L'alternativa possibile
La prima lezione è che a dispetto dei cambiamenti sociali e dello sviluppo del dopoguerra, sarebbe stato possibile mantenere viva anche in Trentino l'economia delle comunità di montagna difendendone le tradizioni e la ragione di esistere.
La seconda lezione è che il Trentino, senza un radicamento forte con il suo territorio perde l'elemento distintivo, il fattore differenziale nei confronti delle province confinanti, e si avvia al declino, in quanto economicamente e socialmente debole nei confronti del Sud Tirolo, ed assolutamente non attrezzato alla sfida competitiva con il Nord Est.
Le premesse per una proposta
Ostacoli materiali
La comunità trentina ha ridotto l'autonomia ad un privilegio che si regge sulla distribuzione delle risorse; nessuno si chiede da chi sono prodotte e se dureranno. Resta il fatto che la macchina burocratica provinciale destina ormai l'80% del proprio bilancio a spese correnti, mentre le risorse per investimenti e per il sostegno all'economia e dello sviluppo del territorio sono ridotte drasticamente. I 6.000 miliardi di lire del bilancio provinciale sono ipotecati, e la Provincia non dispone più delle risorse per sostenere scelte importanti.
Ostacoli sociali e culturali
Gli organici pubblici gonfiati ed i contributi facili hanno creato una mentalità assistenziale diffusa, che guarda con sospetto all'iniziativa, alla creazione di opere ed infrastrutture. Ed in questo contesto tende a disprezzare il lavoro manuale e si rapporta dall'alto in basso alle tradizioni ed alla cultura delle nostre vallate e del mondo contadino.
Ma c'è un fattore di novità ed estremamente positivo, che è dato dalla cosiddetta "globalizzazione" e da ciò che l'accompagna. Per almeno tre motivi. Se da un lato essa rappresenta l'omologazione degli stili di vita e dei consumi di mas sa, dall'altro, grazie al veicolo della comunicazione essa ritaglia concreti spazi di "mercato" per le specificità geografiche, storiche e culturali, dei prodotti e dell'alimentazione, verso le quali vi è un crescente e dichiarato interesse.
L'informatizzazione ed Internet rendono possibile veicolare le informazioni e questo dà la possibilità anche ai piccoli di essere presenti e di giocare un ruolo. Secondariamente, grazie alle nuove tecnologie è concretamente possibile decentrare molte attività sul territorio, sia per i minori costi di investimento, sia perché possono essere svolte per via telematica.
Infine, a differenza di trent'anni or sono il mondo rurale non viene più disprezzato, è cancellato il ricordo degli stenti e delle fatiche, vi è un crescente interesse per un ritorno alla vita rurale che può costituire la base per una azione positiva.Quanto fin qui detto è servito per delineare un quadro di riferimento del contesto in cui si può operare per un'economia di montagna.
ECONOMIA DELLA REGIONE ALPINA
1. Carta per la sopravvivenza della Euroregione Alpina
Il Trentino va visto nel contesto della regione alpina in cui si colloca, per ricomprendere un territorio che non ha solamente tradizioni storiche e culturali comuni, ma che ha problemi attuali e di prospettiva comuni.
Oltre a ciò un'economia della montagna che riguarda il Trentino deve dare prospettive anche alle minoranze germanofone, al mondo ladino.
Ecco che ha senso parlare di una economia della regione alpina Sud Tirolese che ricomprenda Innsbruck, Bolzano, Trento e Belluno. Insieme, questa entità geografica rappresenta anche un unicum rispetto ai territori circostanti, ed in particolare rispetto alle realtà urbane ed industriali della Baviera a Nord e della pianura Padana a Sud. Insieme, queste realtà hanno motivo di lavoro in comune per la difesa del territorio, per la promozione del turismo, per adottare scelte comuni su temi importanti della viabilità e delle infrastrutture.
Ma soprattutto hanno un compito ancora più importante, che è quello di mantenere viva la presenza dell'uomo in montagna per salvaguardare il territorio. L'ambiente alpino sta morendo e vi è la necessità di definire una carta per la sopravvivenza della montagna.
Occorre definire le priorità e avviare una vera e propria negoziazione nell'ambito degli Stati e della Comunità Europea, per assicurare tutele ed interventi specifici per il territorio e l'economia di montagna.
L'ambiente alpino è un territorio unico, di interesse dell'intera Comunità Europea. La tutela e difesa delle minoranze linguistiche è un obiettivo primario dichiarato della UE. È quindi giusto elaborare una proposta complessiva che definisca interventi prioritari e stanzi le risorse adeguate a questi compiti.
