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Due anni or sono il Consiglio dei Diritti Genetici (CDG) ha
lanciato l'iniziativa Grano o Grane, un progetto che intendeva
esplorare le implicazioni sul nostro sistema agroalimentare legate
all'introduzione in commercio del frumento transgenico.
Nell'ambito del progetto, promosso insieme a Coldiretti, AssoCAP,
CNA Alimentare, FLAI-CGIL e COOP e sostenuto finanziariamente
da diverse aziende agroalimentari, il Consiglio dei Diritti Genetici
ha dedicato particolare attenzione all'indagine scientifica sulle
ripercussioni che il grano biotech potrebbe avere sul nostro
sistema paese nelle sue articolazioni culturali, nutrizionali,
economiche e agricole.
Il lavoro svolto in questi mesi è ora disponibile
sotto forma di un libro dal titolo Grano o Grane edito da
Manni Ed. (circa 240 pagine - 16 euro il prezzo di copertina),
in questi giorni distribuito in libreria.
Oltre a una sintesi a carattere divulgativo delle cinque
monografie che abbiamo commissionato sul possibile impatto
che il grano transgenico potrebbe implicare (socio-culturale
- Università di
Bari, sovranità alimentare - Consiglio dei Diritti Genetici,
nutrizionale - INRAN, economica - INEA, agrogenetica - coordinamento
Università di Firenze), il testo si compone di una
premessa a firma di Mario Capanna (presidente del Consiglio
dei Diritti Genetici) e di un'ampia introduzione dove si
riassume la natura della sfida rappresentata dal frumento
transgenico, se ne segnalano le molteplici implicazioni possibili
e si illustra l'iniziativa intrapresa dal CDG.
L'iniziativa Grano o Grane è dunque il frutto della
collaborazione di forze sociali, imprenditoriali e della ricerca
pubblica: un'associazione della società civile che sollecita
aziende e organizzazioni di rappresentanza del sistema agroalimentare
a mobilitare risorse e interesse, affidando a istituti pubblici
scientifici e accademici il lavoro di approfondimento, accompagnandolo
a un dialogo transatlantico sull'opportunità di introdurre
in commercio una tecnologia controversa.
La richiesta avanzata dalla Monsanto per il frumento Roundup
Ready alla fine del 2002, ha infatti segnato uno spartiacque
decisivo nel campo dell'ingegneria genetica interessando un
alimento base della nostra identità gastronomica e culturale
a differenza delle odierne colture transgeniche per lo più destinate
al consumo animale o comunque lontane dalla nostra tradizione
alimentare. Di grano sono fatti il pane, la pasta e la pizza
che ogni giorno compaiono sulle nostre tavole, più di
due etti di prodotto a testa. E di grano sono fatti i miti
e i riti su cui si fonda la nostra cultura e la nostra identità storico-culturale,
stereotipata o meno che sia, in Italia e all'estero.
Il libro ricostruisce le tappe della mobilitazione italiana
e planetaria così come le ragioni della fallita introduzione
sul mercato di frumento biotech e, attraverso una raccolta
di saggi monografici, affronta il caso grano OGM nelle sue
ricadute in campo economico, nutrizionale, agricolo e culturale.
Nel saggio dell'antropologa Annamaria Rivera, docente della
Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di
Bari, si mostra come il grano sia centrale nella costruzione
dell'identità culturale del Mediterraneo, in cui miti
pagani e riti cristiani si sono alternati nell'eleggere il
frumento a coltura simbolo del sacro. Volano di
cultura materiale e di rivendicazioni sociali, il frumento
ha dimostrato di essere buono da mangiare proprio perché buono
da pensare, per dirla con Lévi-Strauss, e oggi la società non
può più prescindere dal chiedersi in che modo
la manipolazione genetica di un alimento come il grano possa
incidere sulla sua stessa capacità di produzione simbolica
e culturale, e se possa continuare ad essere buono da pensare.
Il viaggio del grano ha notoriamente valicato tutti i confini
geografici e gastronomici. Come sottolineato nel saggio di
Luca Colombo, curatore del libro e membro della Direzione Tecnico-Scientifica
del Consiglio dei Diritti Genetici, oggi il frumento contende
al riso il suo primato agroalimentare nel mondo, assumendo
una dimensione planetaria e alterando i regimi dietetici di
quei paesi dove non si coltiva la pianta e non è tradizione
nutrirsene. La ricerca sul grano transgenico è tuttora
in larga parte appannaggio delle grandi aziende biotecnologiche;
solo pochi centri del sud del mondo hanno avviato campi sperimentali,
facendo i conti con le difficoltà tecniche dell'ingegnerizzazione
del frumento e con i limiti rappresentati dagli sbarramenti
brevettali e dal costo di ricerca & sviluppo, che per una
varietà transgenica da portare sul mercato si aggira
intorno alle decine di milioni di dollari.
