Alcune lettere di condannati a morte della Resistenza italiana

Albino Albico Operaio fonditore, nato a Milano il 24 novembre 1919. Prima dell’8 settembre 1943 svolge propaganda e diffonde stampa antifascista, dopo è uno degli organizzatori del GAP, 113a Brigata Garibaldi, di Baggio (Milano), del quale diventa comandante. Arrestato il 28 agosto 1944 da militi della "Muti", nella casa di un compagno, in seguito alla delazione di un collaborazionista infiltratosi nel gruppo partigiano, è tradotto nella sede della "Muti" in via Rovello a Milano; dopo esser stato torturato e processato sommariamente, viene fucilato il 28 agosto, contro il muro di via Tibaldi, con Giovanni Aliffi, Bruno Clapiz e Maurizio Del Sale.

Carissimi, mamma, papà, fratello sorella e compagni tutti,

mi trovo senz’altro a breve distanza dall’esecuzione. Mi sento però calmo e muoio sereno e con l’animo tranquillo. Contento di morire per la nostra causa: il comunismo e per la nostra cara e bella Italia.
Il sole risplenderà su noi "domani" perché tutti riconosceranno che nulla di male abbiamo fatto noi.
Voi siate forti come lo sono io e non disperate.
Voglio che voi siate fieri ed orgogliosi del vostro Albuni che sempre vi ha voluto bene.


Armando Amprino (Armando) 20 anni, meccanico, nato a Coazze (TO) il 24 maggio 1925. Partigiano della Brigata "Lullo Mongada", Divisione Autonoma "Sergio De Vitis", partecipa agli scontri del maggio 1944 nella Valle di Susa e a numerosi colpi di mano nella zona di Avigliana (TO). Catturato nel dicembre 1944 da una pattuglia RAU (Reparto Arditi Ufficiali), alla Barriera di Milano in Torino, è tradotto alle Carceri Nuove. Processato dal Tribunale Co.Gu. (Contro Guerriglia) di Torino, viene fucilato con Candido Dovis il 22 dicembre, al Poligono Nazionale del Martinetto da un plotone di militi della GNR.

Dal Carcere, 22 dicembre 1944

Carissimi genitori, parenti e amici tutti,
devo comunicarvi una brutta notizia. Io e Candido, tutt'e due, siamo stati condannati a morte. Fatevi coraggio, noi siamo innocenti. Ci hanno condannati solo perché siamo partigiani. Io sono sempre vicino a voi.
Dopo tante vitacce, in montagna, dover morir cosí... Ma, in Paradiso, sarò vicino a mio fratello, con la nonna, e pregherò per tutti voi. Vi sarò sempre vicino, vicino a te, caro papà, vicino a te, mammina.
Vado alla morte tranquillo assistito dal Cappellano delle Carceri che, a momenti, deve portarmi la Comunione. Andate poi da lui, vi dirà dove mi avranno seppellito. Pregate per me. Vi chiedo perdono, se vi ho dato dei dispiaceri.
Dietro il quadro della Madonna, nella mia stanza, troverete un po' di denaro. Prendetelo e fate dire una Messa per me. La mia roba, datela ai poveri del paese. Salutatemi il Parroco ed il Teologo, e dite loro che preghino per me. Voi fatevi coraggio. Non mettetevi in pena per me. Sono in Cielo e pregherò per voi. Termino con mandarvi tanti baci e tanti auguri di buon Natale. Io lo passerò in Cielo.
Arrivederci in Paradiso.

Vostro figlio Armando

Viva l'Italia! Viva gli Alpini!



Franco Balbis (Francis)
32 anni, nato a Torino il 16 ottobre 191. Capitano di Artiglieria in Servizio di Stato Maggiore, combattente a Ain El Gazala, El Alamein ed in Croazia, decorato di Medaglia d'Argento, di Medaglia di Bronzo e di Croce di Guerra di 1a Classe, dopo l'8 settembre entra nel movimento clandestino di Torino ed è chiamato a far parte del 1° Comitato Militare Regionale Piemontese con compiti organizzativi e di collegamento. Viene arrestato il 31 marzo 1944 da elementi della Federazione dei Fasci Repubblicani di Torino, mentre partecipa ad una riunione del CMRP nella sacrestia di San Giovanni, a Torino. Processato nei giorni 2-3 aprile, insieme ai membri del CMRP, dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, viene fucilato il 5 aprile al Poligono Nazionale del Martinetto di Torino, da un plotone di militi della GNR, con Quinto Bevilacqua, Giulio Biglieri, Paolo Bracciní, Errico Giachino, Eusebio Giambone, Massimo Montano e Giuseppe Perotti. Medaglia d'Oro e Medaglia d'Argento al V. M.

Torino, 5 aprile 1944

La Divina Provvidenza non ha concesso che io offrissi all'Italia sui campi d'Africa quella vita che ho dedicato alla Patria il giorno in cui vestii per la prima volta il grigioverde. Iddio mi permette oggi di dare l'olocausto supremo di tutto me stesso all'Italia nostra ed io ne sono lieto, orgoglioso e felice! Possa il mio sangue servire per ricostruire l'unità italiana e per riportare la nostra Terra ad essere onorata e stimata nel mondo intero. Lascio nello strazio e nella tragedia dell'ora presente i miei Genitori, da cui ho imparato come si vive, si combatte e si muore; li raccomando alla bontà di tutti quelli che in terra mi hanno voluto bene. Desidero che vengano annualmente celebrate, in una chiesa delle colline torinesi, due messe: una il 4 dicembre anniversario della battaglia di Ain el Gazala; l'altra il 9 novembre, anniversario della battaglia di El Alamein; e siano dedicate e celebrate per tutti i miei Compagni d'armi, che in terra d'Africa hanno dato la vita per la nostra indimenticabile Italia. Prego i miei di non voler portare il lutto per la mia morte; quando si è dato un figlio alla Patria, comunque esso venga offerto, non lo si deve ricordare col segno della sventura. Con la coscienza sicura d'aver sempre voluto servire il mio Paese con lealtà e con onore, mi presento davanti al plotone d'esecuzione col cuore assolutamente tranquillo e a testa alta.
Possa il mio grido di "Viva l'Italia libera" sovrastare e smorzare il crepítio dei moschetti che mi daranno la morte; per il bene e per l'avvenire della nostra Patria e della nostra Bandiera, per le quali muoio felice!

