La concezione dell'ideologia è strettamente connessa con le modalità di elaborazione della concezione materialistica della storia. È in questo contesto che la concezione dell'ideologia ottiene sia il suo livello teorico più articolato che il suo uso come strumento analitico più convincente. Questo effetto positivo deriva dal fatto che la critica dell'ideologia concerne simultaneamente il discorso della storia e quello della storiografia. Nella Prefazione del 1859, alludendo al manoscritto dell'Ideologia tedesca, Marx dice che in quell'opera si era trattato per lui e per Engels di mettere in evidenza il contrasto del loro modo di vedere con quello «ideologico» della filosofia tedesca (a cui avevano precedentemente partecipato). Qui «ideologia» (più tardi, in Engels, anche «processo ideologico» ) è intesa come ottica illusionistica e deformante (da spiegarsi tuttavia nella sua genesi effettuale) per cui la «base reale» dei processi storici viene cancellata, o resa marginale e secondaria, rispetto ai suoi effetti nella coscienza degli uomini. Certo né il politico né lo statuale (con il correlativo giuridico-istituzionale) appaiono essere dati meramente coscienziali per Marx, costituendo essi aspetti effettivamente operanti nella realtà storica: ma ideologico diventa l'attenersi storiografico alla loro realtà come dato fondamentale e ultimo di spiegazione, e quindi come materiale privilegiato di esposizione, indipendentemente da dette «basi reali». A confronto della storiografia idealistica tedesca, quella dei contemporanei francesi e inglesi è considerata da Marx meno ideologica (più concreta) proprio perché marcatamente politica, e tuttavia anch'essa inficiata di ideologismo, per la preminenza che in essa continua ad avere l'elemento politico e statuale, rispetto a quello sociale e «materiale». Un celebre testo dell'ldeologia Tedesca dice: «La produzione delle idee, delle rappresentazioni, della coscienza, è in primo luogo direttamente intrecciata all'attività materiale e alle relazioni materiali degli uomini, linguaggio della vita reale. Le rappresentazioni e i pensieri, lo scambio spirituale degli uomini appaiono qui ancora come emanazione diretta del loro comportamento materiale... Sono gli uomini i produttori delle loro rappresentazioni, idee, ecc., ma gli uomini reali, operanti, così come sono condizionati da un determinato sviluppo delle loro forze produttive e dalle relazioni che vi corrispondono fino alle loro formazioni più estese. La coscienza non può mai essere qual cosa di diverso dall'essere cosciente, e l'essere degli uomini è il processo reale della loro vita.» (IT, 21-22) Quello che i filosofi chiamano il «pensiero», l'«idea» o la «religione» o la «morale» sono forme intellettuali che derivano dalla vita materiale degli uomini: esse nascono dalle forme sociali che la vita materiale assume naturalmente (cioè che non sono riconducibili a scelte volontarie) per la propria riproduzione. Per considerare le «creazioni teoriche» e le «forme della coscienza» nella prospettiva corretta è necessario assumere «come fondamento di tutta la storia la forma di relazione che è connessa a quel modo di produzione e che da essa è generato, dunque la società civile nei suoi diversi stadi.» (ivi, 39) I vari campi ideologici sono elementi di «normalizzazione» della vita sociale nel senso che il sistema della natura rende concepibili secondo un ordine di pensiero i rapporti di dominio che esistono nella società. L'ideologia è quindi una forma rilevante del dominio di classe: «Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè, la classe che è la potenza materiale dominante della società è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante. Le idee dominanti non sono altro che l'espressione ideale dei rapporti materiali dominanti, sono i rapporti materiali dominanti presi come idee.» (IT, 44) Questo quanto alla funzione sociale dell'ideologia. Nel campo specifico del sapere il maximum dell'ideologia (nel senso critico-negativo) è là dove si collocano a elementi discriminanti