarmente attraverso strumenti polizieschi» si operi concretamente sul problema. È in questo momento che iniziano le deportazioni.
Le prime sono documentate a Dachau dove giunge un trasporto di circa un centinaio di zingari. Nello stesso anno, con lo scopo di « ripulire» la città di Berlino in occasione dei giochi olimpici, 600 zingari vengono confinati a Marzahn - un'ex discarica dove le condizioni di sopravvivenza risultano preoccupanti per le stesse autorità - che poco tempo dopo verrà dichiarato ufficialmente campo di concentramento. Nel 1937, su pressione diretta del partito nazista, viene istituito anche il campo per zingari di Frankfurt am Main. 9
La corrispondenza tra le diverse autorità del Reich rivela inoltre che tra il 1933 e il 1939 quasi tutti i sindaci, le autorità di pubblica sicurezza e gli amministratori locali si preoccupano di sollecitare le autorità centrali per «la costruzione di campi di concentramento per zingari», o per «l'erezione di nuovi campi di lavoro per zingari».
Un po' ovunque, quindi, gli zingari vengono radunati in luoghi particolari, non necessariamente recintati ma controllati a vista dalla polizia, sottoposti al lavoro forzato, quasi senza cibo, esposti al freddo, al gelo e alla morte continua.
Nonostante si possa affermare che i provvedimenti contro gli zingari vengono regolati già nel 1936 e poi lungo il corso del 1937, è vero che gli zingari in questo periodo rientrano ancora fondamentalmente nella categoria dei cosiddetti «asociali»: come tali, però, non fanno parte della comunità tedesca, nemmeno quando non dimostrano alcun comportamento criminale.
I presupposti istituzionali per un'azione unificata e centralizzata contro gli zingari in quanto tali vengono esplicitati da Himmler, che, nominato capo della polizia tedesca al ministero degli Interni nel giugno del 1936, in breve tempo rende la «questione zingara» centrale nell'ambito della politica razziale del Reich.
Il 16 maggio 1938, infatti, Himmler annette la Centrale del Reich per la lotta alla piaga zingara all'Rkpa di Berlino, cioè alla Centrale della polizia criminale del Reich. È un atto significativo: in questo modo la questione del «disordine zingaro» viene sottratta alla giurisdizione dei singoli Länder e delle autorità locali e posta sotto il controllo diretto della polizia criminale del Reich. La centralizzazione segna la fine della precedente prassi poliziesca tendente ad eliminare gli zingari dalla propria zona di competenza, e affida la questione ad enti con la possibilità di applicare procedure di tipo sistematico. Dal 1939 sarà istituita anche una sezione della polizia criminale col compito peculiare di « combattere la piaga zingara», che estenderà nuovamente tutti i compiti alle autorità locali, ma con lo scopo, questa volta, di intensificare le persecuzioni.
Il 1938 è un anno cruciale per la storia dello sterminio degli zingari, come lo è per quella degli ebrei, perché è un anno cruciale per il Terzo Reich: quello della notte dei cristalli, dell'Anschluss, della conferenza di Monaco.
L'8 dicembre 1938 Himmler emana un decreto fondamentale sulla « questione zingara» , che riassume e rende esplicite tutte le direttive precedenti. È la prima legge contro gli zingari in quanto tali. Si intitola, appunto, Lotta alla piaga zingara e 10 stabilisce che, in base all'esperienza realizzata e alle conoscenze desunte dalle ricerche biologico-razziali, la questione va «considerata una questione di razza». La distinzione tra « zingari puri» , «meticci zingari» e « vagabondi» implica la necessità di « determinare l'appartenenza razziale di ogni zingaro sul territorio del Reich», affinché sia poi possibile affidare il problema alle autorità competenti. Queste ultime sono l'Ufficio centrale per la sicurezza dello Stato (Rsha), il ministero degli Interni e, in particolare, l'Rkpa, al quale spetta, in ultima istanza, decidere di qual « tipo» di individuo si tratti.
