Nelle "migliori" (sarebbe meglio dire peggiori) tradizioni delle assolate estati italiane, il primo luglio il governo Berlusconi ha approvato il disegno di legge del ministro Maroni con cui si dettano le condizioni per sottrarre dalle tasche dei lavoratori il TFR e per far decollare quei Fondi pensione di cui i lavoratori italiani non vogliono neanche sentir parlare: nel 2004 l´incremento di adesioni ai Fondi ha registrato un patetico 1%. Se la possibilità di pattuizioni aziendali e "tra lavoratori" previste nel decreto "in deroga" (diciamo) al conferimento automatico del TFR dei lavoratori ai fondi chiusi, scatena lo scontento dei sindacati cogestori dei Fondi negoziali - perché nella piccola e media impresa (che rappresenta il 95% del totale!) la bassissima sindacalizzazione e la ricattabilità dei lavoratori lasciano ampi margini alle scorrerie dei fondi aperti e assicurativi - il decreto è tutto incentrato sul tentativo, da una parte, di corredare l´adesione ai fondi di alcuni vantaggi sino ad ora garantiti dal TFR (possibilità di anticipazioni e portabilità) e, d´altra parte, di rendere appetibile l´adesione ai fondi attraverso il sistema delle agevolazioni fiscali. Quello che il decreto non fa, e non potrebbe fare, è risolvere la questione realmente dirimente che rende strutturalmente i Fondi pensione non concorrenziali rispetto al TFR, e questo al di là di ogni considerazione sulla natura di questi strumenti finanziari. Ovvero non viene fornita alcuna garanzia di rendimento che possa porre i lavoratori al riparo dai rischi insiti nel mercato finanziario. Il decreto "pompa" un po’ l´attesa di rendimenti senza poter intervenire sull´altra lama della forbice - il grado di rischio - forbice che è l´unico strumento serio con cui dovrebbe essere valutato quello che è, né più né meno, un investimento finanziario a lunghissimo termine (40 anni!) Quello che si potrebbe dire è che "il re si è denudato". Qualcuno dovrebbe infatti spiegare ai lavoratori, stante il rendimento certo del TFR, perché questo - peraltro utilizzato dalle imprese per autofinanziarsi - debba essere tassato più del capitale che nei Fondi pensione finisce disperso sui mercati finanziari sparsi per il mondo. Perché le quote stabilite a carico dei datori di lavoro nei contratti collettivi divengano trasferibili "per legge" da un tipo di fondo all´altro - anche aperto o assicurativo - ma non al TFR se il lavoratore decide di tenerselo. Queste domande si accompagnano a quella che riguarda il sapere dove saranno reperiti i 500/600 milioni di euro necessari a coprire - per il solo 2006 - il buco nei conti pubblici che produrranno le agevolazioni fiscali previste a favore delle imprese che perderanno la maggiore fonte di finanziamento costituito dal TFR. Agevolazioni che peraltro non risolvono il problema dell´accesso al credito delle aziende in crisi. In sostanza il decreto non ha spostato i termini della questione e svela ancora una volta come la cosiddetta previdenza integrativa, in specie sulla questione del TFR, non abbia nulla a che fare con il reddito dei futuri pensionati e abbia il solo scopo di pompare il mercato e la speculazione finanziaria sottraendo risorse dalle tasche dei lavoratori e, in realtà, anche dalle casse delle aziende produttive, introducendo specchietti per le allodole che dovranno pagare gli stessi "poveri gonzi". Ma la bramosia del ministro Maroni fornisce ai lavoratori un´inaspettata arma: mentre chi aderisce ai fondi pensione non può tornare al TFR, chi non aderisce nei sei mesi fissati dal decreto, potrà aderire ad un fondo in un qualsiasi momento successivo. E allora, comunque, perché un lavoratore dovrebbe cedere al ricatto dei sei mesi e all´imbroglio del silenzio/assenso? I lavoratori utillizzino questi mesi per chiedere e pretendere le risposte cui hanno diritto e per pretendere per il TFR i medesimi trattamenti fiscali e contrattuali inopinatamente proposti per i fondi pensione. 4 luglio 2005 il testo integrale del decreto approvato dal governo lo si può trovare, con altri materiali e documentazione, sul sito di attac italia |