Costanzo Preve

Centoventi anni dalla morte di Marx

9. Alcune considerazioni conclusive ed una modesta proposta senza illusioni


In chiusura di questo contributo ribadisco che gli anniversari sono sempre date artificiali ed estrinseche, da cui non è mai possibile aspettarsi qualcosa. Ma essi restano delle occasioni, e siamo oggi “conciati” talmente male da non poterci permettere di perdere nessuna occasione, neppure la più piccola e la più artificiale. Termino dunque con una modesta proposta, avanzata peraltro senza nessuna illusione.

Sarebbe opportuno che entro la fine di questo 2003 i marxisti italiani, o quanto meno coloro che si occupano seriamente degli studi marxisti, riescano ad autoconvocarsi, o a cercare almeno momenti parziali di autoconvocazione. Un simile progetto dovrebbe escludere sia l’autoconvocazione accademica (e cioè mega convegni workshops di specialisti murati nella propria specializzazione) sia soprattutto l’autoconvocazione gruppistico-militante (riservata cioè ai propri parrocchiani fedeli, DS, PDCI, PRC, correnti varie più o meno ufficiali, ecc.). L’autoconvocazione dovrebbe essere aperta a tutti, con la sola precauzione di non lasciare troppo spazio a fanatici fondamentalisti che non intenderebbero comunque entrare nel merito teorico di posizioni diverse dalle loro, e si limiterebbero a sbavare veleni ringhiosi contro gli eretici, i piccolo-borghesi, ecc. Con costoro, calci nel sedere. Con tutti gli altri, indipendentemente dal fatto che votino o non votino, che credano nel correntone o in Cofferati (e non è certo il mio caso), che credano in Rifondazione variante partitica o variante movimentistica, che credano nella teoria del valore oppure no, ecc., porte aperte. Le porte devono sempre essere aperte a chi accetta il terreno del confronto dialogico razionale.

Si tratterebbe solo di verificare lo “stato dell’arte” a 120 anni dalla morte di Marx. Naturalmente, non mi aspetto nulla di veramente importante. So bene che i salti in avanti (o all’indietro) dei paradigmi teorici non possono avvenire per autoconvocazione, così come il barone di Munchausen non può salire in cielo tirandosi su da solo con il proprio codino. Non sono tanto ingenuo. Si tratterebbe soltanto di una “mossa” simbolica, caratterizzata dal rifiuto di essere “convocati” da consorterie universitarie e/o da ceti politici interessati all’immagine.

Apro qui una piccola parentesi personale, anche se è sempre antipatico parlare di sé. Dicono che i filosofi hanno la testa nelle nuvole, ma nel mio caso ho semmai il difetto opposto, quello cioè di avere talmente i piedi per terra da non nutrire più nessuna illusione. Personalmente, non mi faccio nessuna illusione sulla accettazione anche solo parziale delle proposte che sviluppo ormai da un ventennio, ed infatti non è questo il mio scopo, palese o recondito. Sono perfettamente cosciente del fatto che la parte fondamentale delle mie proposte (superamento esplicito ed integrale della dicotomia Destra/Sinistra, accettazione della questione nazionale in modo non solo strumentale ma radicale, abbandono della teoria della capacità rivoluzionaria inter-modale della classe operaia e proletaria, rifiuto di identificazione della spazio filosofico con lo spazio ideologico classista, ecc., ecc.) non può essere accettata, e certamente non lo sarà. Ritengo che l’etica del teorico e del ricercatore debba essere la separazione più netta fra ciò in cui si crede e ciò che può “passare” attraverso il doppio insuperabile filtro del cinismo dei dirigenti e della credulità dei militanti. Cercare popolarità, lisciando il pelo alle platee, è la negazione più radicale dell’etica del teorico e del ricercatore. Dunque, sia ben chiaro che non mi aspetto nulla per me, e questo non solo dagli avversari, ma anche dai (pochissimi) estimatori, che comunque si fermeranno sempre davanti al muro invisibile del senso comune di sinistra politicamente corretto.

Chiusa questa parentesi, e chiarito che non mi aspetto assolutamente nulla di personale, ritengo che sia comunque opportuno proporre una autoconvocazione di studiosi di marxismo, con l’unica condizione del rispetto dell’etica della comunicazione razionale argomentata. Ne verrà fuori certamente pochissimo, ma almeno sarà stato fatto un gesto simbolico contro l’autoreferenzialità e contro quelli che al posto del dibattito concepiscono soltanto o insulti rabbiosi o sorrisini di scherno. Tentar non nuoce. Abbiamo da perdere soltanto non le nostre catene, ma la nostra autoreferenzialità.