Franco Balbis

Achille Barilatti (Gilberto della Valle) 22 anni, studente in Scienze economiche e commerciali, nato a Macerata il 16 settembre 1921. Tenente di complemento di Artiglieria, dopo l'8 settembre 1943 raggiunge Vestignano, sulle alture maceratesi, dove nei mesi successivi si vanno organizzando formazioni partigiane. Dal Gruppo "Patrioti Nicolò" è designato comandante del distaccamento di Montalto. Catturato all'alba del 22 marzo 1944, nel corso di un rastrellamento effettuato da tedeschi e fascisti nella zona di Montalto, mentre 26 dei suoi sono fucilati immediatamente sul posto e 5 vengono salvati grazie al suo intervento, viene trasportato a Muccia (Macerata) ed interrogato da un ufficiale tedesco ed uno fascista. É fucilato senza processo il 23 marzo, contro la cinta del cimitero di Muccía. Medaglia d'Oro al V. M..

Mamma adorata,

quando riceverai la presente sarai già straziata dal dolore. Mamma, muoio fucilato per la mia idea. Non vergognarti di tuo figlio, ma sii fiera di lui. Non piangere, Mamma, il mio sangue non si verserà invano e l'Italia sarà di nuovo grande. Da Dita Marasli di Atene potrai avere i particolari sui miei ultimi giorni.
Addio Mamma, addio Papà, addio Marisa e tutti i miei cari; muoio per l'Italia. Ricordatevi della donna di cui sopra che tanto ho amata. Ci rivedremo nella gloria celeste.

Viva l'Italia libera!

Achille


Mario Bettinzoli (Adriano Grossi) 22 anni, perito industriale, nato a Brescia il 21 novembre 1921. Sottotenente di complemento di Artiglieria, viene catturato una prima volta nel settembre 1943 per resistenza armata a forze tedesche e condannato a morte; evade e rientra a Brescia, dove si unisce a Giacomo Perlasca nell'organizzazione delle formazioni di Valle Sabbia; ne diventa il vice-comandante ed è comandante della 3a Compagnia preposta all'organizzazione dei campi di lancio. Arrestato una seconda volta il 18 gennaio 1944 ad opera di fascisti, in via Moretto a Brescia, mentre con il comandante Perlasca si reca al Comando Provinciale per riferire sulla situazione della zona. Processato il 14 febbraio dal Tribunale Militare tedesco di Brescia, quale organizzatore di bande armate, è fucilato il 24 febbraio, presso la Caserma del 30° Reggimento Artiglieria di Brescia, con Giacomo Perlasca.

Ore 21 del 23-2-1944

Miei carissimi genitori, sorelle, fratello, nonna, zii e cugini,

il Signore ha deciso con i suoi imperscrutabili disegni, che io mi staccassi da voi tutti quando avrei potuto essere di aiuto alla famiglia. Sia fatta la sua volontà santa. Non disperatevi, pregate piuttosto per me affinché Lo raggiunga presto e per voi affinché possiate sopportare il distacco.
Tutta la vita è una prova, io sono giunto alla fine, ora ci sarà l'esame, purtroppo ho fatto molto poco di buono: ma almeno muoio cristianamente e questo deve essere per voi un grande conforto.
Vi chiedo scusa se mi sono messo sulla pericolosa via che mi ha portato alla morte, senza chiedervi il consenso: ma spero mi perdonerete come il Signore mi ha perdonato qualche minuto fa per mezzo del suo Ministro.
Domattina prima dell'esecuzione della condanna farò la Santa Comunione e poi... Ricordatemi ai Rev. Salesiani e ai giovani di A.C. affinché preghino per me.
Ancora vi esorto a rassegnarvi alla volontà di Dio: che il pensiero della mia morte preceduta dai SS. Sacramenti vi sia di conforto per sempre.
Immagino già le lagrime di tutti quanti quando leggerete questa mia, fate che dalle vostre labbra anziché singhiozzi escano preghiere che mi daranno la salute eterna. Del resto io dall'alto pregherà per voi. Ora, carissimi, vi saluto per l'ultima volta tutti, vi abbraccio con affetto filiale e fraterno; questo abbraccio spirituale è superiore alla morte e ci unisce tutti nel Signore. Pregate!

Vostro per sempre

Mario


Paolo Braccini (Verdi) 36 anni, docente universitario, nato a Canepina (Víterbo) il 16 maggio 1907. Incaricato della cattedra di Zootecnia generale e speciale all'Università di Torino, specializzato nelle ricerche sulla fecondazione artificiale degli animali presso l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte e della Liguria, nel 1931 viene allontanato dal corso allievi ufficiali per professione di idee antifasciste. Dopo l'8 settembre abbandona ogni attività privata ed entra nel movimento clandestino di Torino; è designato a far parte del 1° Comitato Militare Regionale Piemontese quale rappresentante del Partito d'Azione; pur essendo braccato dalla polizia fascista, per quattro mesi dirige l'organizzazione delle formazioni GL. Viene arrestato il 31 marzo 1944 da elementi della Federazione dei Fasci Repubblicani di Torino, mentre partecipa ad una riunione del CMRP nella sacrestia di San Giovanni in Torino. Processato nei giorni 2-3 aprile, insieme ai membri del CMRP, dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, è fucilato il 5 aprile al Poligono Nazionale del Martinetto a Torino, da un plotone di militi della GNR, con Franco Baibís ed altri sei membri del CMRP. Medaglia d'Oro al V. M..

3 aprile 1944

Gianna, figlia mia adorata,

è la prima ed ultima lettera che ti scrivo e scrivo a te per prima, in queste ultime ore, perché so che seguito a vivere in te.
Sarò fucilato all'alba per un ideale, per una fede che tu, mia figlia, un giorno capirai appieno.
Non piangere mai per la mia mancanza, come non ho mai pianto io: il tuo Babbo non morrà mai. Egli ti guarderà, ti proteggerà ugualmente: ti vorrà sempre tutto l'infinito bene che ti vuole ora e che ti ha sempre voluto fin da quando ti sentì vivere nelle viscere di tua Madre. So di non morire, anche perché la tua Mamma sarà per te anche il tuo Babbo: quel tuo Babbo al quale vuoi tanto bene, quel tuo Babbo che vuoi tutto tuo, solo per te e del quale sei tanto gelosa.
Riversa su tua Madre tutto il bene che vuoi a lui: ella ti vorrà anche tutto il mio bene, ti curerà anche per me, ti coprirà dei miei baci e delle mie tenerezze. Sapessi quante cose vorrei dirti ma mentre scrivo il mio pensiero corre, galoppa nel tempo futuro che per te sarà, deve essere felice. Ma non importa che io ti dica tutto ora, te lo dirò sempre, di volta in volta, colla bocca di tua Madre nel cui cuore entrerà la mia anima intera, quando lascierà il mio cuore.