Se questa legge chiarisce molto bene che la « questione zingara» è considerata una «questione di razza», le successive istruzioni del marzo 11 servono a indicare gli atti da compiere: il censimento di tutta la popolazione zingara sul territorio, un'inchiesta di biologia razziale su ogni individuo e, di seguito, l'assegnazione di un certificato delle autorità del Reich nel quale siano indicati, attraverso colori diversi, l'appartenenza alla razza zingara e il grado di miscuglio razziale dell'individuo in questione.
Il 17 ottobre 1939 12 l'Rsha (Ufficio principale per la sicurezza dello Stato) in una lettera urgente (Schnellbriefe), ordina, sottolineando lo scopo di « una soluzione imminente della "questione zingara" su tutto il territorio del Reich», di schedare e quindi confinare tutti gli zingari in determinati luoghi dai quali è proibito loro allontanarsi. Nello stesso ordine si scrive già di campi di internamento per zingari, loro approntamento, trasporto e vettovagliamento. 13 È, in pratica, la premessa della deportazione.
Il ritmo degli arresti degli zingari tedeschi si intensifica: alla fine del mese di ottobre è documentato l'arresto di un centinaio di « cartomanti» , considerate da Himmler una minaccia concreta per il morale della nazione.14
Si stanno attivando i meccanismi della deportazione di massa degli zingari, tanto è vero che in una lettera di Eichmann del 16 ottobre 1939, in risposta a Nebe che gli chiedeva chiarimenti sull'organizzazione dei trasporti di zingari, egli scrive: «mi pare che il metodo piú semplice sia quello di agganciare a ciascuna tradotta [di ebrei] qualche vagone di zingari».15
Se poi il programma non viene immediatamente realizzato ciò è dovuto piú agli avvenimenti concomitanti (scarsità di convogli e precedenza data alla deportazione degli ebrei) che alla mancanza di volontà. Il 30 gennaio 1940, Heydrich, in una riunione a Berlino, ribadisce che «dopo i due movimenti di massa (ebrei e polacchi), l'ultimo riguarderà lo smaltimento di circa trentamila zingari dal Reich [...]» . Pochi mesi dopo l'Rsha vieta il rilascio di zingari già detenuti in carcere o in campi di concentramento e crea, al proprio interno, un apposito ufficio, denominato prima IV-D4, poi IV-A4, per la deportazione di ebrei, zingari e polacchi, affidato ad Eichmann.16
A completare il quadro il 27 aprile 1940 quando, in riferimento allo Schnellbriefe dell'ottobre precedente, Himmler promulga un ulteriore decreto e ordina la deportazione di 2.500 zingari dalle zone di confine del Reich al governatorato generale 17: «Il primo trasferimento di zingari in direzione del governatorato generale sarà effettuato alla metà del mese di maggio con 2.500 persone raggruppate per clan». Di seguito si indica il numero di persone che ogni comando di polizia locale deve raccogliere, dando la precedenza a coloro che risultano già schedati o, come recita il vocabolario nazista, «censiti»; si precisa che la cifra di 2.500 persone non deve essere in nessun caso innalzata o abbassata e che, se necessario, si ricorrerà alla deportazione di altri zingari dai territori vicini.
Alcuni studiosi hanno sostenuto che queste deportazioni erano motivate da ragioni militari, di sicurezza e ordine, perché gli zingari praticavano lo spionaggio. Ciò sarebbe in aperta contraddizione proprio con l'indicazione delle cifre, dovuta invece alla disponibilità di convogli e alle necessità del Reich. Tali indicazioni numeriche, quindi, possono piuttosto suffragare l'ipotesi di un progetto preciso sulla «questione zingara» e della sua messa a punto che per il momento prevedeva questo e non altro. Del resto, in vista dell'imminente campagna dell'Est, non è casuale nemmeno l'indicazione dei luoghi della deportazione: 1.000 persone dalla zona Bremen/Hamburg, altre 1.000 da Dusseldorf, Koln e Hannover e 500 dalla regione di Frankfurt am Main/Stuttgard.