Quali potrebbero essere le conseguenze dal punto di vista nutrizionale
della manipolazione genetica di un alimento così diffuso?
A rispondere è lo studio di Marina Carcea, ricercatrice
dell'Istituto Nazionale di Ricerca sugli Alimenti e la Nutrizione,
che osserva: "Se consideriamo la situazione italiana e
analizziamo i dati di consumo effettivo degli alimenti a base
di, o che hanno come componente il grano, sia duro che tenero, è ragionevole
pensare che, vista l'alta presenza di questi prodotti nella
dieta degli italiani, qualunque eventuale effetto tossico,
acuto o cronico o allergenico, che potrebbe essere dovuto alla
presenza di grano transgenico negli alimenti, debba essere
tenuto in seria considerazione." Passando sul piano
della normativa, in Nord America l'iter autorizzativo resta
tuttora oggetto di numerose obiezioni da parte di diversi studiosi,
in quanto non si svolgono analisi indipendenti sugli OGM da
autorizzare e le Agenzie come la statunitense Food and Drug
Administration (FDA) - l'equivalente del nostro ministero della
Salute - si limitano ad acquisire la valutazione delle ricerche
condotte dalle stesse aziende e a far leva sul principio della
sostanziale equivalenza fra coltura OGM e coltura convenzionale. È questo
il caso del frumento Roundup Ready, per il quale l'unica autorizzazione
al mondo ad oggi concessa è quella della FDA che ha
considerato completa la consultazione sulla base di dati e
informazioni fornite dalla stessa Monsanto, cui viene demandata
ogni responsabilità nel garantire la sicurezza.
Oltre all'aspetto nutrizionale, i dubbi sul grano OGM investono
anche quello economico. Secondo lo studio realizzato a firma
di Simone Vieri e Caterina Cucinotta, Presidente e funzionario
dell'Istituto Nazionale di Economia Agraria, la sua introduzione
non avrebbe alcuna ricaduta positiva sul sistema agroalimentare
italiano, riccamente articolato in piccole e medie imprese
fortemente radicate sul territorio, tanto che, si ricorda nel
testo, ben 7.000 degli 8.100 comuni italiani vedono la presenza
di almeno un'azienda di trasformazione agroalimentare. Riguardo
alla possibilità di coltivazione di grano transgenico,
considerata l'elevata domanda di frumento da parte delle aziende
di trasformazione che l'agricoltura nazionale non è in
grado di soddisfare, tanto più dopo la recente applicazione
della Riforma della PAC, il frumento transgenico non sembra
capace di presentare nel breve-medio termine una soluzione
competitiva.
Il tema dell'introduzione agricola di grano transgenico e della
ricerca che la ispira, è affrontato nel saggio di Oriana
Porfiri e Riccardo Bocci, agronomi ricercatori che hanno realizzato
l'indagine nel quadro di una collaborazione con la Facoltà di
Agraria dell'Università di Firenze. La grossa estensione
della coltivazione nazionale di frumento, l'assenza di studi
sul flusso genico verso la flora spontanea, le incognite legate
alla dispersione del transgene, sono alla base delle preoccupazioni
che si possa produrre inquinamento genico. Restano aperte,
inoltre, la questione della proprietà intellettuale,
in cui il brevetto rappresenta un vincolo all'avanzamento scientifico
e tecnologico, e quella della "fascinazione" per il biotech,
che erode energie e capacità alla ricerca sul breeding
classico, che a detta degli esperti del settore continua a
rappresentare ancora oggi la via più razionale da
percorrere in tema di miglioramento varietale, in una situazione
in cui la ricerca pubblica evidenzia limiti sia in termini
di investimenti che sotto il profilo degli orientamenti strategici. "In questa impresa l'Italia può svolgere una funzione
di avanguardia sia rispetto all'Europa, sia nel bacino mediterraneo
sia nel dialogo interoccidentale fra Europa e Nordamerica,
come in quello fra Europa e l'Est, il Medioriente e l'Africa" scrive
Mario Capanna, presidente del CDG, nella Prefazione, che aggiunge: "chiunque
sottovaluti il legame inscindibile dei rapporti tra alimentazione
e cultura, fra l'una e l'altra e gli stili di vita che ne risultano,
commetterebbe un errore deleterio. Cancellare l'identità millenaria
che il grano ha contribuito a costruire, ci renderebbe come
alberi dalle radici tagliate".