Tua Madre resti sempre per te al di sopra di tutto.
Vai sempre a fronte alta per la morte di tuo Padre.

Antonio Brancati 23 anni, studente, nato a Ispica (RG) il 21 dicembre 1920. Allievo ufficiale di Fanteria, il 1° marzo 1944 entra a far parte del "Gruppo di Organizzazione" del Comitato Militare di Grosseto, di stanza a Monte Bottigli, sopra Grosseto. É catturato sul monte Bottigli, nel corso di un rastrellamento di forze tedesche e fasciste che lo sorprendono assieme ad altri dieci compagni nella capanna in cui dormono. Processato il 22 marzo nella scuola di Maiano Lavacchio (GR) da un tribunale misto tedesco e fascista. Fucilato lo stesso giorno, a Maiano Lavacchio, con Mario Becucci, Rino Cíattini, Silvano Guidoni, Alfiero Grazi, Corrado Matteini, Emanuele Matteini, Alcide Mignarri, Alvaro Ninucci, Alfonso Passananti e Attilio Sforzi.

Carissimi genitori,

non so se mi sarà possibile potervi rivedere, per la qual cosa vi scrivo questa lettera. Sono stato condannato a morte per non essermi associato a coloro che vogliono distruggere completamente l'Italia.
Vi giuro di non aver commessa nessuna colpa se non quella di aver voluto più bene di costoro all'Italia, nostra amabile e martoriata Patria.
Voi potete dire questo sempre a voce alta dinanzi a tutti.
Se muoio, muoio innocente.
Vi prego di perdonarmi se qualche volta vi ho fatto arrabbiare, vi ho disobbedito, ero allora un ragazzo.
Solo pregate per me il buon Dio. Non prendetevi parecchi pensieri. Fate del bene ai poveri per la salvezza della mia povera anima. Vi ringrazio per quanto avete fatto per me e per la mia educazione. Speriamo che Iddio vi dia giusta ricompensa.
Baciate per me tutti i fratelli: Felice, Costantino, Luigi, Vincenzo e Alberto e la mia cara fidanzata.
Non affliggetevi e fatevi coraggio, ci sarà chi mi vendicherà. Ricompensate e ricordatevi finché vivrete di quei signori Matteini per il bene che mi hanno fatto, per l'amore di madre che hanno avuto nei miei riguardi. Io vi ho sempre pensato in tutti i momenti della giornata.
Dispiacente tanto se non ci rivedremo su questa terra; ma ci rivedremo lassù, in un luogo più bello, più giusto e più santo.

Ricordatevi sempre di me.

Un forte bacione

Antonio

Sappiate che il vostro Antonio penserà sempre a voi anche dopo morto e che vi guarderà dal cielo.



Giordano Cavestro (Mirko)
18 anni, studente, nato a Parma il 30 novembre 1925. Nel 1940 dà vita, di sua iniziativa, ad un bollettino antifascista attorno al quale si mobilitano numerosi militanti; dopo l'8 settembre lo stesso nucleo diventa centro organizzativo e propulsore delle prime attività partigiane nella zona di Parma. Catturato il 7 aprile 1944 a Montagnana (PR), nel corso di un rastrellamento operato da tedeschi e fascisti, è tradotto nelle carceri di Parma. Processato il 14 aprile dal Tribunale Militare di Parma, viene condannato a morte, quindi graziato condizionalmente e trattenuto come ostaggio. Fucilato il 4 maggio nei pressi di Bardi (PR), in rappresaglia per l'uccisione di quattro militi fascisti, con Raimondo Pelinghelli, Vito Salmi, Nello Venturini ed Erasmo Venusti.

Parma, 4-5-1944

Cari compagni, ora tocca a noi.

Andiamo a raggiungere gli altri tre gloriosi compagni caduti per la salvezza e la gloria d'Italia.
Voi sapete il compito che vi tocca. Io muoio, ma l'idea vivrà nel futuro, luminosa, grande e bella.
Siamo alla fine di tutti i mali. Questi giorni sono come gli ultimi giorni di vita di un grosso mostro che vuol fare più vittime possibile.
Se vivrete, tocca a voi rifare questa povera Italia che è così bella, che ha un sole così caldo, le mamme così buone e le ragazze così care.
La mia giovinezza è spezzata ma sono sicuro che servirà da esempio.

Sui nostri corpi si farà il grande faro della Libertà.


Walter Fillak (Gennaio - Martin) 24 anni, studente, nato a Torino il 10 giugno 1920. Espulso dal Liceo scientifico di Genova per aver manifestato idee antifasciste, alla Facoltà di Chimica fonda una cellula comunista e tiene contatti con gli operai di Sampierdarena. Arrestato per la prima volta nel 1942, insieme a tutto il direttivo genovese del PCI, viene liberato dopo il 25 luglio '43. A Torino si unisce ai nuclei combattenti, poi è di nuovo a Genova, come vice commissario politico della 3a Brigata Garibaldi "Liguria", e partecipa a numerose azioni. Dopo varie vicissitudini, è commissario politico e poi comandante della VII Divisione Garibaldi operante nella Bassa Val d'Aosta e nel Biellese. In seguito a una delazione, il 29 gennaio '45 viene catturato insieme ai membri del suo comando (che saranno tutti fucilati); lo portano all'impiccagione il 5 febbraio: la corda si spezza e l'esecuzione verrà ripetuta.

Mio caro papà,

per disgraziate circostanze sono caduto prigioniero dei tedeschi. Quasi sicuramente sarò fucilato.
Sono tranquillo e sereno perché pienamente consapevole d'aver fatto tutto il mio dovere di italiano e di comunista.
Ho amato sopra tutto i miei ideali, pienamente cosciente che avrei dovuto tutto dare, anche la vita; e questa mia decisa volontà fa sì che io affronti la morte con la calma dei forti.
Non so che altro dire.
Il mio ultimo abbraccio

Walter

Il mio ultimo saluto a tutti quelli che mi vollero bene


Bruno Frittaion (Attilio)
19 anni, studente, nato a San Daniele del Friuli (UD) il 13 ottobre 1925. Sin dal 1939 si dedica alla costituzione delle prime cellule comuniste nella zona di San Daniele; studente del III corso di avviamento professionale, dopo l'8 settembre abbandona la scuola unendosi alle formazioni partigiane operanti nella zona e prende parte a tutte le azioni del Battaglione "Písacane", Brigata "Tagliamento"; poi diviene vice-commissario di Distaccamento del Battaglione "Silvio Pellíco". Catturato il 15 dicembre 1944 da SS italiane, in seguito a delazione, mentre con il compagno Adriano Carlon si trova nella casa di uno zio a predisporre i mezzi per una imminente azione, è tradotto nelle carceri di Udine ed è più volte torturato. Processato il 22 gennaio 1945 dal Tribunale Militare Territoriale tedesco di Udine, viene fucilato il 1° febbraio nei pressi dei cimitero di Tarcento (UD), con Adriano Carlon, Angelo Lipponi, Cesare Longo, Elio Marcuz, Giannino Putto, Calogero Zaffuto e Pietro Zanier.

