Gramsci

Nota biografica e bibliografica

 

 

Antonio Gramsci nacque ad Ales, in Sardegna, il 22 gennaio 1891, da una famiglia della piccola borghesia. Dopo la licenza elementare frequentò il ginnasio in un comune lontano dalla sua abitazione di Ghilarza, abitando presso una famiglia di contadini: per pagare le spese di mantenimento, già a undici anni fu costretto a lavorare come scrivano in un ufficio; di costituzione fisica assai fragile soffrì molto questa faticosa condizione (“Molte notti piangevo di nascosto perché mi doleva tutto il corpo”). Dopo il Liceo classico a Cagliari, vinse una borsa di studio che gli permise di frequentare la Facoltà di Lettere all’Università di Torino, dove conobbe Palmiro Togliatti. Nei primi anni di studio si dedicò soprattutto alla glottologia, e in seguito entrò in contatto con gli ambienti operai torinesi; alla fine del 1914 iniziò a collaborare col Grido del Popolo, organo della locale Federazione socialista, e l’anno dopo abbandonò gli studi universitari per dedicarsi completamente all’ attività politica e al lavoro di ricerca teorica. Nel 1916 divenne collaboratore dell’Avanti!, dedicandosi alla critica letteraria e teatrale e ai corsivi di carattere strettamente politico. Partecipò ai moti di Torino contro la guerra (estate ‘17), entrò nell’ Esecutivo della sezione torinese del PSI e assunse la direzione del Grido del Popolo, seguendo come giornalista le Conferenze internazionali del movimento socialista e le varie fasi della rivoluzione russa. All’interno del PSI si schierò decisamente sulle posizioni di sinistra vicine ai bolscevichi e il 1° maggio 1919 fondò con Togliatti e Terracini l’Ordine Nuovo, organo dei Consigli di Fabbrica sorti in quel periodo a Torino. Partecipò attivamente alla lotta interna al PSI che nel gennaio del 1921, al Congresso di Livorno, portò alla spaccatura del partito e alla fondazione del Partito Comunista d’Italia. Nel 1922 si recò a Mosca, presso l’Internazionale Comunista, e conobbe Giulia Schucht, che sposò; dopo un soggiorno a Vienna rientrò in Italia nel 1924 e fu eletto deputato al Parlamento. Nello stesso anno fondò l’Unità. Contrastò le posizioni estremiste e settarie di Bordiga, segretario del PCd’I, e col Congresso di Lione (1926) lo sostituì alla guida del partito. Nel novembre dello stesso anno fu arrestato dalla polizia fascista e condannato a cinque anni di confino; due anni dopo fu nuovamente processato dal Tribunale Speciale, condannato a 20 anni e inviato al carcere di Turi: lì si dedicò a un’intensa attività di studio e di analisi politica (raccolta poi nei Quaderni del carcere), oltre che di dibattito sulla situazione del movimento operaio; entrò poi in contrasto con varie posizioni di Stalin, e fu praticamente emarginato dalla direzione del partito. La prigionia accentuò fortemente il suo già difficile stato di salute, tanto che si ammalò in modo sempre più grave: malgrado le proteste internazionali Gramsci fu tenuto segregato in carcere, e solo alla metà del 1935 ottenne la libertà condizionata e poté poi essere trasferito in una clinica. Il suo organismo era però ormai compromesso, e morì nell’aprile del 1937.


