Paolo Spriano

Libertà condizionata ma solo per morire


Nel 1933 il tema della liberazione dei prigionieri politici del fascismo in Italia, in Germania, in Ungheria, altrove, diventa il primo ancora fragile ma reale momento di unità dell'antifascismo, vissuta intensamente dall'antifascismo italiano dell'emigrazione. La causa della liberazione di Gramsci è associata a quella del socialista Pertini e dell'anarchico Lucetti, sorgono comitati che annoveranno personalità della politica e della cultura francesi, inglesi, tedesche. Gramsci è richiamo di unità ma anche siamo appunto in un momento in cui la polemica tra comunisti e socialisti è ancora aspra, violenta, l'epoca dei fronti popolari di là da venire motivo o spunto di ritorsioni. L'omaggio che gli rivolgono socialisti, uomini di « Giustizia e libertà », trockisti, è quello espresso a un grande martire del comunismo ma anche per contrapporlo al «burocrate» Togliatti, ad Ercoli, allo stalinismo, esaltando lo spirito di indipendenza e il libeTtarIsmo del fondatore dell'« Ordine Nuovo ».
Non risulta dal carteggio né che Gramsci sappia fino a che punto il suo nome e il suo caso circolino internazionalmente (anche se in una lettera a Tatiana pare dolersene, all'inizio) né che Tatiana venga per questo perseguita dal regime fascista e impedita nei suoi movimenti in Italia. Sappiamo, invece, che aumentano le pressioni perché Gramsci faccia domanda di grazia. Il tema è affrontato da Sraffa con Togliatti. La linea scelta, che è la stessa linea di Gramsci, resta quella di valersi dell'art. 176 del codice penale per ottenere la libertà condizionale. Ma Togliatti ha suggerito anche un impegno che suona eccezione rispetto alle direttive generali impartite ai compagni carcerati. Un suo biglietto a Sraffa del 23 febbraio 1933 recava:
l'amico faccia domanda di applicazione dell'ati. 176 in termini strettamente giuridici. La famiglia appoggi la domanda riferendosi alle condizioni di salute. Se gli si presenta una dichiarazione da firmare deve firmare che non darà attività al PC. Ercoli.
Il 17 novembre 1933 Gramsci, accolta l'istanza di trasferimento da Turi, ha lasciato, naturalmente sotto scorta, il penitenziario e viene trasferito momentaneamente all'in fermeria del carcere di Civitavecchia.

