Alberto Burgos
Comunismo? Sì grazie |
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ottobre 2004
È possibile riprendere un ragionamento che in questi anni è stato
soffocato dal pensiero unico e dalla spregevole fretta con cui
tanti dirigenti della sinistra si sono affannati a prendere le
distanze dal proprio passato?
Nell’allestire il nostro sito abbiamo cercato non
solo di riproporre alcuni classici del pensiero socialista ma
anche di sottolineare come il marxismo mantenga ancora una sorprendente
ed utile vitalità.
Se è vero, come scriveva Proust, che "la vita
diventa interessante quando alla polvere quotidiana si mescola
un po' di sabbia magica", vale la pena di domandarsi
dove trovarne un pizzico: nell’ortodossia schizofrenica
del sistema cinese, che sotto la bandiera rossa vede una delle
sue metropoli, Shangai, con prezzi immobiliari più alti
di Manhattan (e livelli di sfruttamento da Europa ottocentesca)? Nell’aria da ladro di merendine di Tony Blair?
Nella stanca barba di un Fidel che ha certamente fatto della sua
isola un’eccezione rispetto alla barbarie dei regimi latinoamericani
sostenuti per decenni dagli USA, ma che in quasi mezzo secolo
non ha mai sottoposto il proprio potere alla verifica di libere
elezioni? Nell’indecente fantasia di Veltroni (ma anche Fassino si è recentemente iscritto a questo volgare club di scambisti) che
è arrivato a scrivere che lui e tanti altri in fondo hanno
militato nel PCI senza davvero essere comunisti?
Certo, il comunismo è stato fatto a pezzi da Stalin e dai suoi nipotini, e
non solo metaforicamente: sono quasi due milioni i comunisti massacrati nei gulag, e quanto fosse fragile quel terribile inganno
lo si è visto nel 1989. E non è agevole trovare
un paese in cui i comunisti, una volta arrivati al potere, non
siano stati travolti da una qualche deriva autoritaria.
Eppure “il primo presupposto di tutta la storia umana
è naturalmente l’esistenza di individui viventi.
Il primo dato di fatto da constatare è dunque l’organizzazione
fisica di questi individui e il loro rapporto, che ne consegue,
verso il resto della natura”. (Marx, L’ideologia
tedesca) E mai come oggi questo è un dato incontestabile,
tanto da essere stato il punto di partenza delle analisi
di Naomi Klein o di Serge Latouche, tra i pochi seri tentativi
di mettere a fuoco gli elementi strutturali dei rapporti ingiusti
e ineguali che regolano la vita di questo pianeta.
Il capitalismo non è più, evidentemente, quello
studiato da Marx (peraltro con una serietà scientifica
che non ha eguali nella storia del pensiero moderno - la frase è ampollosa, ma così è, se vi pare) o da Gramsci (ancora: vi è nella nostra cultura un’opera dell'intensità
dei Quaderni del carcere?); la composizione sociale dei
paesi industrializzati si è frantumata in un groviglio
di interessi corporativi e di psicologie avvitate su se stesse; il capitalismo non è crollato
“sotto il peso delle proprie contraddizioni”, ma si
è, anzi, rafforzato e diffuso, costringendo i regimi dell’Est
ad una rincorsa che li ha portati al collasso.
La complessità (che potremmo anche chiamare
kàos) è l’unico elemento certo della
nostra epoca, e di fronte ad una più sfiga che sfida di questo tipo gli uomini, compresi tanti compagni, purtroppo, "cercano sempre fuori di sé la ragione dei propri fallimenti" (Gramsci):
il terrorismo (a proposito: ma perché nessuno dice cosa
diavolo è ‘sto terrorismo?), il destino cinico e
baro, il Berlusconi di turno, le ideologie morte o tradite, le mezze stagioni
che non ci sono più.
Salari e pensioni sono fermi, e indecorosi: solo i mascalzoni possono definire questa frase come "populismo". Salari e pensioni: poi viene tutto il resto.
Altro che disquisire di
alchimie istituzionali o riproporre “progetti
e sinergie” che in realtà sono le solite minestre
riscaldate, ancor più sgradevoli perché cucinate, rozzamente
o da gourmet, proprio da quelle forze politiche e imprenditoriali che hanno
la responsabilità diretta dello sfascio, e fanno finta di non vedere le tangenti che ballano ancora allegramente.
E i consiglieri regionali e i parlamentari sono un po’ più ricchi, e gli italiani un po’ più poveri. (Non c'è causalità tra questa frase e la precedente, solo un'imbarazzante contiguità)
Questo è comunismo:
criticare lo stato di cose presente, non rassegnarsi, costruire
ipotesi realistiche, cercare ostinatamente nel passato e nel futuro
le ragioni del nostro oggi, accontentarsi di un buon metodo piuttosto
che di fedi immaginifiche o di sms.
La storia non è poi la devastante ruspa che si dice.
Lascia sottopassaggi, cripte, buche e nascondigli. C'è
chi sopravvive. (E. Montale)
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