Le deportazioni ebbero inizio a maggio e si svolsero piú o meno secondo i piani, anche se furono necessari trasporti supplementari. Sulla sorte dei deportati si sa qualcosa: alcuni arrivarono in Polonia e furono rilasciati dalle autorità del luogo che non sapevano cosa fare, altri furono imprigionati in campi di raccolta o in ghetti, sotto il controllo delle SS, come a Belzec, Radom, Kielce, Kryckow, e utilizzati per il lavoro forzato, molti proseguirono verso i campi di sterminio, altri ancora vennero uccisi nelle esecuzioni sommarie di massa compiute dalle SS in tutti i territori occupati.
Con la fine dell'anno la deportazione degli zingari verso la Polonia cessa e le motivazioni sono di vario ordine: la scarsità dei convogli; le continue rimostranze delle autorità polacche per l'enorme numero di prigionieri affluiti; il fatto che la schedatura degli zingari non fosse ancora terminata; la necessità di approntare un piano dettagliato sulla loro sorte. Soprattutto, questa pausa nelle deportazioni di zingari, è motivata dalla necessità di dare assoluta precedenza a quelle degli ebrei: le loro case servivano infatti per il piano di ripopolamento tedesco delle zone polacche, affidato da Hitler ad Himmler nell'ottobre del 1939.
La prima politica di deportazione degli zingari diventa cosí di lungo termine. Restano i campi di concentramento già esistenti e gli zingari già imprigionati.
Contemporaneamente vari elementi introducono ed evidenziano i presupposti della « soluzione finale» per gli zingari: il 7 agosto 1941 Himmler promulga una circolare che stabilisce le etichette biologiche degli zingari suddividendoli in Z (zingari puri), ZM+ (nati da matrimoni misti con oltre il 50% di sangue zingaro), ZM (con uguale percentuale di sangue tedesco e zingaro), ZM-.18
Gli zingari vengono anche definitivamente assimilati agli ebrei nell'annullamento dei diritti personali, con provvedimenti che riguardano la loro espulsione dalle scuole tedesche, il divieto di sposare cittadini tedeschi, il loro esonero dalla carriera militare, l'esclusione dall'assistenza medica e dalla retribuzione festiva per i lavoratori, peraltro già congedati dalle fabbriche belliche o da altri impianti di interesse strategico.
Con l'attacco all'Unione Sovietica si evidenzia e si fa sempre piú violenta la politica di sterminio. Facendo delle esecuzioni di massa il loro metodo principale, le Einsatztruppen e le truppe di occupazione intensificano la loro campagna di morte contro gli zingari anche in Russia, negli Stati balcanici e in tutto l'Est.
All'inizio del 1941 un trasporto di 5.007 zingari arriva nel ghetto Lodz: quasi tutti i prigionieri muoiono durante l'inverno per un'epidemia di tifo petecchiale, e i superstiti, nel gennaio dell'anno successivo, vengono trasferiti a Chelmno e qui gasati.
Gli zingari vengono perseguitati e imprigionati anche negli altri territori conquistati e occupati dai nazisti: Francia, Belgio, Olanda, Jugoslavia, Italia. Vengono deportati nei campi di concentramento, costretti al lavoro forzato, uccisi, se non dal freddo o dall'inedia, dalle SS. Il 31 luglio 1942, ad una richiesta da parte delle autorità polacche circa il comportamento da tenere verso gli zingari, il ministero per i Territori occupati dell'Est risponde che per il momento valgono le stesse regole date per gli ebrei.
Il 1942 rappresenta un altro momento cruciale di questa storia. Nel giro di un anno la Germania, che aveva raggiunto l'apice della potenza e della politica di dominazione, deve rivedere i propri piani, mentre la tendenza della guerra si inverte. È in quest'ambito, ancora contraddittorio, di grande entusiasmo e contemporaneo inizio della fine, che troviamo momenti fondamentali della politica razziale del Reich e, in particolare, del percorso verso la « soluzione finale». Va anche ricordato che nel gennaio del 1942 si tiene la conferenza di Wannsee, in cui si decidono i mezzi e i metodi della « soluzione finale».
