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Andrea Gallina
Bhopal
vent'anni dopo |
Nelle prime ore del mattino del 3 dicembre 1984 una nube tossica,
acidula, che fa venire le lacrime agli occhi, di un gas dal nome
strano e prodotto da una transanazionale (la Union Carbide) entra
silenziosa nelle case di mezzo milione di indiani, uccidendone
silenziosamente 7.000 in un colpo, altri 13.000 nel giro di qualche
mese e producendo almeno 100.000 malati cronici di cecità,
difficoltà respiratorie, attacchi di panico.
Il rapporto
pubblicato da Amnesty International e riportato sulle testate
dei giornali di mezzo mondo rievoca quelle immagini che io, all'epoca
adolescente, vedevo passare in tv senza ben capire come queste
disgrazie succedevano sempre in quelle parti del mondo...
Ancora oggi a venti
anni di distanza migliaia di persone continuano a soffrire e patire
a causa di acqua e terreni avvelenati. E al danno - come al solito
se non bastasse - si unisce la beffa.
Nonostante il governo indiano
avesse raggiunto un compromesso per il risarcimento di 470 milioni
di dollari alle vittime, Exxon ne ha pagati, secondo quanto riporta
l'International Herald Tribune del 1 dicembre 2004, tra
il 1989 e il 1998 solo 230 milioni, riservando gli altri per operazioni
di bonifica e aiuto ai residenti locali. Ma i sopravvissuti hanno
impugnato e vinto la decisione presa dal governo che dovrà
così rimborsare l'importo complessivo, interessi compresi.
Le 570 mila vittime riceveranno in tutto circa 1.150 dollari di
risarcimento, una cifra ben lontana da quanto pagato dai produttori
di sigarette negli USA alle loro vittime.
Sarà che anche
la vita e la salute in India valgono meno?
da Carta,
6.12.04
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