31 gennaio 1945

Edda

voglio scriverti queste mie ultime, e poche righe. Edda, purtroppo sono le ultime, il destino vuole così, spero ti giungano di conforto in tanta triste sventura.
Edda, mi hanno condannato alla morte, mi uccidono; però uccidono il mio corpo non l'idea che c'è in me. Muoio, muoio senza alcun rimpianto, anzi sono orgoglioso di sacrificare la mia vita per una causa, per una giusta causa e spero che il mio sacrificio non sia vano anzi sia di aiuto nella grande lotta. Di quella causa che fino a oggi ho servito senza nulla chiedere e sempre sperando che un giorno ogni sacrificio abbia il suo ricompenso. Per me la migliore ricompensa era quella di vedere fiorire l'idea che purtroppo per poco ho servito, ma sempre fedelmente.
Edda il destino ci separa, il destino uccide il nostro amore quell'amore che io nutrivo per te e che aspettava quel giorno che ci faceva felici per sempre. Edda, abbi sempre un ricordo di chi ti ha sempre sinceramente amato. Addio a tutti.

Addio Edda


Franca Lanzone 25 anni, casalinga, nata a Savona il 28 settembre 1918. Il 1°ottobre 1943 si unisce alla Brigata "Colombo", Divisione "Gramsci", svolgendo attività informative e di collegamento, e procurando viveri alle formazioni di montagna. Arrestata la sera del 21 ottobre 1944, nella propria casa di Savona, da militi delle Brigate Nere, è tradotta nella sede della Federazione Fascista di Savona. Fucilata il 1° novembre, senza processo, da un plotone fascista, nel fossato della Fortezza ex Priamar di Savona, con Paola Garelli ed altri quattro partigiani.

Caro Mario,

sono le ultime ore della mia vita, ma con questo vado alla morte senza rancore delle ore vissute.
Ricordati i tuoi doveri verso di me, ti ricorderò sempre

Franca

Cara mamma,

perdonami e coraggio. Dio solo farà ciò che la vita umana non sarà in grado di adempiere.

Ti bacio.

La tua

Franca

Ugo Machieraldo (Mak) 35 anni, nato a Cavaglià (Vercelli) il 18 luglio 1909. Maggiore dell'Aeronautica, quattro Medaglie d'Argento al Valor Militare, due proposte di Medaglia d'Argento; dall'autunno del 1943 si collega all'attività clandestina a Milano e nel 1944 si unisce alle formazioni operanti in Valle d'Aosta, prima come partigiano semplice, poi come ufficiale di Stato Maggiore della 76a Brigata Garibaldi operante in Valle d'Aosta e nel Canavese. Catturato da militari tedeschi la notte tra il 29 e il 30 gennaio 1945 in località Lace (Ivrea), in seguito a una delazione, è incarcerato a Cuorgnè (TO). Processato dal Comando Militare tedesco di Cuorgnè, viene fucilato il 2 febbraio contro la cinta del cimitero di Ivrea, con Riccio Orla e Piero Ottinetti. Medaglia d'Oro al V. M..

Mia cara Mary,

compagna ideale della mia vita, questa sarà l'ultima lettera che tu avrai dal tuo Ugo! Ed io spero che sappia portarti tanto conforto. Il tribunale militare tedesco di Cuorgnè mi ha condannato a morte mediante fucilazione ed io attendo con altri due patrioti (Orla Riccio di Borgofranco e Ottinetti Piero di Ivrea) di passare da un momento all'altro a miglior vita. Sono perfettamente sereno nell'adempiere il mio dovere verso la Patria, che ho sempre servito da soldato senza macchia e senza paura, sino in fondo. So che è col sangue che si fa grande il paese nel quale si è nati, si è vissuti e si è combattuto. Come soldato io sono sempre stato pronto a questo passo ed oggi nel mio animo è grande più che mai la forza che mi sorregge per affrontare con vera dignità l'ultimo mio atto di soldato. Bisogna che tu, come compagna ideale e meravigliosa del tuo Ugo, sappia come lui sopportare da sola con la nostra cara Nena il resto della tua vita che porterà il tuo Ugo nel cuore.

Vado ora a morire ma non posso neanche finire, ti bacio forte forte con Nena,

tuo Ugo



Rino Mandoli (Sergio Boero) 31 anni, meccanico alla SIAC, nato a Genova il 13 dicembre 1912. Dal 1935 membro del PCI e diffusore di stampa clandestina, il 25 aprile 1939 è arrestato una prima volta e tradotto alle carceri di Marassi di Genova, poi a Regina Coeli di Roma. Condannato dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato a otto anni di reclusione, è recluso al penitenziario di Castelfranco Emilia (MO). Rilasciato dopo il 25 luglio 1943, dopo l'8 settembre torna all'attività clandestina: è commissario politico operante nei dintorni di Genoso. Catturato da un reparto fascista, è tradotto nelle carceri di Alessandria, e nei ripetuti interrogatori mantiene il falso nome di Sergio Boero; trasferito alla Questura di Genova, dove è indentificato, e quindi alla 4a Sezione delle carceri di Marassi. Fucilato in seguito all'attentato al Cinema Odeon di Genova, il 19 maggio 1944, nei pressi del Colle del Turchino, con Valerio Bavassano, altri quindici partigiani e quarantadue prigionieri pollitici. Medaglia d'Argento al V. M.

Ai miei cari famigliari e agli amici e compagni tutti,

vada in questa triste ora il mio piú caro saluto e l'augurio migliore per l'agognato "avvenire". Non piangete e ricordatemi. Questo è il solo premio a cui ambisco.
Ricordate che l'Italia sarà tanto più grande quanto più sangue il suo popolo verserà serenamente.

