L'appello di Concetto Marchesi agli studenti |
Nel novembre ’43, "tra le rovine di una guerra implacata", il professor Concetto Marchesi (socialista dall'età di 16 anni, nel 1921 a Livorno aveva partecipato alla fondazione del Partito Comunista) si dimise da Rettore dell’Università di Padova: "Non intendo apparire un vostro collaboratore", scrisse al Ministro dell’Educazione nazionale - e lanciò un appello ai suoi studenti: "Non lasciate che l’oppressore disponga ancora della vostra vita." In occasione del 722° anniversario della fondazione dell’Università di Padova Marchesi aveva rivolto ai colleghi ed agli studenti queste parole severe e nutrite di speranza nella capacità dei giovani di riscattare il destino della patria:"Sotto il martellare di questo immane conflitto cadono per sempre privilegi secolari e insaziabili fortune, cadono signorie, reami, assemblee che assumevano il titolo della perennità. Ma perenne e irrevocabile è solo la forza e la potestà del popolo che lavora e della comunità che costituisce la gente invece della casta". E aggiungeva, più rivolto agli studenti che non ai colleghi: "In queste ore di angoscia, tra le rovine di una guerra implacata, si apre l’anno accademico. In nessuno di noi manchi, o giovani, lo spirito della salvazione. Confidate nell’Italia e nella sua fortuna se sarà sorretta dalla vostra disciplina e dal vostro coraggio. Confidate nell’Italia che deve vivere per la gioia e il decoro del mondo, nell’Italia che non può cadere in servitù senza che si oscuri la civiltà delle genti." Era il 12 novembre, e mentre Marchesi stava parlando, un manipolo di guardie repubblichine osò violare l’Aula Magna. Grande fu lo sdegno degli studenti. Il loro Rettore attese dai giovani quella che definirà la "riconsacrazione del tempio", e quindi scrisse al ministro repubblichino dell’educazione nazionale: "Ho consentito di restare al mio posto sino all’apertura dell’anno accademico e l’inizio dei corsi perché l’ateneo padovano avesse non ignobile avviamento." Tuttavia, fatto questo, "non intendo apparire collaboratore di un governo da cui mi distacca una capitale e insanabile discordia." Quindi le dimissioni irrevocabili: "Ella volle un giorno riconoscermi la fermezza del carattere. Non vorrà rimproverarmi oggi di averla mantenuta." Lo
stesso giorno, il 28 novembre, lanciò un appello agli universitari
padovani: "Sono rimasto a capo della vostra università
finché speravo di mantenerla immune dalla offesa fascista e dalla
minaccia germanica, fino a che speravo di difendervi da servitù
politiche e militari, e di proteggere con la mia fede pubblicamente professata
la vostra fede costretta al silenzio al segreto". Ma "oggi
non è più possibile sperare che l’università
resti asilo indisturbato di libere coscienze operose, mentre lo straniero
preme alle porte dei nostri istituti e l’ordine di un governo che,
per la defezione di un vecchio complice, ardisce chiamarsi repubblicano
vorrebbe convertire la gioventù universitaria in una milizia di
mercenari e di sgherri massacratori."
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Bruno Trentin Concetto Marchesi |
Un episodio che mi ha molto colpito e mi ha segnato per un lungo periodo, come giovane francese arrivato in un paese per me ancora sconosciuto come l’Italia, è stato l’inaugurazione dell’anno accademico all’Università di Padova nel novembre del 1943; io ero già nella clandestinità con mio padre, quindi siamo arrivati all’Università mischiandoci fra gli studenti, ma evitando proprio di figurare in qualche modo, dato che l’ateneo era pieno di poliziotti e poi c’era un gruppo di fascisti molto bellicosi.
All’Università di Padova Bruno si laureerà in Giurisprudenza il 16 ottobre 1949, nell’Istituto di Filosofia del diritto di Norberto Bobbio con la tesi «La funzione del giudizio di equità nella crisi giuridica contemporanea (con particolare riferimento all’esperienza giuridica americana)». Relatore Enrico Opocher, sostituto di Bobbio da poco andato a Torino (GUARDA I DOCUMENTI). La stessa Università gli conferirà il 13 settembre 2002 la Laura Honoris causa in Economia.
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