Tavola rotonda
Pordenone - 27 maggio 2004
Relazione di SILVANO TALOTTI, segretario regionale FILT-CGIL
Abbiamo promosso questo incontro perché vogliamo che la materia trovi il rilievo che merita nei programmi dei candidati, auspicando che da questa iniziativa possa emergere un contributo originale ai futuri amministratori della nostra provincia.
Nel nostro paese il trasporto incide per circa il 18% del costo del prodotto, il doppio che nei più grandi paesi europei. Studi recenti stimano che i costi diretti ed indiretti del sistema della mobilità è pari al 10% del Pil. La sfida della globalizzazione, oltre che per mezzo della formazione, dell’innovazione e della ricerca, si vince anche qui, con la qualità e l’efficientamento dei servizi in modo da ridurre il costo dei prodotti, e dell’intero sistema, non certamente rincorrendo i paesi emergenti precarizzando il lavoro per abbatterne il costo.
Nella nostra introduzione non stileremo l’elenco degli interventi che si rendono necessari per adeguare la nostra dotazione infrastrutturale.
Poiché, tuttavia, le infrastrutture di trasporto sono uno degli architravi dello sviluppo, dobbiamo necessariamente soffermarci anche su questo aspetto, ed iniziamo proprio da qui.
L’accordo intervenuto con lo Stato in attuazione della Legge obiettivo prevedeva che nella nostra regione venissero realizzate infrastrutture ferroviarie, viarie e portuali.
Tuttavia essa, più che fornire certezze sulla realizzazione delle opere, già allora sembrava rappresentare il proseguimento della politica-spettacolo: infatti si annunciavano investimenti per 4.430 milioni di euro (oltre 8.500 miliardi di vecchie lire, per dirla come i manifesti), ma non si individuava dove si sarebbero reperite le risorse finanziarie necessarie. Ad oltre un anno e mezzo di distanza, quella impressione si rivela fondata.
In ogni caso, per la provincia di Pordenone l’accordo prevedeva poche opere e tempi troppo lunghi, con un investimento totale di 300 milioni di euro, ingente ma insufficiente.
Solo per quanto riguarda la Pontebbana, per la sua riqualificazione l’impegno di spesa è di 200 milioni; siamo solo allo stato dell’ipotesi di intervento, tranne che per il tratto Pian di Pan – Pordenone per il quale la possibilità di avviare le opere è ad uno stadio più avanzato, come pure per la viabilità di Pordenone est. In sostanza manca un progetto razionale, si opera per stralci senza una visione complessiva.
Per la realizzazione della pedemontana friulana, di cui attualmente è in esercizio il tratto Cimpello-Sequals, vi sono solo 6 milioni per un primo lotto di 6 chilometri fino a Lestans, sui 200 richiesti dall’intera opera per realizzare i 22 chilometri mancanti, oltre all’adeguamento della sede per l’intera tratta. Vi sono grosse resistenze di alcuni Comuni per l’impatto con il territorio e l’ambiente, che richiedono un serio approfondimento sul tracciato previsto.
Alcuni giorni fa l’Assessore regionale, Ludovico Sonego, ha stanziato 28 milioni di euro nel programma di spesa triennale 2004-06 per realizzare alcuni interventi per la viabilità di interesse regionale; nella nostra provincia un milione e 400 mila euro per il primo stralcio della Sequals - Gemona, e dieci milioni e mezzo per la circonvallazione di San Vito al Tagliamento, per la quale sono previsti ulteriori finanziamenti della Provincia e del Comune stesso. Peraltro, le polemiche di questi giorni rischiano di allontanare la soluzione del problema.
Si impone, a nostro giudizio, una riflessione: la gestione diretta da parte degli enti locali è funzionale o il modello gestionale delle strade esistente nella nostra regione va adeguato?
Con la pubblicazione del D.Lgs. 1 aprile 2004, n. 111, che fa proprio l’accordo intervenuto 17 mesi prima in Commissione paritetica Stato - Regione FVG, il trasferimento delle funzioni in materia di viabilità e trasporti è ormai vicino. Mancano tuttavia la legge regionale di recepimento e, fattore molto più importante, l’intesa sui trasferimenti finanziari da parte dello Stato.