Mandoli Rino


Irma Marchiani (Anty) 33 anni, casalinga nata a Firenze il 6 febbraio 1911. Nei primi mesi del 1944 è informatrice e staffetta dei gruppi partigiani formatisi sull'Appennino modenese; nella primavera dello stesso anno entra a far parte del Battaglione "Matteotti", Brigata "Roveda", Divisione "Modena", e partecipa ai combattimenti di Montefiorino. Catturata mentre tenta di far ricoverare in ospedale un partigiano ferito, è seviziata, tradotta nel campo di concentramento di Corticelli (BO), condannata a morte, poi alla deportazione in Germania; riesce a fuggire e rientra nella sua formazione di cui è nominata commissario, poi vice-comandante. Infermiera, propagandista e combattente, è fra i protagonisti di numerose azioni nel Modenese, fra cui quelle di Monte Penna, Bertoceli e Benedello. L'11 novembre 1944, mentre con la formazione ridotta senza munizioni tenta di attraversare le linee, è catturata, con la staffetta "Balilla", da una pattuglia tedesca in perlustrazione e condotta a Rocca Cometa, poi a Pavullo nel Frignano (MO). Processata il 26 novembre 1944, a Pavullo, da ufficiali tedeschi del Comando di Bologna, viene fucilata alle 17 dello stesso giorno nei pressi delle carceri di Pavullo, con Renzo Costi, Domenico Guidani e Gaetano Ruggeri "Balilla"). Medaglia d'Oro al V. M..

Sestola, da la "Casa del Tiglio", 1° agosto 1944

Carissimo Piero,

mio adorato fratello, la decisione che oggi prendo, ma da tempo cullata, mi detta che io debba scriverti queste righe. Sono certa mi comprenderai perché tu sai benissimo di che volontà io sono, faccio, cioè seguo il mio pensiero, l'ideale che pur un giorno nostro nonno ha sentito, faccio già parte di una Formazione, e ti dirò che il mio comandante ha molta stima e fiducia in me. Spero di essere utile, spero di non deludere i miei superiori. Non ti meraviglia questa mia decisione, vero?
Sono certa sarebbe pure la tua, se troppe cose non ti assillassero. Bene, basta uno della famiglia e questa sono io. Quando un giorno ricevetti la risposta a una lettera di Pally che l'invitavo qui, fra l'altro mi rispose "che diritto ho io di sottrarmi al pericolo comune?" È vero, ma io non stavo qui per star calma, ma perché questo paesino piace al mio spirito, al mio cuore. Ora però tutto è triste, gli avvenimenti in corso coprono anche le cose più belle di un velo triste. Nel mio cuore si è fatta l'idea (purtroppo non da troppi sentita) che tutti più o meno è doveroso dare il suo contributo. Questo richiamo è così forte che lo sento tanto profondamente, che dopo aver messo a posto tutte le mie cose parto contenta. "Hai nello sguardo qualcosa che mi dice che saprai comandare", mi ha detto il comandante, "la tua mente dà il massimo affidamento; donne non mi sarei mai sognato di assumere, ma tu sì". Eppure mi aveva veduto solo due volte.
Saprò fare il mio dovere, se Iddio mi lascierà il dono della vita sarò felice, se diversamente non piangere e non piangete per me.
Ti chiedo una cosa sola: non pensarmi come una sorellina cattiva. Sono una creatura d'azione, il mio spirito ha bisogno di spaziare, ma sono tutti ideali alti e belli. Tu sai benissimo, caro fratello, certo sotto la mia espressione calma, quieta forse, si cela un'anima desiderosa di raggiungere qualche cosa, l'immobilità non è fatta per me, se i lunghi anni trascorsi mi immobilizzarono il fisico, ma la volontà non si è mai assopita. Dio ha voluto che fossi più che mai pronta oggi. Pensami, caro Piero, e benedicimi. Ora vi so tutti in pericolo e del resto è un po' dappertutto. Dunque ti saluto e ti bacio tanto tanto e ti abbraccio forte.

Tua sorella Paggetto

Ringrazia e saluta Gina.

Prigione di Pavullo, 26.11.1944

Mia adorata Pally,

sono gli ultimi istanti della mia vita. Pally adorata ti dico: saluta e bacia tutti quelli che mi ricorderanno. Credimi non ho mai fatto nessuna cosa che potesse offendere il nostro nome. Ho sentito il richiamo della Patria per la quale ho combattuto, ora sono qui... fra poco non sarò più, muoio sicura di aver fatto quanto mi era possibile affinché la libertà trionfasse.

Baci e baci dal tuo e vostro Paggetto

Vorrei essere seppellita a Sestola.


Luigi Mascherpa 51 anni, contrammiraglio, nato a Genova il 16 aprile 1893. Osservatore aeronautico nella prima guerra mondiale, decorato di Medaglia d'argento al Valor Militare. Comandante nel settembre 1943 della base navale di Lero (Egeo), dopo l'armistizio italiano ne organizza la difesa e assume il comando delle isole dell'Egeo. Dopo i massicci bombardamenti aerei tedeschi, iniziati su Lero il 26 settembre e l'attacco navale del 12 novembre successivo, dirige la difesa dell'isola sino all'esaurimento delle munizioni e alla conseguente resa, avvenuta il 14 novembre 1943. Fatto prigioniero dai tedeschi e deportato in Polonia, nel gennaio 1944 è tradotto a Verona nelle carceri Gli Scalzi e, nell'aprile successivo, a Parma nelle carceri San Francesco; semidistrutte quest'ultime in seguito ad un bombardamento aereo e quindi assalite dai partigiani che ne liberano i detenuti politici, rifiuta, con l'ammiraglio Ingo Campioni, di sottrarsi all'imminente processo. Processato il 22 maggio dal Tribunale Speciale di Parma, viene fucilato due giorni dopo, al poligono di tiro di Parma, con l'amm. Campioni. Medaglia d'Oro al V. M..