delle epoche storiche (così vien detto anche nella Miseria della filosofia) idee o concetti, o princìpi, in luogo di circostanze realimateriali: e questo maximum culmina nella filosofia speculativa hegeliana (appunto, la «filosofia della storia» ) o suoi derivati. Alle concezioni comunque idealistiche o ideologiche a livello teorico viene contrapposta la concezione critico-materialistica: tutto ciò che attiene all'idea, al puro concetto, allo «spirito» e così via, è derivativo e non originario, rispetto al prodursi (e riprodursi) della «vita reale», ai suoi bisogni, alle sue neccessità, e all'evolversi delle forze produttive del lavoro. Certo in questa «vita reale», in quanto umana, è sempre coinvolta la «coscienza», ma essa originariamente è soltanto coscienza pratica immediata e non separata, e riflette in se stessa soltanto i limiti di quella vita. Con la divisione del lavoro è intervenuta anche la separazione del lavoro intellettuale da quello fisico, e il costituirsi di ceti corrispondenti, quasi sempre in funzione del dominio. L'idealismo è così rovesciato: «Qui si sale dalla terra al cielo», dice Marx. E intende: «Non si parte da ciò che gli uomini dicono, si immaginano, si rappresentano, né da ciò che si dice, si immagina, si pensa, si rappresenta che essi siano; ma si parte dagli uomini realmente operanti e sulla base del processo reale della loro vita si spiega anche lo sviluppo degli echi e riflessi ideologici di questo processo di vita. Anche le immagini nebulose che si formano nel cervello degli uomini sono necessarie sublimazioni del processo materiale della loro vita, empiricamente constatabile e legato a presupposti materiali.» (IT, 22) Le conseguenze che Marx ne trae sono di decisiva portata per tutta la sua concezione successiva: «La morale, la religione, la metafisica e ogni altra forma ideologica, e le forme di coscienza che ad esse corrispondono, non conservano oltre la parvenza della loro autonomia. Esse non hanno storia, non hanno sviluppo, ma gli uomini che sviluppano la loro produzione materiale e le loro relazioni materiali trasformano, insieme con questa loro realtà, anche il loro pensiero e i prodotti del loro pensiero. Non è la coscienza che determina la vita, ma la vita che determina la coscienza.» (ivi) Ove si deve osservare che qui si affaccia l'esigenza di una storiografia integrale, o a sfondo integrale, basata su un principio d'ordine, o logica dell'ordine (un ordine ascendente, onde, appunto, «si sale dalla terra al cielo»): un germe dunque in qualche modo sistematico. Ma si deve avvertire che è presente anche un concetto in parte diverso, e a suo modo positivo, di ideologia, come qualcosa che acquista nel processo storico complessivo, le sue «forme» «forme ideologiche» e corrispondenti «forme di coscienza»), così che il concetto critico precedentemente esposto viene a consistere propriamente nel raddrizzamento dell'inversione di questo ordine effettuale. Nel più maturo materialismo storico tale aspetto positivo si accentuerà: le «forme ideologiche» non appariranno più soltanto come semplici «sublimazioni», ma come vere e proprie funzioni (anche se mai denominate come tali) della vita reale degli uomini. Nella Prefazione del 1859 - una volta illustrate le «epoche di rivoluzione sociale» come quelle in cui le forze produttive sono entrate in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti (onde questi da «forme di sviluppo» di esse sono divenuti loro catene, che debbono essere spezzate) - le «forme ideologiche» («giuridiche, politiche, religiose, artistiche o filosofiche» ), vengono considerate tali per cui solo attraverso di esse gli uomini divengono «coscienti del conflitto e combattendo lo conducono a termine». La funzionalità qui è del tutto evidente. Nel trapasso da «ideologia» a «forma ideologica» vi è dunque un'ambivalenza semantica, per quanto internamente correlata, che i fondatori del materialismo storico non hanno mai ben chiarito, dando luogo a molti successivi fraintendìmenti. Per quanto concerne il rapporto tra base materiale