Il Decreto prevede in tema di viabilità il trasferimento al demanio regionale di 697 chilometri di strade ex statali, l’affidamento della gestione alla Regione di altri 295 (anche se resteranno di proprietà dello Stato), mentre i rimanenti 207 rimarranno all’ANAS.
Alcune amministrazioni provinciali, per prima quella di Pordenone guidata dall’attuale Presidente, si sono espresse affinché siano loro affidate le strade ex statali: questa soluzione produrrebbe una frantumazione tale delle funzioni da impedire una gestione efficace ed efficiente della viabilità. Lo stesso accadrebbe con la semplice applicazione del Decreto, cioè affidando alla Regione la gestione della parte di strade previste in tale atto.
La mancanza di un progetto razionalizzatore determinerebbe nell’ambito di un territorio delle dimensioni del Friuli Venezia Giulia una tale sovrapposizione di competenze (statali, regionali, provinciali e comunali) da costringere alla moltiplicazione degli uffici e dei mezzi necessari a garantire la gestione della rete, con evidente spreco di risorse pubbliche.
Per di più, ricondurre le funzioni di progettazione, costruzione e gestione della rete viaria alle strette dipendenze di chi esercita il potere di governo (giunta regionale e/o provinciale) appare come una netta incongruenza rispetto alla necessità di procedere ad una sistematica separazione tra chi programma e controlla da chi esegue e gestisce, condizione fondamentale per evitare pericolose commistioni tra politica e affari.
Per i motivi esposti riteniamo vada superata anche l’attuale gestione diretta da parte delle Province, per la rete di loro pertinenza.
Per la Giunta è arrivato il momento di assumere una decisione, attraverso un percorso capace di coinvolgere tutti i soggetti interessati, non ultimo chi rappresenta i lavoratori della viabilità.
Come FILT-CGIL regionale da anni abbiamo avanzato un progetto che va nella direzione del decentramento amministrativo, realizzando la massima devoluzione. La proposta è di affidare la conduzione ad un soggetto non istituzionale, mantenendo le prerogative e le competenze dei diversi enti locali nei rispettivi territori, coniugandola al raggiungimento del miglior risultato di gestione ed al contenimento dei costi, attraverso la razionalizzazione dell’uso delle risorse pubbliche che sono indirizzate alla viabilità.
Volendo conseguire tali obiettivi bisogna costituire un unico soggetto che amministri tutto il patrimonio viario esistente in regione, sia quello attuale delle province sia quello delle strade ex statali. Un soggetto che assuma le funzioni di progettazione, esecuzione, manutenzione delle strade, che gestisca gli interventi di potenziamento e mantenimento in sicurezza, elevandone gli standard, indipendentemente dalla titolarità del patrimonio demaniale.
In questa prospettiva si deve costituire una Società mista regionale, capace di essere braccio funzionale della regione e degli enti locali, valutando anche l’utilità di una presenza delle società autostradali presenti nella nostra regione. Secondo la nostra proposta, in tale Società dovrebbe partecipare la stessa ANAS, che porterebbe in dote l’esperienza acquisita nei decenni ed il patrimonio umano e professionale ivi esistente.
Ritornando agli aspetti strutturali, ricordiamo il collegamento ipotizzato fra la A 23 e la A 27, e soprattutto quello autostradale A 28 Sacile-Conegliano, che procede con gravi ritardi. Il lotto 28 è stato bloccato più volte per mancanza di inerti. Il lotto 29 ha ottenuto il parere positivo della Via, sia da parte del ministero dell’ambiente sia da quella del ministero dei beni culturali. Ma il decreto interministeriale necessario per cantierare gli ultimi 4 km e mezzo ancora non è stato emanato.
L’auspicio era l’avvio dei lavori per l’ultimo lotto, il cui costo è di circa 80 milioni di euro, entro questa primavera.