Frida mia,

sii forte e coraggiosa. Iddio ti proteggerà... Ti abbraccio con tutta l'anima e con te mia Madre, i miei fratelli, la nonna tutti. Prega per me nelle tue preghiere come io dall'alto. dove Dio vorrà mettermi, ti seguirò sempre. Ti lascio un nome intemerato che ha una sola colpa: avere amato la Patria! Addio, Frida mia, perdonami dei dolori - di tutti i dolori - che ti ho dato nella vita. Il Padre Abate De Vincentis mi ha assistito fino all'ultimo - ti dirà di me. Coraggio ancora, Frida mia: Iddio ti farà sopportare tutto...

un ultimo bacio terreno dal tuo

Luigi


Aldo Mei 32 anni, sacerdote, nato a Ruota (LU) il 5 marzo 1912. Vicario Foraneo del Vicariato di Monsagrati (LU), aiuta renitenti alla leva e perseguitati politici, dà ai partigiani assistenza religiosa. Arrestato il 2 agosto 1944 nella Chiesa di Fiano, ad opera di tedeschi, subito dopo la celebrazione della Messa, è tradotto a Lucca, sotto l'imputazione di avere nascosto nella propria abitazione un giornalista ebreo. Fucilato alle 22 del 4 agosto da un plotone tedesco, fuori Porta Elisa di Lucca.

4 agosto 1944

Babbo e Mamma,

state tranquilli - sono sereno in quest'ora solenne. In coscienza non ho commesso delitti: solamente ho amato come mi è stato possibile. Condanna a morte - I° per aver protetto e nascosto un giovane di cui volevo salva l'anima 2° per aver amministrato i sacramenti ai partigiani, e cioè aver fatto il prete. Il terzo motivo non è nobile come i precedenti - aver nascosto la radio.
Muoio travolto dalla tenebrosa bufera dell'odio io che non ho voluto vivere che per l'amore! "Deus Charitas est" e Dio non muore. Non muore l'Amore! Muoio pregando per coloro stessi che mi uccidono. Ho già sofferto un poco per loro..... È l'ora del grande perdono di Dio! Desidero avere misericordia; per questo abbraccio l'intero mondo rovinato dal peccato - in uno spirituale abbraccio di misericordia. Che il Signore accetti il sacrificio di questa piccola insignificante vita in riparazione di tanti peccati - e per la santificazione dei sacerdoti.
Oh! la santificazione dei sacerdoti. Oggi stesso avrei dovuto celebrare Messa per questa intenzione - invece di offrire a Gesù - offro me a Lui, perché faccia tutti santi i suoi ministri, tutti apostoli di carità - e il mio pensiero va anche ai confratelli del Vicariato, che non ho edificato e aiutato come avrei dovuto. Gliene domando umilmente perdono. Mi ricordino tutti al Signore. Sia dato a ciascuno un'offerta di 75 lire per una applicazione di S. Messa a suffragio della povera anima mia.
Almeno 100 Messe che siano celebrate per riparare eventuali omissioni e manchevolezze e a suffragio dell'anima mia.
A Basilio - Beppe e loro mogli e figli carissimi - alla Nonna e Argia - alla zia Annina, Carolina, Livia, Giorgina - Dante, Silvio, Annunziato, ecc., e a tutti i parenti - a tutti i conoscenti, a tutti i Ruotesi, cosa dirò? Quello che ho ripetutamente detto ai figli di adozione, i Fianesi. Conservatevi tutti nella grazia de Signore Gesù Cristo - perché questo solamente conta quando ci si trova davanti al maestoso passo della morte - e così tutti vogliamo rivederci e starsene indissolubilmente congiunti nella gioia vera e perfetta della unione eterna con Dio in cielo.
Non più carta - all'infuori di questa busta - e anche la luce sta per venir meno. Domani festa della Madonna potrò vederne il volto materno? Sono indegno di tanta fortuna. Anime buone pregate voi tutte perché mi sia concessa presto - prestissimo tanta fortuna!
Anche in questo momento sono passati ad insultarmi. "Dimette illis - nesciunt quid faciunt". Signore che venga il Vostro regno! Mi si tratta come un traditore - assassino. Non mi pare di aver voluto male a nessuno - ripeto a nessuno - mai che se per caso avessi fatto a qualcuno qualche cosa di male - io qui dalla mia prigione - in ginocchio davanti al Signore - ne domando umilmente perdono.
Al sacerdote che mi avviò al Seminario D. Ugo Sorbi il mio saluto di arrivederci al cielo. Ai carissimi Superiori del Seminario, specialmente a Mons. Malfatti e al Padre Spirituale D. Giannotti - l'invito che mi assistano nel punto più decisivo della mia esistenza - la morte - mentre prego il Signore a ricompensarli centuplicatamente come sa far Lui.

4 agosto - ore 5

Alla donna di servizio Perfetti Agnese. Il Signore vi ricompensi per quanto avete fatto per me e in aiuto al mio ministero. Vi chiedo perdono di non avervi sempre dato esempio di santità sacerdotale. Vi raccomando di diventare Santa...
Vi raccomando la povera Adriana e cose sue - per quella famiglia - perché il Signore salvi tutti io volentieri principalmente muoio....
Alla Biblioteca Parrocchiale che tanto raccomando all'Azione Cattolica lascio La vita di G. C. di Ricciotti e i due volumi del Messaggio Sociale di Giordani. Le raccomando caldamente l'A.C. specialmente ai cari giovani e alle care giovani - che siano tutti e sempre degni dell'altissimo ideale.
Ringrazio affettuosamente, saluto e Benedico tutti i catechisti per la generosa cooperazione e consolazione prestatami nel mio ministero.
Un pensiero particolare di incoraggiamento e di lode alla Mery. L'Oratorio lo affido al Cuore Sacratissimo di Gesù, fiat voluntas tua.
Il Signore ricompensi tutte le anime buone che nel mio ministero mi sono state di consolazione e di aiuto. Il più largo e generoso perdono a chi in qualche modo mi avesse potuto addolorare. Un pensiero ed una esortazione caldissima a quei poveri fratelli che sono più lontani dalla pratica religiosa. Ho fatto troppo poco in vita per queste pecorelle più sbandate. Ora in morte l'assicuro che anzitutto per essi e perla loro salvezza offro la mia povera vita.
Muoio anzitutto per un motivo di carità. Regina di tutte le virtù Amate Dio in Gesù Cristo, amatevi come fratelli. Muoio vittima dell'odio che tiranneggia e rovina il mondo - muoio perché trionfi la carità cristiana.
Amate la Chiesa - vivete e morite per Lei - è la Vita e la Morte veramente più bella.
Tutto il popolo ricordi e osservi il voto collettivo di vita cristiana. Fuggite tutti il peccato unico vero male che attrista nel tempo e rovina irreparabilmente nella eternità.
Grazie a quanti hanno gentilmente alleviato, con preghiere e con altro la mia prigionia e la mia morte.

Il povero Don Aldo Mei, indegno Parroco di Fiano.


