Quando, nella notte tra il 9 e il 10 luglio
1943, le forze alleate iniziano lo sbarco in Sicilia, a tirare un sospiro
di sollievo sono in tanti: i cittadini che vedono avvicinarsi l'ora della
fine degli spaventosi bombardamenti; gli antifascisti che sentono il
profumo della libertà; i mafiosi i quali, avendo appoggiato lo sbarco,
sanno di poter disporre adesso di uno spazio di manovra che il fascismo
aveva loro negato. E a proposito dei rapporti tra fascismo e mafia, vedi
Sciascia.
Viene formato l'Amgot (Allied military government of occupied
territory), guidato dal discusso colonnello Charles Poletti per la parte
che riguarda i "civil affairs" della Sicilia. A Poletti viene quindi
lasciato il compito di nominare prefetti e sindaci. E Poletti lo fa.
Sir
Rennel O' Rodd, che sovrintendeva a tutti i compiti dell'Amgot, si
espresse in questi termini nella prefazione al libro di G.R. Gayre, Italy
in transition (Londra, 1946): "La maggioranza dei comuni era lacerata da
gelosie personali e faide ed aveva enormi difficoltà a proporre dei nomi.
Di fronte al popolo che tumultuava perché fossero rimossi i podestà
fascisti, molti dei miei ufficiali caddero nella trappola di scegliere in
sostituzione i primi nomi che venivano proposti oppure seguire il
consiglio d'interpreti che si erano accodati loro e che avevano imparato
un po' d'inglese durante qualche loro soggiorno negli Stati Uniti. I
risultati non erano sempre felici, le scelte finivano per cadere in molti
casi sul locale boss mafioso o su un uomo-ombra il quale in uno o due casi
era cresciuto in ambienti di gangster americani. Tutto ciò che poteva
essere detto di questi uomini era che essi erano tanto antifascisti quanto
indesiderabili da ogni altro punto di vista".
In conclusione, molti
mafiosi (l'elenco dei nomi sarebbe lungo e noioso) si risvegliarono dal
"sonno" e divennero sindaci, cioè a dire che la mafia passò ad
amministrare direttamente, come mai prima era stato possibile, più della
metà dei comuni siciliani. Gli Alleati nominarono i prefetti (tra gli
altri Angelo Cammarata a Caltanissetta), i rettori e i professori
universitari, i nuovi magistrati.
Tutti, in comune, dovevano essere
rigorosamente antiseparatisti.
Già, il separatismo. Se verso il Mis
(Movimento indipendenza siciliana), proclamato da Finocchiaro Aprile il 10
luglio 1943 (vale a dire contemporaneamente allo sbarco alleato in
Sicilia), l'Amgot ebbe un atteggiamento ufficiale di chiusura, altrettanto
non si può dire del supporto ufficioso che gli americani offrirono al
movimento.
Un solo esempio per tagliar corto a discorsi che potrebbero
diventare noiosi: primo cittadino di Palermo venne nominato Lucio Tasca,
capo storico del movimento separatista, proprietario terriero, autore del
volume Elogio del latifondo siciliano (che è quanto dire) che costituisce,
assieme a La Sicilia ai siciliani del catanese Antonio Canepa, uno dei due
pilastri sui quali si fonda il movimento. A Tasca, soprattutto nelle
province della Sicilia occidentale, si aggiunsero altri sindaci
separatisti e, in parte, mafiosi.
Il capitano W.E. Scotten nell'ottobre
1943, nel suo Report on the problem of mafia in Sicily scrisse che "agli
occhi dei siciliani l'Amgot si è circondato di amici dei separatisti e ha
designato ai pubblici uffici sia dei "separatisti dichiarati che
simpatizzanti tali. (...) Almeno l'80 per cento delle designazioni fatte
dall'Amgot nell'area della provincia di Palermo sono state di questo
genere". bene ricordare che il Mis aveva un braccio armato (bene armato)
che lasciò una lunga scia di sangue dietro di sé (colonnello dell'Evis -
Esercito volontario indipendenza siciliana - era il bandito Giuliano).
Concludiamo con le parole di Sir Rennell O'Rodd, una sorta di bilancio
consuntivo a poche settimane dallo sbarco alleato. "Parlando in termini
generali, questi uomini (i mafiosi) per l'opinione pubblica, ma anche nel
fatto, sono antifascisti; ma non sono persone alle quali si possa
concedere clemenza a cuor leggero col pretesto che sono prigionieri
politici che hanno sofferto nelle mani dei fascisti. Mentre la mafia è
essenzialmente una organizzazione criminale per l'estorsione, la
"protezione" e i furti, in passato essa ha pure giocato un ruolo politico
considerevole nelle competizioni elettorali. Suppongo che la mafia sia ora
sicuramente associata al movimento per l'indipendenza siciliana".(...)