Grazie all’intervento dell’attuale Giunta regionale, il Passante di Mestre sarà realizzato dall’ANAS, che si farà carico dei relativi costi. Ciò renderà necessaria una minor ricapitalizzazione di Autovie Venete, per realizzare le opere previste dal nuovo Piano finanziario, che a nostro giudizio va perseguita attraverso un azionariato diffuso. Condividiamo la scelta della Giunta regionale di conservare il controllo della società, mantenendo almeno il 51% del pacchetto azionario, così come la necessità di ricercare alleanze con le altre Società autostradali. Peraltro, noi riteniamo sbagliata l’ipotesi di fusione di Autovie con le altre due società del nord est. Autovie va salvaguardata in quanto società strategica per lo sviluppo sociale ed economico, con un ruolo che può andare oltre alla missione assegnatale.
Se pensiamo che la chiusura dei cantieri per la realizzazione del Passante è stimata per la fine del decennio, è evidente che la nostra provincia rischia una emarginazione che produrrà gravi danni al tessuto produttivo e commerciale.
Anche per questo è necessario sviluppare il trasporto ferroviario, non si può concepire che la soluzione alla saturazione delle strade sia la realizzazione di nuove opere viarie ed ampliamenti continui. Bisogna pensare all’integrazione modale.
Tuttavia pure la realizzazione dell’Alta Capacità/Alta Velocità ferroviaria sulla tratta Venezia – Trieste, parte fondamentale del Corridoio 5, rischia paradossalmente di isolare la destra Tagliamento, in quanto si investe in tale relazione ma poco nella Venezia – Pordenone – Udine e sulle linee secondarie. Infatti nella nostra provincia non sono previsti investimenti sufficienti né per le infrastrutture ferroviarie né per lo sviluppo del trasporto intermodale.
Certamente è prioritario finanziare questa opera strategica, ma poiché essa sarà terminata, nel tratto regionale, non prima di dieci anni, e soprattutto dal momento che è comunque necessario connettere il territorio alla Rete Trans Europea, riteniamo che vadano riqualificate in tempi brevi anche le altre linee ferroviarie, intervento che richiede peraltro un investimento relativamente modesto. La riqualificazione di tali opere darebbe un grande beneficio al trasporto delle persone e delle merci.
L’aspetto relativo alla mobilità delle persone merita di essere analizzato a fondo, cosa che non mancheremo di fare in una specifica occasione.
Oggi vogliamo richiamare l’attenzione sulla necessità di una verifica dei risultati prodotti dalla Legge Regionale 7 maggio 1997, n. 20, di riforma del trasporto pubblico locale. Ad oltre tre anni dalla sua concreta attuazione, riteniamo che i servizi e la loro qualità, in Friuli Venezia Giulia, non abbiano ricevuto una crescita adeguata alle attese della collettività.
Ciò è dovuto innanzitutto ad alcune incongruenze contenute nel testo della norma, con sovrapposizione di competenze fra diversi soggetti. Si impone perciò la necessità di rivisitare la legge.
Poiché il D.Lgs. 111 prevede il trasferimento delle funzioni anche in tema di servizio ferroviario regionale, la nostra Regione avrà il compito di effettuare la gara per affidarne la gestione.
Il trasporto regionale delle persone sconta una pesante perdita di influenza del Friuli Venezia Giulia sulla programmazione dei treni interregionali a vantaggio del vicino Veneto, in particolare sulla linea cosiddetta alta (Trieste-Gorizia-Udine-Pordenone-Venezia). Questo dato rende più difficile una efficace integrazione tra le modalità ferro-gomma in prospettiva della futura gara e per la realizzazione della Metropolitana di superficie.
Inoltre, la situazione del trasporto ferroviario in regione è inadeguato a soddisfare la domanda. L’insufficienza e la precaria qualità del materiale rotabile assegnato al nostro territorio, associata alla manutenzione insufficiente ed alla cronica carenza di personale, fa delle ferrovie attuali un freno al nostro sviluppo.
Sempre in virtù del D.Lgs. 111, la nostra Regione è divenuta proprietaria di una ferrovia, la Udine – Cividale, i cui servizi sono attualmente gestiti da Sistemi Territoriali, le ex Ferrovie Venete, ora impresa ferroviaria di proprietà della Regione Veneto. Nella regione contermine la scelta è stata quella di gestire direttamente il servizio ferroviario, con ottimi risultati sia nel campo del trasporto delle persone che delle merci.