Il 16 dicembre 1942 19 Himmler firma l'ordinanza per la deportazione degli zingari ad Auschwitz, uno dei piú noti campi di sterminio. Il 29 gennaio 1943 l'Rsha emana le istruzioni per l'esecuzione del decreto: gli zingari dovranno essere «selezionati e, nel corso di un'operazione della durata di qualche settimana, trasferiti in campo di concentramento [...] verso il lager di Auschwitz». Si stabilisce anche che, per quanto possibile, gli zingari vengano internati senza dividere le famiglie. L'operazione dovrà partire «il 1° marzo del 1943 e terminare entro la fine del mese».
È un decreto fondamentale perché comprende l'intera storia della deportazione e dello sterminio degli zingari. Vi ritroviamo, riassunte, tutte le elucubrazioni sulla razza zingara, dalla questione, sollevata da Himmler, della purezza di certi gruppi, alla identificazione di tutti gli altri come razza impura e indegna di vivere. Inoltre si affida l'intera operazione alle autorità di polizia e si stabilisce non solo che gli zingari devono essere tutti internati ma che il luogo del loro trasferimento sia Auschwitz, il piú noto campo di sterminio. Il fatto che l'intera operazione debba concludersi entro il mese è probabilmente ancora una volta da collegare ai tempi imposti dalla guerra. Due giorni prima di questo decreto, infatti, Himmler aveva chiesto all'Rsha una fornitura di almeno 35.000 uomini abili al lavoro da destinare ai lager. L'Rsha rispondeva dicendo di aver solo 10/15.000 ebrei disponibili. Lo stesso giorno Himmler ordina l'internamento degli zingari.
I rastrellamenti iniziano nel mese di febbraio. Le operazioni proseguono rapidamente e massicciamente. Persino ospedali e orfanotrofi vengono perquisiti. Le SS circondano gli accampamenti o i campi di raccolta e rastrellano tutti i presenti, spesso dicendo loro che sarebbero stati trasportati in una colonia in territorio polacco. In una testimonianza raccolta da Kenrick e Puxonsi 20 legge:
Il 9 marzo 1943, 134 zingari, uomini, donne e bambini, furono svegliati nell'accampamento di Berleburg [...] Furono ammassati nel cortile di una fabbrica e privati di ogni avere; furono caricati in carri bestiame e avviati ad Auschwitz. Ne sopravvissero 9 [...] Gli zingari venivano prelevati addirittura dai posti di lavoro e deportati immediatamente [...] Ogni gerarca aveva un'interpretazione sua da dare [...] taluni separavano i genitori dai figli, inviando i primi nei lager e lasciando i secondi sul posto, e viceversa.
Nei campi di concentramento, probabilmente proprio in quanto considerati di razza pura degenerata, gli zingari vengono spesso utilizzati come cavie negli esperimenti medici e di sterilizzazione. Ci sono molte testimonianze in questo senso. Ad Auschwitz il dott. Mengele compiva i suoi agghiaccianti esperimenti sui bambini zingari, in particolare sui gemelli. Una delle sue cavie fu Barbara Richter, che ha lasciato un'intensa testimonianza sulla sua vicenda:
Il dott. Mengele mi ha presa per fare esperimenti. Per tre volte mi hanno preso il sangue per i soldati. Allora ricevevo un poco di latte e un pezzetto di pane con il salame. Poi il dott. Mengele mi ha iniettato la malaria. Per otto settimane sono stata tra la vita e la morte, perché mi è venuta anche un'infezione alla faccia [...]. 21
Persino il giorno della gasazione finale degli zingari, Mengele preleva ancora i corpi di dodici coppie di gemelli zingari per sottoporli a sperimentazione.