Bruno Parmesan (Venezia) 19 anni, meccanico tornitore, nato a Venezia il 14 aprile 1925. Partigiano nel Battaglione "Val Meduna", 4a Brigata, I Divisione delle Formazioni Osoppo-Friuli, viene catturato nel gennaio 1945 a Meduno (UD), in seguito a una delazione, da militi delle Brigate Nere. Processato il 2 febbraio dal Tribunale Militare Territoriale tedesco di Udine, è fucilato alle 6 dell'11 febbraio, contro il muro di cinta del cimitero di Udine, con Gesuino Manca ed altri ventidue partigiani.

Udine, 10 febbraio 1945

Caro Papà e tutti miei cari di famiglia e parenti,

dalla soglia della morte vi scrivo queste mie ultime parole. Il mondo e l'intera umanità mi è stata avversa. Dio mi vuole con sé.
Oggi 10 febbraio, il tribunale militare tedesco mi condanna. Strappa le mie carni che tu mi avevi fatto dono, perché hanno sete di sangue.
Muoio contento perché lassù in cielo rivedrò la mia adorata mamma. Sento che mi chiama, mi vuole vicino come una volta, per consolarmi della mia dura sorte. Non piangete per me, siate forti, ricevete con serenità queste mie parole, come io sentii la mia sentenza.
Ore mi separano dalla morte, ma non ho paura perché non ho fatto del male a nessuno; la mia coscienza è tranquilla.
Papà, fratelli e parenti tutti, siate orgogliosi del vostro Bruno che muore innocente per la sua terra.
Vedo le mie care sorelline Ida ed Edda che leggono queste ultime mie parole: le vedo così belle come le vidi l'ultima volta, col loro dolce sorriso. Forse qualche lacrima righerà il loro volto. Dà loro coraggio, tu Guido, che sei il più vecchio.
Quando finirà questa maledetta guerra che tanti lutti ha portato in tutto il mondo, se le possibilità ve lo permetteranno fate che la mia salma riposi accanto a quella della mia cara mamma.
Guido abbi cura della famiglia, questo è il mio ultimo desiderio che ti chiedo sul punto di morte. Auguri a voi tutti miei cari fratelli, un buon destino e molta felicità. Perdonatemi tutti del male che ho fatto.
Vi lascio mandandovi i miei più cari baci.

Il vostro per sempre

Bruno

Luigi Pierobon (Dante) 22 anni, laureando alla facoltà di Lettere di Padova, nato a Cittadella (PD) il 12 aprile 1922. Tra i primi partigiani sui monti di Recoaro terme (VC), alla costituzione della Ia Brigata Garibaldi è designato comandante del 1° Battaglione "Stella" operante nel Vicentino; nel marzo e aprile 1944 guida numerosi colpi di mano contro reparti e automezzi fascisti e tedeschi; su di una strada nei pressi di Recoaro, dove all'inizio del 1944 si è insediato il Quartier Generale tedesco in Italia, con quattro dei suoi libera sette compagni che su un autocarro tedesco vengono condotti alla morte; a Montecchio Maggiore con quaranta dei suoi assale la sede del Ministero della Marina della RSI, disarma il presidio e fa bottino di armi, munizioni e materiali. Designato comandante della Brigata, è catturato il 15 agosto 1944, a Padova, in seguito a una delazione; tradotto nella Casa di Pena di Padova, viene fucilato il 17 agosto, per rappresaglia in seguito all'uccisione del colonnello Fronteddu, con Primo Barbiero, Saturno Baudin, Antonio Franzolin, Pasquale Muolo, Cataldo Presicci, Ferruccio Spigolon, mentre contemporaneamente vengono impiccati Flavio Busonera, Ettore Calderoni e Clemente Lampioni. Medaglia d'Oro al V. M..

A mamma e papà,

Nell'ultimo momento un bacio caro, tanto caro. Ho appena fatto la SS. Comunione. Muoio tranquillo. Il Signore mi accolga fra i suoi in cielo. È l'unico augurio e più bello che mi faccio. Pregate per me.
Saluto tutti i fratelli, Paolo, Giorgio, Fernanda, Giovanni, Alberto, Giuliana, Sandro, lo zio Giovanni, tutti gli zii e le zie. Un bacio a tutti.
Il Padre qui presente, che mi assiste, vi dirà i miei ultimi desideri.

Un bacio caro.

Luigi Pierobon


Giancarlo Puecher Passavalli 20 anni, dottore in legge, nato a Milano il 23 agosto 1923. Subito dopo l'8 settembre diventa l'organizzatore ed il capo dei gruppi partigiani che si vanno formando nella zona di Erba-Pontelambro (Como); svolge numerose azioni, fra cui quella al Crotto Rosa di Erba, per il ricupero di materiale militare e di animali da tiro. Catturato il 12 novembre 1943 a Erba, da militi delle locali Brigate Nere, è tradotto nelle carceri San Donnino in Como: più volte torturato, viene processato il 21 dicembre dal Tribunale Speciale Militare di Erba e fucilato lo stesso giorno, al cimitero nuovo di Erba, da militi delle Brigate Nere. Medaglia d'Oro al V. M.. È figlio di Giorgio Puecher Passavalli, morto nel campo di Mauthausen.

Muoio per la mia Patria. Ho sempre fatto il mio dovere di cittadino e di soldato: spero che il mio esempio serva ai miei fratelli e compagni. Iddio mi ha voluto... Accetto con rassegnazione il suo volere.
Non piangetemi, ma ricordatemi a coloro che mi vollero bene e mi stimarono. Viva l'Italia. Raggiungo con cristiana rassegnazione la mia mamma che santamente mi educò e mi protesse per i vent'anni della mia vita.
L'amavo troppo la mia Patria; non la tradite, e voi tutti giovani d'Italia seguite la mia via e avrete il compenso della vostra lotta ardua nel ricostruire una nuova unità nazionale. Perdono a coloro che mi giustiziano perché non sanno quello che fanno e non sanno che l'uccidersi tra fratelli non produrrà mai la concordia.
A te Papà l'imperituro grazie per ciò che sempre mi permettesti di fare e mi concedesti.
Gino e Gianni siano degni continuatori delle gesta eroiche della nostra famiglia e non si sgomentino di fronte alla mia perdita. I martiri convalidano la fede in una Idea. Ho sempre creduto in Dio e perciò accetto la Sua volontà.

Baci a tutti.