della vita sociale e ideologia, Engels in una celebre lettera a Bloch del 1890 afferma che «la situazione economica è la base, però i diversi elementi della sovrastruttura, le forme politiche della lotta di classe e i suoi risultati, le costituzioni promulgate, le forme giuridiche e persino il riflesso di tutte queste lotte reali nel cervello dei partecipanti (teorie politiche, giuridiche, filosofiche, concezioni religìose e loro ulteriore evoluzione in sistemi dogmatici), esercitano anch'esse la loro azione nelle lotte storiche e, in molti casi, ne determinano in modo preponderante la forma.» L'ideologia non appare dunque «causata», secondo un modello deterministico, dalla base materiale che, tuttavia, è indispensabile per il suo prodursi. L'ideologia, d'altro canto, è un fattore potente che interagisce nel processo storico. Cosa peraltro che Marx aveva mostrato nelle sue analisi storiche determinate. Queste affermazioni tuttavia non sono certamente sufficienti per un pieno dominio teorico dei molteplici elementi che interagiscono nei vari campi ideologici. Inoltre questa tematica viene ulteriormente complicata (anche se, apparentemente, semplificata) quando si considera - almeno secondo quanto è stato fatto ormai con una certa tradizione - come appartenente alla problematica dell'ideologia l'insieme dei temi che derivano dalla analisi marxiana del «feticismo della merce» presente nel I libro del Capitale. Quivi Marx mostra la modalità di apparizione della merce alla coscienza. La merce è il risultato di un lungo processo storico relativo alle forme di produzione e deriva da un sistema complesso di relazioni sociali attraverso cui avviene la produzione capitalistica che la costituiscono come valore di scambio. Ma la merce non può mostrare la sua costituzione storica (discronica) e sociale (sincronica): essa appare soltanto nella circolazione come qualcosa che ha valore in se stessa. Essa appare quindi come un feticcio che, com'è noto, è un qualsiasi elemento sensibile cui la coscienza sociale riconosce un carattere divino. Lo stesso accade con la merce quando si mostra alla coscienza come valore in se stessa e non come valore di scambio. In questo caso la coscienza appare falsificata, cioè resa falsa. Questa connessione tra ideologia e coscienza falsa è sottolineata, per esempio, da Engels nella lettera a Mehring del 14 luglio 1890: «L'ideologia è un processo che viene compiuto dal cosiddetto pensatore con coscienza, ma.con una falsa coscienza.» Il falso, se noi rievochiamo la problematica del feticismo, è d'altro canto il modo in cui il reale si riflette immediatamente nella coscienza. L'opposto del feticismo della merce è naturalmente la concezione corretta della merce come viene analizzata nel Capitale. L'assimilazione del tema del feticismo e della falsa coscienza al tema dell'ideologia conduce inevitabilmente a stabilire una coppia oppositiva tra ideologia e scienza, tra immediato e mediazione, tra riflesso e teoria. Nonostante non sia impossibile costruire alcune continuità semantiche (nell'Ideologia Tedesca si diceva che nell'ideologia gli uomini e i loro rapporti appaiono «capovolti»), il risultato non è assimilabile a quello che abbiamo rintracciato nell'Ideologia Tedesca e negli altri testi marxiani. Quivi l'elemento deformante dell'ideologico non derivava dalla forma del rapporto della coscienza con l'apparizione dell'oggetto, ma dalla autonomizzazione degli elementi di cultura rispetto ai processi reali e dal rovesciamento del rapporto tra forme intellettuali e relazioni storiche e sociali. Sì che nell'ideologico sono le prime a scandire la continuità storica al contrario di quello che secondo Marx-Engels è il rapporto reale: dove la continuità storica è data dalle forme materiali della produzione e la discontinuità (quindi la non- storia) è propria delle forme della cultura. Inoltre il vizio ideologico nell'Ideologia tedesca veniva esso stesso riportato non a una relazione cognitiva tra soggetto e oggetto ma al motivo materiale della divisione sociale del lavoro. |