Sulla presenza degli zingari nei campi di concentramento esiste una documentazione frammentata, ma sufficiente a testimoniare della loro prigionia un po' ovunque. Erano contrassegnati dal triangolo nero degli «asociali» spesso affiancato dalla lettera «Z» , per Zigeuner, «Zingari» . La loro presenza risulta documentata a Dachau, a Lachenback, a Majdanek, a Mauthausen, a Buchenwald, a Ravensbrück, a Treblinka e anche a Sobibor, Belzec, Gross-Rosen, Gusen, Natzweiler, Theresienstadt.
La documentazione maggiore riguarda Auschwitz, dove, per un certo periodo, esistette una sezione appositamente riservata agli zingari: il campo BIIe per famigliezingare. 22 Lo Zigeunerlager, come era chiamato, entrò in funzione alla fine del febbraio 1943 e cessò di esistere ai primi di agosto del 1944, quando tutti coloro che vi erano sopravvissuti vennero condotti nelle camere a gas. Il primo trasporto vi giunse il 26 febbraio 1943. Dal 7 marzo vengono regolarmente registrati trasporti di zingari dai territori occupati, tanto che in breve tempo risulta superato il limite della capienza, 10.000 persone. Va specificato che anche prima della costruzione del campo per famiglie zingare, gli zingari erano internati ad Auschwitz e che alcuni vi rimasero anche dopo la costruzione del lager BIIe: il 20 gennaio 1944 ne risultano 479.
Nello Zigeunerlager i prigionieri vivevano in condizioni particolari: separati dagli altri prigionieri, gli zingari non erano sottoposti alla selezione iniziale - anche se si sa di alcuni convogli neanche registrati e mandati immediatamente nelle camere a gas 23 -, ma, tatuati e rasati a zero, subito destinati alle loro baracche dove rimanevano con le loro famiglie. Poi nessuno si preoccupava di loro: non avevano l'appello mattutino, non facevano parte dei gruppi di lavoro, le donne potevano addirittura partorire. Una condizione che potrebbe persino sembrare di privilegio, se non fosse che l'abbandono e il disinteresse verso questi internati da parte delle autorità di Auschwitz sottintendeva, in realtà, il loro destino di morte. Per questo gli zingari venivano abbandonati, in condizioni agghiaccianti: la mancanza di cibo, il freddo, le malattie rendevano difficilissima la sopravvivenza. Hermann Langbein, allora medico nell'infermeria del lager, ricorda di aver registrato che l'indice di mortalità dello Zigeunerlager risultava molto piú alto che nel resto di Auschwitz. Per questo vi si recò e trovò condizioni orrende: bambini colpiti da una terribile malattia della pelle, causata dalla denutrizione, il noma, uomini e donne moribondi, in stato di abbandono totale, stipati in baracche gelide e senza spazio per muoversi. Langbein ricorda che la sentinella polacca lo condusse anche nel blocco dove stavano le donne in attesa di partorire:
Su un pagliericcio giacciono sei bambini che hanno pochi giorni di vita. Che aspetto hanno! Le membra sono secche e il ventre è gonfio. Nelle brande lí accanto ci sono le madri; occhi esausti e ardenti di febbre. Una canta piano una ninna nanna: « A quella va meglio che a tutte, ha perso la ragione» [...] L'infermiere polacco che ho conosciuto a suo tempo nel lager principale mi porta fuori dalla baracca. Al muro sul retro è annessa una baracchetta di legno che lui apre: è la stanza dei cadaveri. Ho già visto molti cadaveri nel campo di concentramento. Ma qui mi ritraggo spaventato. Una montagna di corpi alta piú di due metri. Quasi tutti bambini, neonati, adolescenti. In cima scorrazzano i topi. 24
Alla fine, quindi, anche le condizioni particolari dello Zigeunerlager si rivelano per quello che sono, la realtà di un campo di sterminio nazista.
