Ante Pavelic e gli Ustasha

Dopo l'invasione tedesca della Jugoslavia, il leader Ustascia Dr. Ante Pavelic creò lo Stato indipendente di Croazia, un regime fantoccio, emanazione del nazifascismo.
Gli Ustascia - termine, già usato dagli Slavi balcanici per indicare coloro che lottavano contro i Turchi, ripreso da A. Pavelic per designare gli appartenenti al movimento nazionalista croato di estrema destra che si opponeva al dominio dei Serbi (1928). Costituito il Partito unico dello Stato indipendente di Croazia (1941), con l'aiuto dei nazionalisti, gli ustascia commisero spaventose atrocità sterminando un milione circa di persone tra Serbi ed Ebrei. Pavelic e i suoi furono infine ricacciati in Austria da Tito e dagli Alleati (1945) - si resero strumenti della politica di Hitler creando Campi di concentramento sul modello tedesco (tra questi Jasenovac, tristemente famoso con il nome di "Auschwitz dei Balcani"), ma la loro politica di sterminio si distinse per il fatto di colpire, oltre a Ebrei e zingari, anche la popolazione serba di confessione ortodossa. Il regime Ustascia fece del cattolicesimo la propria bandiera obbligando alla conversione forzata o sterminando decine di migliaia di serbi ortodossi. Le vittime, secondo la politica dell'Olocausto, venivano spogliate di ogni loro avere. In quest'azione molti esponenti del clero croato furono a fianco degli Ustascia.
Tre settimane dopo la creazione di questo Stato, il governo croato emano leggi antiebraiche, e quando i nazisti gli chiesero che cosa dovessero fare delle poche decine di Ebrei croati che si trovavano in Germania, rispose che essi avrebbero "apprezzato" la deportazione in oriente. II ministro degli interni del Reich invitò quindi la Croazia a divenire judenrein entro il febbraio 1942, ed Eichmann mandò lo Han ptsturmfuhrer Franz Abromeit a dare una mano all'addetto della polizia tedesca a Zagabria. Le deportazioni furono eseguite dai croati stessi, soprattutto da membri del forte movimento fascista, gli ustascia, e la Croazia paga ai nazisti trenta marchi per ogni Ebreo deportato ricevendo in cambio tutti i beni confiscati. Questo era in armonia col "principio territoriale" ufficialmente professato dai tedeschi, principio che doveva essere applicato in tutta l'Europa e in base al quale ciascuno Stato ereditava i beni di ogni Ebreo residente nei suoi confini - di qualunque nazionalità fosse - che venisse ucciso. I1 principio in realtà fu rispettato assai poco, essendoci molti modi di aggirarlo ogni qualvolta sembrava che ne valesse la pena: gli industriali tedeschi, per esempio, potevano comprare i beni direttamente dagli Ebrei, prima che venissero deportati, e l'Einsatzstab Rosenberg, che in origine era autorizzato a sequestrare oggetti ebraici e giudaici per gli istituti tedeschi di ricerche antisemitiche, ben presto estese la sua attività includendo tra questi oggetti il mobilio prezioso e le opere d'arte. La scadenza del febbraio 1942 non poté essere rispettata perché gli Ebrei riuscirono a fuggire dalla Croazia nel territorio occupato dagli italiani, ma dopo il colpo di Stato di Badoglio, arrivò a Zagabria Hermann Krumey, un altro uomo di Eichmann, ed entro 1'autunno del 1943 trentamila Ebrei furono deportati ai centri di sterminio.
Soltanto allora i tedeschi si accorsero che il paese non era ancora judenrein. Nelle prime leggi antisemite croate essi avevano notato un curioso paragrafo che trasformava in " ariani onorari " tutti gli Ebrei che davano un contributo "alla causa croata"; e naturalmente nel giro di poco tempo il numero di questi Ebrei era salito enormemente. In altre parole, i più ricchi avevano rinunziato volontariamente ai loro beni ed erano stati "esentati". Fatto ancor più interessante, il servizio segreto delle Ss (diretto da Wilhelm Hatt) scopri che quasi tutti i componenti della cricca che dominava in Croazia, dal capo del governo al capo degli ustascia, erano sposati a donne Ebree. I millecinquecento (1.500) Ebrei che sopravvissero in qucst'area (pari al cinque per cento, secondo un rapporto del governo jugoslavo) dovevano appartenere tutti a questo gruppo di gente assimilata e ricchissima. E poiché i1 numero degli Ebrei assimilati nei paesi orientali è stato valutato per 1'appunto al cinque per cento del totale, si è tentati di concludere che in quei paesi l'assimilazione, quando c'era, permettesse di salvarsi assai meglio di quanto non facesse nel resto d'Europa.
Le cose andarono molto diversamente nel contiguo territorio della Serbia, dove fin quasi dal primo giorno le truppe d'occupazione tedesche dovettero fare i conti con una guerra partigiana paragonabile solo a quella che si svolgeva in Russia dietro le linee della Wehrmacht. Col pretesto di giustiziare ostaggi presi nel corso della lotta contro i partigiani, la Wehrmacht fucilò la popolazione ebraica maschile, consegnando le donne e i bambini al comandante della polizia di sicurezza, un certo dott. Emanuel Schafer, creatura di Heydrich, che li soppresse in furgoni attrezzati a Camere a gas (Gaswagen). Nell'agosto del 1942 il consigliere di Stato Harald Turner, capo della branca civile del governo militare, dichiaro con orgoglio che la "Serbia era l'unico paese in cui si fosse risolto il problema degli Ebrei quanto quello degli zingari," e rispedì i furgoni a Berlino. Circa cinquemila (5.000) Ebrei si unirono ai partigiani, e questo fu l'unico modo in cui qualcuno poté sfuggire alto sterminio.
Concludendo si annota che per il suo fervente cattolicesimo il leader dello stato Ustascia, Ante Pavelic, era ben visto in Vaticano e venne ricevuto in udienza privata da Pio XII. Quando i destini della guerra cominciarono a precipitare tanti criminali di guerra croati (Pavelic su tutti), al pari di molti nazisti tedeschi, riuscirono a mettersi in salvo in Spagna o Sud America attraverso la collaborazione di alti esponenti del clero. Vedi approfondimenti su: www.lager.it/organizzazione_odessa.html .

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