È impensabile una scelta analoga in Friuli Venezia Giulia? Va ricordato tuttavia che, secondo le nostre valutazioni, la neo costituita Società ferroviaria Udine – Cividale non possiede la licenza né, soprattutto, la certificazione di sicurezza per essere qualificata impresa ferroviaria.
Sistemi Territoriali ha partecipato alla gara in Veneto assieme a Trenitalia. Per la nostra regione è pensabile una politica di alleanze analoga? E, in questo contesto, quale ruolo può avere la Società ferroviaria Friuli Venezia Giulia, costituita dalle quattro società regionali del trasporto pubblico locale, fra cui l’ATAP?
La questione è: a fronte dei servizi inadeguati forniti da Trenitalia Trasporto Regionale, causati da anni di abbandono, è preferibile pensare alla sostituzione di questa società o piuttosto aiutarla a rinnovarsi, favorendo politiche sinergiche con opportune alleanze?
Un dato è certo, non ci si improvvisa impresa ferroviaria, servono know how, mezzi di trasporto, capitali, non ultimo quello umano.
Noi siamo comunque per la concorrenza, ma dentro un mercato regolato, che per noi significa innanzitutto inserire nelle gare la clausola sociale e l’obbligo dell’applicazione del Contratto delle Attività ferroviarie.
Riteniamo che la Regione debba avviare un intervento più complesso e deciso che non la semplice messa a gara del trasporto regionale. Si rende necessaria l’elaborazione di un Piano regionale integrato del trasporto persone, una unica rete di servizi in cui siano individuati quali devono essere effettuati su ferro e quali su gomma, con punti di interscambio, anche con i mezzi privati, come il polo intermodale presso la stazione ferroviaria di Pordenone.
Sull’esempio di quanto avvenuto per la definizione della L.R. 20/97, il percorso per l’elaborazione del Piano deve avvenire con la concertazione con le parti sociali, non escludendo l’apporto costruttivo che può venire dagli utenti, organizzati spesso in Comitati di pendolari.
Pure per le relazioni a lunga distanza la situazione è critica. Per gli abitanti della provincia di Pordenone i collegamenti dei treni viaggiatori hanno subito un costante peggioramento. I tempi di percorrenza non sono migliorati e negli ultimi anni abbiamo assistito a soppressioni di importanti collegamenti nazionali ed internazionali.
La situazione dell’Aeroporto regionale di Ronchi dei Legionari non è da meno, anche se nel nostro caso c’è l’alternativa dei vicini scali veneti. Tuttavia anche per il nostro territorio è fondamentale lo sviluppo di un aeroporto regionale, possibile solo con un cambio di strategia nelle alleanze ed una chiarificazione urgente fra Consorzio e Regione che porti alla costituzione di un nuovo assetto gestionale.
Ci preme evidenziare la criticità del trasporto delle merci, e la necessità di sviluppare la vezione ferroviaria ed il servizio combinato (ferro – gomma).
Le scelte che il Governo si appresta ad adottare non aiuteranno certamente lo sviluppo del trasporto ferroviario. Lo smembramento del Gruppo FS e la societarizzazione, più che seguire logiche di efficientamento, con lo scorporo di Rete Ferroviaria Italiana vanno incontro agli interessi della lobby delle costruzioni.
Nel contempo FS Cargo, senza la protezione costituita dall’appartenenza al Gruppo, si troverà obbligata ad attuare un drastico processo di riorganizzazione, vale a dire l’abbandono dei servizi che non producono adeguati margini di guadagno.
Già oggi le strategie della Divisione merci di Trenitalia sembrano orientate in tale direzione: concentrare l’offerta di trasporto sui principali clienti, migliorandone gli standard di qualità, abbandonando il traffico diffuso, sicuramente quella quota meno remunerativa.
Si apre un mercato che, con il D.Lgs.188 dello scorso anno, il Governo per primo ha liberalizzato aprendolo alle altre nazioni europee, ma senza regime di reciprocità.
