Il marxismo è il sistema delle concezioni e della lottrina di Marx. Marx è stato colui che ha continuato, ha genialmente perfezionato le tre più importanti corenti d'idee del secolo XIX, proprie dei tre paesi più progrediti dell'umanità: la filosofia classica tedesca, l'economia politica classica inglese e il socialismo francese, in rapporto con le dottrine rivoluzionarie francesi in generale. Anche gli avversari riconoscono la meravigliosa coerenza e completezza delle concezioni di Marx, che costituiscono nel loro assieme il materialismo moderno e il moderno socialismo scientifico, teoria e programma del movimento operaio di tutti i paesi del mondo civile. È perciò necessario far precedere l'esposizione del contenuto principale del marxismo - la dottrina economica - da un breve saggio sulla sua concezione del mondo in generale. ll materialismo filosofico "Per Hegel - ha scritto Marx - il processo del pensiero che egli trasforma addirittura in soggetto indipendente col nome di Idea, è il demiurgo (il creatore) del reale... per me, viceversa, l'elemento ideale non è altro che l'elemento materiale, trasferito e tradotto nel cervello degli uomini." (Poscritto alla II edizione tedesca del I volume del Capitale, cit., I, 1, pp. 27-28) In piena conformità con questa filosofia materialistica di Marx e facendone l'esposizione, Friedrich Engels scrive nell'Antidühring, opera di cui Marx aveva preso visione quando essa era ancora manoscritta: "...L'unità del mondo non consiste nel suo essere... L'unità reale del mondo consiste nella sua materialità, e questa è dimostrata... da uno sviluppo lungo e laborioso della filosofia delle scienze naturali..." (Antidühring, Ed. Rinascita, 1951, pp. 52-53). "Il movimento è il modo di esistere della materia. Mai e in nessun luogo c'è stata e mai può esserci materia senza movimento... Materia senza movimento è altrettanto impensabile quanto movimento senza materia..." (ivi, p. 70). "Ma se ci si chiede... che cosa siano allora il pensiero e la coscienza, e da dove essi traggano origine, si trova che essi sono prodotti del cervello umano e che l'uomo stesso è il prodotto della natura che si è sviluppato col e nel suo ambiente; da ciò si intende allora senz'altro che i prodotti del cervello umano, i quali in ultima analisi sono anch'essi prodotti naturali, non contraddicono il restante nesso della natura, ma invece vi corrispondono." (ivi, p. 45) "Hegel era un idealista, cioè per lui i pensieri della sua testa non erano le immagini riflesse (Abbilder, immagini riflesse; talvolta Engels parla di "riproduzioni") più o meno astratte delle cose e dei fenomeni reali; ma, al contrario, le cose e il loro sviluppo erano per Hegel immagini riflesse, realizzate, delle "idee" esistenti già prima nel mondo in qualche luogo." (ivi, p. 31)
Nella sua opera Ludwig Feuerbach - dove espone le opinioni sue e di Marx sulla filosofia di Feuerbach e che l'autore mandò alle stampe solo dopo aver riletto un vecchio manoscritto suo e di Marx degli anni 1844-1845 su Hegel, Feuerbach e l'interpretazione materialistica della storia - Engels scrive: "Il grande problema fondamentale di tutta la filosofia, e specialmente della filosofia moderna, è quello del rapporto del pensiero con l'essere, dello spirito con la natura... Qual è l'elemento primordiale: lo spirito o la natura? ...I filosofi si sono divisi in due grandi campi secondo la risposta che davano a tale quesito. I filosofi che affermavano la priorità dello spirito rispetto alla natura e quindi ammettevano in ultima istanza la creazione del mondo di un genere qualsiasi... formavano il campo dell'idealismo. Quelli che affermavano la priorità della natura appartenevano alle diverse scuole del materialismo." (Ludwig Feuerbach, cit., pp. 24-26) Qualsiasi altro uso dei concetti (filosofici) di idealismo e materialismo conduce soltanto alla confusione. Marx respinse decisamente non solo l'idealismo, che è sempre legato in qualche modo alla religione, ma anche le opinioni, oggi particolarmente diffuse, di Hume e di Kant, l'agnosticismo, il criticismo, il positivismo di varie specie, considerando tali