Non invocherà mai clemenza

II 7 dicembre è trasferito e ricoverato in stato di detenzione nella cllnica del dottor Cusumano a Formia. La notizia viene pubblicata con rilievo all'estero e i giornali antifascisti insistono sulla necessità di continuare la campagna per la sua liberazione. « Dobbiamo strappare dalle carceri - scrive l' "Avanti! " - dei vivi non dei morti ».
Tutto il periodo di Formia - le lettere di Gramsci sono in proposito chiare - non è un periodo in cui il prigioniero abbia un vero sollievo anche se non è più costretto al duro regime carcerario, né che riceva tutte le cure di cui ha bisogno. Gramsci non sa che la madre è morta sin dal dicembre del 1932; gli è stato tenuto nascosto per tema che non reggesse al colpo. Sicché egli le scrive ancora, nel marzo del 1934, da Formia; si scusa di non averle potuto mandare, date le sue gravi condizioni di salute, gli auguri per il suo onomastico l'anno precedente, si limita a dirle che non è ancora tornato padrone delle sue « forze fisiche e intellettuali ». « La ripresa è molto lenta, con cadute e oscillazioni ». Torna però a studiare alcune note, a ricopiarne altre. Oltre a quelle settimanali di Tatiana riceve le visite di Sraffa e del fratello Carlo.
In settembre rivolge al capo del governo istanza di libertà condizionale: la sua domanda autografa è essa stessa una delle testimonianze più lancinanti del dramma del prigioniero; Gramsci non invoca clemenza né favori speciali; si appella al codice e si richiama alla « continua tortura » a cui è sottoposto. La libertà condizionale è concessa: glielo vanno a comunicare in clinica, il 14 ottobre, tre alti funzionari di polizia per sottolineargli esplicitamente che il provvedimento è stato preso « solo per ragioni umanitarie in vista delle cagionevolissime condizioni di salute », e per avvertirlo che ogni altra interpretazione « potrebbe - si legge in un processo verbale - indurre le autorità a nuovi provvedimenti di maggiore rigore ». È lo stile della « giustizia » mussoliniana. Gramsci assicura, con una lettera del 23 ottobre, il capo della polizia, che « non intende servirsi di questo provvedimento per fare della propaganda né in Italia né all'estero », e chiede di potere per il momento restare a Formia in clinica.
Entriamo da questo momento nell'ultimo atto della tragedia di Gramsci che si prolunga per oltre due anni, fino alla crisi finale. Vi sono alti e bassi, a volte egli esce dalla cllnica per una passeggiata con Tatiana, ma ha una nuova crisi, nel giugno del 1935. Il pensiero di ricongiungersi con la moglie e i figli torna a diventare quello dominante. Le lettere di Julca sono sempre rare, Delio è diventato un pioniere, Giuliano va scuola. « Questo sentimento profondo della vita, delle vite dei nostri figli bambini crescenti vorrei dartelo scrive nell'autunno del 1934 Giulia nd Antonio renderlo semplicemente come semplicemente il sole illumina in questi giorni e riscalda la terra, le erbe dove corrono i nostri figlioli. Dirtelo in una carezza ».
Passa però un intero anno prima che si riallacci una corrispondenza diretta. Alla fine del 1935, Giulia gli riscrive due lettere e ad esse Antonio risponde con l'invocazione (che resterà vana perché la moglie non è in grado di muoversi) a raggiungerlo a Roma, nella cllnica Quisisana dove è stato trasferito sempre in libertà condizionale - dal mese di agosto.
Giulia non arriva. Tuttavia non si interrompe, dalla fine del 1935, il rapporto tra i due né il discorso sulla possibile visita di lei. Le lettere del 1936 vi accennano più volte ma è come se una incertezza sulla sua stessa proposta precedente si faccia luce ora in Gramsci. Essa deriva dal suo generale stato di debolezza psicofisica e dall 'alternarsi di miglioramenti e peggioramenti. Pensa di andare in Sardegna quando riacquisterà la libertà piena e i suoi famigliari, la sorella Teresina, le nipoti, gli trovano una stanza a Santu Lussurgiu dove era stato studente di ginnasio. Al tempo stesso Gramsci presenta un'istanza per raggiungere la moglie in Urss. Ha il timore che un ciclo della sua vita si chiuderebbe se scegliesse l'isolamento completo in Sardegna, ma i cenni in proposito sono vaghi. Sraffa, che lo va a trovare spesso, ha l'impressione che Gramsci ami di più ascoltare che non intervenire su quello che sta succedendo nel « mondo grande e terribile ».
E di cose ne sono successe. Si entra ormai con la guerra di Etiopia, con la guerra civile spagnola soprattutto, nella vigilia della seconda guerra mondiale, i tempi della furiosa lotta fra socialisti e comunisti sono finiti. L'epoca dei fronti popolari inaugura in Spagna come in Francia una nuova fase unitaria. Gramsci dice a Sraffa un mese prima di morire, - perché lo comunichi al  partito, e Grieco ne riferisce in segreteria - che è convinto che il& front popolare; per l'Italia si identifica nella prospettiva della Costituente. La sua vecchia idea ora acquista un significato nuovo, anche se siamo ancora  ben lontani  da una situazione di crisi del fascismo; siamo, con il 1935-36, addirittura nel momento dimaggiore consenso,; o spontaneo od organizzato, di larghe masse al regime.

