31. La organizzazione di un partito bolscevico deve essere, in ogni momento della vita del partito, una organizzazione centralizzata, diretta dal Comitato centrale non solo a parole, ma nei fatti. Una disciplina proletaria di ferro deve regnare nelle sue file. Questo non vuol dire che il partito debba essere retto dall'alto con sistemi autocratici. Tanto il Comitato centrale quanto gli organi inferiori di direzione sono formati in base a una elezione e in base a una scelta di elementi capaci compiuta attraverso la prova del lavoro e la esperienza del movimento. Questo secondo elemento garantisce che i criteri per la formazione dei gruppi dirigenti locali e del gruppo dirigente centrale non siano meccanici, esteriori e "parlamentari", ma corrispondano a un processo di formazione di una avanguardia proletaria omogenea e collegata con la massa. Il principio della elezione degli organi dirigenti - democrazia interna - non è assoluto, ma relativo alle condizioni della lotta politica. Anche quando esso subisca limitazioni, gli organi centrali e periferici devono sempre considerare il loro potere non come sovrapposto, ma come sgorgante dalla volontà del partito, e sforzarsi di accentuare il loro carattere proletario e di moltiplicare i loro legami con la massa dei compagni e con la classe operaia. Quest'ultima necessità è particolarmente sentita in Italia, dove la reazione costrinse e costringe tuttora ad una forte limitazione della democrazia interna. La democrazia interna è pure relativa al grado di capacità politica posseduta dagli organi periferici e dai singoli compagni che lavorano alla periferia. L'azione che il centro esercita per accrescere questa capacità rende possibile una estensione dei sistemi "democratici" e una riduzione sempre più grande del sistema della "cooptazione" e degli interventi dall'alto per regolare le questioni organizzative locali. 32. La centralizzazione e la compattezza del partito esigono che non esistano nel suo seno gruppi organizzati i quali assumano carattere di frazione. Un partito bolscevico si differenzia per questo profondamente dai partiti socialdemocratici i quali comprendono una grande varietà di gruppi e nei quali la lotta di frazioni è la forma normale di elaborazione delle direttive politiche e di selezione dei gruppi dirigenti. I partiti e la Internazionale comunista sono sorti in seguito ad una lotta di frazioni svoltasi nel seno della II Internazionale. Costituendosi come partiti e come organizzazione mondiale del proletariato essi hanno eletto a norma della loro vita interna e del loro sviluppo non più la lotta di frazioni, ma la collaborazione organica di tutte le tendenze attraverso la partecipazione agli organi dirigenti. La esistenza e la lotta di frazioni sono infatti inconcepibili con la essenza del partito del proletariato, di cui spezzano la unità aprendo la via alla influenza di altre classi. Questo non vuol dire che nel partito non possano sorgere tendenze e che le tendenze talora non cerchino di organizzarsi in frazioni, ma vuol dire che contro quest'ultima eventualità si deve lottare energicamente per ridurre i contrasti di tendenze, le elaborazioni di pensiero e la selezione dei dirigenti alla forma che è propria dei partiti comunisti, cioè a un processo di svolgimento reale e unitario (dialettico) e non a una controversia e a lotte di carattere "parlamentare". 33. La esperienza del movimento operaio, fallito in seguito alla impotenza del PSI, per la lotta delle frazioni e per il fatto che ogni frazione faceva, indipendentemente dal partito, la sua politica, paralizzando l'azione delle altre frazioni e quella del partito intiero, questa esperienza offre un buon terreno per creare e mantenere la compattezza e la centralizzazione che devono essere propri di un partito bolscevico. Tra i diversi gruppi da cui il Partito comunista d'Italia ha tratto origine sussiste qualche differenziazione, che deve scomparire con un approfondimento della comune ideologia marxista e leninista. Solo tra i seguaci della ideologia antimarxista di estrema sinistra si sono mantenute a lungo una omogeneità e una solidarietà di carattere frazionistico. Dal frazionismo larvato si è anzi fatto il tentativo di passare alla lotta aperta di frazione, con la costituzione del cosiddetto "Comitato d'intesa". La profondità con cui il partito reagì a questo insano tentativo di scindere le sue forze dà affidamento sicuro che cadrà nel vuoto, in questo campo, ogni tentativo di farci ritornare alle consuetudini della socialdemocrazia. Il pericolo di un frazionismo esiste in una certa misura anche per la fusione con i terzinternazionalisti del Partito socialista. I terzinternazionalisti non hanno una loro ideologia in comune, ma sussistono tra loro dei legami di carattere essenzialmente corporativo, creatisi nei due anni di vita come frazione in seno al PSI; questi legami sono andati sempre più allentandosi e non sarà difficile eliminarli totalmente. La lotta contro il frazionismo deve essere anzitutto propaganda di giusti principi organizzativi, ma essa non avrà successo sino a che il partito italiano non potrà nuovamente considerare la discussione dei problemi attuali suoi e della Internazionale come fatto normale, e orientare le sue tendenze in relazione a questi problemi. |