Alla fine degli anni '50 le officine Galileo di Firenze sono oggetto di una pesante ristrutturazione e di fronte alla propspettiva di licenziamento di numerosi lavoratori tutta la città scende in piazza: una formidabile azione di solidarietà e di lotta che vide anche l'attiva partecipazione del sindaco Giorgio La Pira. Malgrado si fosse attirato feroci critiche da parte degli ambienti conservatori e di importanti dirigenti del suo stesso partito, la DC, La Pira fu estremamente deciso: "10000 disoccupati, 3000 sfrattati, 17000 libretti di povertà. Cosa deve fare il sindaco? Può lavarsi le mani dicendo a tutti: "scusate, non posso interessarmi di voi perché non sono statalista ma interclassista?".
Un'attività di sostegno che il sindaco svolse anche rispetto ad altre realtà industriali cittadine, come il Pignone e la Fonderia delle Cure, e che contribuì fortemente a limitare i contraccolpi sociali.
Ma, naturalmente,
decisiva fu la mobilitazione popolare nel biennio 1959-1960, che dovette scontrarsi ripetutamente con il duro intervento delle forze di polizia.
La vertenza della Galileo si concluse positivamente, anche se alla fine del secolo questa ed altre realtà produttive (Fiat, Nuovo Pignone) saranno delocalizzate.
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