Diego Fusaro
Bentornato Marx!
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"Marx è morto, ma non riposa in pace” scriveva diversi anni fa un alto prelato cattolico sul quotidiano “Il Sole 24 ore”. Si dice spesso che “Marx è morto”, appunto: lo si fa per affermare un fatto consumato, o piuttosto per liberarsi dall’assillo di uno spettro che continua a denunciare l’assurdità di un mondo rovesciato, in cui ci si preoccupa di salvare le banche con i soldi dei cittadini, e in cui le merci sono libere di circolare in ogni dove, ma non lo sono le persone? Da questa domanda parte il libro “Bentornato Marx! Rinascita di un pensiero rivoluzionario” (Bompiani, 2009). Abbiamo intervistato l’autore.
Il Suo ultimo libro si intitola Bentornato Marx!. Rompiamo il ghiaccio con una battuta alla Montanelli: non ci eravamo accorti che Marx fosse mai andato via.
Infatti Marx non se n’era “andato via”: finché ci sarà capitalismo, Marx sarà presente e non ci darà pace, continuando a denunciare le contraddizioni di un mondo capovolto, di una realtà spettrale che - sospesa in un incantesimo di alienazione e sfruttamento, di feticismo e di mercificazione universale - abbiamo prodotto noi stessi, ma che è a tal punto opaca da sembrare autonoma e da dominarci minacciosa. Il titolo del mio libro - Bentornato Marx!, con il punto esclamativo - vuole essere una risposta a quanti oggi ripetono, in nome di Dio o del Mercato, la litania funebre secondo cui “Marx è morto”. L’odierna crisi del capitalismo dimostra in modo lampante quanto egli sia ancora vivo e in forze. E permette, appunto, di dire a Marx “bentornato!”.
Il libro è giunto alla seconda edizione dopo appena una settimana. Un merito soltanto Suo, o il segno di un inesausto “bisogno di Marx”?
Direi che l’inatteso successo del libro dipende anzitutto dal bisogno di Marx, e più precisamente di una visione critica sull’oggi, capace di mostrare che il capitalismo - da tutti presentato come il solo modo di esistenza e di produzione possibile - è tutt’altro che razionale: è, anzi, irrazionalità allo stato puro, nella misura in cui il vero obiettivo è la “valorizzazione del capitale”, ossia l’arricchimento illimitato e fine a se stesso, rispetto al quale l’uomo è soltanto uno strumento. Credo però che il motivo del successo dipenda anche dal modo in cui ho scritto il libro: sul piano formale, ho usato un linguaggio accessibile a tutti, nel tentativo di scrivere un’introduzione al pensiero marxiano che possa essere letta e capita da chiunque (ho ricevuto lettere di docenti ma anche di operai della FIAT Mirafiori che hanno apprezzato il mio lavoro); sul piano contenutistico, ho cercato di “attualizzare” Marx, di mostrare quali aspetti della sua analisi restino vivi oggi e quali invece debbano essere respinti.
Cosa significa per noi oggi - uomini dell’epoca che ha abolito e aborrito la rivoluzione - la “rinascita del pensiero rivoluzionario” che Lei indica nel sottotitolo?
“Rinascita di un pensiero rivoluzionario” - il sottotitolo del mio libro - allude a due cose: in primo luogo, alla “rinascita” di Marx, oggi, in forza dell’attuale crisi del capitalismo; se negli anni ’60 vigeva una fastidiosa “Marx-latria”, in nome della quale il dibattito era dominato dai richiami a Marx, oggi, con una inversione di tendenza, domina incontrastata una altrettanto fastidiosa “Marx-fobia” che ci costringe a non parlare mai di Marx o, tutt’al più, a parlarne come di un morto, sepolto sotto le macerie del Muro di Berlino. Ma questo “morto” oggi è più vivo che mai, perché ci segnala ostinatamente le contraddizioni del capitalismo, che abbiamo tutti sotto gli occhi con la presente crisi. In secondo luogo, il sottotitolo allude alla (possibile) rinascita di un pensiero che, richiamandosi a Marx, possa finalmente essere in grado di redimere l’umanità dalla miseria presente del capitalismo, che nel mio libro, con il grande Fichte, definisco “epoca della compiuta peccaminosità”. Se oggi domina un’inquietante sensazione di desertificazione dell’avvenire e di eternizzazione del presente capitalistico, con Marx dobbiamo riappropriarci della dimensione del futuro, inteso come luogo di progetti di emancipazione e di esistenza (finalmente) razionale.
Dalla sua analisi sembra emergere che in Marx la critica al capitalismo sia più importante e più fondata della proposta socialista (tragicamente naufragata nel cosiddetto “socialismo reale”).
Nel mio libro distinguo nettamente tra la critica radicale operata da Marx e il dogmatismo “granitico” del marxismo successivo (da cui lo stesso Marx prese le distanze dicendo: “tutto quel che so è di non essere marxista”). Di qui, credo, bisogna muovere per tornare a leggere Marx, per riflettere sull’attualità e l’inattualità del suo pensiero, anche oggi che il “socialismo reale” è naufragato e che la storia ha mandato in frantumi il sogno di Marx. Il fallimento delle sue profezie non intacca l’esattezza delle denunce da lui formulate. Il suo progetto, inoltre, continua a essere la più seducente promessa di felicità di cui la modernità sia stata capace. Che la “critica” costituisca la cifra del pensiero marxiano, è evidente anche solo se si considerano i titoli delle opere di Marx: si va dalla Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico (1843) al Capitale (1867), il cui sottotitolo è Critica dell’economia politica; passando per un curioso testo del 1845 intitolato La sacra famiglia, il cui sottotitolo è Critica della critica critica (ossia una critica alla terza potenza). Sempre nell’ottica di una “riattualizzazione” di Marx, direi che oggi la critica deve dirigersi soprattutto contro quello che io definisco l’odierno “monoteismo del mercato”: il libero mercato viene oggi vissuto come una religione, come un dogma indiscutibile; con Marx, è bene metterlo in discussione.
Diego Fusaro (Università San Raffaele di Milano) è attento studioso del pensiero di Marx e delle sue molteplici declinazioni otto-novecentesche. Per Bompiani ha curato l’edizione bilingue di diverse opere di Marx. Ha inoltre recentemente dedicato all’interpretazione del pensiero marxiano tre studi monografici: Filosofia e speranza (Il Prato, 2005), Marx e l’atomismo greco (Il Prato, 2007), Karl Marx e la schiavitù salariata (Il Prato, 2007). È il curatore del progetto internet “La filosofia e i suoi eroi” (www.filosofico.net).
grazie a: www.ilrecensore 2010
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