Sappiamo come è andata, ma la questione rimane di grande importanza I cinque referendum proposti mirano ad eliminare alcune parti della legge che sono state definite scandalose ed ingiuste, tra gli altri, da molti esponenti del mondo scientifico (Rita Levi Montalcini l’ha definita “una legge inaccettabile ed immorale”). Ovviamente ogni volta che si trattano questioni quali la procreazione e la genetica umana entrano in gioco elementi di fede ed etica, e non si può demandare ogni decisione in merito agli scienziati. Tuttavia, in questo caso, il principio di laicità dello stato è stato allegramente disatteso, per sposare i principi cattolici più oscurantisti, anche contro quelle dei credenti più moderati e disponibili ad un dialogo con le parti laiche. In sostanza le ragioni dei referendum sono le seguenti: 1. la legge vieta la ricerca sulle cellule staminali degli embrioni (anche di quelli cosiddetti “abbandonati” negli ospedali, congelati negli anni precedenti, destinati ad essere eliminati); in questo modo nega una speranza di cura a dieci milioni di malati italiani, in particolare di Parkinson ed Alzheimer. 2. la legge obbliga il medico a non produrre più di tre embrioni per volta, che non possono essere congelati; quindi per ogni tentativo che non va a buon fine, la donna dovrà di nuovo sottoporsi a trattamenti ormonali che sono pericolosi per la salute. 3. la legge obbliga ad impiantare tutti tre gli ovuli fecondati e proibisce controlli preventivi sulla salute degli embrioni, costringendo la donna, in caso di malattie genetiche a scegliere tra partorire un bimbo malato o abortire. 4. impedendo il controllo sulle malattie a trasmissione genetica, la legge vieta di fatto l’accesso alla procreazione assistite a coppie che non siano sterili, ma portatrici di malattie genetiche (anemia mediterranea ed altre). In Italia questo riguarda moltissime coppie. 5. la legge impedisce ad una coppia sterile, o con uno dei due membri sterile, di avere un figlio, in quanto vieta il ricorso alla fecondazione eterologa (con seme o ovocita di un donatore). Non è peraltro chiaro come si possa obbligare una donna all’impianto dopo la fecondazione nel caso ci sia stato un ripensamento, tant’è che la maggior parte delle associazioni dei medici ginecologi ha aderito alla proposta referendaria. Su una questione così delicata ed “intima”, che coinvolge tanti cittadini, è quindi indispensabile che si chieda il consenso della maggior parte della popolazione tramite, appunto, il referendum.
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