Non essendo a regime neppure le prime disposizioni comunitarie sulla liberalizzazione, di fatto siamo divenuti terra di conquista. Alcune imprese ferroviarie sorte negli ultimi anni, quali Rail Traction Company, Nord Cargo, Strade Ferroviarie del Mediterraneo sono partecipate o controllate dalle DB, le ferrovie tedesche; altre, quali Rail Italy e HUPAC, da SBB, le ferrovie svizzere.
Ciò non ha prodotto incrementi del trasportato su ferro, ma solo concorrenza sleale a scapito di Trenitalia.
Anche nella nostra regione stanno operando alcune imprese ferroviarie o società di raccordo: Adriafer, Astercoop, Co.Rac.Fer., ferrovia Udine – Cividale, Rail One, SERFER, Sistemi Territoriali.
Il mercato deciderà sui destini di queste aziende. Sarebbe auspicabile che si realizzassero sinergie avviando ed implementando attività fra loro complementari.
Nel ribadire la nostra fiducia sulla liberalizzazione, che tuttavia deve essere regolata, la nostra posizione è che la concorrenza non possa avvenire con uno scontro sul massimo ribasso delle tariffe, facendo dumping sociale: come per il trasporto delle persone, le aziende che esercitano un servizio ferroviario devono rispettare le regole sulla sicurezza e devono applicare un unico Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, quello delle Attività ferroviarie.
Successivamente, e forse anche a seguito del Convegno sulle ferrovie tenuto dieci anni fa dai sindacati proprio in questa sede, la Camera di Commercio di Pordenone, per quanto riguarda il traffico merci in provincia si è riscontrato un impulso nel trasporto su ferro. Negli scali della nostra zona si registrano volumi di traffico in crescita e una offerta di servizi che, migliorando in qualità, viene incontro alle esigenze delle imprese.
Ci riferiamo al trasporto di elettrodomestici della Electrolux, uno dei principali clienti a livello nazionale di Trenitalia, a quello combinato dei container da Borgo San Dalmazzo, reso possibile a seguito dell’attivazione del terminal Centro Commerciale, al legname destinato a Sacile, al grano destinato ai molini raccordati negli impianti di Pordenone e Cordovado, al gas per Casarsa e Brasiliano (Friulanagas), ai treni completi di carta in partenza da Ponterosso diretti in Croazia e ad altri importanti trasporti che nel complesso, secondo nostre stime, corrispondono a un milione di tonnellate annue di merce, pari a circa 30 mila autotreni tolti dalle strade.
Questo risultato è stato possibile grazie agli importanti interventi realizzati dal 1994 nella destra Tagliamento: attivazione del terminal Centro Commerciale, dei raccordi Friulanagas, Ponterosso e Cementizillo, potenziamento dello scalo di Sacile e della linea da Sacile a Udine.
Oltre alla realizzazione delle infrastrutture, sono necessarie peraltro tutta una serie di azioni atte a rendere conveniente per il cliente il trasporto su ferro, indipendentemente da considerazioni di carattere sociale e ambientale di cui in modo unanime è riconosciuta l’importanza.
Costituiscono fattori decisivi per mantenere e sviluppare i traffici su rotaia: tempi di percorrenza ridotti, tariffe contenute, certezza di effettuazione del trasporto, informazioni tempestive e dettagliate alla clientela sull’andamento del trasporto, interventi immediati in caso di inconvenienti, preparazione del personale che interviene nel processo di formazione del treno tale da garantire la partenza dello stesso in orario (la perdita della traccia causa ritardi notevoli), rapidità delle operazioni di terminalizzazione, di scarico e di riconsegna delle merci.
Per questo sono necessari ulteriori interventi. La linea pedemontana va riqualificata al servizio delle attività produttive del territorio attraversato. Le stazioni di Casarsa e di Sacile vedono un incremento dei traffici che richiede alcuni adeguamenti strutturali, anche se non di particolare rilevanza. Per questa ultima località, ad esempio, bisogna intervenire sulla viabilità in uscita per gli automezzi. Va prevista nella zona industriale di Ponterosso la realizzazione di opere atte ad accogliere ulteriore domanda di trasporto (ad esempio trasporti militari).
Il trasporto merci in provincia è composto da un traffico annuo di circa mille treni. Gran parte del traffico, in prevalenza composto da elettrodomestici e semilavorati in ferro, interessa lo scalo merci di Pordenone, il quale necessita di un importante ampliamento per soddisfare la crescente domanda che viene dagli operatori.
