Il dibattito sulle foibe

 

 

La questione delle foibe è riemersa prepotentemente come tema di dibattito politico e storiografico nel 1996. Riprendiamo i temi discussi allora, che sintetizzano un insieme di posizioni ancora oggi attuale.

 

La Stampa, agosto 1996: "Foibe: profonde fenditure della roccia carsica in cui, dopo l'8 settembre 1943, i partigiani titini precipitarono decine di migliaia di italiani: fascisti, avversari politici e anche gente comune."

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L'estate della lunga polemica sulle foibe deflagra non certo casualmente, quando il Corriere della Sera, dopo una serie di pezzi rievocativi rilancia con clamore, sulle cronache nazionali, un documento del segretario del PDS triestino, Stelio Spadaro: "Fino a ieri le Foibe - scrive il quotidiano di via Solferino - erano un pezzo di storia colpevolmente ignorato dalla sinistra (...) Oggi assistiamo a una vera e propria svolta per i toni e la chiarezza di linguaggio, e soprattutto per un'autocritica severa e corrosiva su eventi troppo a lungo rimossi dalla memoria collettiva".
Cosa dice Spadaro per suscitare questa reazione? Primo: "La tragedia delle foibe fu un insieme di azioni terroristico - militari e ritorsioni antifasciste, ma anche per eliminare gli oppositori della Jugoslavia e del suo regime." Secondo: "L'ideologia totalitaria comunista diede allora copertura e legittimazione". Terzo: "Si tratta di una delle tragedie più acute che l'Europa ha conosciuto in questo secolo."
È quanto basta per far divampare la polemica.

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Scendono in campo i panzer delle testate revisioniste: Il Secolo d'Italia, giovedi 22 Agosto, a cinque colonne un titolo lapidario ("Foibe: la storia rivendica i suoi diritti") e ben due editoriali in prima pagina: "Vi sono molti elementi - scrive Nazareno Mollicone - per ritenere che I'atttuale PDS, erede della memoria storica e degli archivi del PCI possa fornire elementi precisi su questa tragedia e sui loro autori, visto che fra le vittime vi erano anche quei partigiani comunisti che non avevano rinnegato la patria italiana (...). Attendiamo quindi - conclude il quotidiano dji An "che accogliendo l'appello di Spataro e Valiani si faccia chiarezza su questa tragedia".

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Un tono quasi british, se paragonato a ciò che scrive Carlo Panella sul Foglio il 22 agosto: 'In Italia si è arrivati al punto di negare agli infoibati, in nome della realpolitik, non solo la giutizia, ma addirittura la pietas. Fino agli anni '70 le cerimonie funebri in loro onore erano semiclandestine e disertate, per esplicito diktat del PCI, dalle autorità locali." Conclusione: "Stupisce la sorda incapacità delIa Sinistra di capire che su questo terreno si gioca parte della propria trasformazione in una forza europea". Gli esami, si sa, non finiscono mai.

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Intanto Il Corriere, continua a battere il ferro alternando in elegante stile "cerchiobottista" entusiasmi e dissensi per il dibattito. Sempre il 22 sulla stessa pagina, un titolo a cinque colonne ("Foibe consensi alla svolta del PDS. Quasi un coro, adesso apriamo gli archivi. Si infuoca il dibattito sui crimini di Tito") fa da contrappunto a un misurato corsivo di Luciano Canfora: "Terribili eccidi, ma la storia non è uguale per tutti" scrive lo storico barese: "Non esistono sul piano etico misfatti contro la persona umana classificabili, secondo la convenienza, di serie A o di serie B (...) Chi potrebbe negare che l'eccidio di Andria, le foibe istriane, il massacro etiopico perpetrato dai generali di Mussolini e l'Olocausto (pur essendo tutti ingiustificabili infrazioni della giustizia) hanno una diversa portata sul piano della memoria storica? Come negare che la peculiarità dell'Olocausto consiste, oltre che nella vastità delle sue proporzioni anche nelle premesse che lo hanno scatenato? Quelle premesse erano nella teorizzazione (avallata da pseudo scienziati e da pseudo storici) della nocività e, insieme, inferiorità della razza, quella ebraica sterminata in tutta Europa con sistemi rimasti unici per follia e sadismo. Chi oggi ribadisce che questo sterminio resta un unicum non giustifica altri stermini, intende aiutare le generazioni venute a non smarrire il senso e la nozione dell'accaduto."

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E l'Unità? Affida alla penna dello storico Nicola Tranfaglia il difficile compito di quadrare il cerchio: "La riflessione storica sulla tragedia della dittatura staliniana è stata qui da noi tardiva e insufficiente. Ciò non giustifica la storiografia revisionista ha fatto e sta facendo nello sforzo sempre più forte di riabilitare il fascismo italiano, o addirittura di far discendere le atrocità del na zismo dalla nascita e dall'affermazione del bolscevismo. Ma a mio avviso non ha senso difendere, come ha fatto se non sbaglio Luciano Canfora sul Corriere, i massacri inumani compiuti dagli jugoslavi sul territorio italiano". Ma forse si sbaglia.

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Intanto l'Avvenire pigia sull'acceleratore, dedicando mezza pagina ai verbali redatti nel '45 dai carabinieri: "Nel Carso le voragini della morte". E poi spara un numerone: "Cinquantamila italiani inghiottiti nelle foibe."
Peccato che il conto non torni nemmeno addizionando le diverse cifre contenute nel pezzo.