L'INTRODUZIONE DI MARIO CAPANNA
La richiesta di produrre su
vasta scala e di commercializzare frumento transgenico, presentata
dall'azienda Monsanto in Canada e negli Stati Uniti, ha segnato
uno spartiacque decisivo nel settore delle biotecnologie
alimentari e, più in generale,
nel campo delle manipolazioni genetiche. Si passa da un orizzonte
tecnico-scientifico che appariva fino ad ora lontano, definibile
in modo circoscritto e settoriale, ad un altro più vicino,
più prossimo a quella forma di esistenza che ogni giorno
decliniamo come «quotidiano».
Le biotecnologie alimentari e, in particolare, oggi, quella
applicata al grano, esprimono in senso molto preciso la simbiosi
fra i termini «tecnologia» e «vita»,
con tutto il ventaglio di implicazioni che tale legame comporta.
Le precedenti colture GM non ci avevano ancora dato appieno
questo senso di «prossimità»: soia, mais,
colza sono destinati per lo più al consumo animale,
e comunque rappresentano un fattore identitario, dal punto
di vista alimentare e culturale, piuttosto limitato. Non è così per
il grano. Esso non è solo uno dei tanti vegetali che
nel corso dei millenni hanno contribuito alla nostra sopravvivenza
fisica, soprattutto nell'area mediterranea.
Dai primordi delle civiltà il grano è stato lavorato
e trasformato, è diventato «pane», uno degli
alimenti-simbolo più importanti della nostra identità storico-geografica:
dal mito della «dea bionda» Cerere, fino all'eucarestia
cristiana, è stato ritualizzato, sacralizzato, «culturalmente
manipolato», fino a diventare, esso stesso, cultura.
Ancora oggi, parafrasando il titolo di un libro di Miguel Angel
Asturias, si deve dire che siamo «uomini e donne
di grano»,
fruitori quotidiani di quel cosiddetto Fattore P (pane, pasta,
pizza, pasticceria), per cui ogni giorno utilizziamo l'alimento
grano e il valore simbolico-culturale profondo che esso rappresenta
ed esprime.
Fruitori, dicevamo.
E persino l'etimologia ci svela le radici lontane di quanto
veniamo affermando. La parola "frumento", da frumentum, rimanda
al verbo fruor, che, oltre a "fruire", indica anche "godere", "trovare
soddisfazione" e "trovare piacere".
Quel prezioso chicco, sfamandoci e nutrendoci, per migliaia
di anni ci ha dato e ci dà la soddisfazione e la gioia
dell'alimentazione. A tal punto che in latino e nella nostra
lingua -a riprova di quanto il nostro inconscio collettivo è influenzato
così profondamente da quel bene essenziale- abbiamo
coniato ben due diverse parole per indicarlo.
Oltre a frumento, "grano".
Granum ha la stessa radice di grandis (grande) e rinvia al
verbo grandio: "fare sviluppare", "crescere". Convergenza
semantica straordinaria. Dagli albori della nostra civiltà il
grano -il frumento- è l'alimento base che permette il
nostro sviluppo, che ci fa "crescere" e, perciò, ci
permette di "trovare soddisfazione e piacere".
Non si tratta di sottigliezze letterarie. Al contrario: chiunque
sottovaluti il legame inscindibile dei rapporti fra alimentazione
e cultura, fra l'una e l'altra e gli stili di vita che ne risultano,
commetterebbe un errore deleterio. Cancellare l'identità millenaria,
che il grano ha contribuito a costruire, ci renderebbe come
alberi dalle radici tagliate. Il possibile arrivo del frumento
GM rappresenta dunque una sfida completamente nuova, lanciata
direttamente ai consumatori e, insieme, al sistema imprenditoriale
e istituzionale legato al mondo del grano.
Una sfida che apre una dinamica di relazione diversa, e fino
ad ora sconosciuta, tra consumatori e transgenia, fra agricoltori,
imprenditori e trasformatori del grano e materia prima GM.
Una sfida multiforme: riguarda tutti e tutto, dall'ambiente
naturale al mondo agricolo, dal cibo alla sua distribuzione
e al suo commercio, dall'alimentazione alla cultura, dall'economia
alla finanza.
Una sfida, perciò, che va raccolta in tutta la sua portata.
Quale potrebbe essere l'impatto del frumento transgenico su
questo universo di implicazioni, che arrivano a coinvolgere
persino simboli e sapori?
Quale il costo del sistema Italia - e di quello europeo- per
mantenere la propria identità alimentare e culturale?
Il Progetto Grano o grane è nato per rispondere a questi
interrogativi. E ha preso avvio, ben prima che si realizzasse
il fatto compiuto, seguendo il principio di quell'antico pensatore
che diceva: "Il saggio deve prevedere e non pentirsi".