Era
successo che nel corso del 1947 la situazione in Sicilia era politicamente
mutata. L'autonomia regionale, ma non solo quella, provocò lo scioglimento
effettivo del movimento indipendentista. Il Movimento aveva avuto un peso
politico non indifferente. Le province più separatiste erano state
Agrigento, Ragusa, Catania, Palermo e Caltanissetta. In quest'ultima
provincia c'erano i comuni appartenenti al cosiddetto "Vallone" tra i
quali: Villalba ufficialmente rappresentata da Calogero Vizzini e
Mussomeli rappresentata da Giuseppe Genco Russo (che succederà a don Calò
Vizzini quale capo supremo della mafia). In conclusione: una volta sciolto
il Movimento restavano a vagare dentro i confini dell'isola più di 150
mila voti. Prendiamo ad esempio quello che capitò a Caltanissetta dove già
l'Amgot, nominando prefetto l'avvocato Cammarata, aveva, secondo le parole
dell'onorevole Francesco Pignatone, emesso "un segnale positivo rivolto a
quel coacervo di forze che col passare dei giorni si sarebbero manifestate
come forze di qualità mafiosa". Racconta l'onorevole Giuseppe Alessi, uomo
di punta della sinistra democristiana in Sicilia: "Alla riunione del
comitato provinciale si presentò un gruppo guidato dall'allora soltanto
dottore Calogero Volpe, che accompagnava i rappresentanti dello
schieramento del "Vallone", da lui capeggiato, fino allora vivacemente
separatista e prosperato sotto il patronato del prefetto Cammarata; ora
che prefetto era Aldisio, quello schieramento col suo capo si era deciso
ad entrare nel partito della Dc. Da parte mia non espressi alcuna
opposizione di carattere personale verso i singoli: ma pretesi che ognuno
presentasse singolarmente la domanda nelle sezioni, già costituite nei
paesi del "Vallone". Il dottor Volpe fu preciso e deciso nella replica:
tutto il gruppo entrava nel suo complesso organico, senza che il partito
si permettesse di esaminare la posizione di ognuno dei componenti.
Obiettai che in tal caso si trattava non già della richiesta dei singoli
di entrare nel nostro partito, ma di una fusione tra due partiti; aggiunsi
francamente che mi opponevo alla proposta così formulata, anche perché
quello schieramento aveva dei contrafforti nell'onorata società, che a
Mussomeli si esprimeva nella figura di Genco Russo. Si badi, e lo
sottolineo con vigore: dissi, e ancora affermo, che non intendevo
esprimere giudizi di carattere morale o di carattere religioso, perché non
ne avevo diritto; debbo precisare che pronunziavo un giudizio di carattere
strettamente politico". Parole rivelatrici da parte di un cattolico:
nessun giudizio morale o religioso, solo politico, strettissimamente
politico.
A soccorrere l'onorevole Alessi in quel pericoloso momento, fu
un' anima santa (così viene chiamata dallo stesso Alessi). L'anima santa
in questione è quella del cavaliere Benintendi, presidente della
Conferenza di San Vincenzo, il quale, chiamato in disparte Alessi,
testualmente gli dice: "Caro il mio giovane avvocato, qui non siamo in
sede di Azione Cattolica, per formulare simili discriminazioni, siamo in
piano politico. Lei sa che i comunisti usano tali violenze contro i nostri
da non consentire loro nemmeno le libere manifestazioni, i cortei. Ebbene,
abbiamo bisogno della protezione di persone forti per fermare le violenze
dei comunisti".
Non me la sto inventando io, che sono abituato a scrivere
romanzi, questa frase. L'elenco dei morti che precede ampiamente dimostra
come quelle "persone forti" entrarono immediatamente in azione per far sì
che i democristiani potessero fare i loro cortei. Così continua il
racconto della sua pena l'onorevole Alessi: "Il cav. Benintendi era
persona estremamente retta ed anima candida, veramente cristiana; ma,
secondo me, sbagliava. Rimasi in minoranza, il "gruppo" entrò in massa e
da quel momento si appropriò del partito". Ipse dixit.
Lo stesso accadde
nelle altre province siciliane.
da Micromega, novembre 1999