Il terminal interportuale di Villanova, infatti, realizzato nel 1992, è insufficiente e strutturalmente carente. Il più lungo dei soli quattro binari dello scalo ferroviario non può ricevere un treno completo, che deve ogni volta essere tagliato per essere ricoverato in due o tre binari. Inoltre, tutti i treni in arrivo e partenza fanno capo alla Stazione di Pordenone; da qui vengono trasferiti allo scalo che dista circa 2 Km per le operazioni di carico – scarico e viceversa. Rispetto alla precedente collocazione, i costi di manovra sono lievitati e i tempi della messa a disposizione delle merci alla clientela sono aumentati.
Non si vuole con questo contestare la scelta fatta.
Al contrario, la realizzazione dello scalo in prossimità del Centro commerciale, dotato di tutta una serie di servizi quali dogana, magazzini e raccordo autostradale, lo rendono appetibile all’utenza commerciale per la possibilità di abbattimento di costi e tempi nel trasporto delle merci.
Lo scalo, dato il collegamento con l’autostrada, è stato utilizzato come terminal per i treni definiti “Rola”, autostrada viaggiante (autotreni caricati su speciali carri ferroviari ultrabassi) nella relazione Budapest – Pordenone. Allora furono realizzati interventi importanti sulle opere per modificare, aumentandola, la sagoma limite (rendendo così possibile il passaggio del treno speciale nella relazione suddetta) e per velocizzare lo scarico dei camion a destino. I treni impiegavano circa 25 ore da Budapest a Pordenone, di cui molte trascorse alle frontiere per i controlli doganali.
Dopo l’allargamento dell’Unione europea ed il conseguente abbattimento delle barriere doganali, la ripresa del servizio di autostrada viaggiante andrebbe riproposto essendo divenuto economicamente vantaggioso. Ricordiamo che per i camionisti il tempo trascorso in treno non va ad intaccare le ore di guida previste dalle Direttive comunitarie, il cui supero è punito severamente dal nuovo Codice della strada. Hanno diritto, peraltro, ad un trasporto confortevole, diversamente da quanto attualmente avviene dove il servizio è in funzione. Questo aspetto è una delle cause dello scarso successo dell’autostrada viaggiante.
Per quanto riguarda lo scalo ferroviario intermodale riteniamo che debbano essere realizzate due condizioni:
- con i traffici attuali in certi periodi lo scalo è già saturo e, pertanto, esso va potenziato dotandolo di altri due binari della lunghezza di almeno 600 metri;
- i treni merci devono poter essere ricevuti e partire direttamente dallo scalo, collegandolo direttamente alla linea di corsa: ciò permetterebbe di sopprimere tutte le tradotte tra la centrale e lo scalo, abbattendo tempi e costi di manovra, e liberando i binari della stazione per la effettuazione di altri servizi.
Tra breve sarà terminato il primo lotto funzionale del centro logistico, che sarà completato entro il 2005, grazie all’intervento della Giunta regionale, in particolare dell’Assessore alle finanze Augusto Antonucci, che ha sbloccato il finanziamento previsto di oltre quattro milioni; l’intera opera ha un costo di 20 milioni.
Questa struttura consentirà alle piccole e medie imprese di operare senza magazzino, terziarizzando l’intero ciclo logistico delle merci, realizzando la fabbrica distribuita ed il just in time, vale a dire economie e competitività. L’opera occuperà un’area di 30 mila metri quadrati, con un magazzino completamente automatizzato, 28 postazioni per il carico e lo scarico degli autotreni.
Il centro commerciale, ora ribattezzato correttamente Interporto, si consolida come esempio di efficienza al servizio del sistema produttivo.
Concludendo questa relazione, crediamo che in tema di trasporti si debba ragionare in termini di sistema, di cui le opere infrastrutturali sono un aspetto fondamentale, ma non esaustivo.
Auspichiamo che questo incontro possa apportare un contributo significativo per scelte non più rinviabili, che devono essere frutto di una cultura della concertazione che va ripristinata.
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