filosofie come "reazionarie", come concessioni all'idealismo, e, nel migliore dei casi, "un modo vergognoso di accettare il materialismo sottomano, pur rinnegandolo pubblica mente." Si veda a questo proposito, oltre alle opere citate di Engels e Marx, la lettera di quest'ultimo al primo in data 12 dicembre 1866, nella quale Marx, pur osservando che l'esposizione del noto naturalista T. HuxIey e il suo riconoscimento che, "in quanto noi osserviamo e pensiamo realmente, non possiamo mai uscire dal campo del materialismo", sono "più materialistici" del solito, lo rimprovera per aver lasciato aperte delle "fessure" all'agnosticismo e alle concezioni di Hume (Carteggio, cit., IV, p. 456). Occorre ricordare particolarmente la posizione di Marx circa i rapporti tra libertà e necessità: «La necessità è cieca fino a quando non se n'è presa coscienza. La libertà è la coscienza della necessità» (Engels, Antidühring), cioè il riconoscimento della oggettività delle leggi della natura e della trasformazione dialettica della necessità in libertà (e così pure della trasformazione dell'ignorata, ma conoscibile "cosa in sé" in "cosa per noi", dell'essenza delle cose "in fenomeno"). Marx ed Engels consideravano come difetto principale del «vecchio» materialismo, compreso quello di Feuerbach (e tanto più del materialismo "volgare" di Büchner, Vogt, Moleschott): 1) il fatto che questo materialismo era "prevalentemente meccanico", giacchè non prendeva in considerazione il moderno sviluppo della chimica e della biologia (ai nostri giorni bisognerebbe aggiungere ancora: della teoria elettrica della materia); 2) il fatto che il vecchio materialismo non era storico, non era dialettico (era metafisico, cioè antidialettico), non applicava coerentemente e completamente la dottrina della evoluzione; 3) il fatto che esso concepiva l'«essenza dell'uomo» in modo astratto e non come l' «insieme» di «tutti i rapporti sociali» (concretamente e storicamente determinati), e perciò si limitava a «spiegare» il mondo, mentre si tratta di «mutarlo»; esso cioè non comprendeva l'importanza dell'«attività rivoluzionaria pratica».
Marx ed Engels consideravano la dialettica hegeliana come la più completa, la più profonda e la più ricca dottrina della evoluzione, come la più grande conquista della filosofia classica tedesca. Tutte le altre formulazioni del principio dello sviluppo, dell'evoluzione, essi le ritenevano unilaterali, povere di contenuto, tali da deformare e mutilare il reale processo di sviluppo spesso contrassegnato da salti, catastrofi, rivoluzioni) nella natura e nella società. "Marx ed io siamo stati pressapoco i soli a salvare dalla filosofia idealistica tedesca (dalla rovina dell'idealismo, quello hegeliano compreso) la dialettica cosciente e a trasferirla nella concezione materialistica della natura e della storia." (Antidühring, cit., p. 15). "La natura è il banco di prova della dialettica e noi dobbiamo dire a lode delle moderne scienze naturali che esse hanno fornito a questo banco di prova un materiale estremamente ricco, [e questo è stato scritto prima della scoperta del radio, degli elettroni, della trasformazione degli elementi, ecc.!) che va cumulandosi giornalmente e che di conseguenza esse hanno mostrato che, in ultima analisi, la natura procede dialetticamente e non metafisicamente." (ivi, p. 29) "La grande idea fondamentale - scrive Engels - che il mondo non deve essere concepito come un complesso di cose compiute, ma come un complesso di processi, in cui le cose in apparenza stabili, non meno dei loro riflessi intellettuali nella nostra testa, i concetti, attraversano un ininterrotto processo di origine e di decadenza, ... questa grande idea fondamentale è entrata così largamente, specie dopo Hegel, nella coscienza comune, che in questa sua forma generale non trova quasi più contraddittori. Ma riconoscerla a parole, e applicarla concretamente nella realtà, in ogni campo che è oggetto di indagine, sono due cose diverse (Ludwig Feuerbach, cit., p. 52). Per la filosofia dialettica non vi è nulla di definitivo, di assololuto, di sacro; di tutte le cose e in tutte le cose