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Statuto
dei lavoratori
Titolo
II - Della libertà sindacale
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ART.
14. - Diritto di associazione e di attività sindacale.
Il diritto di costituire associazioni sindacali, di aderirvi e
di svolgere attività sindacale, è garantito a tutti
i lavoratori all'interno dei luoghi di lavoro.
ART.
15. - Atti discriminatori.
È nullo qualsiasi patto od atto diretto a:
a)
subordinare l'occupazione di un lavoratore alla condizione che
aderisca o non aderisca ad una associazione sindacale ovvero cessi
di farne parte;
b)
licenziare un lavoratore, discriminarlo nella assegnazione di
qualifiche o mansioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti disciplinari,
o recargli altrimenti pregiudizio a causa della sua affiliazione
o attività sindacale ovvero della sua partecipazione ad
uno sciopero.
Le
disposizioni di cui al comma precedente si applicano altresì
ai patti o atti diretti a fini di discriminazione politica, religiosa,
razziale, di lingua o di sesso.
ART.
16. - Trattamenti economici collettivi discriminatori.
È vietata la concessione di trattamenti economici di maggior
favore aventi carattere discriminatorio a mente dell'articolo
15.
Il
pretore, su domanda dei lavoratori nei cui confronti è
stata attuata la discriminazione di cui al comma precedente o
delle associazioni sindacali alle quali questi hanno dato mandato,
accertati i fatti, condanna il datore di lavoro al pagamento,
a favore del fondo adeguamento pensioni, di una somma pari all'importo
dei trattamenti economici di maggior favore illegittimamente corrisposti
nel periodo massimo di un anno.
ART.
17. - Sindacati di comodo.
È fatto divieto ai datori di lavoro ed alle associazioni
di datori di lavoro di costituire o sostenere, con mezzi finanziari
o altrimenti, associazioni sindacali di lavoratori.
ART.
18.
- Reintegrazione nel posto di lavoro.
(*) I primi 5 commi hanno così sostituito i commi primo
e secondo per effetto dell’art.1 – Legge n. 108/1990
Ferme
restando l'esperibilità delle procedure previste dall'articolo
7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, il giudice con la sentenza
con cui dichiara inefficace il licenziamento ai sensi dell'articolo
2 della predetta legge o annulla il licenziamento intimato senza
giusta causa o giustificato motivo, ovvero ne dichiara la nullità
a norma della legge stessa, ordina al datore di lavoro, imprenditore
e non imprenditore, che in ciascuna sede, stabilimento, filiale,
ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento
occupa alle sue dipendenze più di quindici prestatori di
lavoro o più di cinque se trattasi di imprenditore agricolo,
di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro. Tali disposizioni
si applicano altresì ai datori di lavoro, imprenditori
e non imprenditori, che nell'ambito dello stesso comune occupano
più di quindici dipendenti ed alle imprese agricole che
nel medesimo ambito territoriale occupano più di cinque
dipendenti, anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente
considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore
di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa alle sue
dipendenze più di sessanta prestatori di lavoro.
Ai
fini del computo del numero dei prestatori di lavoro di cui primo
comma si tiene conto anche dei lavoratori assunti con contratto
di formazione e lavoro, dei lavoratori assunti con contratto a
tempo indeterminato parziale, per la quota di orario effettivamente
svolto, tenendo conto, a tale proposito, che il computo delle
unità lavorative fa riferimento all'orario previsto dalla
contrattazione collettiva del settore. Non si computano il coniuge
ed i parenti del datore di lavoro entro il secondo grado in linea
diretta e in linea collaterale.
Il
computo dei limiti occupazionali di cui al secondo comma non incide
su norme o istituti che prevedono agevolazioni finanziarie o creditizie.
Il
giudice con la sentenza di cui al primo comma condanna il datore
di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per
il licenziamento di cui sia stata accertata l'inefficacia o l'invalidità
stabilendo un'indennità commisurata alla retribuzione globale
di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva
reintegrazione e al versamento dei contributi assistenziali e
previdenziali dal momento del licenziamento al momento dell'effettiva
reintegrazione; in ogni caso la misura del risarcimento non potrà
essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione globale
di fatto.
Fermo
restando il diritto al risarcimento del danno così come
previsto al quarto comma, al prestatore di lavoro è data
la facoltà di chiedere al datore di lavoro in sostituzione
della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità
pari a quindici mensilità di retribuzione globale di fatto.
Qualora il lavoratore entro trenta giorni dal ricevimento dell'invito
del datore di lavoro non abbia ripreso il servizio, né
abbia richiesto entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito
della sentenza il pagamento dell'indennità di cui al presente
comma, il rapporto di lavoro si intende risolto allo spirare dei
termini predetti.
La
sentenza pronunciata nel giudizio di cui al primo comma è
provvisoriamente esecutiva.
Nell'ipotesi
di licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 22, su istanza
congiunta del lavoratore e del sindacato cui questi aderisce o
conferisca mandato, il giudice, in ogni stato e grado del giudizio
di merito, può disporre con ordinanza, quando ritenga irrilevanti
o insufficienti gli elementi di prova forniti dal datore di lavoro,
la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro.
L'ordinanza
di cui al comma precedente può essere impugnata con reclamo
immediato al giudice medesimo che l'ha pronunciata. Si applicano
le disposizioni dell'articolo 178, terzo, quarto, quinto e sesto
comma del codice di procedura civile.
L'ordinanza
può essere revocata con la sentenza che decide la causa.
Nell'ipotesi
di licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 22, il datore
di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al primo comma
ovvero all'ordinanza di cui al quarto comma, non impugnata o confermata
dal giudice che l'ha pronunciata, è tenuto anche, per ogni
giorno di ritardo, al pagamento a favore del Fondo adeguamento
pensioni di una somma pari all'importo della retribuzione dovuta
al lavoratore.
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