ancora grazie infinite a Piergiorgio Odifreddi, autore di Perché non possiamo essere cristiani (Longanesi, 2007) Ogni anno il Vaticano con l'8 per mille incassa un miliardo di euro, a cui però va aggiunta ogni anno una cifra dello stesso ordine di grandezza (senza contare regioni, province e comuni) nei modi più disparati: nel 2004, ad esempio, sono stati elargiti: 478 milioni di euro per gli stipendi degli insegnanti di religione 258 milioni per i finanziamenti alle scuole cattoliche 44 milioni per le cinque università cattoliche 25 milioni per la fornitura dei servizi idrici alla Città del Vaticano [sic] 20 milioni per l'Università Campus Biomedico dell'Opus Dei 19 milioni per l'assunzione in ruolo degli insegnanti di religione 18 milioni per i buoni scuola degli studenti delle scuole cattoliche 9 milioni per il fondo di sicurezza sociale dei dipendenti vaticani e dei loro familiari 9 milioni per la ristrutturazione di edifici religiosi 8 milioni per gli stipendi dei cappellani militari 7 milioni per il fondo di previdenza del clero 5 milioni per l'Ospedale di Padre Pio a San Giovanni Rotondo 2 milioni e mezzo per il finanziamento degli oratori 2 milioni per la costruzione di edifici di culto. Aggiungendo a tutto ciò una buona fetta del miliardo e mezzo di finanziamenti pubblici alla sanità, molta della quale è gestita da istituzioni cattoliche, si arriva facilmente a una cifra complessiva annua di almeno tre miliardi di euro, cioè 6000 miliardi di vecchie lire. Ma non è finita, perché a queste riuscite uscite vanno naturalmente aggiunte le mancate entrate per lo Stato dovute a esenzioni fiscali di ogni genere alla Chiesa, valutate attorno ad altri sei miliardi di euro, cioè 12.000 miliardi di vecchie lire. Gli enti ecclesiastici sono infatti circa 59.000 e posseggono circa 90.000 immobili, adibiti agli scopi più vari: parrocchie, oratori, conventi, seminari, case generalizie, missioni, scuole, collegi, istituti, case di cura, ospedali, ospizi, e così sia. Il loro valore ammonta ad almeno 30 miliardi di euro, ma essi sono esenti dalle imposte sui fabbricati, sui terreni, sul reddito delle persone giuridiche, sulle compravendite e sul valore aggiunto (IVA). Per capire l'entità di questa enorme cifra complessiva di nove miliardi di euro, cioè 18.000 miliardi di vecchie lire, basta notare che si tratta del 45% della manovra economica per la Finanziaria del 2006, che è stata di 20 miliardi: ovvero, senza la Chiesa, o almeno senza i suoi privilegi economici, lo Stato potrebbe praticamente dimezzare le tasse a tutti i suoi cittadini! Come se non bastasse, alle esenzioni fiscali statali si aggiungono anche quelle comunali: ad esempio dall'ICI, in quanto gli enti ecclesiastici si autocertificano come " non commerciali". Una sentenza della Corte di Cassazione, depositata l'8 marzo 2004, ha però stabilito che un centro di assistenza per bambini e anziani gestito dalle suore del Sacro Cuore dell'Aquila non poteva essere esentato dall'imposta, avendo fatto pagare rette regolari ai suoi ospiti: le suore dovevano dunque al Comune 70.000 euro di imposte arretrate. Poiché il precedente esponeva la Chiesa a simili rischi dovunque, i governi Berlusconi e Prodi sono corsi ai ripari: il primo allegando un temporaneo provvedimento alla Finanziaria per il 2006, e il secondo approvando un definitivo provvedimento che garantisce furbescamente l'esenzione dall'ICI agli enti «non csclusivamente commerciali». Ovvero, a tutte le imprese commerciali che siano dotate di una cappella, nella quale pregare Dio per l'animaccia balorda dei Cattolici e dei loro fiancheggiatori laici che siedono in parlamento, a destra o a «sinistra». In tal modo i comuni italiani perdono un gettito valutato intorno ai 2 miliardi e 250 milioni di euro annui. La Santa Sede possiede infatti un enorme patrimonio immobiliare anche fuori della Città del Vaticano, in parte specificato dal Trattato del 1929: dal palazzo del Sant'Uffizio a piazza San Pietro a quello di Propaganda Fide a piazza di Spagna, dall'Università Gregoriana al Collegio Lombardo, dalla basilica di San Francesco ad Assisi a quella di Sant'Antonio a Padova, da Villa Barberini a Castel Gandolfo, all'area di Santa Maria di Galeria che ospita la Radio Vaticana, e che da sola è più estesa del territorio dell'intero Stato (44 ettari). Ma questi non sono che i gioielli della corona di una multinazionale che, secondo una stima recente, nel 2003 disponeva nella sola Italia di 504 seminari e 8779 scuole, suddivise in 6228 materne, 1280 elementari, 1136 secondarie e 135 universitarie o parauniversitarie. Oltre a 6105 centri di assistenza, suddivisi in 1853 case di cura, 1669 centri di «difesa della vita e della famiglia», 729 orfanotrofi, 534 consultori familiari, 399 nidi d'infanzia, 136 ambulatori e dispensari e 111 ospedali, più 674 di altro genere. È naturalmente ironico, oltre che illustrativo della citata «svolta costantiniana», che a possedere un tale tesoro, che si può globalmente valutare ad alcune centinaia di miliardi di euro, e a non pagarci neppure sopra le tasse, siano proprio coloro che dicono di ispirarsi agli insegnamenti di qualcuno che predicava: «Beati i poveri» e «Date a Cesare quel che è di Cesare», facendo letterali miracoli pur di permettere ai suoi apostoli di pagare anche una sola moneta di tributo. |