essa mostra caducità e null'altro esiste per essa all'infuori del processo ininnterrotto del divenire e del perire, dell'ascendere senza fine, dal più basso al più alto, di cui essa stessa non è che il riflesso nel cervello pensante." (Ludwig Feuerbach, cit., p. 15) Dunque, la dialettica è, secondo Marx, "la scienza delle leggi generali del movimento, così del mondo esterno come del pensiero umano". Marx accolse e sviluppò questa parte rivoluzionaria della filosofia di Hegel. Il materialismo dialettico «non ha più bisogno di nessuna filosofia che stia al di sopra delle altre scienze» (Antidühring, cit., p. 32). Della precedente filosofia rimane "la dottrina del pensiero e delle sue leggi, cioè, la logica formale e la dialettica". E la dialettica, nella concezione di Marx e anche in quella di Hegel, contiene in sè quella che oggi chiamiamo teoria della conoscenza o gnoseologia, la quale pure deve considerare il proprio oggetto storicamente, studiando e generalizzando l'origine e lo sviluppo della conoscenza, il passaggio dalla non conoscenza alla conoscenza. Ai giorni nostri l'idea di sviluppo, di evoluzione, è entrata quasi generalmente nella coscienza sociale ma non per tramite della filosofia di Hegel, bensì per altre vie. Tuttavia quest'idea, come l'hanno formulata Marx ed Engels basandosi su Hegel, è molto più completa e ricca di contenuto dell'idea corrente di evolu zione. Uno sviluppo che sembra ripercorrere le fasi già percorse, ma le ripercorre in modo diverso, a un livello più elevato ("negazione della negazione"); uno sviluppo, per così dire, non rettilineo ma a spirale; un sviluppo a salti, catastrofico, rivoluzionario; "'interruzione della gradualità"; la trasformazione della quantità in qualità; gli impulsi interni dello sviluppo, generati dalle contraddizioni, dagli urti tra le diverse forze e tendenze operanti sopra un dato corpo oppure entro i limiti di un dato fenomeno o nell'interno di una data società; l'interdipendenza e il legame più retto e indissolubile tra tutti i lati di ogni fenomeno (e la storia mette in luce lati sempre nuovi), legame che genera un processo di movimento unico, universale, sottoposto a leggi: tali sono alcune caratteristiche della dialettica, dottrina dello sviluppo che è più ricca di contenuto delle dottrine correnti. (Si veda la lettera di Marx a Engels dell'8 gennaio 1868, nella quale sono derise le «tricotomie rigide» di Stein, che sarebbe assurdo confondere con la dialettica materialistica. Tricotomia - divisione in tre - termine filosofico che indica un sistema basato sulla distinzione di tre momenti fondamentali della realtà, p. es., nella dialettica hegeliana tesi antitesi sintesi. Nella lettera citata, Marx si meraviglia che Dühring, per una somiglianza esteriore e superficiale, confonda il suo metodo dialettico con quello di Stein e «in rigide tricotomie e con alcune copertine di categorie hegeliane, mette insieme all'impazzata le cose più triviali.» (Carteggio, cit., V, 130)
Consapevole dell'incoerenza, dell'imperfezione, dell'unilateralità del vecchio materialismo, Marx si convinse della necessità di "mettere d'accordo la scienza della società con la base materialistica e di ricostruirla sopra di essa." Se il materialismo in generale spiega la coscienza con l'essere, e non viceversa, ciò vuol dire che, applicato alla vita sociale dell'umanità, il materialismo esige che si spieghi la coscienza sociale con l'essere sociale. "La tecnologia - scrive Marx (Capitale, vol. I) - svela il comportamento attivo dell'uomo verso la natura, l'immediato processo di produzione della sua vita, e con essi anche l'immediato processo di produzione dei suoi rapporti sociali vitali e delle idee dell'intelletto che ne scaturiscono." (cit., II, 1, pp. 72-73) Una formulazione completa dei principi fondamentali del materialismo, esteso alla società umana e alla storia, data da Marx nella sua prefazione all'opera Per la critica dell'economia politica con le parole seguenti: "Nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle loro forze produttive materiali. L'insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica e alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale. Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, processo sociale, politico e spirituale della vita. Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza. A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l'espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l'innanzi si erano mosse. Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro catene: allora subentra un'epoca di rivoluzione sociale. Con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura. Quando si studiano simili sconvolgimenti, è indispensabile distinguere sempre fra lo sconvolgimcùto materiale delle condizioni economiche della produzione, che può essere constatato con la precisione delle scienze naturali, e le forme giuridiche, politiche, religiose, artistiche o filosofiche, ossia le forme ideologiche che permettono agli uomini di concepire questo conflitto e di combatterlo. Come non si può giudicare un uomo dall'idea che egli ha di se stesso, così non si può giudicare una simile epoca di sconvolgimento dalla coscienza che essa ha di se stessa; occorre invece spiegare questa coscienza con le contraddizioni della vita materiale, con il conflitto esistente tra le forze produttive della società e i rapporti di produzione... A grandi linee, i modi di produzione asiatico, antico, feudale e borghese moderno, possono essere designati come epoche che marcano il progresso nella formazione economica della società" (Cfr. K. Marx, Per la critica dell'economia politica, Ed. Riuniti, 1957, p. 11, e la breve formulazione di Marx nella lettera a Engels del 7 luglio 1866: "La nostra teoria per cui l'organizzazione del lavoro è determinata dai mezzi di produzione"; Carteggio, cit., IV, p. 428) La scoperta della concezione materialistica della storia, o, più esattamente, l'applicazione coerente e l'estensione del materialismo al campo dei fenomeni sociali, eliminò i due principali difetti delle precedenti teorie storiche. In primo luogo queste, nel migliore dei casi, tenevano conto solo dei motivi ideologici dell'attività storica degli uomini senza ricercare le cause che provocavano questi motivi, senza afferrare le leggi oggettive dello sviluppo del sistema dei rapporti sociali, senza vedere che le radici di questi rapporti si trovano nel grado di sviluppo della produzione materiale. In secondo luogo, queste teorie trascuravano, per l'appunto, le azioni delle masse della popolazione, mentre il materialismo storico ha dato per primo la possibilità di indagare, con la precisione propria della storia naturale, le condizioni sociali della vita delle masse e i cambiamenti di queste condizioni. La sociologia e la storiografia premarxiste, nel migliore dei casi, davano un cumulo di fatti grezzi, frammentariamente raccolti, un'esposizione di aspetti parziali del processo torico. Il marxismo ha aperto la via a uno studio universale, completo, del processo di origine, di sviluppo e di decadenza delle formazioni economico-sociali, considerando l'insieme di tutte le tendenze contraddittorie, riconducendole alle condizioni esattamente determinabili di vita e di produzione delle varie classi della società, eliminando il soggettivo e l'arbitrario nella scelta dli singole idee «direttive» o nella loro interpretazione, scoprendo nella condizione delle forze materiali produzione le radici di tutte le idee e di tutte le varie tendenze, senza eccezione alcuna. Gli uomini stessi creano la loro storia; ma da che cosa sono determinati i motivi degli uomini, e precisamente delle masse umane? Da che cosa sono generati i conflitti delle idee e delle correnti antagonistiche? Qual è il nesso che unisce tutti questi conflitti di tutta la massa delle società umane? Quali sono le condizioni oggettive della produzione della vita materiale, che forma la base di tutta l'attività storica degli uomini? Qual è la legge di sviluppo di queste condizioni? A tutto ciò Marx volse la sua attenzione, e aprì la via a uno studio scientifico della storia come processo unitario e sottoposto a leggi, nonostante tutta la sua formidabile complessità e le sue contraddizioni.