Giancarlo



Roberto Ricotti 21 anni, meccanico, nato a Milano il 7 giugno 1924. Nel settembre 1943 fugge dal campo di concentramento di Bolzano e si reca a Milano, dove si dedica all'organizzazione militare dei giovani del proprio rione; nell'agosto 1944 è commissario politico della 124a Brigata Garibaldi SAP, responsabile del 5° Settore del Fronte della Gioventù. Arrestato il 20 dicembre 1944 nella propria abitazione di Milano, adibita a sede del Comando del Fronte della Gioventù, è tradotto nella sede dell'OVRA in Via Fiamma, quindi a San Vittore; torturato ripetutamente, viene processato il 12 gennaio 1945 dal Tribunale Speciale per appartenenza a bande armate. Fucilato il 14 gennaio al campo sportivo Giurati di Milano, con Roberto Giardino ed altri sette partigiani. Proposto per la Medaglia d'Oro al V. M..

S. Vittore 13-1-45

A te mio dolce amore caro io auguro pace e felicità. Addio amore...

Roberto Ricotti Condannato a morte Tu che mi hai dato le uniche ore di felicità della mia povera vita...! a te io dono gli ultimi miei battiti d'amore... Addio Livia, tuo in eterno...

Roberto 14.1.'45

Parenti cari consolatevi, muoio per una grande idea di giustizia... Il Comunismo!! Coraggio addio!

Roberto Ricotti

14.1.'45

Lascio a tutti i compagni, la mia fede, il mio entusiasmo, il mio incitamento.

Roberto Ricotti

Vito Salmi (Nino) 19 anni, tornitore, nato a Monteveglio (BO) il 15 ottobre 1924. Dal Febbraio 1944 partigiano della 142a Brigata d'Assalto Garibaldi, prende parte ai combattimenti di Montagnana (Parma). Catturato a Montagnana nella seconda metà dell'aprile 1944, per opera di fascisti e tedeschi che, guidati da un delatore a conoscenza della parola d'ordine, lo sorprendono nel sonno insieme ad una cinquantina di partigiani. Ttradotto nelle carceri di Parma, è condannato a morte dal Tribunale Militare di Parma e quindi graziato condizionalmente e trattenuto come ostaggio. Fucilato il 4 maggio nei pressi di Bardi (PR), in rappresaglia all'uccisione di quattro militi, con Giordano Cavestro ed altri tre partigiani.

Caro babbo,

vado alla morte con orgoglio, sii forte come lo sono stato io fino all'ultimo e cerca di vendicarmi. Per lutto porta un garofano rosso. Ricevi gli ultimi bacioni da chi sempre ti ricorda.

Tuo figlio

Vito

Saluti a tutti quelli che mi ricordano.

Vendicatemi


 

Lorenzo Viale 27 anni, ingegnere alla FIAT, nato a Torino il 25 dicembre 1917. Addetto militare della squadra "Diavolo Rosso", poi ufficiale di collegamento dell'organizzazione "Giovane Piemonte", costretto a lasciare Torino, si unisce alle formazioni operanti nel Canavese. Viene catturato l'8 dicembre 1944 a Torino, nella propria abitazione, in seguito a una delazione, per opera di elementi delle Brigate Nere, essendo sceso dalla montagna nel tentativo di salvare alcuni suoi compagni. Processato l'8 febbraio 1945, dal Tribunale Co.Gu. (Contro Guerriglia) di Torino, perché ritenuto responsabile dell'uccisione del prefetto fascista Manganiello, viene fucilato l'11 febbraio al Poligono Nazionale del Martinetto, da un plotone di militi della GNR, con Alfonso Gindro ed altri tre partigiani.

Torino, 9 febbraio 1945

Carissimi,

una sorte dura e purtroppo crudele sta per separarmi da voi per sempre. Il mio dolore nel lasciarvi è il pensiero che la vostra vita è spezzata, voi che avete fatti tanti sacrifici per me, li vedete ad un tratto frustrati da un iniquo destino. Coraggio! Non potrò più essere il bastone dei vostri ultimi anni ma dal cielo pregherò perché Iddio vi protegga e vi sorregga nel rimanente cammino terreno. La speranza che ci potremo trovare in una vita migliore mi aiuta a sopportare con calma questi attimi terribili. Bisogna avere pazienza, la giustizia degli uomini, ahimè, troppo severa, ha voluto così. Una cosa sola ci sia di conforto: che ho agito sempre onestamente secondo i santi principi che mi avete inculcato sin da bambino, che ho combattuto lealmente per un ideale che ritengo sarà sempre per voi motivo di orgoglio, la grandezza d'Italia, la mia Patria: che non ho mai ucciso, né fatto uccidere alcuno: che le mie mani sono nette di sangue, di furti e di rapine. Per un ideale ho lottato e per un ideale muoio. Perdonate se ho anteposto la Patria a voi, ma sono certo che saprete sopportare con coraggio e con fierezza questo colpo assai duro.
Dunque, non addio, ma arrivederci in una vita migliore. Ricordatevi sempre di un figlio che vi chiede perdono per tutte le stupidaggini che può aver compiuto, ma che vi ha sempre voluto bene.

Un caro bacio ed abbraccio

Renzo


Goffredo Villa (Franco - Ezio) 21 anni, studente, nato a Genova l'8 agosto 1922. Militante del PCI, verso la fine del 1941 insieme ad altri compagni (tra cui Saverio De Palo, caduto) organizza le cellule fra i portuali ed è fra i promotori di un centro di studi marxisti. Nella retata che colpisce i dirigenti comunisti genovesi, è arrestato nel novembre del '42. Tornato in libertà, è tra i fondatori del Fronte della Gioventù e partecipa all'organizzazione dei primi reparti armati dei GAP; commissario di distaccamento della 3a Brigata Garibaldi "Liguria", partecipa a numerose azioni e nel corso di una di esse è catturato dai fascisti; liberato in seguito all'amnistia del giugno 1944, continua la sua attività di propaganda e sabotaggio. Nuovamente arrestato, nelle carceri di Marassi viene torturato e processato il 29 luglio 1944; lo stesso giorno viene fucilato da un plotone delle Brigate Nere al Forte di San Giuliano (GE). Medaglia d'Argento al V. M..

Cara Milena,

ho ricevuto la tua lettera. Ammiro la tua fermezza. Cerca di consolare la mamma e di volerle tutto il bene che non le ho dato io. Non rimproveratemi per questa fine, sono felicissimo di morire per la mia causa di giustizia. I compagni mi vendicheranno. Salutateli.

Baci infiniti.

Viva Stalin

Goffredo