Carlo Rosselli

Oggi in Spagna, domani in Italia


Discorso su radio Barcellona - 13 novembre 1936


Compagni, fratelli, italiani, ascoltate. Un volontario italiano vi parla da Radio Barcellona per portarvi il saluto delle migliaia di antifascisti italiani esuli che si battono nelle file dell'armata rivoluzionaria. Una colonna italiana combatte da tre mesi sul fronte di Aragona. Una seconda difende eroicamente Madrid. (...)

Siamo grandi, sì, ma nell'officina comanda dispotico il padrone. Siamo grandi, sì, ma se qualcuno osa dire quel che ha sul cuore, pronto lo afferra il Tribunale Speciale. Siamo grandi, sì, ma negli impieghi, nelle professioni, negli studi, c'è camorra, l'arrembaggio dei gerarchi, sottogerarchi, parenti dei gerarchi, mentre i più alti spiriti del nostro paese sono costretti al più avvilente silenzio. Siamo insomma grandi, imperiali, fortissimi... ma non godiamo del diritto semplice, elementare di vivere come uomini, umanamente, al servizio di quei due principi ideali per cui solo vale la pena di vivere, solo le società progrediscono: la giustizia, la libertà. A voi soprattutto mi rivolgo. Italiani liberi, coraggio! Sull'altra sponda del Mediterraneo un mondo nuovo nasce. Arriva la rivoluzione, trionfa, contro il fascio, l'antifascio... Per secoli i nostri fratelli spagnoli furono schiavi, come in Italia e più che in Italia... Conoscete la storia... Ma il popolo questa volta è pronto. Il popolo, non il governo...
Sognano ormai coloro che credono che la rivoluzione possa soccombere. La rivoluzione vince... Fenomeno naturale e fatale. Gli uomini che si sono dissetati alle fonti eterne della libertà - di una libertà positiva, non solo politica, ma economica e sociale - quegli uomini non si rassegnano più a tornare in servitù. Piuttosto che cedere, soccomberanno tutti... Oggi una nuova tirannia, assai più feroce ed umiliante dell'antica, ci opprime. Non è più lo straniero che ci domina.
Siamo noi che ci siamo lasciati mettere il piede sul collo da una minoranza faziosa che, utilizzando tutte le forze del privilegio, tiene in ceppi la classe lavoratrice e il pensiero degli italiani. Ogni sforzo sembra vano contro la massiccia armata dittatoriale. Ma noi non perdiamo la fede. Sappiamo che le dittature passano e che i popoli restano. La Spagna ce ne fornisce la più palpitante riprova. Nessuno parla più di De Rivera. Nessuno parlerà più domani di Mussolini. E come nel Risorgimento, nell'epoca più buia, quando quasi nessuno osava sperare, dall'estero vennero l'esempio e l'incitamento, così oggi noi siamo convinti che da questo sforzo modesto dei volontari italiani, troverà alimento domani una potente volontà di riscatto.

È con questa speranza segreta che siamo accorsi in Spagna: oggi qui, domani in Italia.