Il Progetto è sorto per avviare un dialogo fra tutte
le categorie interessate, fra scienza e società, e per
dare vita anche ad un confronto fra i mercati transoceanici
di Italia, d'Europa e Nordamerica. Nell'America del Nord le
inquietudini stanno crescendo.
La questione del frumento transgenico suscita diffuse preoccupazioni,
di varia natura e, fra le prime, c'è quella relativa
alla difficoltà di commercializzazione del prodotto
in loco e, soprattutto, nell'area europea e mediterranea, ovvero
nel cuore della "civiltà del grano".
In Canada il subbuglio si sta allargando, proprio a partire
dagli agricoltori, e si sta estendendo a quelli statunitensi.
Ne è esempio l'importante messaggio inviatoci, in occasione
della presentazione pubblica del Progetto, dalla Commissione
canadese del grano, la potente agenzia che presiede all'esportazione
del frumento canadese, nella quale un ruolo di primo piano è giocato
dalle organizzazioni agricole di quel paese. Il Progetto Grano
o grane ha preso l'avvio sotto i migliori auspici: presenti
e partecipi i maggiori operatori nazionali della filiera del
frumento, insieme a grandi forze sociali e associative.
La partita, dunque, è - resta - completamente aperta.
Grano o grane, dopo un accurato lavoro preparatorio, sì è sviluppato
come progetto aperto: chiunque ha voluto coinvolgersi in questa
battaglia strategica, con onestà e impegno, è stato
il benvenuto.
Il Consiglio
dei Diritti Genetici ha fornito tutto il suo supporto
culturale, scientifico e tecnico di istituzione indipendente,
che ha lo scopo primario di offrire ai cittadini, agli operatori,
alle istituzioni a tutti i livelli, un'informazione rigorosa
e veritiera circa le implicazioni in ogni campo degli OGM e,
in questo caso specifico, del grano GM.
Si è fatto un lungo percorso. Senza alcuna demonizzazione,
ma con il rigore di analisi scientifiche, culturali, tecniche
ed economiche, si è valutato quale delle due strade
scegliere: se quella del frumento transgenico o quella del
grano OGM-free.
La prima strada -quella del grano GM- per un paese come l'Italia,
che vanta una miriade di prodotti di qualità derivanti
dal frumento, famosi da noi e nel mondo, determinerebbe danni
irreggibili, non soltanto sul piano della specificità e
originalità alimentare, ma anche su quello del portafoglio
agricolo e di tutta la filiera della trasformazione.
È stato perciò un bene muoverci per tempo e con
lungimiranza.
In questa impresa l'Italia -in ragione del suo peso culturale,
politico ed economico- ha svolto, e può continuare a
svolgere, una funzione d'avanguardia sia rispetto all'Europa
sia nel bacino mediterraneo sia nel dialogo interoccidentale
fra Europa e Nordamerica, come in quello fra Europa e l'Est,
il Medioriente e l'Africa; non a caso siamo stati invitati
in Algeria e Giordania a illustrare la sfida in corso sul frumento
transgenico. Il «mondo del grano» è ormai
in movimento, in tutte le sue componenti. Il Parlamento, il
governo - e le Regioni, per quanto di loro competenza - sono
chiamati a dare un segnale netto e conseguente. Un libro come
questo non c'è mai stato.
Contiene la storia del grano nell'evoluzione della civiltà umana,
analizza con precisione i rischi della sua trasformazione biotecnologica
e svela gli immensi interessi che vi stanno dietro.
Un vademecum per capire.
Per decidere consapevolmente il presente e il futuro della
nostra alimentazione, e della nostra salute.
Il libro, inoltre, mostra le possibilità di nuove forme
di governance di fronte alla sfida inedita che le bioingegnerie
pongono all'umanità: i soggetti (sociali, culturali,
scientifici, economici, ecc.) interessati si aggregano, approfondiscono
e dicono con competenza la loro parola, e assumono l'onere
democratico delle decisioni, la responsabilità delle
scelte, alternativa alla passività della delega.
Una lezione al sonno della politica?
La lotta intrapresa e il largo schieramento che si è costituito
non sono stati certo estranei alla decisione, che la Monsanto
si è vista indotta a prendere (per la prima volta!),
di rinunciare alla manipolazione genetica del frumento. Bisognerà stare
all'erta, nel caso qualcuno ci provi ancora.
Vogliamo Grano, non Grane.
Perciò dobbiamo continuare a distinguere avvedutamente
tra il grano e il loglio.
Mario Capanna
Presidente del Consiglio dei Diritti Genetici
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