La CEE applica le regole della concorrenza e parifica una attività svolta a 1600 m di quota a quella svolta in pianura o in un centro cittadino: infrastrutture, viabilità e quindi condizioni climatiche, tipi di coltivazioni possibili, rese produttive dei terreni, sono tuttavia completamente diversi, a svantaggio totale delle attività produttive di montagna. Per questo motivo è giusto chiedere delle deroghe precise alle regole della concorrenza per le attività minori ubicate nei territori di montagna.
Un esempio: per portare la vita in montagna serve ricreare unità agricole di montagna. In quota però l'economia agricola è vincolata al pascolo, alla fienagione, e quindi all'allevamento del bestiame. Come la mettiamo con le quote latte che impediscono oggi ad una Provincia come il Trentino di incrementare il numero dei bovini? Da solo il Trentino è perdente, ed infatti le leggi provinciali fin qui emanate incentivano la coltivazione dei piccoli frutti e di altre attività minori, con evidenti limitazioni per lo sviluppo ottenibile in quota. Del resto, non vi è economia di montagna se manca l'alpeggio del bestiame, ed anche il contadino ha bisogno dell'animale come elemento di vita e di compagnia. Però il Trentino non ha nessuna possibilità di negoziare con Bruxelles su temi i tale portata, mentre il quadro cambierebbe di molto se a sollevare l'argomento fosse una realtà alpina più vasta transnazionale, un'Euroregione, appunto.
Solamente un'entità pluriregionale può avere voce in capitolo per negoziare un quadro di riferimento e tutela che comprenda (a titolo di esempio):
eliminazione delle quote di produzione agricola per le coltivazioni di alta montagna;
libertà dei prezzi dei prodotti agricoli naturali (es. latte)
possibilità di integrare il reddito delle attività agricole in quota con sussidi pubblici a fronte di lavori di mantenimento e di ripristino ambientale (sentieri, boschi);
detassazione delle attività minori (es. attività fino a 10 dipendenti) svolte al di sopra di una certa quota (agricoltura, turismo, artigianato);
svolgimento di attività di servizio decentrate;
cofinanziamento comunitario degli interventi di sostegno dell'economia di montagna, di difesa del territorio e di creazione di infrastrutture;
creazione di centri per l'istruzione tecnica e la formazione professionale nei settori:
agricoltura di montagna - silvicoltura - agriturismo - artigianato - servizi
2. Progetto per il reinsediamento economico ed abitativo
Definito un contesto favorevole, diviene possibile pensare ad una proposta forte a livello locale per la rinascita dell'economia di montagna.
Il filo conduttore è ripristinare il collegamento organico di tutta l'iniziativa pubblica con l'ambiente ed il territorio. Occorrono una popolazione convinta ed una classe politica focalizzata sul tema, e servono proposte di rottura anche sul piano culturale, legislativo, e finanziario.
È prioritario definire un progetto di reinsediamento di attività economiche (agricole, agrituristiche, artigianali e di servizio) nelle zone soggette a spopolamento e nei centri situati al di sopra di una certa quota.
Si deve destinare a tale progetto una cifra importante, almeno 300 miliardi di lire l'anno (il 5% del bilancio provinciale) per 10 anni, al netto dei costi di funzionamento della macchina burocratica provinciale (che diversamente se li mangia).
L'elemento portante di questo progetto deve essere quello di riportare l'uomo in montagna per ripristinare le coltivazioni e ridare così vita al territorio. Questo diventa il presupposto per altri tipi di economia della montagna, prima di tutto l'agriturismo.
Effetto moltiplicatore
Muovendo dal fattore centrale, e cioè dal riportare l'uomo nel suo rapporto simbiotico con il territorio in montagna, si possono innescare tutti gli altri processi di sviluppo legati all'ambiente.
Unità agricole richiedono alpeggi e ridanno senso alle malghe favorendone la riapertura e provocando una ulteriore importante rivitalizzazione del territorio.
Si rendono immediatamente disponibili prodotti genuini per il consumo e l'acquisto (ricordiamoci che fra Germania del Sud e Nord Italia gravitano attorno a noi 30 milioni di persone, interessate a questi prodotti).
Il territorio e l'ambiente acquistano in bellezza e vita e questo favorisce un ritorno turistico che richiede la presenza di alberghi, ristoranti. Possono nascere attività di supporto al turismo legate all'escursionismo, lo sport. Si creano spazi concreti ed interessanti per le attività economiche ed artigianali, sia direttamente legate alla ricostruzione dei masi, sia alimentate dal turismo.
L'Azione pubblica dovrebbe essere quella di accompagnare e favorire la nascita di queste attività:
anzitutto curando la realizzazione delle infrastrutture (es. malghe, sistemazioni montane, ricostruzione di percorsi, strutture sportive, etc.);
favorendo una qualificazione delle attività e quindi creando centri di formazione e l'aggiornamento degli operatori;
esercitando una azione di controllo sul livello qualitativo delle attività svolte e dei servizi offerti;
sostenendo la ripresa delle forme e manifestazioni culturali.
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