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Preti pedofili: un avvocato USA vuol portare in tribunale Ratzinger |
È chiamato in giudizio con l’accusa di aver coscientemente
coperto, quando era prefetto della Congregazione per la Dottrina
della Fede, sacerdoti accusati di abusi sessuali effettuati su
minori
Dal gennaio 2005 esiste presso la Corte distrettuale di Harris
County (Texas) un procedimento a carico di Joseph Ratzinger. Insieme
al responsabile della diocesi di Galveston Houston, l’arcivescovo
Joseph Fiorenza, i sacerdoti Juan Carlos Patino Arango e William
Pickand figura anche il nome dell’attuale pontefice. È
chiamato in giudizio con l’accusa di aver coscientemente
coperto, quando era prefetto della Congregazione per la Dottrina
della Fede, sacerdoti accusati di abusi sessuali effettuati su
minori. A muovere l’accusa, documenti vaticani alla mano,
è l’agguerritissimo avvocato Daniel Shea, difensore
di tre vittime di molestie pedofilia con alle spalle studi di
teologia che ieri, non a caso in concomitanza con l’apertura
della Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia, ha manifestato
in piazza san Pietro insieme ad esponenti del partito radicale
contro le coperture assicurate ai preti pedofili.
Tutto parte dal «Crimen Sollicitationis», un documento
«strettamente confidenziale» del Sant’Uffizio
a firma del cardinale Ottaviani del lontano 1962 che vincolava
al segreto più assoluto, pena la scomunica immediata, tutti
coloro, comprese le «vittime», che fossero coinvolti
in procedimenti ecclesiastici riguardanti casi di pedofilia o
molestie sessuali compiuti da religiosi. Secondo l’avvocato
Shea quell’antica «istruzione» avrebbe avuto
validità sino al 2001, così le gerarchie ecclesiastiche
e vaticane avrebbero finito per «coprire» e favorire
«deliberatamente» i «preti pedofili».
La prova sarebbe in una nota dell’epistola «De Delictis
Gravioribus» del 18 maggio 2001, che Joseph Ratzinger, allora
Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, aveva
fatto recapitare ai vescovi e agli altri ordinati e membri della
gerarchia ecclesiastica. A questa accusa le gerarchie vaticane
hanno risposto che le norme contenute nel documento del 1962 non
hanno più alcun valore vincolante dal momento in cui sono
entrate in vigore le disposizioni che nel 1983 hanno riformato
il Codice di Diritto Canonico, ma per Shea la lettera di Ratzinger
non lascia spazio a dubbi. Ora la Corte di Houston ha il potere
di chiamare in giudizio Joseph Ratzinger, ma l’attuale pontefice,
avrebbe avanzato «richiesta formale d'immunità
al presidente degli Stati Uniti, che non ha ancora reso nota la
sua decisione in merito». Il presidente George W. Bush
può solo suggerire al tribunale di valutare questa opportunità.
La Corte potrebbe autonomamente riconoscerla.
Questo non
fermerebbe l’avvocato Shea che ha assicurato di essere pronto,
pur di difendere gli interessi dei suoi assistiti, a ricorrere
sino alla Corte suprema contro questa decisione. In nome della
separazione tra Chiesa e Stato si dice pronto a chiedere la messa
in discussione del riconoscimento diplomatico da parte di Washigton
della Santa Sede come Stato sovrano.
P.S. sì, poi in Irlanda (dicembre 2009) hanno fatto un po' di pulizia, e Benedetto XVI si è detto "pieno di orrore", ma solo quando sulla stampa è scoppiato lo scandalo: per decenni tutta la Chiesa cattolica ha taciuto. |