Il simbolo dell'antifascismo internazionale

II nome di Gramsci intanto, con la stagione dei fronti popolari, con il famoso settimo Congresso dell'Internazionale comunista dell'estate 1935, è divenuto un simbolo dell'antifascismo internazionale . Dimitrov, quando esce dal processo di Lipsia come un trionfatore, lancia un appello per la liberazione di Gramsci, « capo della classe operaia italiana ».
La parola d'ordine, dopo la concessione della libertà condizionale, diventa quella di ottenere la piena libertà e al suo caso si associano quelli di Ernesto Rossi, di Sandro Pertini, di Mauro Scoccimarro, di Camilla Ravera, di altri.
L'insistenza sul martire e tul dirigente politico non illumina nuturalmente tutta la rilevanza della personalità di Gramsci come intellettuale e come teorico, anche se uomini come Togliatti e Longo si esprimono in questi anni in termini che certo non venivano più impiegati al tempo del socialfascismo. Togliatti, a Mosca, parla di Gramsci, nel 1935, con il compagno austriaco Ernst Fischer, come di uno dei maggiori pensatori marxisti dei nostri tempi. « Non esito direbbe a collocarlo per l'originalità del suo pensiero accanto a Lenin ». Longo, in un intervento al Comitato centrale del Pci, definisce Gramsci « il più grande italiano del secolo ». Una definizione che verrà ripetuta a Madrid quando i garibaldini italiani che si battono per la libertà della Spagna apprenderanno la morte di Gramsci. Togliatti sa qualcosa delle ricerche di Gramsci in carcere attraverso la lettura delle sue lettere ma non conosce, ovviamente, neppure una pagina dei Quaderni.
Quando, nell'aprile del 1937, è terminato il periodo di libertà condizionale e Gramsci potrebbe riacquistare la piena libertà avendo scontata la pena rimastagli (ridotta nel frattempo da altre amnistie e condoni), nulla sembra fare prevedere così incombente la crisi che sopravviene. È colpito la sera del 25 aprile da emorragia cerebrale, e muore due giorni dopo, all'alba del 27. L'ha assistito Tatiana in tutte le ultime ore, sopraggiunge poi anche il fratello Carlo. Soltanto questi due congiunti possono vedere la salma « circondati - ricorderà Tatiana - da una folla di agenti e funzionari del ministero degli Interni ». Un fonogramma del questore di Roma, il 28 aprile, da conto così dei funerali: « Comunico che questa sera, alle ore 19,30, ha avuto luogo il trasporto salma noto Gramsci Antonio, seguito soltanto dai famigliari. Il carro ha proceduto al trotto dalla clinica al Verano dove la salma è stata posta in deposito in attesa di essere cremata ». Ciò che avverrà il 5 maggio: l'urna sarà collocata al cimitero degli Inglesi.
Mentre soltanto due righe di agenzia vengono pubblicate dai giornali del regime in Italia sulla morte « dell'ex deputato comunista Antonio Gramsci », nell'emigrazione la notizia ha enorme rilievo. Ma più che l'accorata testimonianza di dolore che sale dalle personalità e dagli organi di stampa all'estero e l'espressione di cordoglio che giunge attraverso l'etere dei dirigenti e militanti che combattono in Spagna, colpisce in questo primo commosso omaggio il senso subito avvertito, anzitutto dai compagni e dagli amici del partito ma non solo da loro, di un lascito da raccogliere di un impegno che la perdita commette ai sopravvissuti. Mario Montagnana scrive a Togliatti che certo non tutti quelli che piangono la scomparsa di Gramsci « possono comprendere in pieno, così profondamente come noi, la gravità della perdita subita dal partito e perciò da tutto il popolo, e questo perché Antonio rivela la sua grandezza, le sue enormi qualità politiche, intellettuali e morali soprattutto nei colloqui, nella vita comune di tutte le ore ». « Mi ha colpito tuttavia - aggiungeva l'operaio torinese - il sentire un giovane compagno che non ha neppure conosciuto Antonio dirmi che la cosa più tragica, più dolorosa, nella morte di Antonio è il fatto che il suo genio, è stato in gran parte come dire, inutilizzato e perciò sconosciuto ».

Un insostituibile contributo al pensiero moderno

II compito di salvare gli scritti del carcere viene assolto da Tatiana. I Quaderni giungeranno a Mosca l'anno dopo e qui verranno presi in consegna da un dirigente italiano, amico fraterno di Gramsci e della famiglia di lui, Vincenzo Bianco. Il problema di come utilizzarli rispettando la volontà dell'autore è stato subito impostato da Togliatti in una lettera a Sraffa. Nei saluti che si pronunciano allora, negli articoli che si dedicano alla figura di Gramsci, nella polemica che già pare anticipare le discussioni che avverranno venti e trent'anni dopo la sua morte, si intravedono alcuni luoghi obbligati della riflessione successiva sulla sua originalità: dal tempo dell'« Ordine Nuovo », della cui esperienza Togliatti mette in rilievo la sostanza leninista, alla questione delle critiche ai compagni russi che Tasca solleva pubblicando alcuni brani di lettere del periodo moscovita. Nessuno ha idea di che cosa le note del carcere contengano, salvo Sraffa che fa una descrizione sommaria della materia trattata, rispondendo a Togliatti. Socialisti, anarchici, trockisti (Pietro Tresso per loro) militanti di « Giustizia e libertà », impostano variamente il tema del contributo teorico che Gramsci ha dato al marxismo mentre la denuncia di un « lento assassinio » perpetrato su di lui dal fascismo è il motivo comune a tutte le commemorazioni. Ma « Giustizia e Libertà » pare indovinare, nella nota che le dedica, quale sarà per le future generazioni, la rivalsa storica di Gramsci:

// fascismo, col suo assassinio arriva questa volta troppo tardi. Il pensiero di Gramsci opererà domani anche più fortemente di ieri... Un regime che assassina un Gramsci ha la vita segnata.