Non si conoscono con precisione le ragioni di questo trattamento particolare. Poco dopo la costruzione dello Zigeunerlager, l'ufficio V dell'Rsha, precisa che solo «per il momento» gli zingari vanno tenuti separati dagli altri prigionieri, per essere poi sottoposti allo stesso trattamento riservato agli ebrei. Si possono fare delle ipotesi tra le quali la piú accreditata è che si trattasse di un progetto di sperimentazione - analogamente al caso del lager per famiglie del ghetto di Theresienstadt - per capire cosa si potesse fare di altri gruppi razzialmente simili qualora fosse continuata l'occupazione tedesca. Tale ipotesi è anche suffragata dal fatto che, come abbiamo visto, gli zingari di Auschwitz erano tra le principali vittime degli esperimenti medici e di sterilizzazione. Altre supposizioni che sono state fatte: il campo serviva a mantenere negli zingari l'illusione della sopravvivenza e ad evitare, cosí, ribellioni; venivano tenuti lontani dagli altri prigionieri che non volevano gli zingari; le vicende della guerra avevano lasciato aperto il problema; le camere a gas erano sempre impegnate nell'eliminazione degli ebrei. La Novitch suppone che gli zingari fossero lasciati in vita a beneficio di eventuali ispezioni della Croce rossa nel lager e anche perché il loro sterminio coinvolgeva molti zingari assimilati i cui congiunti erano ancora liberi. In ogni caso tutti questi fatti descrivono piú le conseguenze che le cause della deportazione. Il loro destino di morte non può essere messo in dubbio.
La storia dello Zigeunerlager termina la notte tra il 31 luglio e il 1° agosto 1944, quando tutti gli zingari ancora in vita vengono uccisi nelle camere a gas e poi bruciati nei forni crematori. Erano oltre 3.000 persone, forse anche 4.000. Anche i motivi dell'ordine di annientamento non si conoscono. Ma, anche in questo caso, si possono fare delle supposizioni: la fine del lager BIIe avviene quando è registrato l'arrivo di un grosso convoglio di ebrei ungheresi abili al lavoro; il fronte russo si avvicina e l'apparato di sterminio viene potenziato al massimo; i convogli arrivano soprattutto ad Auschwitz ma insieme avanzano gli alleati. Insomma, la fine dello Zigeunerlager viene probabilmente decisa quando alla teoria razziale si sovrappone la prassi inclemente della guerra e i nazisti necessitano del massimo di manodopera, ma vogliono contemporaneamente arrivare alla «soluzione finale» nel piú breve tempo possibile.
Non si sa esattamente nemmeno chi abbia dato l'ordine dello sterminio: Höss, comandante di Auschwitz, dice di averlo ricevuto da Himmler dopo una visita del Reichsfuumlhrer delle SS nel campo, ma le date non coincidono. 25 È molto probabile che sia stato Höss stesso a decretarne la fine, ovviamente in accordo con le alte gerarchie del Reich.
Le selezioni iniziarono nell'aprile del 1944 (alcuni zingari abili al lavoro vennero mandati a Ravensbrück, Buchenwald e Flossenberg) e continuarono fino al giorno prima della gasazione finale.
Alle ore 20.00 del 31 luglio gli zingari vennero caricati su camion e trasportati nelle camere a gas: nessuno si salvò, in quella terribile notte. Racconta un medico ebreo prigioniero ad Auschwitz:
L'ora dell'annientamento è suonata anche per i 4.500 detenuti del campo zingaro. La procedura è stata la stessa applicata per il campo ceco. Prima di tutto divieto di uscire dalle baracche. Poi le SS e i cani poliziotto hanno cacciato gli zingari dalle baracche e li hanno fatti allineare. Hanno distribuito a ciascuno le razioni di pane e i salamini. Una razione per tre giorni. Hanno detto loro che li portavano in un altro campo [...] Il blocco degli zingari sempre cosí rumoroso, s'è fatto muto e deserto. Si ode solo il fruscio dei fili spinati e porte e finestre lasciate aperte che sbattono di continuo.