In una lettera alla cognata Tania (19.3.27) Gramsci espresse il fermo proposito di reagire alla disumana e alienante condizione carceraria impegnandosi in un rigoroso lavoro di ricerca, facendo qualcosa “für ewig”, per sempre, citando un’espressione di Goethe: da quest’idea nacque una delle opere più importanti della cultura del XX secolo. Il giorno successivo alla morte di Gramsci, Tania, eludendo il controllo della polizia, riuscì a mettere in salvo i 32 quaderni manoscritti. Nell’immediato dopoguerra Palmiro Togliatti istituì una commissione di studio che doveva organizzare questo materiale e prepararne la pubblicazione: nel 1947 Einaudi stampò i Quaderni del carcere e successivamente (1977) l’edizione critica, ma qui faremo riferimento a quella degli Editori Riuniti (3a ed., 1996), impostata secondo la tradizionale suddivisione: 1. Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce: la confutazione delle varie correnti filosofiche metafisiche, attraverso l’analisi del maggior pensatore italiano dell’epoca, per arrivare ad impostare una filosofia “conseguentemente immanentistica”, cioè strettamente legata alla vita concreta e al “fare umano”: un fare non astrattamente intellettualistico ma coincidente con l’attività sociale ed espressione organica del rapporto fra natura e uomo, e fra i vari uomini. Due sono i principali ostacoli a ciò: la filosofia crociana dello spirito e le correnti metafisiche del materialismo: entrambe queste concezioni sono di tipo “religioso”, nel senso deteriore del termine, e rispetto ad esse G. esalta il carattere etico del marxismo non dogmatico: “Non solo la filosofia della prassi non esclude la storia etico-politica, ma anzi essa consiste appunto nella sua concezione statale [il leninismo] e nella valorizzazione del fatto culturale accanto a quelli meramente economici e politici.” (p. 239) “La filosofia della prassi aveva due compiti: combattere le ideologie moderne nella loro forma più raffinata, per poter costituire il proprio gruppo di intellettuali indipendenti, ed educare le masse popolari, la cui cultura era medioevale.” (p. 104) Partendo da quest’indagine strettamente filosofica G. affronta e sviluppa alcuni nodi centrali della teoria politica marxista: il concetto di blocco storico, l’egemonia, il nesso teoria - prassi, la storicità della realtà. 2. Gli intellettuali e l’organizzazione della cultura: all’apparentemente semplice domanda “chi sono gli intellettuali?” G. risponde che tutti gli uomini sono intellettuali, perché non vi è attività umana che non implichi un lavoro dell’intelletto, e che tuttavia nella società solo pochi hanno un ruolo organico di intellettuali, e cioè gli amministratori, i dirigenti politici, gli organizzatori della cultura, e in questo senso gli intellettuali non sono una categoria autonoma, ma, anche quando non ne sono consapevoli, l’espressione organica di determinati gruppi sociali e dei loro interessi di classe. A questa fondamentale teoria G. giunge attraverso un’accurata analisi della storia della cultura italiana, articolata in tre saggi sulla formazione degli intellettuali, sull’organizzazione della scuola e del sapere, sui fondamenti dei principi educativi. “Il modo di essere del nuovo intellettuale non può più consistere nell’eloquenza, ma nel mescolarsi attivamente alla vita pratica, come organizzatore, [unificando]la tecnica-scienza alla concezione umanistica-storica, senza la quale si rimane specialista e non si diventa dirigente (specialista + politico).” (p. 22) 3. Il Risorgimento: Rinascimento e Risorgimento sono i due momenti cruciali della storia italiana, e attraverso l’esame del loro sviluppo G. ricostruisce il mancato realizzarsi della rivoluzione borghese in Italia, a differenza che in altri paesi europei: da questa fondamentale carenza deriva l’esigenza decisiva di una “riforma morale e intellettuale” della società che porti il paese nella modernità. Alla retorica pseudopatriottica che ha esaltato un’unità nazionale in realtà operata in chiave moderata e su base élitaria, G. oppone l’esigenza di ricomporre il solco fra intellettuali e popolo, fra Stato e nazione. 4. Note sul Machiavelli, sulla politica e sullo Stato moderno: partendo dall’esame delle opere dell’inventore del pensiero politico moderno, G. individua nel nuovo “Principe”, il partito politico, l’artefice delle trasformazioni dello Stato, attraverso la “formazione di una volontà collettiva nazional-popolare” e l’attuazione della grande “riforma morale e intellettuale”: come già suggeriva il “giacobino” Machiavelli, tutta la vita si basa sull’attività concreta dell’uomo, che modifica la realtà; il partito rivoluzionario è lo strumento per far irrompere nell’azione le grandi masse contadine e operaie lasciate finora ai margini della vita sociale. Nel saggio Americanismo e fordismo sono poi analizzati i radicali mutamenti degli apparati produttivi, le nuove strategie dei grandi gruppi finanziari, la razionalizzazione operata dal capitalismo statunitense. 5. Letteratura e vita nazionale: in questo quaderno sono raccolte le numerose note di “trattazione critica e spassionata” delle vicende letterarie e culturali, centrate su questioni complesse come l’unità della lingua, il rapporto arte-vita, il romanzo popolare, il folklore: il loro filo conduttore è il carattere élitario della cultura italiana e il nesso inscindibile fra questa tradizione e il mancato sviluppo democratico della nazione italiana; impietoso il giudizio di G. sugli intellettuali italiani, colpevoli di non aver saputo cogliere i bisogni di unità reale di un paese in formazione. Altri scritti, precedenti al carcere, trattano gli stessi argomenti, affrontati sulle colonne della stampa socialista. 6. Passato e presente: in varie note sparse, qui raggruppate, G. riflette sui momenti più salienti della propria esperienza politica tra la vigilia della prima guerra mondiale e l’arresto, e mette a fuoco alcuni dei principi strategici, tattici e organizzativi della lotta politica rivoluzionaria: il rapporto spontaneità - direzione, il centralismo democratico, il concetto di “guerra manovrata e guerra di posizione”, ecc.. Completano il volume le pagine dedicate alla polemica morale e di costume, in particolare contro la grettezza e l’egoismo delle classi dirigenti, l’ottusità del fascismo, il conformismo e i pregiudizi del cosiddetto “senso comune”.

BIBLIOGRAFIA [1]


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  • G. VACCA, Gramsci e Togliatti, Ed. Riuniti, 1991

    [1] Numerosissimi sono i lavori su Gramsci: lo storico americano John Cammett nel 1991 ha curato un’imponente bibliografia gramsciana, con oltre 10.000 titoli, in decine di lingue, dall’afrikaans al turco. Qui ne sono indicati solo alcuni, tuttavia molte delle opere segnalate, in particolare quelle pubblicate prima del 1990, sono esaurite e quindi reperibili solo in biblioteca.