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Sulla Stampa prende posizione un altro storico, Gian Enrico Rusconi, che corregge la distinzione di Canfora: "Le Foibe, le Fosse Ardeatine e Auschwitz sul piano morale si equivalgono, (...) diversa la logica in cui si inquadrano (...). Storicamente le Foibe non hanno creato un'emozione collettiva, hanno creato piuttosto un forte disagio. Le popolazioni dalmate sfollate vennero accolte in Italia con diffidenza, si pensava che fossero tutti fascisti, che durante l'occupazione si fossero resi responsabili dei crimini verso gli jugoslavi."

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II Manifesto apre un fuoco di sbarramento con un intera pagina: "Sull'onda lunga dell'assoluzione di repubblichini e collaborazionisti". Titolo inequivocabile: "Omissioni di storia". Matteo Moroder intervista Galliano Fogar, Segretario dell'Istituto regionale per la storia del Movimento di liberazione del Friuli - Venezia Giulia, che nega l'equiparazione fosse Ardeatine - Foibe e denuncia la disinformazione dei media: "I grandi giornali e la Rai hanno avallato senza porsi il più piccolo dubbio l'infondatezza di notizie come quelle che riguardano la mancata azione giudiziaria contro gli infoibatori. Furono invece perseguiti a decine, veri e presunti, e condannati a pene da dieci anni all'ergastolo."

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Sempre da sinistra, sull'Espresso, Giampaolo Pansa - che aveva dedicato il suo ultimo romanzo alle storie dei partigiani comunisti perseguitati dai titini - non nasconde i suoi dubbi; "C'è stata una colpevole, stupida e lunga reticenza. Eppure su questi orrori si sa quasi tutto: arresti, deportazioni, luoghi di tortura. Come può la sinistra, PDS per primo - si chiede il condirettore dell'Espresso - tapparsi la bocca davanti a questi morti che sono anche suoi? Oggi è impensabile la politica delle lingue tagliate che il PCI impose a chi era scampato a quell'inferno."

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Sul Corriere gli fa eco Piero Fassino, molto lesto a battersi il petto: "La sinistra ha sbagliato a lungo, le ragioni dell'ideologia hanno prevalso sulla storia." Fassino invoca una riapertura degli archivi, esprime gratitutidine al PDS locale, ma non soddisfa la richiesta di Pansa, forse perché non può: "Apriamo tutti gli archivi di Stato... cerchiamo di favlorire una ricostruzione veritiera". Titolo a tutta pagina, frasi ad affetto, molto fumo; ma I'arrosto?

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Su Liberazione replica Darko Bratina, senatore pidiessino: "Fassino è caduto nella trappola della destra; troppo comoda la storia che dimentica le persecuzioni nazifasciste di slavi e croati."

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Sul Secolo d'ltalia titolone gongolante; "Fassino, sì alla revisione. Dal PDS via libera all'autocritica a sinistra.".

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Scende in campo Luciano Violante, che esterna su tutti quotidiani il suo pensiero: "È grave che qualcuno porti i fiori alla risiera di San Sabba e qualcun altro sulle foibe, a seconda delle proprie convinzioni politiche." Conclusione? Un po' buonista: "Trasformiamo la polemica in qualcosa di utile per il Paese."

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Sul Manifesto ribatte Rossana Rossanda: "Violante stravolge la storia. Da quando è diventato Presidente della Camera - scrive Rossanda - si è autoinvestito della missione di riscrivere la storia che secondo lui non è mai stata raccontata giusta. Non tiriamo in ballo i morti per far intendere che le colpe sono tutte uguali e che lo scontro era fra due totalitarismi equivalenti."

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Su Panorama, a sorpresa, Enzo Bettiza - anticomunista storico - prende una posizione quasi 'antirevisionista' e irride Fassino: "Oggi è facile battersi il petto sulle foibe, bisognava farlo quando il PDS era PCI e la Jugoslavia quella di Tito. Ma gli eccidi furono anche una reazione a vent'anni di duro dominio fascista."

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Anche Claudio Magris, sul Corriere, si dice d'accordo: "C'è stata una lunga reticenza della sinistra, ma più che sterminio fu una ritorsione."

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Ma davvero la sinistra ha rimosso? Un insospettabile Indro Montanelli, sempre sul Corriere, a esprimere un solido dubbio: "La Jugoslavia era stata corteggiata dall'Occidente per evidenti ragioni strategiche. Questo ha contato molto di più sulla rimozione che non un immaginario rifiuto della sinistra (in genere assai poco compatta) a trattare il tema."

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Osserva Barbara Spinelli sulla Stampa: "C'è qualcosa di pericolosamente incompiuto in questa maniera di rievocare il novecento italiano ed europeo. C'è qualcosa che potrebbe rivelarsi sterile per chi voglia agire nel presente avendo in mente il passato. È giusto indicare le ferite inferte dai due totalitarismi. Giusto rammentare i modi in cui hanno patito gli italiani, per colpa dei nazisti di Priebke o dei comunisti di Tito. Ma sarebbe insufficiente se su questi episodi si fabbricasse un'identità fittizia: gli italiani come popolo vittima, popolo buono, innocente, penalizzato da nemici o storie esterne."