Che in ogni determinata società le aspirazioni degli uni cozzino con le aspirazioni degli altri, che la vita sociale sia piena di contraddizioni, che la storia ci mostri la lotta dei popoli e delle società tra di loro e anche la lotta nel loro seno; che, oltre a ciò, la storia ci mostri un avvicendarsi di periodi di rivoluzione e di reazione, di pace e di guerre, di stagnazioni e di rapido progresso o decadenza, sono fatti universalmente noti. Il marxismo ha dato un filo conduttore, che permette di scoprire una legge in questo labirinto e caos apparente: e precisamente la teoria della lotta di classe. Solo lo studio dell'assieme delle aspirazioni di tutti i membri di una determinata società, o di gruppi di società, permette di giungere a una determinazione scientifica del risultato di queste aspirazioni. E fonte delle ispirazioni contraddittorie sono la differente situazione, le diverse condizioni di vita delle classi nelle quali ogni società è divisa. "La storia di ogni società sinora esistita - scrive Marx neI Manifesto comunista (ed Engels aggiunge: ad eccezione della storia delle comunità primitive) - è storia di lotte di classe. Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in una parola oppressori e oppressi, stettero sempre in contrasto fra di loro, sostennero una lotta ininterrotta, a volte nascosta, a volte palese; una lotta che finì sempre o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la rovina comune delle classi in lotta... La moderna società borghese, sorta dalla rovina della società feudale, non ha eliminato i contrasti di classe. Essa ha soltanto posto nuove classi, nuove condizioni di oppressione, nuove forme di lotta in luogo delle antiche. L'epoca nostra, l'epoca della borghesia, si distingue tuttavia perche ha semplificato i contrasti di classe. La società intera si va sempre più scindendo in due grandi campi nemici, in due grandi classi direttamente opposte l'una all'altra: borghesia e proletariato." (K. Marx - F. Engel, Manifesto del partito comunista, Ed. Riuniti, Roma, 1964, pp. 55-56) Dal tempo della Grande Rivoluzione francese, la storia europea ha posto in particolare evidenza, in tutta una serie di paesi, questo substrato reale degli avvenimenti: la lotta delle classi. E già durante la Restaurazione sorse in Francia un gruppo di storici (Thierry, Guizot, Mignet, Thiers) i quali, generalizzando gli avvenimenti, non poterono non vedere nella lotta delle classi la chiave della comprensione di tutta la storia di Francia. Ma l'epoca più recente, l'epoca della vittoria completa della borghesia, delle istituzioni rappresentative, di un largo (se non universale) diritto di voto, di una stampa quotidiana poco costosa e diffusa fra le masse, ecc., l'epoca dei potenti e sempre più vasti sindacati operai e sindacati di industriali, ecc., ha mostrato con evidenza ancora maggiore (quantunque in forma talvolta molto unilaterale, "pacifica" e "costituzionale") come la lotta delle classi sia il motore degli avvenimenti. Il seguente passo del Manifesto comunista di Marx ci mostra quali esigenze di analisi oggettiva della situazione di ogni classe nella società contemporanea, in rapporto con l'analisi delle condizioni di sviluppo di ogni classe, Marx abbia posto alla scienza sociale: "Di tutte le classi che oggi stanno di fronte alla borghesia, solo il proletariato è una classe veramente rivoluzionaria. Le altre classi decadono e periscono con la grande industria, mentre il proletariato ne è il prodotto più genuino... I ceti medi, il piccolo industriale, il piccolo negoziante, l'artigiano, il contadino, tutti costoro combattono la borghesia per salvare dalla rovina l'esistenza loro di ceti medi. Non son dunque rivoluzionari, ma conservatori. Ancor più, essi sono reazionari, essi tentano di far girare all'indietro la ruota della storia. Se sono rivoluzionari, lo sono in vista della loro imminente caduta nelle condizioni del proletariato; cioè non difendono i loro interessi presenti, ma i loro interessi futuri, abbandonano il loro proprio modo di vedere per adottare quello del proletariato." (Manifesto, cit., pp. 72-73) In una serie di lavori storici Marx dette dei saggi brillanti e profondi di storiografia materialistica, di analisi della situazione di ogni singola classe, e talvolta di vari gruppi o strati che esistono in una classe, mostrando con molta chiarezza perchè e come «ogni lotta di classe è una lotta politica». Il passo da noi citato mostra quale intricato tessuto di rapporti sociali e di gradi transitori da una classe ad un'altra, dal passato all'avvenire, venga analizzato da Marx per calcolare i risultati dello sviluppo storico nel suo complesso. La teoria di Marx trova la conferma e l'applicazione più profonda, più universale e più particolareggiata nella sua dottrina economica. |