Molti dei sopravvissuti ad Auschwitz ricordano quella notte con parole di angoscia terribile, e, in particolare, si soffermano sulla descrizione agghiacciante della ribellione degli zingari al loro terribile destino: «Le SS - scrive Langbein - dovettero fare uso di tutta la loro brutalità. Alcuni, che cercavano di far salire gli zingari sui carri, non ci riuscirono». Langbein riporta anche la testimonianza dell'infermiera Steinberg che, pochi mesi prima, aveva ricevuto istruzioni per la compilazione di un elenco di tutti gli zingari ancora nel blocco: «Udimmo urla [...] Il tutto durò parecchie ore. Ad un certo punto venne da me un ufficiale delle SS che non conoscevo a dettarmi una lettera che diceva "Trattamento speciale eseguito"» [...] Quando si fece giorno nel campo non era rimasto un solo zingaro. 26
Ma la testimonianza piú preziosa, in tempi di revisionismi e negazioni della storia, risulta quella di Höss, comandante di Auschwitz, preziosa perché diventa ammissione di fatti proprio da parte di un nazista: «Non fu facile mandarli alle camere a gas. Personalmente non vi assistetti, ma Schwarzhuber mi disse che, fino ad allora, nessuna operazione di sterminio era stata cosí difficil». 27
Nel gennaio del 1945 gli zingari rimasti ad Auschwitz erano pochissimi: all'appello del 17 gennaio risposero 28 solo 4 uomini.
1 Esemplare, a questo proposito, la legge bavarese del 16 luglio 1926, Legge per la lotta contro gli zingari, i nomadi e i refrattari al lavoro (Gesetz zur Bekampfung von Zigeuner, Landfahren und Arbeitscheusen), che, oltre a stabilire l'espulsione degli zingari non nati in Baviera, vietava loro di viaggiare in bande, di accamparsi e di rimanere sul territorio senza un'occupazione stabile.
2 In realtà gli zingari, per la loro origine indiana e l'appartenenza linguistica al ceppo indoeuropeo, sono ariani. Per gli ideologi nazisti non era un problema forzare le interpretazioni a giustificazione dei propri presupposti. L'espediente fu quello di non negare i fatti, ma di farli scomparire nel corso del tempo: gli zingari, originariamente «razza pura», ma nomade, nel corso dei secoli e attraverso il contatto con altri popoli, erano ormai decaduti a una condizione di «miscuglio razziale irrecuperabile».
3 E. Justin, Lebensschicksale artfremd erzogener Zigeunerkinder, Berlin, Schuetz, 1944.
4 Sulle teorizzazioni razziali e le loro conseguenze pratiche un libro molto utile è B. Muller-Hill, Tödliche Wissenschaft. Die Aussonderung von Juden, Zigeunern und Geisteskranken 1933-45, Hamburg, Rowohlt, 1984 (trad. it., Scienza di morte, Pisa, Ets edizioni, 1989, pp. 70-75).
5 L. Poliakov, Il nazismo e lo sterminio degli ebrei, Torino, Einaudi, 1955 (ed. orig., Breviaire de la haine, Paris, Calmann-Levy, 1955).
6 M. Novitch, Il genocidio zigano, in «Quaderni del Centro di studi sulla deportazione», Roma, n. 2, 1965.
7 Sulla sterilizzazione cfr. anche D. Kenricjk-G. Puxon, The destiny of Europe's Gypsies, London, Sussex University Press, 1972 (trad. it., Il destino degli zingari, Milano, Rizzoli, 1975).
8 Institut fur Zeitgeschichte, München, RuPrMdI (decreto del ministero degli Interni) del 6-6-1936, doc. 17.02.
9 Cfr. anche M. Zimmermann, Verfolgt, Vertrieben, Vernichtet, Essen, Klartext, 1989. Dello stesso autore anche From discrimination to the Family Camp, in «Dachau Review», Comité International de Dachau, Bruxelles, n. 2, 1990.
10 Institut fur Zeitgeschichte, München, circolare RFSSuChdDtPol (circolare del capo della polizia e delle SS presso il ministero degli Interni) dell'8-12-1938, doc. 17.02.
11 Institut fur Zeitgeschichte, München, circolare del RFSSuChdDtPol dell'1-3-1939, doc. 17.02.
12 Institut fur Zeitgeschichte, München, Schnellbriefe RSHA (Reichsicherheitshauptamt) del 17-10-1939, «Zigeunererfassung», doc. 17.02. È spesso ricordato come «Editto di insediamento» e, secondo alcuni studiosi, segna l'inizio della persecuzione razziale sistematica vera e propria.
13 Queste questioni erano state affrontate poco prima, esattamente il 20 novembre 1939, in una riunione segreta convocata da Heydrich a Berlino. Si era discusso di politica razziale e, probabilmente, deciso il trasferimento degli zigani tedeschi nella Polonia occupata. In base agli scarni verbali ancora esistenti si sa che quattro punti erano all'ordine del giorno: concentramento degli ebrei nelle città; loro reinsediamento in Polonia; trasferimento di 30.000 zigani dal Reich alla Polonia; sistematica deportazione degli ebrei dai territori annessi al Reich su treni merci.
14 Institut fur Zeitgeschichte, München, Vorbeugende Verbrechenbekampfung durch die Polizei del 20-11-1939, doc. 17.02.
15 Institut fur Zeitgeschichte, München, lettera di Eichmann a Nebe, doc. Eichmann.
16 Nel 1961, durante il suo interrogatorio nel processo di Gerusalemme, Eichmann confermerà di esser stato il responsabile di questo ufficio e di essersi occupato della «questione zingara».
17 Institut fur Zeitgeschichte, München, RFSSuChdDtPol, 27-4-1940, inviato agli uffici di polizia criminale di Hamburg, Bremen, Hannover, Dusseldorf, Koln, Frankfurt a. M., Stuttgard, doc. 17.02.
18 L'attenzione alla «questione zingara» si ritrova anche nelle differenze di opinioni manifestate ai piú alti livelli della gerarchia del Reich. Himmler voleva risparmiare alcune tribú zingare che, in base alle argomentazioni razziali e biologiche, considerava «pure»: a questo scopo emanò persino una direttiva (13-10-1942) per tutelare i sinti e i lalleri. Ovviamente tutto ciò non ebbe alcun seguito ma può essere indicativo dell'interesse intorno al problema della «soluzione finale per gli zingari».
19 Il decreto non è mai stato ritrovato, ma si legge in Institut fur Zeitgeschichte, München, nelle istruzioni urgenti (Schnellbriefe) dell'Rsha datate 29-1-1943, doc. 17.02.
20 D. Kenrick-Grattan Puxon, op. cit., p. 105.
21 «Lacio Drom», a cura del Centro Studi zingari, Roma, n. 5/6, 1974.
22 Sul lager di Auschwitz sono molto suggestive le pagine di H. Langbein, Menschen in Auschwitz, Wien, Europa Verlag, 1972 (trad. it., Uomini ad Auschwitz, Milano, Mursia, 1984).
23 Il 23 marzo 1943 un convoglio di 1.700 zingari dalla Polonia, probabilmente per il dilagare di un'epidemia di tifo petecchiale, e il 30 maggio 1943 un altro di 2.500 zingari dalla Cecoslovacchia.
24 H. Langbein, op. cit., p. 253.
25 R. Höss, Kommandant in Auschwitz, Stuttgart, Deutsche Verlag-Anstalt, 1958 (trad. it., Comandante ad Auschwitz, Torino, Einaudi, 1960).
26 Sono testimonianze citate da Kenrick-Puxon, op. cit., p. 181.
27 R. Höss, Kommandant in Auschwitz, cit.
28 Auschwitz fu liberata il 27 gennaio 1945.
da Studi Storici, n. 2, aprile-giugno 1995
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